Questa
è la traduzione della storia “A dark
tale” pubblicata
sul sito ‘fanfiction.net’ da The-shiny-girl.
Potete trovare il link della versione originale nel profilo.
A
Dark Tale
C'è
un silenzio di tomba nella stanza.
Gli
lancio uno sguardo, notando che si sta concentrando
intensamente sul cibo nel suo piatto, ignorando completamente la mia
presenza.
Ogni
tanto mangiamo insieme nei suoi... nostri
alloggi. A volte mangiamo nella
Sala Grande. Non so cosa è peggio.
Essere
ignorata da mio 'marito' e cercare di mangiare
in un silenzio imbarazzante o essere circondata da studenti che mi
fissano e
sussurrano cose brutte su di me. Su di noi.
Gioco
con il cibo nel piatto, prendendone piccoli
morsi. Non posso fargli notare che non sto mangiando. Potrebbe fargli
sorgere
qualche sospetto ed è l'ultima cosa di cui ho bisogno al
momento.
Ma
d'altra parte, non penso noterebbe qualcosa neanche
se mi crescesse una seconda testa. É come se non fossi
nemmeno nella stanza.
Mi
schiarisco la gola e mi sforzo di parlare.
"Signore... riguardo questo saggio che ha assegnato - "
"Sai
che non possiamo parlare di compiti, Miss
Granger. Non sarebbe professionale."
"Voglio
solo sapere se - "
"No."
É la sua risposta fredda.
Mi
mordo la lingua, frustrata. Perché non può
semplicemente essere onesto e ammettere che non vuole parlare con me in generale? Non ha niente a che fare
con l’essere professionali.
"Date
le circostanze, non dovresti nemmeno
frequentare le mie lezioni." Continua e alzo lo sguardo verso di lui.
I
nostri occhi si incontrano per un secondo e poi lui
distoglie lo sguardo, irrigidendosi.
Faccio
scorrere la lingua sulle labbra con esitazione,
con una gran domanda in testa. Dovrei chiedere?
Come
se avesse mi letto la mente, scuote il capo."No.
Non stanotte."
"Sono
già passati sei giorni."
"Non
c'è bisogno di dichiarare l’ovvio. Sono
consapevole della data, grazie tante."
"Allora...
domani?"
"Domani
sì."
Stupido.
Come
se stessimo discutendo di un incontro d'affari,
non qualcosa di intimo come-
"Me
ne vado in camera mia." Si alza
improvvisamente.
Annuisco.
"Va bene. A domani."
Non
aspetta nemmeno che finisca di parlare che è già
sparito dalla stanza.
xxx
Abbiamo
camere separate. E questo è qualcosa per cui
sono grata. Ho bisogno del mio spazio, della mia privacy.
Specialmente
adesso.
Trascorriamo
solo una notte a settimana insieme. E
questo perché siamo obbligati.
La
legge.
Andare
a letto con il mio insegnante.
Disgustoso.
All'inizio
era orribile, ma adesso mi ci sono...
abituata. É ancora imbarazzante, ma cerco di trattare la
cosa con maturità.
Di
solito ci impiega qualche minuto e poi mi caccia
praticamente fuori dalla sua stanza, quasi sbattendomi la porta in
faccia.
Immagino
sia difficile anche per lui.
xxx
Mi
sta fissando.
Non
c'è alcuna reazione sul suo volto.
Niente.
Forse
non mi ha sentita.
Ripeto
la frase. "Credo che dovremmo sposarci, Signore."
Di
nuovo, nulla.
Il
mio coraggio sta lentamente scemando e inizio a pensare che tutto
questo sia
uno sbaglio.
Poi
lui apre la bocca, ma passano alcuni lunghi attimi prima che le parole
prendano
vita.
"Granger."
Sussurra poi alza la mano, puntando la porta. "Fuori."
"Cosa?
Ma - "
"Fuori."
Ripete, calmo.
"Non
ci... farà un pensiero? Mi lasci spiegare."
"Non
lo ripeterò ancora, Miss Granger."
"Ci
ho pensato molto! Non sarebbe davvero un matrimonio, ma una... specie
di
accordo. Potremmo - "
Si
avvicina a me improvvisamente, afferrandomi il braccio e trascinandomi
verso l’uscio.
Prima che riesca a dire qualcosa mi spinge fuori e sbatte la porta.
xxx
Sbadiglio,
trascinandomi in cucina. Svegliarsi presto
la mattina sta diventando davvero difficile. Sono stanca tutto il
tempo, non
importa quanto dorma.
Questa
sarà una giornata davvero stressante. Ho lezioni
fino a stasera. Ricordo i momenti in cui ero così entusiasta
di imparare cose
nuove, ma adesso sono... insensibile. So che non userò mai
questa conoscenza
nella vita reale, allora perché prendermi il fastidio di
imparare?
Mi
verso un bicchiere di succo d'arancia e poi lo
sento.
Voltandomi,
gli finisco quasi addosso, ma lui si sposta
di scatto. Come al solito ha addosso i suoi vestiti scuri. É
tutto ciò che
indossa. Non l'ho mai visto con qualcosa di diverso.
E
io sto lì con la maglietta e il pantalone del
pigiama, sentendomi un po' imbarazzata.
Non
ci sentiamo a nostro agio quando stiamo insieme
come una moglie e un marito dovrebbero.
É comprensibile.
Il
nostro matrimonio è una falsa.
"Quando
iniziano le tue lezioni?" Chiede.
"Tra
un'ora."
"Dovresti
sbrigarti. Non vorrai fare tardi."
Non
mi piace quando si comporta come se fosse mio
padre. Rende tutta la storia del matrimonio ancora più
disgustosa e
imbarazzante e ambigua.
"Devo
chiamare l'Elfo Domestico? Desideri mangiare
- ?" Interrompe la frase a metà.
M'irrigidisco.
Cosa
c'è che non va?
I
suoi occhi si socchiudono e si avvicina a me,
guardandomi la faccia.
"Dove
ti sei fatta quel livido?" Chiede,
incrociando il mio sguardo.
"Q-quale
livido?" Indietreggio, cercando di
nascondermi il volto dietro i capelli.
"Quello
sotto l'occhio."
Merda.
Lo
faccio ogni mattina, nascondendo i lividi e
individuando le macchie di sangue sotto la pelle con un semplice
incantesimo.
"N-non
ricordo." Rispondo velocemente.
Sono
arrabbiata con lui per avermi presa alla
sprovvista.
"Come
puoi non ricordare?" Insiste.
"Non
lo ricordo e basta!" lo aggredisco.
"La smetta con le domande. Lei non è mio padre. Non gliene
importa niente
di me quindi la smetta di fingere."
Serra
la mascella e annuisce, i suoi occhi sono freddi.
"Hai
ragione, Miss Granger. Non m'importa."
Si
volta e se ne va. Reagisce sempre così. Raramente
discute, perché semplicemente va via.
Non
sono dispiaciuta per averlo aggredito.
Non
può sapere della mia condizione. Non lo
sopporterei. É più facile quando le persone ti
odiano piuttosto che provare
pena per te.
Non
ho bisogno della sua compassione. Non voglio
la sua compassione.
Voglio
solo fare qualcosa per lui. Qualcosa di buono.
Qualcosa che lo premi per tutti quegli anni che ha trascorso in
pericolo
cercando di tenerci al sicuro.
E
se questo significa avere
in cambio il suo odio, mi sta bene.