Libri > I Miserabili
Segui la storia  |       
Autore: ChildrenOfTheBarricade    14/05/2013    3 recensioni
Parigi, Modern AU
Tra chi non sa chi è, chi non sa cosa vuole e chi non sa come ottenerlo. Tra non riesce a far pace col passato, chi fatica a fermarsi a vivere il presente e chi non riesce a prospettarsi un futuro. Tra i Les Amis, l'Università, e le domande senza risposta.
- E/R- Eponine/Combeferre -Courfeyrac/Jehan -Joly/Musichetta/Bossuet -Marius/Cosette
(Per la serie "le storie non finiscono mai com'erano iniziate" : iniziata come raccolta di shot)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Enjolras, Eponine, Grantaire, Marius Pontmercy
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2. Eponine

Perché è rimasto fermo? Perché non mi ha aiutata?

Lei era la ragazza del bar.
Tutti gli studenti la conoscevano così, la maggior parte di loro non sapeva neanche che avesse un nome, e chi lo sapeva la chiamava "Eponine, la ragazza del bar".

Era inutile da nascondere, invidiava quei ragazzi, uno ad uno. Li invidiava quando si presentavano al bancone agitati all'inverosimile per un esame che dovevano sostenere e cercavano conforto nelle brioches e nel cioccolato, e li invidiava quando arrivavano con gli occhi semichiusi dal sonno e chiedevano un caffè doppio per poter affrontare le lezioni del mattino. Li invidiava sempre, perché a lei quell'opportunità non era stata data, e non l'avrebbe mai avuta. 
Montparnasse era solito a dirle che, con la crisi che c'era nel paese, lei avrebbe dovuto ritenersi fortunata ad avere un lavoro, e che la maggior parte di quei viziati figli di papà sarebbero finiti con le loro lauree in mezzo alla strada a far compagnia a cani e barboni.
Ma Montparnasse passava le sue giornate in mezzo a operai come lui, che al suo stesso modo non leggevano altro che la sezione sportiva del giornale, mentre lei doveva costantemente confrontarsi con studenti con una cultura ed una capacità di linguaggio infinitamente superiori alle sue.
Ad esempio, c'era un ragazzo, un tale Enjolras, che quando discuteva di diritto e di politica coi suoi amici, si infiammava a tal punto che non potevi evitare restare rapito dalle sue parole, ed Eponine non era esclusa. Ma mentre ascoltava quei discorsi appassionati, era costretta a rendersi conto che il senso di molti concetti le sfuggiva e alcune delle parole che il ragazzo pronunciava con scioltezza, a lei sarebbero risultate difficili persino da scrivere correttamente, figuriamoci comprenderle.
Non che Eponine fosse stupida, anzi, al liceo era stata tra le più brillanti della sua classe. Almeno fino a quando non aveva compiuto diciotto anni e il suo mondo era caduto a pezzi, in una sera di Gennaio che ricordava con devastante precisione.
 
***
Eponine era sdraiata sul letto aspettando di venire chiamata per la cena, e rimuginava, combattuta tra il mandare o meno un messaggio a Marius, magari per chiedergli di vedersi quella sera. Afferrò il cellulare e immediatamente lo lasciò ricadere sul cuscino, sospirando. Moriva dalla voglia di vedere il suo amico, ma allo stesso tempo temeva di risultare troppo invadente, e per quanto  continuasse a ripetersi che era normale per due amici (vicini di casa, per di più) incontrarsi la sera per fare due passi, non riusciva a scrollarsi di dosso quella costante sensazione di inadeguatezza.
Era nel bel mezzo del tredicesimo ripensamento, quando udì il suono della porta di casa che si apriva e si richiudeva bruscamente e frammenti di frasi urlate  provenire dal piano di sotto. Riconobbe la voce adirata di sua madre, solita a sbraitare per ogni sciocchezza, soprattutto contro il piccolo Gavroche, ma si stupì di sentir gridare anche suo padre, che non era tipo da perdere il controllo con facilità. 
Scese dal letto, preoccupata, e stava per dirigersi al piano di sotto quando improvvisamente la porta si spalancò, rivelando la figura di suo padre e l'espressione più terribile che Eponine gli avesse mai visto in viso, e che sarebbe rimasta stampata nella sua mente per molto altro tempo.
"Fai la valigia, Eponine, stiamo partendo." le disse a denti stretti, con  le mani tremavano di rabbia e nervosismo.
Eponine aprì e richiuse la bocca più volte, annaspando incredula. "Ma.. non capisco, che sta..."
"SUBITO!" tuonò il signor Thenardier, mentre  dal piano di sotto salivano insieme il pianto di Gavroche e l'odore della cena che bruciava nel forno. 
Non ci fu il tempo di dire altro: le sirene della polizia coprirono il frastuono della casa in fermento e il panico si appropriò dello sguardo di suo padre, che si precipitò correndo giù per le scale imprecando in modo osceno, diretto alla porta sul retro.
Eponine rimase ferma dov'era, stordita; lo sguardo fisso su una porzione di muro che ciclicamente si illuminava del rosso e del blu dei lampeggianti delle auto ferme sotto casa loro.
 
Dopo di che, i ricordi sfumavano tutti in un'angoscia senza nome, in cui riusciva a distinguere vagamente le bestemmie urlate, il rumore delle manette che scattavano attorno ai polsi dei suoi genitori, l'odore di tabacco nell'abitacolo dell'auto della polizia e gli occhi di suo fratello, colmi di paura e spalancati su una scena che nessun bambino meriterebbe di vedere.
Ricorda anche il viso di Marius (e questo lo ricorda chiaramente) che la osservava confuso da un angolo della strada, dove molti altri vicini si erano riuniti per assistere, attirati dal dramma come le api dal miele. Il giorno dopo avrebbero avuto di che parlare. 
Eponine avrebbe voluto  che l'amico le si avvicinasse, che l'abbracciasse, magari, sussurrandole di non avere paura, che sarebbe andato tutto bene, che sarebbe rimasto con lei. Ma non accadde niente di tutto questo: Eponine venne fatta sedere in macchina accanto a Gavroche e guardò la figura del ragazzo farsi sempre più lontana, finché non poté più distinguerne l'espressione incredula e impietosita e la felpa che si stringeva addosso per proteggersi dal freddo di Gennaio. 
"Perché è rimasto fermo? Perché non mi ha aiutata?" Anche a distanza di anni quella domanda la tormentava e, ogni volta che Marius l'abbracciava o semplicemente parlava e scherzava con lei, Eponine si sentiva sul punto di porgergliela; ma alla fine si tirava sempre indietro.
 
***
 
"Ciao, scusami, potrei avere un thè?" 
Eponine si riscosse, tornando a sorridere come solo chi ha passato ore e ore dietro un bancone sa fare, e si voltò verso l'autrice della richiesta. Era una ragazza dai capelli  biondi e lunghissimi, che si acconciavano naturalmente in ciocche perfette: Eponine glieli invidiò all'istante. 
"Certo" disse.  "Vorrei essere bella come te" pensò. 
"Conosci tanta gente qui?" le chiese la ragazza, con un tono lieve e dolce, che si adattava magnificamente alla sua immagine di bambolina di porcellana.
"Di vista? Tutti. Veramente? Due o tre." Due: Eponine aveva esattamente due amici in quel posto.
La bionda ridacchiò. "Io sono appena arrivata, non conosco proprio nessuno."
"Eponine, piacere. Ora ti manca una persona in meno"
"Su quante?" 
"Non saprei... duemila?"
"Non credo di essere a buon punto" disse, scoppiando a ridere. "Comunque io sono Cosette, felicissima di averti incontrata"









Non c'è tanto da dire, questa è solo Eponine e si presenta da sola.
E' un po' introduttivo come capitolo, ma ho creduto fosse utile per capirla meglio in quelli successivi. E poi, andiamo, Eponine la adoriamo tutti!
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I Miserabili / Vai alla pagina dell'autore: ChildrenOfTheBarricade