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Autore: RobiSmolderhalder    16/05/2013    7 recensioni
Edward Cullen. Un uomo che per molti motivi potrà sembrare acido, freddo e crudele. Per altri dolce e indifeso. Il suo lavoro è quello che ha sempre sognato: pediatra, un lavoro per cui ha 'rovinato' la sua vita.
Dal testo:
Sono quella persona che se la conosci davvero la eviti, sono quella persona che potrebbe essere considerata spregevole, sono quella persona che vive, respira agisce per interesse.
Tutti umani.
Roby.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Embrace Me With Your Mind.

 

 

 

Attraction At First Sight.

 

 

 

 

 

«Buongiorno amore mio.»- Sussurra Tanya, accarezzandomi il petto, alzo gli occhi al cielo, sospirando di rabbia, già alle sei del mattino. La sua mano sale sul mio petto, per poi lisciare la spalla e finire sulla schiena. E come se fosse già tutto programmato, sento il suo sedere alzarsi dal letto e i suoi passi dirigersi in cucina. Ogni mattina sempre la stessa recita, finge di avvicinarsi, cercando di convincermi del fatto che noi ci amiamo e che siamo una delle coppie più felici al mondo, una di quelle coppie senza problemi, ma lei non sa che è tutta una finzione, da parte sua, da parte mia. Non c’è mai stata quella scintilla, che per qualche anno ho creduto arrivasse, all’inizio credevo che magari, anche involontariamente, sarei riuscito ad amarla, ma amare una persona che non ti ama avrebbe forse un senso? Nemmeno lei mi ama, credevo di sì, credevo che la sceneggiata avesse preso atto proprio perché credevo che lei mi amasse, ma non era quello lo scopo evidentemente. E quindi, entrambi siamo quelle persone fredde, cattive, quelle che non pensano alla vita altrui, quelle che pensano solo ai soldi, ai proprio interessi, alle proprie ambizioni, infischiandosene degli altri.
Io ci sono diventato così. Ricordo quel tempo lontano, quando al mio posto c’era un ragazzo di diciassette anni, quel ragazzo che voleva diventare un pediatra, perché l’unica cosa che riusciva ad amare era il sorriso dei bambini. Ho lottato tanto per tenermela, quella sensazione che si prova quando curi un bambino, quando la madre ti ringrazia, quando puoi scherzarci, quando sei sicuro che quel bambino si fida di te. Forse non sono poi così tanto gelido, forse nel mio cuore è rimasto un piccolo incentivo, riuscire a sorridere tramite l’abbagliante sorriso di un bambino.
Mi alzo dal letto, stufo di esserci rimasto anche fin troppo, stufo dell’odore di fondotinta spalmato sulle lenzuola, hanno creato il latte detergente apposta, porca troia. Entro in bagno, cercando di non guardare lo specchio che ho davanti e quindi iniziare a  imprecare contro di me. Mi infilo dentro il box doccia e sinceramente, ammiro la mia nudità. Dal primo giorno che io e Tanya ci siamo sposati –avevo solo ventidue anni- mi sono chiesto il perché della sua indifferenza alla vista del mio corpo nudo, le altre donne pagherebbero un malloppo per avermi, mentre lei che potrebbe tutti i giorni, tutte le ore del giorno, è come se io non ci fossi, tante volte ho pensato fosse omosessuale, non che io abbia niente contro, ma cazzo sono suo marito. Sarebbe da stronzi dire: mi sembra giusto tradirla, dato che lei non fa nulla. Ed io lo dico. Io sono un fottuto stronzo.

«Buongiorno Dottor Cullen.»- Mormora Ben alzandosi, come forma di rispetto, io gli sorrido e lo saluto. Sono sempre stato abbastanza magnanimo con Ben, mi piace come assistente e mi sta anche molto simpatico. Ho sempre pensato, che se un giorno, potrò riavere la mia libertà, potrei aprire uno studio solo mio, non in ospedale come adesso, adesso che sono costretto a stare qui, e ho sempre pensato a Ben insieme a me. Mi sta simpatico.
«Quanti bambini ci sono oggi? Età?»- Sussurro distrattamente, sfilandomi il giaccone per sostituirlo col camice.
«Due.»
«Solamente due?»- Chiedo confuso. Ben annuisce e si alza avvicinandosi a me.
«Ricorda le selezioni? Per gli specializzandi?»- Mi batto una mano in fronte, rendendomi conto che non ci avevo proprio pensato. Devo scegliere due ragazzi in un gruppo di sette. Sono stato scelto dal primario per il compito di insegnare loro il mio mestiere. Annuisco e accendo il mio computer.
«A che ora arrivano?»- Chiedo velocemente.
«Alle undici dottore. Prima i bambini. Allison tra cinque minuti e Erik alle dieci.»- Annuisco e sospiro di sollievo. Dopo aver visitato i piccoli, mi rendo conto di avere mezz’ora a disposizione. Scendo al piano di sotto, al reparto Ginecologia e cerco tra le stanza Marie. Dovrebbe essere di turno oggi.
«Edward! Che fai qui?»- Esclama Marie, picchiettandomi sulla spalla destra.
«Ti cercavo.»- Sussurro, con voce grave, bassa e roca, mentre lei mi fa l’occhiolino maliziosamente. Annuisco e scendo al piano meno uno. Non c’è mai nessuno lì sotto. E se anche fosse, qui mi conoscono in molti, non mi sono mai creato problemi, anche se essere scoperto manderebbe a puttane anche l’ultima cosa che mi è rimasta: il mio lavoro. Mi infilo dentro lo spogliatoio femminile, e, dopo essermi spogliato completamente, appoggiando la mia schiena sulle piastrelle fredde del box doccia, attendo Marie. Dopo qualche minuto, Marie entra, anche lei svestita, come ogni volta, come se fosse una regola. Accarezzando sensualmente il mio petto, coperto da pochi peli, che si raddrizzano per l’eccitazione, le sue gambe si ancorano ai miei fianchi e senza preamboli, senza parlare, senza baciarci o aggiungere smancerie di alcun genere, il mio membro sfiora la sua intimità, un attimo prima di entrare del tutto. Butto la testa all’indietro e per pochi minuti non penso a niente, se non al sesso.
«Dottor Cullen. Sono arrivati.»- Annuncia Ben, sulla soglia del mio studio. Mi sistemo la cravatta  e preparo un sorriso per accogliere quei ragazzi. E’ un piacere farlo, avrei voluto anch’io la loro stessa possibilità, forse non sarei a questo livello, ma sarei comunque stato un pediatra. Rimango seduto al mio posto, ma Ben mi guarda sorridendomi strano.
«Dottore, in sala riunioni.»- Scoppio a ridere, rendendomi conto di quanto posso essere sembrato ridicolo, rendendomi conto ancor di più di quanto non sia all’altezza di quello che pensa la gente. Mi alzo e inizio a camminare. Ben si schiarisce la voce facendomi arrestare. Indica i miei pantaloni e, ne sono sicuro, qualche anno fa sarei arrossito per questo. Mi sistemo la lampo dei pantaloni e ricomincio da dove mi ero fermato.
«Ben.»- Sussurro sicuro che abbia capito, infatti annuisce e con un gesto teatrale imita il “bocca cucita”. Entriamo nella sala riunioni e la prima cosa che vedo mi lascia basito, con un sorriso da ebete in faccia, e mi ci vorrebbe anche un aggiustata al pacco se la cosa non cambia. Vedo un sedere, tonico e sodo, dove continuano due gambe snelle ma al punto giusto. La ragazza si rimette in piedi, infilando il cellulare sulla borsa, sicuramente le era caduto.
«Buongiorno.»- Mormoro, non guardando più verso la sua direzione, in modo da non pensare ad altro e parlare in modo per niente casto, davanti a questi sette ragazzi che sono qui per la specializzazione.
Loro al mio saluto si alzano e mi sorridono, agito la mano, facendogli segno di sedersi, devo ammettere che mi piace quando arrivo e la gente si alza per rispetto, ma a volte no, dipende dai casi, dipende se sono fiero di me in quel momento. Perché sì, ci sono quei momenti in cui lo sono, anche se può sembrare difficile. Al momento non lo sono, quindi non mi va che la gente si alzi alla vista del mio arrivo. Mi presento, sentendomi un verme, ma facendo comunque attenzione alla classe, al portamento, prima cosa che mi hanno detto entrato in ospedale: per accogliere, parlare con i pazienti bisogna essere posati, gentili ma allo stesso tempo gelidi con loro, mantenere una certa classe, farli fidare di te dal primo istante in cui posano i loro occhi su di te. Ed io, da copione lo faccio e, come me, Ben. Che mi aiuterà con i ragazzi che poi selezioneremo insieme.
Prendo i fascicoli dei ragazzi, guardando con la coda dell’occhio la ragazza di poco prima, i suoi capelli sono lunghi e castani, i suoi occhi sono grandi ma non ho ancora notato il colore, la sua bocca è carnosa. Il suo modo di muoversi, di toccarsi nervosamente i capelli, la rende infantile, imbarazzata, molto più eccitante di una qualsiasi donna che non appena mi vede alza l’orlo della minigonna. I ragazzi cominciano a presentarsi, esponendo le loro qualità, faccio qualche domanda di base e nessuno mi delude. Poi tocca a lei.
«Sono Isabella Swan, ho ventisette anni. Sono al quarto anno di specializzazione.»- Mormora imbarazzata, con le gote che diventano irrimediabilmente rosse.
«Come mai è qui?»- Chiedo strafottente.
«Per lo stesso motivo di questi altri sei ragazzi.»- Mormora assumendo il colore della pelle normale, alterandosi, confondendosi.
«Mi dia una motivazione, perché dovrei scegliere lei al posto di qualcun altro?»- Continuo, facendole corrucciare le sopracciglia.
«Perché io amo i bambini. Perché l’unica cosa positiva che c’è al mondo è il loro sorriso.»- Mi dice, con ferma sicurezza sulla voce. Rimango spiazzato e continuo a guardarla.
«Si sente abbastanza competente per questo lavoro?»- Chiedo.
«Si. Ma se non ci provo non posso esserne certa al cento per cento. Lei. per esempio, è molto giovane. Nel momento in cui ha iniziato a lavorare, si sentiva competente?»- Mi chiede con una nota di rabbia nella voce. Mi giro guardando Ben, che mi guarda con gli occhi sgranati, rimango impassibile agli occhi degli altri, ma sentendo comunque un moto di rabbia che vorrebbe annebbiare i miei sensi.
«Bene. Grazie per essere venuti. Vi faremo sapere la prossima settimana.»- Dico guardando tutti tranne lei. Mi alzo e mi dirigo fuori.

 

«Dottor Cullen. C’è Denali sulla linea.»- Mormora Ben distrattamente, passandomi il telefono. Sospiro e alzo gli occhi al cielo.
«Pronto?»
«Edward. Le selezioni come vanno?»- Mi chiede con tono burbero, suo solito.
«Stiamo giusto decidendo, io e il mio assistente.»
«Le voglio entro oggi. Chiaro?»- Chiude la telefonata ed io annuisco come un automa, invano. Ben mi guarda preoccupato ed io gli faccio cenno di continuare quello che stava facendo.
«Jacob Black?»- Mi chiede, guardando la lista dei ragazzi che sono venuti cinque giorni fa. Jacob, trent’anni, viene dall’America, mh…forse.
«Poi?»
«Marlene Yanks.»- Scuoto la testa, ricordando quella ragazza così impacciata che avrebbe paura di fare un  piccolo prelievo, figuriamoci operare un bambino. Ben scoppia a ridere e scuote la testa.
«Isabella Swan?»- Ecco dove volevo che arrivasse, annuisco con vigore e lui mi guarda con gli occhi sgranati.
«Darà filo da torcere Dottor Cullen.» Ammette, cercando di farmi ripensare alla mia scelta.
«Ed è proprio per questo che le daremo una possibilità.»- Lui mi guarda confuso e riprende la lista.
«Va bene così. Jacob Black e Isabella Swan. Saranno loro gli specializzandi scelti da noi. Sempre se per te va bene.»- Mormoro guardando la scheda della ragazza.
«Per Black va bene, ma la Swan. Non mi sembra che possa andare d’accordo con lei. Non credo che sarà facile con lei.»- Dice, alzando i suoi occhiali e gesticolando animatamente.
«E’ proprio per questo che ho scelto lei. Mi piacciono le sfide, lo sai. Chiama Black. Io contatterò la ragazza.»- Annuisce, sicuro che sia deluso per la mia decisione, ma in fin dei conti uno gli va bene, l’altra me ne occuperò personalmente io. Un sorriso strafottente nasce sulle mie labbra e prendo la cornetta componendo il suo numero.
“Pronto?”
«Parlo con Mrs Isabella Swan?»- Sussurro con voce roca, senza farlo neanche apposta.
“S-si”- Sussurra flebilmente.
«Volevo avvisarla che dal prossimo Lunedì potrà venire qui come specializzanda. E’ stata scelta.»- Dico sorridendo tra me.
“Oh, grazie! Io…davvero, volevo-” -Dice balbettando. La interrompo immediatamente.
«Stia tranquilla. Ci vediamo Lunedì. Buona giornata.»- Chiudo la chiamata e guardo fuori dalla finestra. Oggi piove, non che sia una novità, gli alberi sono spogli, il cielo è scuro, opaco. Dovrebbe influenzarmi, ma non lo fa. Sono impaziente di incontrare Isabella. Voglio vedere, costatare se quello che penso, se quello che voglio fare, sia fattibile. Guardo L’orologio, si è fatta ora di pranzo, prendo la mia valigetta e scendo chiedendo a Ben se vuole qualcosa da mangiare, ma come sempre nega.

 
«Cosa c’è che non va Edward? Ti vedo distante.»- Sussurra Tanya, lasciando a mezz’aria la forchetta con le uova. La guardo sgranando gli occhi, mentre sorseggio il mio caffè e leggo il mio giornale.
«Cosa c’è?»-Dico rivolgendomi a lei infastidito. Lei sbuffa e scuote la testa continuando a mangiare. Sbuffo pesantemente, facendomi sentire da lei.
«Come va il lavoro Edward?»- mi chiede con nonchalance. Io annuisco, dicendole “bene” con quel gesto. E’ sempre stato così tra di noi. Molti credono che siamo la copia perfetta, per i soldi, per il lusso. Ma la coppia perfetta non esiste. Se non hai i soldi, anche se c’è l’amore, ci sono problemi causati dalla situazione economica. Se ci sono i soldi e il lusso, nel 90% dei casi non si amano, o uno non viene ricambiato. Noi siamo nella percentuale delle persone che non si amano, stiamo insieme per il popolo, tante volte mi sono chiesto perché siamo ancora qui? Come due conoscenti che devono dividere la casa. Lei mi tradisce, io la tradisco, per quale motivo dobbiamo entrambi convivere con una persona che non consideriamo minimamente? Io, certamente, non ho il coraggio, né l’idea di iniziare questo tipo di conversazione, lei non lo ha mai fatto, ed io aspetto, aspetto il giorno che finalmente prenderà un’iniziativa. Per capire, parlare di quanto diversi siamo, di quanta indifferenza ci sia tra noi due, siamo sposati, questa è l’unica cosa che ci fa stare qui, questa è l’unica cosa che abbiamo in comune.
«Vado a lavoro.»- Sussurro alzandomi, lei, cogliendomi di sorpresa, si alza e prende la mia giacca. Mi aiuta a infilarmela per poi lasciarmi un bacio a fior di pelle sul mento. Alzo le sopracciglia e mi avvio a lavoro.

«Bene. Jacob, Isabella. Siete i benvenuti, le regole le sapete, il lavoro partirà già da stamattina. Io e il mio assistente-infermiere Ben, siamo qui per qualsiasi chiarimento.»- Annuncio ai due ragazzi, appena entrati nel mio studio. Ben si alza e aggiusta i suoi occhiali.
«Jacob, oggi inizierà con me. Domani ci sarà Isabella con me e così via. A saltellare lavorerete sia con me che con il Dottor Cullen. Vieni Jacob.»- I due vanno via ed io rimango a guardare Isabella. Lei abbassa lo sguardo mordendosi sensualmente il labbro inferiore. Appoggio la schiena allo schienale della mia poltrona e mi fermo a fissarla. Indossa un maglioncino nero attillato, i jeans sono marroni così stretti che credo che le sue gambe stiano urlando per essere liberate. Ai piedi indossa delle decolleté nere lucide, col tacco medio. I suoi capelli sono sciolti, con un fermaglio che tiene quelli davanti, in modo da avere il viso completamente scoperto. Non mi guarda, è intimorita da me, dal mio aspetto, cosa che mi infastidisce ma a cui sono abituato. Mi schiarisco la voce, cercando di attirare la sua attenzione e questo succede.
«Si?»- Chiede balbettando.
«C’è qualcosa che non va?»- Chiedo apparendo preoccupato. Lei scuote la testa alzando le sopracciglia. Guardo l’orologio, sono le otto e trenta.
«Ha bisogno di qualcosa? Tra mezz’ora iniziamo le visite.»
«No. Mi chiedevo come mai avesse scelto me.»- Mi chiede, pare stia prendendo almeno un minimo di coraggio.
«Bè, non si sente all’altezza?»- Chiedo sorridendole. Lei mi sorride e scuote la testa. E tutto questo mi sembra troppo eccitante, anche se magari non lo è per niente.
«Abbiamo scelto anche Mr Black. Potevamo scegliere un’altra persona al suo posto, è vero. Ma i voti, il curriculum notevole, hanno messo lei nella via giusta per entrare a far parte della nostra squadra. Se vuole tirarsi indietro può sempre farlo.»- Le dico, cercando di farle capire che non è stata assolutamente una cosa personale e, se anche lo è stata, qualsiasi medico l’avrebbe scelta, sia per il curriculum, sia per i suoi voti. Forse se non avesse attirato la mia attenzione in quel modo, se non mi fosse sembrata così sensuale ed eroticamente affascinante, l’avrei scelta comunque. Lei annuisce e poggia la sua borsa per terra, afferrando il camice che Ben le ha lasciato. Mi avvicino a lei, aiutandola a mettersi il camice. Annuso, per quel che mi è concesso. Il suo odore emanato dalla sua chioma profumata, e vorrei scoparmela fino a farle perdere i sensi. Mantengo un po’ di  contegno e mi allontano aprendo la porta dello studio.
Dopo aver visitato quattro bambini – ci sono riuscito, nonostante la distrazione è stata notevole- è arrivata l’ora di staccare e lasciare posto alla Dottoressa Coleman. L’altra pediatra che occupa questo studio. Mi sfilo via il camice e prendo la mia valigetta.
«Posso offrirle il pranzo?»- Chiedo gentile. Lei mi sorride e annuisce. Prendiamo l’ascensore, che si ferma al primo piano, Marie entra sorridendoci. Mi guarda, mordendosi il labbro ed io le faccio segno con gli occhi. Lei annuisce impercettibilmente e tutti e tre usciamo fuori dall’ospedale.
«Ha preferenze?»- Le chiedo girandomi verso di lei, accorgendomi di quanto bella sia in realtà, oltre che sexy. Lei scuote la testa e decido di portarla in un ristorante qui vicino.
Ordiniamo entrambi una bistecca di manzo, con un insalata mista e un semplice vino rosso da bere.
«Posso dirgli una cosa? Siamo fuori dall’orario di lavoro no?»- Mi chiede divertita, io le sorrido e annuisco.
«Sono contenta che non sia così stronzo, all’inizio credevo fosse molto peggio.»- ammette arrossendo.
«Ah si? Sono contento allora. Questo significa che continuerà a lavorare con me?»- Chiedo interessato. Lei annuisce e il cameriere ci porta il vino. Apre la bottiglia e riempie a metà i calici di entrambi.
«Alla nostra squadra.»- Mormoro alzando il calice. Lei sorride e mi imita facendo tintinnare i nostri calici. Iniziamo a mangiare, mentre le parlo delle varie operazioni che ho fatto a dei bambini,  lei mi guarda teneramente e si congratula. Finiamo il nostro pranzo, pago il conto con qualche protesta da parte sua. E iniziamo a camminare. Lei guarda l’orologio e si scusa con gli occhi.
«Se devi andare.»- Sussurro guardando i suoi occhi, sono marroni, anzi no, sono più color cioccolato al latte.
«Si. Ci vediamo domani allora.»- Annuisco e le porgo la mano.
«E’ stato un piacere Mr Cullen.»- Mormora non appena la sua piccola mano tocca la mia, facendomi sentire piacere nel stringerle la mano.
«Lo sarà ancor di più continuando.»- Sussurro rocamente avvicinandomi di più a lei. Lei mi sorride e girandosi va via.

 

 

 

 

Ecco il primo capitolo effettivo di questa storia. Grazie. Sono contenta che abbiate accettato il prologo con entusiasmo, nonostante fosse molto corto. Grazie infinite e spero, andando avanti, di non deludervi.
Alla prossima.
Un bacione.

Roby.

 

 

   
 
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