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Autore: tora_chan    04/12/2007    1 recensioni
A volte ci rendiamo conto che la vita può essere effimera, così come fugaci possono essere la gloria, gli ideali, i princìpi. Sasuke raggiunge questa consapevolezza e ne trae le sue conclusioni. (One-shot, introspettiva, post-vol.27; Sasuke POV; 1619 parole)
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Autore: tora_chan
Serie: Naruto
Pairing: Sasu->Naru
Genere: introspettiva, angst
Rating: R per violenza
Storia: A volte ci rendiamo conto che la vita può essere effimera, così come fugaci possono essere la gloria, gli ideali, i princìpi. Sasuke raggiunge questa consapevolezza e ne trae le sue conclusioni.
Spoilers: riferimenti a fatti successi nei vol. 26-27




Hakanaki Sei to Shi


Finalmente.

Finalmente il momento è arrivato.

Il sole splende luminoso, senza neanche una nuvola a coprire i suoi raggi, e gli scalda la schiena. Il corpo disteso davanti a lui nella penombra è immobile, e presto sarà anche freddo. Lo fissa, quasi incredulo, quasi aspettandosi da un momento all'altro il risveglio da un sogno.

Attende. Il vento sibila nel silenzio della radura, scompiglia i suoi capelli e quelli della persona a terra. Si guarda intorno: nessun testimone ad ammirare la sua gloria. Sembra proprio un sogno.

Prende un kunai e si ferisce una mano. È ancora sveglio: non è un sogno. Si avvicina al corpo inerte e lascia gocciolare il sangue sul suo vestito, poi scaglia il kunai nello stesso punto. Sorridendo con scherno fissa il sangue vermiglio che ingloba le poche gocce del suo.

Torna serio, si china accanto al corpo e sbottona il mantello. Lo apre, rivelando la figura nella sua integralità; il kunai scalzato si conficca nella terra impregnata di rosso.

Socchiude gli occhi, concentrato. Passa la mano sul petto dell'uomo, accarezza il collo ornato dalla collana, gli sposta i capelli dal volto, scruta i lineamenti. Tutto familiare, ma allo stesso tempo estraneo. Ormai sono passati anni da quando...

Scatta in piedi, ritirando la mano con un gesto quasi isterico, poi prende a calci il cadavere, ci sputa sopra, impreca. Un attimo dopo si ferma, ansimando: il corpo è morto, non reagisce; è morto. Ormai è fatta. È tutto finito. Dopo anni, che sembrano secoli, finalmente... La sua missione, il suo scopo nella vita, la sua esistenza...

Improvvisamente un brivido gli corre lungo la spina dorsale. Fissa il cadavere, sente il sudore freddo sulle tempie: adesso anche l'ultimo legame è stato tagliato, adesso niente più lo costringe; adesso è libero.

Il suo corpo comincia a fremere; un leggero sogghigno gli scivola fuori dalle labbra socchiuse. Getta indietro la testa, spalanca la bocca, la risata diventa forte e sguaiata. Si lascia cadere di schiena, chiudendo gli occhi. Libero. E ora, e ora...

...E ora cosa? Si mette a sedere, guarda nuovamente il cadavere. Qual è, adesso, il senso della sua esistenza? Ricorda quando, anni prima, il suo sogno era diventare forte, per portare a termine la sua missione. Per questo motivo ha lasciato tutto, per questo motivo ha gettato via la sua vecchia vita: il villaggio, i compagni...

Naruto.

È un attimo. Il nome riecheggia per un secondo nella sua mente, poi viene cacciato in un angolo e ricoperto di terra, senza neanche una lapide a onorarlo. Inutile ripensare al passato. Inutile pentirsi di ciò che è fatto. Inutile rimpiangere qualcosa che non potrà mai tornare come prima. Inutile sperare che...

Si alza in piedi. Rivolge ancora un'occhiata al corpo, stavolta con una punta di smarrimento negli occhi. Per la prima volta guarda anche se stesso: è ricoperto di chiazze di sangue, sue e non, e il suo vestito è pieno di strappi. Non è stato semplice. La sua missione non è mai stata semplice, fino in fondo. Anzi, sembra quasi che più vada avanti più diventi difficile. Anche adesso che è tutto finito, le cose paiono ancora più complicate di prima.

Come se non bastasse, ecco che una scarica di dolore accanto al collo gli ricorda che la sua esistenza, dopotutto, a qualcosa serve. Il suo destino è di scomparire, mentre il suo corpo continuerà a vivere con un'altra anima al suo interno. Accettabile. Persone come lui non meritano di vivere. Anche se forse, pure persone come quella che deve prendere il suo posto non lo meritano. Ma non è un problema suo. Forse.

Il cielo è azzurro e ancora privo di nuvole. L'erba è verde, a tratti tinta di rosso. È una bella radura, silenziosa e serena, gli ricorda i luoghi dove si allenava da piccolo. Sarebbe un bel posto per morire, sdraiato sull'erba al sole, come la persona davanti a lui. Sicuramente migliore di una stanza tetra, di un luogo che ormai detesta, dove per quasi tre anni ha condotto la sua vigliacca esistenza.

Ma chi è lui per decidere dove morire? Chi è lui? L'ultimo discendente del clan Uchiha... forse. Non è sicuro neanche di questo. Estrae da una tasca una piccola pergamena. Forse suo padre sarebbe fiero di lui? Forse. Apre la pergamena, vi traccia dei segni col sangue ancora gocciolante dalla mano. Chissà cosa direbbe, se lo vedesse adesso.

La pergamena scompare e al suo posto appare un lungo pugnale, con la lama accuratamente affilata e il manico in metallo finemente lavorato, sotto la cui base ha fatto incidere lo stemma del clan. Un bel pugnale, che però non ha mai avuto l'occasione di utilizzare. Non è il suo stile di combattimento, dopotutto.

Si avvicina al cadavere, fermandosi davanti ai suoi piedi. Se agisce in fretta, nessuno sospetterà. Potrebbero pensare che si sono uccisi a vicenda. Intaccherebbe la sua gloria, ma ormai... Una persona che ha gettato via il proprio orgoglio non può certo parlare di gloria.

Stringendo il manico con entrambe le mani, appoggia la punta del pugnale al centro dello stomaco. Anni prima qualcuno avrebbe tentato di fermarlo, qualcuno si sarebbe gettato contro di lui implorandogli di non farlo, qualcuno gli avrebbe fatto cambiare idea. Adesso invece, nessuno probabilmente si preoccuperà anche solo di piangere per lui. Come è logico che sia, dopo tutto quello che ha fatto.

Trattiene il respiro. Le mani tremano, non si muovono. Chiude gli occhi, si convince che è giusto così. La punta della lama penetra nella carne: pochi centimentri, ma il dolore è lancinante. Anche le braccia cominciano a tremare. Spinge ancora, lentamente: più veloce non riesce, anche sapendo che soffrirebbe meno.

La testa comincia a girare, la sua vista si appanna. Abbassa lo sguardo e una lacrima gli scivola lungo la guancia, cadendo sulle mani ormai grondanti di sangue. Perdendo ogni restrizione creata dalla ragione, la sua mente dissotterra tutto ciò che era sepolto, lasciando fluire liberi i ricordi lontani dell'ultimo incontro con la persona che più ha cercato di dimenticare. La vergogna, mista a senso di colpa, brucia più della carne lacerata.

La lama è ora conficcata completamente nel suo stomaco ma, ricordando quello che ha fatto in passato, il dolore straziante è quasi un piacere masochistico: l'ultimo atto di vigliaccheria, dedicato a colui che più di ogni altro l'avrebbe rimproverato per questa azione, e che sicuramente adesso vive detestandolo per il suo tradimento.

Con un gemito si accascia al suolo. Il pugnale, come prima la pergamena, svanisce, lasciando solo uno squarcio profondo e un ruscello di sangue scuro che non accenna a fermarsi. Socchiude gli occhi, e nonostante lo sguardo annebbiato riesce a scorgere la figura distesa davanti a lui. Non esattamente l'ultima persona che avrebbe voluto vedere prima di morire... Con questo pensiero richiude gli occhi, e si lascia andare all'oblio.

*******

Una voce, profonda, nella sua mente. Una voce nel buio. Le parole... difficili da distinguere. Solo qualche frase, sparsa. Pronto per cosa? Cosa deve succedere adesso? Davvero non c'è riposo neanche dopo la morte? Si sforza di socchiudere gli occhi. Anche aprendoli è buio, ma qualcosa...

Il dolore allo stomaco è scomparso, e in compenso la spalla sinistra brucia come se andasse a fuoco. L'aria è umida e odora di chiuso. Due figure compaiono davanti ai suoi occhi, e improvvisamente tutto diventa chiaro.

Subito tenta di divincolarsi, ma è come se i suoi arti fossero legati da fili invisibili. Questa fine, che prima era pronto ad accettare con rassegnazione, adesso gli sembra una follia. Non vuole che il suo corpo continui a esistere senza di lui, non vuole che qualcosa continui a ricordare in che modo vergognoso si è venduto ad altri, non vuole che qualcuno in particolare incroci i suoi occhi senza più lui dentro.

Ma una delle due persone lo fissa, ride, lo prende in giro: anche il suo momento è arrivato, il tempo è passato in fretta. Il soffitto buio sarebbe preferibile a quella faccia ghignante, ma i muscoli del collo non si muovono, niente del suo corpo si muove. Però adesso una sensazione formicolante gli scende la schiena, cancellando ogni percezione come se il suo sistema nervoso fosse addormentato.

Piano piano il torpore si irradia anche nella sua mente e il suo sguardo diventa offuscato. Esala un ultimo gemito, sentendosi un idiota per essere sempre dipeso dagli altri: prima da solo non era riuscito a diventare forte, e ora da solo non è riuscito neanche ad uccidersi.

Il suo corpo si fa sempre più leggero, come se stesse fluttuando in aria. Intorno non è più nero né bianco né nulla. Davanti ai suoi occhi, nel mezzo di questo spazio indefinito, un'immagine: una massa di capelli biondi, coi ciuffi sollevati da una larga fascia nera, le cui lunghe code di stoffa ricadono su spalle coperte da una maglia dal collo alto. Non può vederne il viso, è come se fosse in piedi dietro di lui, ma dalla fisionomia è chiaramente un ragazzo. È seduto davanti a una tavola e a una porzione di ramen fumante, e da come muove la testa sembra parlare animatamente con qualcuno. Ma all'improvviso la scodella si crepa e il brodo comincia a colare fuori. Il ragazzo scatta in piedi e punta il dito verso il ramen, indicando freneticamente, come se un disastro naturale si stesse consumando davanti ai suoi occhi.

In quel momento la visione si oscura. Fa appena in tempo a scorgere un lampo di azzurro mentre il ragazzo gira il capo, poi tutto torna nuovamente buio e una stanchezza improvvisa gli intorpidisce la mente. Che questo sia il "premio" per il suo comportamento? Ma non fa in tempo a rifletterci: il sonno ha la meglio, e ogni sensazione abbandona il corpo non più suo, perdendosi nel vuoto.




Note: Scritta ad agosto/settembre 2005, quando i capitoli del manga erano arrivati più o meno al volume 31 e Sasuke non si era ancora rivisto. Adesso si può considerare una "what if" XD



  
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