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Autore: Piccolo Fiore del Deserto    17/05/2013    1 recensioni
Fiamme divoravano il corpo di una donna legata a un palo sulla cima di un palchetto. [...]
“Strega, assassina, figlia e moglie del demonio…” tanti epiteti le venivano scagliati, mentre sagome scure puntavano croci verso di lei intonando litanie atte a scacciare il male e a purificare, insieme al fuoco, la sua anima corrotta. Il corpo bruciava, urla strazianti uscivano dalle sue labbra, mentre deperiva come un semplice ciocco di legno. Faceva male, colpiva nel profondo, e non aveva fine. Una morte lenta, tormentosa, inquietante.
Altre figure scure s’intromisero tra i popolani, ma non avevano volti: maschere nascondevano i loro tratti, assumendo il grottesco ghigno di un lupo. Lupi, troppi lupi intorno a sé.
Tra quell’oscurità e il fumo che le saliva sino agli occhi appannandole la vista affaticata dal dolore, scorse un’altra sagoma: era un vero lupo dal manto come neve e profondi occhi cristallini che la fissavano intensamente. La donna lo scrutò per alcuni istanti e il dolore sembrò attenuarsi.
Ma chi era quella donna?
Con mio profondo sgomento repressi a stento un urlo: quella donna ero io.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XXXI
Una Vita per una Vita




    La gente affollava la piazza principale di Sivelle, proprio di fronte alla piccola chiesa di Padre Paul. Sembrava che quel giorno tutti non avessero problemi ad abbandonare il proprio lavoro, riversandosi con curiosità – e forse avidità – a partecipare alla morte della prima strega che gli Inquisitori avevano preso. Io ero lì, avvolta in un mantello leggero con il cappuccio che mi copriva i tratti del viso e i miei lucenti capelli, a pochi passi dal palco, ove era stata ammassata legna e su cui spiccava un palo atto a legarvi la presunta strega. Tremai sconvolta dalla crudeltà umana, pensando che l’accusata era solo una bambina che aveva la sfortuna – per quei cuori ignoranti e crudeli – di avere i capelli di un rosso acceso. Avvertii il tocco leggero della mano di Sylvie, al mio fianco, e mi voltai verso di lei, sorpresa. Non aveva mai avuto un simile atteggiamento nei miei confronti e ora mi sorrideva, come cercando di tranquillizzare la tensione crescente. La mia piccola Alizée l’avevo lasciata a casa, con una ragazza pronta ad aiutarmi, non volendo renderla partecipe di un simile crimine, di un dolore che solo chi aveva una mente aperta e un cuore privo di pregiudizi poteva comprendere appieno.
Le altre streghe erano sparpagliate tra la folla, non volendo destare sospetti. Non avevamo un piano ben preciso per salvare la bambina, in verità non sapevo neanche se sarei riuscita a fare qualcosa per aiutarla. Sylvie aveva scosso la testa e poi aveva sorriso; un sorriso che non comprendevo. Sembrava serena, tranquilla, come se sapesse in anticipo le sorti di quel giorno. Tuttavia noi altre eravamo veramente turbate e il mio cuore fremeva.
Un brusio crescente salì dalla folla, c’erano persone che non sopportavano più l’attesa. Volevano vedere e forse deridere la sorte di quella strega.
Avrei voluto gridare, metterli a tacere, scuoterli fino a farli rinvenire, ma sapevo che il mio intento non avrebbe sortito nulla di positivo, anzi, un tale atteggiamento mi avrebbe messo in cattiva luce.
Poi dei tonfi, come il battere di un bastone sul terreno, fecero scemare il brusio fino a interromperlo del tutto. Sul palco comparvero le oscure figure degli Inquisitori e di Padre Paul e, a seguire, militi che reggevano con rudezza la piccola Lydie.
Soffermai il mio sguardo su di lei e tremai.
Era sporca, i suoi capelli erano stati del tutto rasati lasciando solo uno scalpo rossiccio. Appariva impaurita e cercava con occhi terrorizzati – nei quali però si poteva scorgere un filo di speranza – le uniche persone che l’avevano amata, seppur per breve tempo.
Incrociò i nostri occhi e notai Sylvie sorriderle, come a donarle forza, ed io cercai di fare lo stesso. Era l’unica cosa che potevo donarle in quel frangente, ma non ero pronta a vederla ardere, seppur in quell’elemento che faceva parte di lei.
Inconsciamente strinsi con più forza la mano di Sylvie e lei sussurrò:
    « Stai tranquilla, Desirée. La Dea è amorevole con le sue figlie », poi il suo tono si fece ancor più sommesso, ma riuscii a comprendere ugualmente il filo dei suoi pensieri. « E io non lascerò che la uccidano, non lo permetterò ancora ».
Calcò quell’ultima parola, spingendomi a guardarla confusa. Non riuscivo a comprendere cosa volesse dire. Era la prima volta che ci trovavamo in una situazione simile, no? Eppure, una risposta arrivò rapida alla mia mente: in fondo, io non conoscevo tutto il passato di quella donna dotata di un potere straordinario.
Tornai a guardarmi intorno e trovai la figura imponente del Capitano Svensson. Proprio in quel momento i nostri sguardi s’incrociarono e lessi un dolore discreto sotto quel ghiaccio. Mickel mi era vicino, ma il suo ruolo gli imponeva di controllare la situazione. Notai la sua mascella rigida, le sue mani posate con forza sul pomo della spada, e i suoi occhi che mi accarezzavano. Mi era vicino, ma anche lui sembrava inerme di fronte a quello che stava accadendo.
Quando gli Inquisitori iniziarono a parlare, la mia attenzione fu portata nuovamente sul palco, dove la piccola Lydie, affranta, era stata legata barbaramente sul palo in attesa della sentenza.
A parlare fu il più anziano, che con una mano reggeva un crocefisso riflesso contro di lei, e con l’altra puntava il dito indice, accusatorio, contro il popolo.
    « Non lascerai vivere colei che pratica la magia! Così ha parlato Iddio, unico e solo » la sua voce risuonò tuonante nell’aria, sgraziata e roca, ma ben precisa nel formulare un passo della Bibbia. Poi, si voltò di nuovo verso Lydie che sembrava ormai rassegnata al suo triste destino, sebbene il suo esile corpicino fosse scosso da singhiozzi incontrollabili. Sentii le lacrime affiorare agli occhi, e dentro di me avrei voluto tendere una mano per accarezzarla e placare il suo dolore e le sue paure, ma il vecchio tornò a parlare.
    « Noi, Guillaume Piccard, giudice per diritto divino e mondatore d’eresia, ottenuta la possibilità d’amministrare la giustizia, uditi i testimoni e letti gli atti, nonché veduto con l’occhi nostri il marchio del maligno, tacciamo l’imputata di stregoneria e la condanniamo al rogo sicché il fuoco possa purificare i suoi peccati. Possa Iddio avere pietà dell’anima sua ».
Provai un senso di nausea nel sentire con quanta ipocrisia avanzava una simile condanna. Lydie non era figlia del maligno, non l’adorava e quel marchio era solo una caratteristica meravigliosa del suo corpo.
Spostai lo sguardo sull’altro inquisitore, che guardava immobile il popolo, con sguardo arcigno. Non sembrava provare il minimo senso di disagio e, a malincuore, sorpresi Padre Paul sorridere. Un sorriso incomprensibile per un simile orrore. L’avevo tanto ammirato per la sua incredibile capacità di parlare, per il suo carisma ma ora mi sembrava un verme viscido come i due inquisitori.
Fremetti di rabbia, ma poi non avvertii più il tocco della mano di Sylvie sulla mia. Mi voltai verso di lei, e notai uno scintillio nei suoi occhi blu. Lei mi sorrise con una tenerezza che non avevo mai scorto e poi mi sussurrò di allontanarmi.
Rimasi immobile non comprendendo, ma il suo sguardo si fece più duro, e mossi qualche passo indietro, permettendo ad altre persone avide di godersi meglio lo spettacolo di avanzare, e tra loro mi confusi.
A un cenno dell’inquisitore anziano, uno dei gendarmi al servizio degli ecclesiastici strofinò una sull’altra due schegge di pietra focaia e, con la scintilla che si sprigionò, vi sfiorò uno straccio imbevuto d’olio, legato a un pezzo di legno. Lo straccio prese ben presto fuoco, e il gendarme lo avvicinò alla pila di ciocchi e legnetti che circondavano la figura della piccola Lydie, facendole gettare un grido che mi straziò il cuore.
La folla iniziò a fare rumori, alcuni inveivano contro la strega volendo la sua morte, altri pregavano Dio affinché allontanasse da loro al più presto la figlia del maligno; donne stringevano al petto i propri figli, nell’assurda speranza di proteggerli. Eppure io sapevo perfettamente che in mezzo a quella folla v’erano persone che piangevano, ed io stessa avvertii il mio volto bagnarsi da lacrime che non riuscivo più a trattenere.
All’improvviso però, tutti si voltarono verso una figura che era avanzata verso il palco: era esile e minuta, lunghi capelli scuri e mossi le scivolavano fino alla vita e con mio grande stupore compresi che era Sylvie. Sollevò le braccia al cielo e la sentii proferire parole del potere. Spalancai gli occhi, comprendendo che stava richiamando le forze del cielo e della tempesta affinché accorressero in aiuto della piccola.

Potenze del cielo accorrete al mio richiamo.

Nuvole oscure coprite il cielo e fate che l’acqua si unisca all’aria!
Fulmini, lampi e tuoni, scrosciate furenti per respingere il fuoco nemico!
Dea, Madre mia, ascolta la mia voce, sostienimi nel tuo abbraccio,
non permettere che la violenza distrugga la tua figlia più pura,
guida la mia mano, mantieni saldo il mio spirito,
e permettimi di bloccare questo scempio!
Il fuoco ha già preso una vita, ed io ne reclamo un’altra!
Potenze del cielo accorrete al mio richiamo, e spazzate via l’orrore.
Fulmini, lampi e tuoni, colpite gli impuri e preservate la purezza!
Questo è il mio potere, io lo invoco, ed esso sia!

Il suo richiamo fu ascoltato.
Laddove il cielo era limpido e sereno, come a farsi beffe del triste giorno, ora s’addensavano nubi scure e grondanti d’acqua. La pioggia scese con violenza, sferzando i visi degli astanti, e spingendo tutti a correre via, ma scivolando lentamente anche sui ceppi, facendo affievolire e poi cessare il fuoco. Tra grida e paura si generò il caos: persone sbattevano contro di me, rischiando di farmi cadere, ma io restai immobile a osservare la scena. Lampi e tuoni dipingevano di luce le nuvole, provocando tremendi boati che facevano sussultare le persone e piangere i bambini.
Cercai di trovare le mie sorelle, ma in quella confusione non era facile. Avevo ormai perso di vista anche Mickel, e quindi tentai di avanzare, con il vano intento di poter aiutare la bambina ormai svenuta ma ancora legata al palo. Osservai i gendarmi, dapprima spavaldi, farsi deboli come pecore, e tremare di fronte a quella magia, ma gli ecclesiastici, dopo un primo momento di puro terrore, puntavano il dito contro la Gran Maestra, appellandola strega e tentando di convincere i gendarmi, riluttanti, ad afferrarla.
Quando vidi uno dei militi farsi coraggio e avvicinarsi a Sylvie, mormorai poche parole del potere, generando dei venti gelidi che spazzavano via l’uomo, tenendolo il più lontano possibile da lei. Non gli avrei permesso di ucciderla.
Poi, a quel degenero totale, si unirono nuove figure che mi fecero perdere la concentrazione. Erano avvolte da mantelli neri, con il cappuccio a celare il capo, e sul volto mi parve di scorgere come delle maschere strane, deformi, simili a un animale. Caddi a terra scossa da un forte tremito, mentre immagini di sogni che avevano tormentato numerose mie notti comparvero nella mia mente. Erano lupi, con denti aguzzi e un sorriso malsano. A una visione più attenta li vidi sfoderare delle spade affilate, mentre si avvicinavano a grandi falcate al palco dove giaceva il corpo privo di sensi di Lydie. Volevo urlare, ma non riuscivo a farlo. Mi era impedito anche muovermi, scossa da un tale senso di terrore e una paura che non riuscivo a trattenere.
Temevo per la bambina, ma anche per Sylvie, immobile e ancora con le braccia al cielo, ammantata della sua energia che pian piano svaniva per la debolezza che quel potere implicava.
Chiusi per un istante gli occhi, lasciandomi andare alle lacrime, e non volendo assistere a quello strazio ma, quando udii un duplice grido sferzare l’aria, li riaprii all’istante, osservando la scena.
Da un lato una delle figure scure dal volto lupino aveva infilzato la spada al petto l’anziano inquisitore che si contorceva per il dolore, nello spasimo della morte, dall’altro lato scorsi Sylvie accasciarsi a terra, e l’immagine del giovane inquisitore gioire mentre la lama di un coltello insanguinato scintillava tra le mani del gendarme. Un grido si bloccò sulle mie labbra, quando sentii delle mani avvolgermi il corpo e venire portata via.
L’ultima cosa che riuscii a scorgere, fu l’oscurità che circondava le figure di Sylvie e Lydie, i volti dei lupi, e poi il buio.


*


    « Desirée? »
Udii una voce soffusa e lentamente aprii gli occhi, cercando di vedere nitidamente. La figura che mi sormontava era alta e flessuosa e circondata da un’aurea di luce che non mi permetteva di distinguere correttamente i lineamenti. Sbattei le palpebre un paio di volte e poi provai di nuovo. Questa volta riuscii a scorgere il viso di Claire che mi osservava con preoccupazione evidente.
    « L-Lydie? » chiesi, con tono impastato.
    « Sta riposando ora, è al sicuro » mi sorrise lievemente, ma scorgevo ombra nei suoi occhi chiari.
    « Sylvie? Dov’è la Gran Maestra? L’ho vista avanzare… lei… lei ha creato un potente incantesimo. Sentivo l’energia vibrare nell’aria, l’avvertivo sulla mia pelle, ma poi… »
Claire scosse il capo e chiuse gli occhi, e un vento gelido mi penetrò nell’animo. Che cosa era successo?
Ricordi riaffiorarono con prepotenza, immagini nitide che facevano male. Ombre salivano sul palco, l’inquisitore anziano era morto, ma il gendarme… aveva colpito Sylvie.
Una triste consapevolezza si fece viva in me, un senso di vuoto che sembrava avvolgere il mio cuore. Un’assenza che non poteva essere vera.
    « Che cosa le è successo? Claire… » la guardai con una muta preghiera. Non potevo credere di essere stata così debole da svenire e non aiutarla.
    « Vieni con me » mormorò unicamente, ed io mi sollevai dal giaciglio sul quale mi avevano lasciata riposare e che compresi essere la mia stanza all’antro della Congrega del Salice.
Claire mi precedette, ed io avanzai lentamente, con la testa pesante e la sensazione di cadere di nuovo. Troppe emozioni mi avevano turbata, ma il pensiero che Lydie fosse ancora viva mi permetteva di non cedere totalmente alla disperazione.
Ma Sylvie?
La mia domanda trovò la sua risposta: la Gran Maestra giaceva tra le braccia sottili e pallide di Ophélie. Era mortalmente pallida, i lunghi capelli scuri e ondulati le si riversavano sul petto e le circondavano il viso. Gli occhi erano chiusi, le labbra esangui, e notai una chiazza scarlatta all’altezza del fegato, ma notai la presenza – seppur lieve – del suo respiro.
Accanto a loro, Cécilie avvolgeva con un braccio le spalle di Elodie che piangeva in modo straziante, mentre il suo corpo ancora non del tutto maturo era scosso da singhiozzi inconsolabili.
Mi avvicinai a loro e m’inginocchiai per essere all’altezza di Ophélie. Osservai l’anziana strega mentre reggeva saldamente il corpo di colei che reputava come una vera figlia, ma non notai lacrime. Sembrava però invecchiata maggiormente, se possibile, e il suo sguardo già cieco era posato fissamente sul corpo della giovane Gran Maestra, che respirava a fatica.
Con una mano tremante tentai di sfiorare il volto incredibilmente pallido di Sylvie, scostandole una ciocca scura e osservandola con tristezza.
    « Sylvie… perché? »
Avrei voluto dire molto di più, avrei voluto aiutarla, fare qualcosa, anziché rimanere a una concreta distanza mentre lei si immolava per salvare una bambina dalla bestialità umana, ma lei me l’aveva impedita e nel profondo del mio cuore sapevo anche il motivo. Non voleva mettermi in difficoltà, soprattutto per la mia Alizée. Ma non avevamo giurato tutte di proteggerci l’una con l’altra?
    « Rosa bianca non affliggere il tuo cuore puro con domande inopportune » la voce di Ophélie mi colpì, ma non scostai il mio sguardo da Sylvie. « Lei ha fatto la sua scelta e so che anche tu l’hai aiutata con la tua devozione, il tuo amore, la tua mente aperta e il tuo gran cuore. Non ti crucciare, piccola mia ».
    « Ma potevo fare di più. Io ero lì con lei, avrebbe potuto consentirmi di aiutarla. Volevo poter salvare Lydie, ma non perdere lei… Oh, se me l’avesse permesso… ma sono debole. Sono svenuta, non so neanche come sono arrivata fin qui e… »
Sentii una mano posarsi sulla mia spalla e, voltandomi, incrociai gli occhi colmi di lacrime di Elodie.
    « Ho sentito il tuo potere » tirò su con il naso, e poi continuò « c’era un forte vento che si univa all’energia di Sylvie. Tu hai fatto tanto… Oh Desy, hai fatto tantissimo ».
Si buttò tra le mie braccia ed io l’avvolsi in un abbraccio protettivo, cercando di farla calmare, ma quegli occhi grandi e gonfi di lacrime mi contagiarono e ci ritrovammo a piangere entrambe, sotto lo sguardo delle altre. Quando riuscii a riprendermi un poco, spostai lo sguardo verso Cécilie, e le dissi:
    « Con le tue erbe non può salvarsi? »
Cécilie scosse il capo, sfiorando leggermente i suoi occhi – rossi per il pianto che aveva punto anche lei – con una manica della veste.
    « Ho tentato, ma la ferita è troppo profonda… »
La sua risposta fu però interrotta da un sospiro, un alito di voce che proveniva dal corpo quasi privo di forze di Sylvie.
Ci voltammo tutte a osservarla. Lasciai a Elodie il posto per farle tenere la mano, in fondo era la prima persona a essere stata accolta da quella donna morente, ma mi tenni abbastanza vicina.
    « Fresia mia dolce bambina » mormorò Ophélie, carezzandole il volto.
Ci fu un leggero movimento del corpo, ma poi Sylvie si limitò ad aprire unicamente gli occhi: il blu che li dipingeva sembrava ancora essere vivido, mentre ci osservava una a una, ma poi la sua vista divenne distante, come appannata da un velo invisibile e impenetrabile. Le sue labbra violacee si distesero in un sorriso luminoso, e si mossero leggermente nel vano tentativo di proferire parola, ma uscì solo un nome. Un sussurro appena.
Elise.
Un nome nuovo, mai sentito prima. Non compresi ma non potei neanche pormi altre domande, perché notai il suo viso illuminarsi come se avesse scorto una figura, la Dea forse, o proprio quella Elise che aveva invocato, ma poi emise un ultimo sospiro prima di ricadere tra le braccia di Ophélie, del tutto immobile.
Non c’era più vita in lei.
Sylvie Morin, la Gran Maestra che ci aveva accolte e insegnato il suo sapere, la sua forza, il suo coraggio, ci aveva lasciate.
Ci furono pianti, singhiozzi, parole, e il miagolio di un gatto nero: Etoile era arrivato a salutare la sua padrona, che tanto aveva amato. Sprofondò il musino sul suo viso, lo spinse sulla mano dandole un tocco forte che potesse spingerla a reagire, ma quando comprese che non lo avrebbe più accarezzato, emise una serie di miagolii strazianti che mi perforarono il cuore, già del tutto ferito.
Sylvie non c’era più.
Non era una cosa facile da capire, da sopportare, da credere.
L’odio, la cecità, l’ignoranza, la crudeltà l’avevano uccisa.
Ma era veramente morta?
No, lei aveva abbattuto tutto quel marciume. Aveva sacrificato se stessa per salvare una piccola innocente che non aveva colpa alcuna.
Aveva dimostrato l’amore puro, vero, reale.
Una persona così poteva essere considerata malvagia?
No.
Ci aveva donato un grande insegnamento e, solo in quegli ultimi attimi di vita, avevo veramente capito che lei mi aveva amata come sorella, nonostante tutto.
Ed io avevo perso di nuovo una persona importante, una sorella, per colpa di uomini che credevano di professare una religione giusta.

*
    
    C’era un laghetto al centro della foresta, dove si riflettevano i pallidi raggi lunari.
Avevamo vegliato sul suo corpo per un intero giorno e atteso che la piccola Lydie si ristorasse per partecipare al rito. La reazione della piccola fu straziante. Si sentiva tremendamente in colpa e a nulla bastarono le nostre parole di conforto. Lei non c’entrava nulla, ma potevo comprendere quell’ombra viscida che le avvolgeva il suo cuore puro.
Infine, furono le parole della saggia Ophélie a spingerci a reagire.

Non piangete bambine mie, la morte non è la fine. Quello che vedete senza vita è solo il corpo, ma l’anima esiste ancora e passerà di vita in vita, fino a che gli Dei non riterranno che sia giunta la piena maturazione. Ci rincontreremo, forse.

Dovevamo andare avanti, continuare a realizzare il sogno per il quale era morta Sylvie e preservare le nostre vite. Avevo inviato una missiva a Mickel affinché prendesse con sé Alizée per almeno un giorno. Non potevo tornare dalla mia bambina, non prima di aver donato il mio ultimo saluto alla Gran Maestra.
Le nostre tuniche di diverso colore formavano chiazze di colore nell’oscurità opprimente, mentre posavamo il corpo immoto di Sylvie sulla pira funebre che avevamo preparato. Mi posi tra Ophélie e Lydie, e le altre intorno alla pira, così da formare un perfetto cerchio.
Era un momento importante, dove saremmo state chiamate a convogliare le nostre energie per un unico fine: onorare la più grande delle streghe.
Ophélie ci aveva indicato che cosa fare e ora eravamo tutte concentrate a richiamare il nostro elemento affine.
Chiusi gli occhi e – come le altre – sollevai le braccia verso l’alto per cercare il potere.
Allontanai dalla mente ogni pensiero, ogni immagine che potesse minare la mia concentrazione e lasciai che il buio fosse l’unica cosa visibile. Trassi dei profondi, intensi, respiri, sentendo il mio corpo oscillare leggermente. Concentrai la mia mente sull’aria, l’elemento che mi aveva scelta e che mi completava, e avvertii lentamente l’energia scorrere nelle mie vene, dalle mani, fino alle braccia, per poi convergere in tutto il resto del corpo, avvertendo un formicolio piacevole.
Quando mi sentii pronta, aprii gli occhi di scatto, e sentii – più che vedere – che tutte le altre avevano fatto lo stesso. Il luogo era colmo di energie diverse e, guardando con occhi interiori, potei avvertire come la sensazione di essere pura aria, e al mio fianco, v’era la perfetta incarnazione degli altri elementi. Terra, Acqua, Fuoco.
All’unisono le nostre voci si unirono, mormorando parole del potere: la terra tremò leggermente sotto i nostri piedi nudi, le acque del placido laghetto s’incresparono d’incomprensibili onde, mentre la fiamma delle due streghe più giovani zampillò sulla pira funebre, avvolgendo in pochi attimi il corpo dell’amata Gran Maestra.
Io convogliai l’aria affinché sfiorasse l’elemento affine, e donasse un’ultima carezza e saluto al corpo di colei che mi aveva insegnato a comprendere perfettamente l’elemento che ci univa.
La fiamma divenne alta, sollevata dal vento, e ben presto laddove v’era un corpo mortale, non vidi che fuoco.
Un fuoco che non feriva. Un fuoco che realmente purificava. Un fuoco che non uccideva.
L’unico fuoco che poteva avvolgere il corpo di una strega.
Prendendoci per mano, iniziammo a cantilenare una nenia, un ultimo saluto a Sylvie, e così continuammo fino a che le prime luci dell’alba non rischiararono il cielo denso di tenebre.












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Questo è stato forse il capitolo migliore. Non so perché, ma credo di riuscire a scrivere meglio le cose più drammatiche, ma magari è solo una mia impressione.
Comunque la storia, come avrete capito, inizia a farsi più drammatica, e non è finita qui. Spero che vi sia piaciuto e ammetto che un po' mi dispiace non ricevere pareri o commenti che mi aiutino a comprendere se quel che scrivo sia qualcosa di decente o meno. Tuttavia, comprendo che non è sempre facile leggere al pc, infatti io stessa ho molto ridotto il mio tempo - anzi, ultimamenten non riesco proprio a leggere nulla al pc -.
Se vi va, lasciate pure un pensiero :)

Per quanto riguarda quell' Elise, per saperne di più vi invito a leggere il mio racconto breve su di lei e la nostra cara Gran Maestra, che purtroppo ha perso la vita.
Spero vi possa piacere.
Elise era il suo cuore.


Un'anticipazione posso farla: non manca molto alla conclusione di questa storia :)

A presto!
   
 
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