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Autore: Waterproof    17/05/2013    11 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10.









C’era qualcosa che non andava, me lo sentivo.
Era come una sensazione che nasceva e scuoteva le viscere dall’interno, provocando sensazioni per nulla gradevoli. Una fitta continua allo stomaco, condotti lacrimogeni intasati per la prima volta in vita mia.
Mentre le lacrime scorrevano a fiotti, la paura la faceva da padrona, costringendomi a tremare e contrarre ogni singolo muscolo nella speranza di non crollare. Non avevo il coraggio di sollevare lo sguardo, la luce era accecante, un mal di testa martellante e il dolore incessante al braccio non mi davano un momento di tregua, così come le immagini di ciò che era successo.
I singhiozzi mi stavano squarciando il petto, e tutto ciò per cui non avevo pianto in tutta la mia vita, era improvvisamente tornato a galla, più forte e più potente di prima.

Harry…

Il suono del suo nome, benché fosse solo nella mia mente, era il dolore più forte che potessi provare. Faceva male, troppo male, e non riuscivo a sopportarlo.

E’ colpa mia, è tutta colpa mia…

L’infermiera diede l’ultimo punto prima di fasciare la ferita e sorridermi amabilmente.
Non c’era nulla per cui sorridere, io ero distrutta. Harry lo era.

Dove sei, Harry?

Strinsi forte il ciondolo contenente la camomilla, che indicava forza nelle difficoltà e serrai le palpebre, con la speranza che tutto si rivelasse solo un incubo dal quale mi sarei presto risvegliata. Avrei sentito Sandy imprecare per aver gridato e per averla disturbata, poi mi sarei riaddormentata, tranquilla, forse con quel pizzico di angoscia che caratterizzava ogni risveglio da un brutto sogno.
Ma le pareti di quella stanza c’erano ancora, quella luce bianca e presagio di brutti avvenimenti era lì, mi accecava, mi faceva paura. Solo Harry non c’era. Io ero sveglia, lui…

Dove sei?
Harry, ti prego…

Cercai di tornare al momento dell’accaduto, e non riuscivo realmente a spiegarmi cosa fosse successo. Come fosse successo. Avrei dovuto beccarmela io quella pallottola, non semplicemente subirne la scia infuocata.
Avrei dovuto esserci io su quel letto d’ospedale, io in quella sala operatoria, io in fin di vita.

Senti, Dio…
Cosa c’entra lui? So che avevo promesso che non ti avrei mai chiesto nulla, che non avrei mai neanche pensato alla possibilità di chiederti qualcosa, ma… Ora sono qui, e ti sto pregando. Fa’ qualcosa, salvalo. Per quanto possa odiarlo, non se lo merita. Io sì.
Lascialo qui ancora un po’…

Stavo rasentando l’assurdo, ma il fatto che Harry non fosse lì, di fronte al mio letto, a punzecchiarmi circa la mia incapacità di stare attenta, di tenere la situazione sotto controllo, era orribile.  
Per una volta, la mia razionalità zittì e chinò il capo di fronte al pensiero di lui. Avrei dato la mia vita per vederlo di nuovo accanto a me.
Lo stavo ammettendo, era un passo avanti enorme. Ma a cosa sarebbe servito, ora?
Sentii il cellulare squillare, pochi istanti prima che nella mia stanza facesse il suo ingresso Louise, bianca dallo spavento e con le lacrime agli occhi. Josh era subito dietro di lei, seguito da Sandy che era stata evidentemente costretta a venire con qualcosa di mio.
<< Cos’è successo? Dov’è Harry? Era venuto a cercarti! Perché l’ospedale ha chiamato Josh? Come stai? >> Non riuscii a seguire bene la raffica di domanda sparata da Louise, perdendomi quasi al primo verbo.

Sparata.

Rabbrividii, e Josh, credendo fosse il freddo, provvide a coprirmi con un plaid preso da dove solitamente le infermiere ne conservavano uno.
Lo ringraziai flebilmente e socchiusi gli occhi, cercando di non pensare allo squillare insistente del telefono. Poi un’idea di chi potesse essere si fece largo nella mia testa, così balzai giù dal letto e scavai nello zainetto con il braccio dolorante. Cercai di non pensare alle fitte di dolore alla ferita e guardai sullo schermo, sul quale vidi lampeggiare il nome di Anne.
Deglutii, accettando la chiamata.
<< Mi hanno chiamata dall’ospedale, Abbey. Dove siete? >> La sua voce premurosa ed allarmata fece salire a galla sensi di colpa e di mancanza terribili, tanto che non riuscii a soffocare un singhiozzo spontaneo.
<< Io s-sono in una stanza… >> piansi, cercando di calmarmi.
<< Stai bene? >>
<< S-sì. >>
Ci fu un momento di silenzio dall’altra parte, poi sentii il suono di un clacson e le imprecazioni del compagno di Anne.
<< Harry? Lui dov’è? Sta bene? Prima abbiamo litigato di brutto, lui mi ha accusata di pensare solo a cosa fosse meglio per lui, e non cosa lui potesse pensare… Era così arrabbiato… >>
Forse si spiegava il vetro rotto, in quel modo. Se l’era presa con se stesso, come sempre, per non dar pena alla madre. Come poteva essere così premuroso e nascondersi in quel modo assurdo? Perché doveva farsi odiare da me quando in quel momento…

Svegliati, ti prego!

<< Anne… Mi… >> tutt’a un tratto mi sembrava di aver perso l’uso della parola << mi dispiace così tanto… >>
<< Che vuol dire?! Dov’è mio figlio?! Cosa gli è successo? >>
Dall’altro capo del telefono sentii  una voce rotta e capii di averla fatta piangere. Incrociai gli sguardi preoccupati dei miei amici, che ne sapevano quanto Anne di Harry.
Sospirai, affranta, e cercando di reprimere un ulteriore pianto, le spiegai l’accaduto. Da come avevo parlato, avevo fatto cadere tutta la colpa sulla mia mancanza di considerazione, sulla mia ingenuità e sul mancato intervento.
Harry aveva cercato solo di salvarmi.
E sebbene in quella sala operatoria ci fosse lui, ero io a sentirmi disintegrata. Morta dentro.
<< L’aggressore ha sparato, il proiettile mi ha sfiorato il braccio, ma Harry… Lui è stato colpito sullo stomaco. E’ in fin di vita, A… >> Non riuscii a terminare la narrazione che un nuovo singhiozzo mi bloccò il respiro.
<< No.. No… Non ci credo…  NO! >> Cadde la linea, e io fui libera di lasciarmi andare sul letto, continuando a piangere.

Seems like it was yesterday when I saw your face…

Era mezzanotte.
Non poteva lasciarci in quel modo, non poteva farlo… Mi aggrappai all’asta cui era appesa la flebo e mi avviai verso il corridoio, strattonando violentemente il braccio sano dalle mani di Josh che aveva cercato di fermarmi. Dovevo sapere come stesse, se se la sarebbe cavata…

You told me how proud you were, but I walked away…

Quando gli avevo chiesto perché si fosse comportato in quel modo, si era chiuso di nuovo in se stesso. Ma io conoscevo l’Harry fragile, sebbene lui mi avesse mostrato sempre la parte dura, quella orgogliosa.
Attaccava me per sentirsi sicuro lui, era ovvio.

If only I knew what I know today… I would hold you in my arms, I would take the pain away.

<< Harry, bevi. >> Gli passai per l’ennesima volta quel bicchiere di latte per farlo vomitare, data la quantità enorme di alcol che aveva ingurgitato, ma lui la respinse. Stavo iniziando a perdere le speranze e la pazienza, volevo semplicemente aiutarlo.
Forse era per questo che si rifiutava.

Sorrisi, ripensando alla sua testardaggine, mentre avanzavo in direzione del reparto chirurgia. Chiesi informazioni ad un’infermiera, che non ascoltai più mentre mi chiedeva di sedermi su una sedia a rotelle e continuai a camminare, portandomi dietro il cloruro di sodio.

Thank you for all you’ve done, forgive all your mistakes; there’s nothing I wouldn’t do to hear your voice again…

Cercai di reprimere un’ulteriore fiumana di lacrime e mi guardai intorno per cercare un dottore. Ero praticamente arrivata, i miei amici mi avevano seguita a debita distanza.
In quel momento mi ero resa conto di avergli perdonato tutto, per il solo fatto che per l’ennesima volta mi aveva salvata.
Quante volte lo aveva fatto, mascherando tutto sotto l’aspetto da duro?
E in quel momento avrei dato qualunque cosa per vederlo ridere di me, con me, di nascosto per non darmi la soddisfazione di sembrargli divertente. Sarei tornata a due ore prima, quando l’aggressore stava per premere il grilletto per parare il corpo di Harry. Avrei preso quel proiettile, avrei sentito certamente meno dolore.
Vidi un’infermiera uscire a passo spedito dalla sala, non tentai neanche di avvicinarmi: era già sparita. Mi misi a sedere su una sedia, in attesa di ricevere notizie da qualche dottore. Prima o poi qualcuno avrebbe pur dovuto informarci.
 
Quando due ore dopo mi svegliai, sobbalzai, rischiando di cadere. Josh cercò di tenermi stretta a sé, ma mi scansai, cercando di capire dove mi trovassi.
Ero ancora in ospedale, Harry era ancora dentro e non c’era traccia di nessuno. Il mio sguardo saettò sulla due figure in piedi di fronte ad una stanza, e quando misi a fuoco i loro volti quasi non ebbi un colpo: erano Anne e Robin. E c’era anche Gemma, rannicchiata su una sedia, proprio come me.
Cosa stavano guardando?
Con poca cura sfilai l’ago dal braccio, e mi avvicinai lentamente a loro, che neanche si accorsero della mia presenza, salvo poi accostarmi al vetro. Istintivamente portai una mano alle labbra, per evitare di gridare e piangere ancora, e solo allora i tre si resero conto che ero vicino a loro.
<< Come sta? >>
La mia voce tradiva le mie intenzioni di restare calma.
Anne non mi rivolse neanche uno sguardo, e si voltò verso Robin, nascondendo il volto sul suo petto. Vidi l’uomo scuotere il capo, e Gemma distogliere gli occhi per rivolgerli al fratello.
<< Se supererà la notte, avrà buone possibilità di riprendersi. >>
Il fastidioso senso di colpa che continuava a farsi sentire fu acuito da quella rivelazione e dal fatto che la donna che mi aveva praticamente cresciuta non volesse parlarmi. Gemma, che era quasi una sorella, non lo faceva.
Che ce l’avessero con me? Le avrei capite, in tal caso, ma avrei preferito me lo dicessero chiaramente.
Mi sentivo ancora peggio, in quel momento.
Feci dietrofront, tornando dai miei amici. Sandy non c’era più, erano rimasti solo Louise e Josh, assonnati.
<< Perché non mi avete svegliata quando è uscito? >> Sibilai, digrignando i denti.
Loro avvertirono il mio stato d’animo, e cercarono di non rimproverarmi per l’essermi rivolta in quel modo alle uniche due persone che mi stavano accanto in quel momento.
<< Scusate.. E’ che.. Questa situazione, Harry… tutto… >> Mi coprii il volto con una mano, stanca.
<< Ce la farà, Abbey. E’ forte, più di quanto immagini. >> Mormorò Josh, tenendomi la mano.
<< Lo so benissimo che è forte. Io… >> Lanciai uno sguardo in direzione dei suoi genitori, abbracciati e immobili.  << Io devo vederlo.. >>
<< Non credo i suoi ti lasceranno entrare, Abbey. Sembra ce l’abbiano un po’ con te. >>
Fulminai il mio amico con lo sguardo, prima che ricevesse anche una gomitata nelle costole da Louise.
<< L’ho capito, Josh, ma non mi importa. >> Affermai, mettendomi a sedere. Avrei aspettato che si allontanassero. L’infermiera aveva preparato loro dei letti, e già in quel momento li vidi discutere sulla disposizione.
Annuirono insieme e facendosi forza l’un l’altro si diressero nella camera di fianco, lasciando la porta aperta. Le luci dell’ospedale si spensero, i rumori cessarono ovunque e fissai i miei amici prima di alzarmi ancora una volta. Mi avvicinai lentamente alla stanza in cui Harry era stato portato e avvicinai l’orecchio alla porta per abbassare poi lentamente la maniglia.
Tecnicamente non sarei potuta entrare, ma non c’era nessuno a fermarmi. La flebo del ragazzo, poi, era piena, quindi sarebbero passati in mattinata a cambiargliela.
Entrai velocemente e mi chiusi la porta alle spalle, prima di guardare intensamente Harry, disteso inerme e dipendente da una macchina, che teneva sotto controllo il suo battito cardiaco e gli permetteva di respirare e sopravvivere.

In coma.

Fu quello il primo pensiero che mi assalì mentre un passo dopo l’altro mi avvicinavo al suo capezzale. Lasciai scorrere le dita lungo il suo braccio, lievemente muscolo e infine arrivai alla mano, che accarezzai flebilmente.
Sembrava spento, era così freddo.
Scossi il capo, fremendo. Forse avrei dovuto essere forte per entrambi.
Lentamente risalii lungo l’avambraccio, fino ad arrivare alla spalla e all’incavo del collo con la mascella. Disegnai il contorno del suo volto, giungendo poi alle labbra. Erano ancora rosee, come se pretendessero di apparire perfette anche mentre il corpo a cui appartenevano si trovava con un piede nella fossa.
Avrei preferito non pensarci, ma dovevo guardare in faccia la realtà. Ne tastai la morbidezza, reclinando lievemente il capo e chiudendo gli occhi, e la prima cosa che mi tornò alla mente fu quel bacio.
Quello dato per ripicca.
Quello dato per dimostrargli che non ero chi pensava che fossi.
 
Quello che, ripensandoci, era stato il bacio migliore che avessi dato e ricevuto.

Era stato elettrizzante e l’odio, proprio come avevo previsto, era diventato eccitante. Che pensieri stupidi da fare adesso.
<< Perché sei venuto a cercarmi? >> Sussurrai, ricacciando indietro una lacrima. << Ti ho detto migliaia di volte che me la so cavare benissimo da sola. Sei un coglione, Styles. Dovrei esserci io qui, al posto tuo. E sai qual è il bello? La tua famiglia mi odia. Come biasimarli, in fondo? Tu sei tutta la loro vita, e io gliel’ho portata via perché non so orientarmi. >>
<< Non avrei mai pensato di dirlo, Harry, ma… Mi manchi. >>
Sospirai.
<< Mi hai salvata, ancora. Non so bene perché tu lo faccia, se ti sono davvero così indifferente. Però, forse è un sollievo sapere che non mi odi, perché ci sono già io a farlo al posto tuo. Mi odio perché non sono capace di gridare in faccia ai miei che io sono parte di loro, perché non ho mai avuto il coraggio di lottare, di credere nelle mie capacità. Mi detesto perché odio te. E ti odio perché mi sbatti in faccia la verità, e la verità fa male, tanto male. >>
Giocherellai con le sue dita mentre cercavo di capire perché gli stessi dicendo tutte quelle cose.

Non può sentirti, ecco perché.

<< Anche quando ti ho baciato lo hai fatto. E sai qual è la cosa più buffa? Che mi è piaciuto! E non solo. In quel momento mi è sembrato di conoscerle già le tue labbra, era come se tu mi avessi già baciata. Per un momento ho pensato che potessi essere stato tu nel bosco, quella notte. Che idiota. Io ti sono indifferente. >>
Lo stavo ripetendo a me stessa più che a lui e la cosa mi sconvolgeva.
<< Ti leggerò qualcosa. Domattina passo in accademia, faccio una doccia veloce e porto con me quel libro che non hai ancora letto.  >> Sorrisi, vedendolo così tranquillo. << Buonanotte, Hazza. >>
Mi chinai tanto quanto bastava e gli lasciai un bacio all’altezza della fronte, cercando di trattenere le lacrime.
Si sarebbe risvegliato. Doveva farlo.
 
 
 
 
Okay, ammetto di aver quasi pianto scrivendo questo capitolo. Ma sono così affezionata a tutti loro, che non riuscivo a trattenermi mentre descrivevo la probabile morte di qualcuno. Harry potrebbe sopravvivere, forse no…
Non sempre vado per i lieto fine =)
E dallo spoiler… Ammettetelo! Avete pensato che fosse stata Abbey ad essere colpita, vero? In caso contrario, ci vediamo presto.
Cercherò di scrivere di più, promesso!
Vi adoro, tutte <3
  
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