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Autore: Hylia93    15/05/2013    7 recensioni
Dopo aver letto tante ma tante ff, provo a scriverne una anch'io, la mia prima Dramione!
Siamo al quinto anno, ma c'è qualche differenza. Voldemort non è rinato, perché Silente è riuscito ad impedire che Harry (e di conseguenza anche Cedric) usasse la passaporta, ossia la Coppa del Torneo Tremaghi. Tuttavia, Voldemort non è ancora morto del tutto e forse nasconde più di quanto si pensi. L'atmosfera è all'apparenza più tranquilla a Hogwarts, più serena. Sarà un altro anno pieno di peripezie o riusciranno, finalmente, a vivere un anno da adolescenti? Le due cose, in realtà, sono complementari! :)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Hi girls :)
Scusate ma 
questi giorni sono
un po' incasinata quindi
ho poco tempo per scrivere.
Mi rendo conto che il capitolo è corto
ma siamo quasi alla fine quindi abbiate pazienza.
Spero comunque che vi piaccia e ringrazio chi nonostante
tutto continua a recensirmi e anche tutti coloro che mi leggono
in silenzio. Non abbiate paura di scrivere qualsiasi tipo di commento,
comunque, non mi offendo facilmente e le vostre opinioni mi interessano.
Baci :*

Capitolo 38, "Sangue freddo."

Un freddo persistente si insinuava lentamente nelle mie ossa, filtrando dal tessuto del mantello e del maglione per raggiungere la pelle. I brividi si susseguivano l'uno all'altro, accompagnati dal rumore dei denti che battevano. I miei occhi erano aperti, inutilmente vigili dato che il mio sguardo andava continuamente ad infrangersi contro una barriera di nera oscurità. Sbattei un paio di volte le palpebre, tentando di capire cosa stesse succedendo. Le mani erano ancora unite dietro la schiena, strette nella morsa delle corde grezze con cui Nott ci aveva legati. Poco distante da me sentivo un vociare indistinto, toni bassi e alti che si alternavano in accessi d'ira e richieste di perdono. 
- Hermione! 
L'urlo di Harry fece scoppiare la bolla di indefinitezza in cui ero rinchiusa.
Improvvisamente quelle che erano voci indistinte si trasformarono in urla e suppliche, mentre l'oscurità si fece luce accecante da cui non potevo ripararmi se non chiudendo gli occhi, stringendoli fin quasi a farmi male. 
- Hermione! 
Sussultai e mi costrinsi a riaprirli, consapevole del fatto che il tono allarmato con cui il mio migliore amico cercava di attirare la mia attenzione denotava la necessità della mia presenza attiva. Mi sentivo infinitamente stanca, pesante, come in quel primo sogno, inizio profetico di una vita che sembrava a malapena appartenermi ancora. Ricacciai indietro le lacrime che minacciavano di offuscarmi ancora di più la vista e mi guardai intorno, spaventata. Ero in un salone, piuttosto grande, di pianta rettangolare. La mia spalla poggiava su una parete di pietra dura, grigia, mentre sotto di me il pavimento dello stesso materiale appariva appena più riscaldato da un tappeto pesante. Feci pressione sulle mani e mi ritrovai ad artigliare la costosa stoffa rossa del tappeto, sedendomi in maniera più composta per avere una visuale migliore. Poco più avanti, di fronte a me, un grande divano nero troneggiava al centro della stanza, fronteggiato da un enorme camino in marmo grigio dalle venature bianche, molto simile a quello che avevo visto a Malfoy Manor ma più imponente.
Alla sinistra del divano una grande poltrona era occupata da qualcuno o qualcosa, parzialmente nascosto da un tavolo da the di cristallo.
- Stai bene?
Mi voltai verso Theodore Nott, sorpresa.
Mi aveva appena chiesto se stavo bene?
Buffo come questa domanda mi giungesse inopportuna dopo che il suddetto Theodore Nott aveva stupito tutti alzandosi quella dannata manica del maglione per scoprire il Marchio Nero e chiamare i Mangiamorte. Ne erano arrivati due, dopo qualche secondo, e non due qualsiasi. Bellatrix Lestrange, capelli corvini, scuri come la notte ma brillanti come le stelle, arruffati e folti come non mai, occhi spiritati e dilatati, sorriso impertinente e infantile; Rodolphus Lestrange, fino ad allora sconosciuto alla mia vista seppur conosciuto di nome, capelli altrettanto scuri ma decisamente più ordinati, occhi intelligenti e sottili, labbra distorte in un ghigno compiaciuto.
"Lei la voglio io!" aveva strillato la zia di Draco, digrignando i denti in un'espressione animalesca non appena suo marito aveva provato ad avvicinarsi a me.
E mi aveva avuta.
Mi aveva afferrata per le spalle, tirandomi in piedi con quanta forza possedeva mentre Harry tentava invano di divincolarsi dalla stretta di Rodolphus. Il mio migliore amico, l'unico in grado di capirmi con un solo sguardo, il ragazzo più dolce e gentile che avessi mai conosciuto, aveva cominciato a gridare ogni tipo di improperi verso Malfoy, tentando di farlo risvegliare, puntando di tanto in tanto gli occhi su di me come per trovarvi rifugio. Io avevo cercato di dargli quello che mi chiedeva, guardandolo con fermezza, resistendo agli insulti di Bellatrix e ai suoi versi di scherno, alle sue unghie che affondavano nella mia pelle e al suo respiro sul mio orecchio mentre mi sussurrava che, finalmente, poteva disfarsi di una piccola sudicia mezzosangue come me. Pochi secondi, in realtà, ma mi erano sembrate ore. Poi ci eravamo smaterializzati, improvvisamente, ed ero atterrata su un tappeto morbido mentre la mia schiena cozzava con una dura parete di pietra.
- No, non sto bene. - trovai la forza per mormorare, alzando gli occhi e puntandoli con odio in quelli spaventati di Nott. Era strano vederlo in quel modo, di solito era sempre estremamente calmo, quasi cordiale per essere un Serpeverde. In quel momento, invece, mi osservava spaurito, preoccupato.
- Mi dispiace. - sussurrò di rimando, facendo un ulteriore passo verso di me e abbassandosi alla mia altezza.
- Stammi lontano. - sibilai, strisciando un po' più indietro.
- Non volevo che andasse così, Hermione. Ma mi hanno promesso che a te non faranno del male. - disse, tenendo un tono di voce basso e profondo, quasi come se volesse risultare rassicurante. Spostai gli occhi alle sue spalle, senza fare troppo caso alle sue parole, e vidi Harry, in piedi, le braccia imprigionate da Rodolphus appena dietro di lui. Mi guardava implorante, come a volermi chiedere scusa per un qualcosa di cui lui non aveva alcuna colpa.
- Lasciami in pace. - gli dissi, secca. Mi guardò un'ultima volta con un'espressione indecifrabile prima di alzarsi, richiamato da qualcuno che era appena entrato nel salone. Mi voltai verso la porta e vidi Dolohov chiuderla dietro di sé, portamento altero, viso butterato e occhi scuri.
- Cosa diavolo succede qui? - chiese a Nott non appena quest'ultimo lo ebbe raggiunto.
Lanciai uno sguardo verso Harry, ancora prigioniero delle braccia di Rodolphus ma ancora tutto intero, e tornai ad ascoltare la conversazione che si svolgeva a poca distanza da me.
- Ci sono riuscito, l'ho portato qui. La mezzosangue è intervenuta quindi ho dovuto portare anche lei, ma me ne occuperò io. Draco è ancora sotto l'influenza della Pietra quindi è innocuo, come puoi vedere. - disse, indicando un punto al di fuori del mio raggio visivo nel pronunciare quelle ultime parole.
Dolohov lo liquidò con un cenno del capo e fece un passo avanti nella direzione della poltrona nera.
- Mio Signore. - esordì, inchinandosi appena.
Spalancai gli occhi, inorridita.
Due sottili occhi rossi splendevano nell'oscurità di un cappuccio che nascondeva tratti serpentini, pelle bianca come il latte e grinzosa come quella di un vecchio. Un piccolo involucro nero coronato da due gemme rosse, ecco cosa rimaneva di Lord Voldemort.
- Dolohov, è tutto pronto? - sospirò con fatica.
Nonostante le più che esili dimensioni, la sua voce riusciva a far accapponare la pelle per la paura. Sentii distintamente il mio cuore accelerare, mentre con una parte del cervello mi rendevo conto del silenzio più assoluto calato nella stanza a seguito di quel sussurro. Bellatrix, che aveva raggiunto il marito dopo avermi buttata a terra, si allontanò di qualche passo per poi fermarsi al fianco destro di Voldemort, gli occhi scintillanti di ammirazione e la bocca piegata in un sorriso soddisfatto.
- Tutto pronto, mio Signore! - strillò con la sua voce da bimbetta, sovrapponendo il suo tono acuto a quello di Dolohov, che le lanciò uno sguardo raggelante. Lei fece finta di niente e si accostò a quell'involucro nero che era stato il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi, sussurrando qualcosa con fare concitato. Un movimento venne da Lord Voldemort, un qualcosa che con molta fantasia sarebbe apparso come un assenso, seguito dal risolino eccitato di Bellatrix.
- Procedete. - mormorò, con quella stessa voce cupa, leggermente rauca, decisamente spaventosa. Deglutiii e cominciai a studiare un piano che potesse tirarci fuori da quell'impiccio. Non dovevo farmi prendere dal panico, dovevo riuscire ad essere la mente , come al solito. Innanzitutto individuai Draco, poco distante da Harry, lo sguardo vacuo e le mani in tasca. Tirai un sospiro di sollievo nel vederlo salvo e mi concentrai sul mio migliore amico, trasportato di malagrazia attraverso il salone fino a ritrovarsi al centro di un cerchio bianco tracciato sul parquet di legno scuro appena dietro il divano. A sinistra c'era un altro cerchio, delle stesse dimensioni, all'interno del quale era stata posizionata una pietra rosso cupo. Sobbalzai riconoscendo la Pietra Filosofale e seguii con gli occhi la linea bianca che partiva da entrambi i cerchi per poi unirsi in un terzo, poco più avanti, vuoto.
L'unica possibilità per andare via da quel posto era smaterializzarsi: se era stato possibile entrare in quel modo, saremmo potuti anche uscire nella stessa maniera. Raggiungere Harry e Draco, però, appariva piuttosto difficile. La mia bacchetta era caduta prima, nella radura, così come quella di Harry.
Questo poteva essere un problema, decisamente.
Uscire da una stanza piena di Mangiamorte non era affatto un gioco da ragazzi, ma senza bacchetta era pressoché impossibile. Misi a lavorare meccanicamente il mio cervello, allenato a pensare sotto stress, per tentare di partorire un'ipotesi alternativa. Tuttavia, prima che potessi giungere ad una conclusione, Bellatrix si avvicinò a me con espressione divertita e mi tirò in piedi, trascinandomi per un braccio verso l'altro lato della stanza dove si trovava Draco.
- Sarà proprio un bello spettacolino. - sogghignò, proruppendo poi in una risata argentina e facendomi fermare proprio davanti a Malfoy. La sua bacchetta era appena a qualche centimetro di distanza, nel fodero sulla cinta che stringeva la gonna. Tentai di allungare la mano ma le corde si strinsero ancora di più, lasciandomi segni profondi sui polsi. Il mio gemito di dolore fu sopraffatto dalle parole di Dolohov che, davanti ai tre cerchi bianchi, aveva cominciato a mormorare lentamente una formula con la bacchetta alzata. Nel giro di qualche secondo Rodolphus mollò la presa su Harry e dai cerchi si innalzò un cono di luce contro cui i suoi pugni si andarono inutilmente a scontrare.
Una sorta di barriera lo teneva prigioniero, mentre la luce continuava a scorrere come liquida dalla base delle due figure circolari disegnate sul pavimento, diretta verso quella centrale. 
… Per interromperlo bisogna puntare a chi, cito, 'alimenta i cerchi'."
Dolohov.
Mi lanciai con quanta forza possibile contro Bellatrix, rapita dallo spettacolo che stava avendo luogo a pochi metri da lei, prendendola di sorpresa. Squittii sorpresi fuoriuscirono dalla sua bocca mentre suo marito accorreva in suo aiuto, strappandomi di dosso a lei e puntandomi la bacchetta alla tempia.
- Lasciala, Rodolphus, ho altri piani per lei. - disse, non appena si fu rialzata, scostandosi una ciocca di capelli ribelli con la punta della bacchetta. La sua richiesta fu accolta, il Signor Lestrange si allontanò, continuando però a tenermi sotto mira.
Sapevo, in fondo, che la violenza in questi casi serviva a poco.
Purtroppo, senza bacchetta non potevo fare altro.
Eppure ne avevamo vissute tante, di avventure, io e Harry.
Possibile che dovesse finire così? Possibile che non riuscissi a salvarlo, una volta ancora?
Che non mi venisse in mente nulla di sensato per uscire da quella situazione?
- Draco, tira fuori la bacchetta e uccidi la Granger. - mormorò Bellatrix, spostando lo sguardo sul biondo Serpeverde e avvicinandosi a lui di un paio di passi.
Sentii nitidamente il mio cuore fermarsi per l'intera durata della frase.
Non un respiro, un rumore, un movimento riuscì a infrangere l'effetto che quelle poche parole ebbero su di me. A malapena cinque secondi ci erano voluti, non di più.
Spalancai gli occhi, basita.
Mi sembrò di muovermi a rallentatore mentre li spostavo, pieni di terrore, in quelli del ragazzo che era entrato nella mia vita come una maledizione ma che da poco era diventato la più dolce delle cure. Vidi solo con la coda degli occhi il sorriso di Bellatrix allargarsi mentre quelle mani affusolate, dalle dita lunghe e sottili, che tante volte mi avevano toccata, sfiorata e accarezzata ora afferravano con decisione la bacchetta. Sentii Harry gridare, dietro di me, pregare chiunque di non farmi del male, di lasciar perdere almeno me, sentii il suo sguardo sulla schiena chiedermi ancora una volta di girarmi verso di lui per assicurargli che avevo un piano, che me la sarei cavata senza dubbio. Non mi voltai.
- Draco. - mormorai, ignorando la bacchetta nera dal manico marrone puntata verso di me, sfiorata da quelle mani che mi erano diventate indispensabili. Vidi i suoi occhi accendersi per un attimo e spegnersi subito dopo, ritornare a perdersi nell'oscurità e nella vacuità che la Pietra della Morte, trasfigurata in un misero braccialetto di metallo, infondeva nel suo sguardo. Sentii le lacrime affollarmi gli occhi, offuscarmi ancora una volta la vista, e di nuovo non glielo permisi. Se proprio sarei dovuta morire, lo avrei fatto guardandolo con chiarezza, studiando i suoi lineamenti con la maggiore dolcezza possibile e non con l'odio che Bellatrix voleva indurmi a provare. Draco avanzò di un passo verso di me, squadrandomi dall'alto in basso.
- Mi dispiace per non averlo capito prima. - continuai, avanzando di un passo anche io, - Sono stata una stupida. Non ho avuto abbastanza fiducia in te, non ho fatto abbastanza per tenerti vicino. -
Parlavo piano, non permettendo a nessun altro di sentirmi se non a lui.
Vidi il suo passo farsi più incerto e la sua mascella irrigidirsi.
Spostai per un millisecondo gli occhi per vedere quanto tempo ci sarebbe voluto prima che la luce avesse raggiunto il cerchio finale, quello in cui convergevano gli altri due, su cui era stato deposto Lord Voldemort o quel che ne era rimasto.
Riportai lo sguardo in quello vacuo di Draco e piegai la testa di lato, osservandolo meglio.
- Sarei dovuta rimanere lì con te, nel tuo dormitorio, non avrei dovuto dare retta alle tue parole ma ai tuoi occhi. Io non avrei voluto lasciarti, Draco. - ripresi, tenendo sempre la voce bassa.
Bellatrix si stava agitando, muovendosi da un piede all'altro e giocherellando con la bacchetta mentre osservava la scena che le si parava davanti assottigliando gli occhi, indecisa se preoccuparsi per il fatto che Malfoy si fosse fermato o assistere alla rinascita del Signore Oscuro.
- Draco, sbrigati! - gli urlò, alla fine, nervosa ed eccitata allo stesso tempo.
Feci un passo avanti verso di lui, poi un altro ancora, fino a toccare la punta della sua bacchetta con il petto. Alzai gli occhi e li incatenai nei suoi. Dio come mi era mancato quel grigio, la curva del naso, la piega della bocca… Era passata una settimana da quando avevo sfiorato quella pelle diafana con le dita, esplorato le sue labbra e la sua bocca, sentito il suo profumo da così vicino. Inspirai a fondo il suo odore, avvicinando lentamente il mio volto al suo.
- Avada Kedavra! 

   
 
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