E siamo arrivati anche alla
fine di questa storia.
Clap clap a me per aver
mantenuto i dialoghi originali (tranne l’ultimo, per forza di cose) e averli
giustificati nel nuovo contesto u.u ne vado particolarmente fiera XD
Beh, credo che non ci sia
molto da dire. Il capitolo è immenso e cambia un po’ di cose rispetto alla fine
di Harry Potter, ma spero che non vi dispiaccia. Dopotutto, si tratta pur
sempre di una what if.
Grazie per avermi seguito fin
qui! ;)
Buona lettura, fatemi sapere
che ne pensate =)
Decimo capitolo
Girarono
a vuoto per un bel po’, Draco sempre teso per via della presenza di Tiger e
Goyle dietro di lui. Sapeva che i due non si fidavano più di lui da un bel po’
di tempo, ormai. La sua famiglia era caduta in disgrazia persino fra i
Mangiamorte, sebbene suo padre si impegnasse nelle missioni e facesse di tutto
per ristabilire l’onore; lui l’hanno prima si era vantato di essere stato
scelto da Voldemort in persona per diventare Mangiamorte, però aveva fallito
non riuscendo ad uccidere Silente e, ora che anche Tiger e Goyle erano entrati
a far parte ufficialmente della schiera del Signore Oscuro, ai loro occhi si
ritenevano superiori a lui, di gran lunga.
Draco
non sapeva come fare per scrollarseli di dosso: doveva trovare Potter e
avvertirlo, dirgli che Piton aveva un messaggio per lui, e allo stesso tempo
evitare che Tiger e Goyle capissero, che sospettassero che lui fosse un
traditore… Non sapeva se e come ce l’avrebbe fatta. Per il momento, correva a
più non posso senza neppure sapere dove stesse andando.
Poi,
un boato.
Un
muro esplose dietro di loro, che si lanciarono in avanti coprendosi il viso.
Nonostante il fracasso e le macerie, non videro nessuno.
L’esplosione
voleva dire solo una cosa: la battaglia era cominciata.
Continuarono
a correre, dopo il primo momento di smarrimento, e corsero finché non trovarono
Potter. Era in mezzo ad un corridoio del settimo piano, parlava con Ginny la
piattola e un’altra strana tizia dai capelli rosa era appena corsa via, al
seguito di Aberforth. Draco vide Harry entrare nella stanza e poi Ginny
osservarsi intorno, smarrita – loro si erano nascosti dietro l’angolo, i
muscoli tesi, e si erano Delusi –. Tiger fece per lanciarle una fattura;
fortunatamente Draco se ne accorse in tempo e lo bloccò.
“Sei
scemo?!” sibilò.
“E’
la Weasley piattola! Che t’importa di lei?”
“Potrebbe
essere in contatto con i suoi amichetti dell’Ordine! Sbaglio o noi dobbiamo
arrivare da Potter? Non vorrai farti ammazzare prima solo per colpire Weasley
la piattola, spero!”
Tiger
fece per ribattere, furioso, poi probabilmente si accorse che il ragionamento
filava e chiuse la bocca, immusonito.
“Ehi,
smettetela di litigare, quella se n’è andata.”
I
tre corsero fuori dal loro nascondiglio, mentre il castello sembrava tremare
come non mai. Dal soffitto pioveva polvere.
“Bene,
adesso io entro e…”
“Tu?
Tu non vai da nessuna parte, senza di noi.”
Draco
sentì la furia montare: come accidenti avrebbe fatto ad avvertire Potter se
Tiger e Goyle gli stavano fra i piedi sempre?
“Sentite,
non so neppure se sia la stanza giusta! La stanza cambia a seconda di chi ci
sta dentro, quindi…”
“Sì,
ma tu ci hai praticamente vissuto, l’anno scorso! Devi sapere come entrare!”
“Senti,
Malfoy, devo forse ricordarti che il tuo nome è feccia in questo periodo, fra
di noi? Farai come ti dico, se non vuoi beccarti una cruciatus.”
Draco
fece per ribattere, poi vide la bacchetta di Goyle puntata contro la sua gola.
Strinse di più quella di Narcissa, che aveva preso dopo che Potter gli aveva
rubato la sua – cosa per cui, una volta avvertito, lo avrebbe preso a calci –
ma capì che era inutile discutere. E se Potter fosse fuggito? Sapeva che il
passaggio poteva dare sull’esterno, dato quello che aveva detto la McGranitt in
Sala Grande.
Non
avevano tempo.
“E
va bene. Ma sappiate che non è detto che li troveremo.”
Goyle
tolse la sua bacchetta dalla sua gola e fece un cenno del capo, come per dirgli
di procedere. Draco si concentrò e pochi secondi dopo una porta apparve nella
parete.
Entrarono.
La
stanza era sempre enorme come se la ricordava, ma fra le fila di roba
accatastata sentì un rumore di passi. Potter era un vero idiota… Anche se non
poteva sapere che l’avrebbero seguito fin lì, dopotutto.
Tiger
e Goyle si guardarono, entusiasti, e cercarono di seguire il rumore. Si
muovevano in modo silenzioso – cosa piuttosto strana per loro – e Tiger fece
persino un incantesimo per riuscire ad orientarsi.
Eccolo,
alla fine. Potter era di schiena, la mano tesa verso qualcosa di indefinito.
Tiger
e Goyle tesero il braccio con la bacchetta; Draco si fece prendere dal panico.
“Fermo,
Potter.” esclamò, per avvertirlo del pericolo.
Il
ragazzo si girò.
“E’
la mia bacchetta che hai in mano, Potter.” disse, alzando al contempo quella di
sua madre verso le schiene di Tiger e Goyle.
“Non
più. Chi vince tiene, Malfoy. Chi te l’ha prestata?”
“Mia
madre.”
Harry
rise. Draco pensò che fosse veramente
idiota.
“Allora,
come mai voi tre non siete con Voldemort?”
Fu
Tiger a rispondere.
“Verremo
ricompensati. Siamo rimasti indietro, Potter. Abbiamo deciso di non andare.
Abbiamo deciso di consegnarti a lui.”
“Bel
piano.” disse Potter, di certo cercando di prendere tempo “Come avete fatto ad
entrare?”
“Ho
praticamente vissuto tutto l’anno scorso nella Stanza delle Cose Nascoste, so
come si entra.” rispose lui, nervoso. Non sapeva come togliersi dai piedi Tiger
e Goyle, doveva avvertire Potter…
“Eravamo
nascosti fuori in corridoio” si inserì Goyle “Siamo bravi adesso con la
Delusione! E poi sei arrivato te proprio lì davanti a noi e hai detto che
cercavi un diademo. Cos’è un diademo?”
Questa
gli era nuova. Probabilmente Goyle aveva ignorato il battibecco fra lui e Tiger
e aveva ascoltato Potter. Intelligente, per una volta, se non fosse che ora lui
stava dall’altra parte.
“Harry!”
era la voce di Weasley, che proveniva da qualche parte alla sua destra “Stai
parlando con qualcuno?”
Tiger
fu più veloce di un fulmine: con un movimento della bacchetta fece crollare una
pila di oggetti.
Harry
urlò qualcosa, poi riuscì a frenare la caduta. Tiger stava per rilanciare
l’incantesimo, quando Draco decise di averne abbastanza e gli afferrò il
braccio, bloccandolo.
“No!
Se distruggi la stanza, rischi di seppellire anche quel diadema!”
“E
allora? Il Signore Oscuro vuole Potter, chissenefrega di un diademo.”
Draco
si inumidì le labbra, facendo lavorare in fretta il cervello. Sicuramente c’era
un motivo se Potter voleva a tutti i costi quell’oggetto…
“Potter
è entrato qui per quello. Quindi deve voler dire…”
“’Deve
voler dire’?” lo prese in giro Tiger “Me ne sbatto di quello che pensi tu! Non
prendo più ordini da te, Draco. Tu e il tuo paparino siete finiti.”
Il
loro scambio di battute fu fermato dall’arrivo di Weasley.
“Harry!
Che succede?”
Tiger
gli fece il verso, quando vide Harry scappare.
“No, Potter! Crucio!”
“BASTA!”
urlò Draco, ormai disperato. Non sapeva come tenere a freno i due e doveva
anche dare il messaggio a Potter… “Il Signore Oscuro lo vuole vivo…”
“E
allora? Non l’ho mica ammazzato! Però se ci riesco lo faccio, il Signore Oscuro
vuole che muoia, no? Che diff…?”
Tiger
stava ancora parlando quando Draco vide la Granger scagliargli addosso un
incantesimo. Lo prese per la manica e lo tirò via, salvandolo.
“E’
la Sanguesporco! Avada Kedavra!”
Forse
avrebbe fatto meglio a lasciarlo schiantare.
Sì,
avrebbe decisamente fatto meglio a lasciarlo schiantare, considerò, dopo che
Potter lo ebbe disarmato lanciando una maledizione che era rivolta a Tiger.
Draco
vide i due puntargli la bacchetta contro; era sicuro che ormai nulla li avrebbe
fermati… Disperato, urlò una cosa stupida.
“Non
uccidetelo! NON UCCIDETELO!”
Sembrò
bastare, dato che Potter riuscì a disarmare Goyle.
Tiger,
l’unico rimasto armato, cercò di uccidere Weasley e si allontanò con lui
combattendo. Goyle venne centrato da uno schiantesimo, mentre lui si nascondeva
dietro ad un armadio.
Pochi
secondi dopo vide Weasley e Tiger correre di nuovo verso di loro, come se ne
andasse della loro stessa vita.
“Ti
piace caldo, feccia?” esclamò Tiger, prima che la stanza attorno a loro
esplose.
Fiamme.
Fiamme altissime, che si trasformavano in mostri e divoravano ogni cosa sul
loro cammino.
Ardemonio.
Era
impazzito?! Voleva ucciderli tutti?!
Senza
pensarci due volte afferrò il corpo di Goyle e se lo issò sulle spalle – per
quanto fosse pensate –. Si riparò dietro ad una catasta di oggetti; poi, pian
piano, sempre con Goyle addosso, prese a scalarli.
Maledizione
a Tiger! Quel fottuto deficiente! Che accidenti aveva combinato?! Le fiamme
erano sempre più vicine.
Draco
pensò, per un lungo e terribile istante, che sarebbe morto. Per un secondo non
ci furono né Mangiamorte né Ordine; per un secondo sparì la guerra e l’orrore;
per un secondo si ritrovò di nuovo a pensare a se stesso solo come Draco
Malfoy. A parte gli ultimi tre anni, non aveva avuto una vita infelice.
Non
voleva morire. Voleva vivere, voleva vivere appieno. Era appena maggiorenne,
non poteva morire…
Poi
li vide. Urlò, cercando di richiamare la loro attenzione, sventolando un
braccio. Potter e i suoi erano su una scopa, stavano fuggendo, ma lui non
voleva morire…
Potter
si abbassò, trascinandoselo sulla scopa, mentre Weasley e la Granger presero
Goyle.
“La
porta, vai alla porta, la porta!” urlò Draco, con ancora la paura di morire
addosso.
Ma
Harry virò, deviando.
“Cosa fai, cosa fai? La porta è di là!”
Nemmeno
Potter poteva essere così stupido da
non mettersi in salvo subito. Il ragazzo, però, agganciò qualcosa al braccio e
si diresse di volata verso la porta.
Uscirono
e si schiantarono contro il muro e l’aria fresca e pulita fu come una
benedizione per Draco. Rimase steso a terra, poi si ricordò di qualcosa e,
tossicchiando, cercò di parlare.
“T-tiger…
T-tiger…”
“E’
morto.” gli rispose Weasley.
Rimasero
così per un tempo che parve infinito, cercando di riprendersi.
Draco
alzò appena la testa quando una marea di fantasmi li sorpassarono, poi tornò a
piegarsi, esausto, sul pavimento. Era conscio che i tre stavano parlando di
qualcosa, anche se lui non riusciva a capire; era conscio che anche lui doveva
dire qualcosa a Potter, anche se non si ricordava cosa…
Poi,
all’improvviso, l’illuminazione. Non poteva permettersi di restare lì come un
pesce lesso.
Si
alzò di scatto, afferrò la manica di Potter e fece per parlare.
“Potter,
ascolta, devi cercare Piton e starlo a sentire, lui ti deve dire una cosa, è
importante…”
Fu
interrotto da altre urla: videro altri due Weasley – un gemello e quello che
doveva essere Percy – arretrare mentre combattevano contro due Mangiamorte. Ad
uno dei due cadde il cappuccio, rivelando l’attuale Ministro della Magia.
Evidentemente sotto Imperius.
“Ah,
Ministro!” esclamò Percy “Le ho detto che do le dimissioni?”
“Hai
fatto una battuta, Perce!” rise il gemello “Hai davvero fatto una battuta… L’ultima che ti avevo sentito fare era…”
Ma
non finì mai la frase. Il mondo esplose ancora attorno a loro, e si sentì solo
un “Protego” urlato da lontano, che non gli impedì comunque di perdere la presa
su Potter e di scivolare all’indietro.
Quando
la nube si dissolse, tutti loro si guardarono in giro, spaesati.
“Giù!”
urlò di nuovo la voce, e i ragazzi si apprestarono ad uscire dalla linea di
tiro.
Quando
si rialzarono, scoprirono davanti a loro il professor Piton.
“Lei!” urlò Potter, stravolto dalla
rabbia.
“Potter,
ascoltami.” disse lui, calmo ma pallido
“Ah!
Ascoltarla! Perché dovrei?!”
“Ho
un messaggio da parte di Albus Silente.”
Piombò
il silenzio. I Weasley, la Granger e Potter lo guardavano con astio. Draco
decise di intervenire. Si riavvicinò a Potter e gli prese di nuovo la manica
della maglia.
“Potter,
è quello che cercavo di dirti prima.”
“Malfoy!
Sì, quando cercavi di dirglielo? Mentre il tuo simpatico amico cercava di farci
fuori?”
Era
stato Weasley a parlare.
“Non
sono riuscito a scollarmeli di dosso! Ho cercato di proteggervi, non so se tu
te ne sia accorto! Faccio anch’io parte dell’Ordine, adesso!”
Seguirono
gli sguardi confusi del trio, a questa affermazione.
“E’
vero.” disse infine il gemello “La McGranitt ce lo aveva detto. Dovevamo
avvertirvi, ma voi eravate via, così…”
“Tu fai parte dell’Ordine?!” chiese Harry, sconvolto. Poi guardò di nuovo
Piton, che sembrava impaziente.
“Sì,
Potter, fa parte dell’Ordine. E anche io ne faccio parte. Ora, puoi starmi a
sentire?”
Non
fecero a tempo a parlare, però, che sbucarono dei Mangiamorte alle loro spalle.
“E’
Potter! E’ lui!” esclamò uno di loro. Fece per colpire Potter, ma Piton lo
afferrò e lo tirò in salvo. Draco, che era ancora attaccato alla sua maglia, li
seguì in automatico.
Altri
Mangiamorte apparvero, così i Weasley e la Granger si misero a dar battaglia,
allontanandosi dal corridoio.
La
Granger in realtà si girò per controllare dove fosse Potter, ma lui ormai era
stato trascinato lontano e Draco la vide solo di sfuggita, prima di girarsi e
rincorrerli.
“Mi
lasci!” urlò Potter, cercando di liberarsi dalla presa di Piton.
“Non
c’è tempo!” urlò lui.
Si
diressero verso lo studio di Silente. Draco vide Harry premersi una mano sulla
fronte, ad un certo punto, ed immaginò che la cicatrice gli facesse male.
“Senti,
Potter, ti devi fidare di noi. Hai sentito anche il gemello, no?”
Potter
lo fulminò con lo sguardo, per tutta risposta.
Arrivarono
nello studio. Piton sembrava strano, sembrava che non sapesse come affrontare
la situazione.
“Professore…”
sussurrò Draco, cercando di spezzare la tensione.
Potter
li osservava con astio.
Il
quadro di Silente parlò.
“Severus,
se vuoi che lui si fidi di te, dovrai dirgli tutto.”
Piton
fece uno strano gesto con la testa, come per scacciare una mosca.
“Severus.”
L’uomo
guardò allora il ritratto. Gli occhi dei due presidi si incontrarono per
qualche secondo.
“Sentite,
non so voi, ma io ho da fare. Con permesso, me ne va…”
“No.”
Era
stato il professor Piton a parlare.
Mosse
la bacchetta, così che il pensatoio volò dall’armadio in cui era riposto alla
scrivania.
Poi,
con un sospiro, premette la bacchetta sulla tempia e si tolse dei fili
d’argento. Li lasciò cadere nel pensatoio.
“Potter,
devi vederli. Subito. Promettimelo.”
Il
ragazzo inarcò un sopracciglio.
“Perché,
lei dove andrà? Non me li mostra?”
Piton
strinse la labbra.
“No.
Io vado… Vado a combattere.”
Detto
questo, il professor Piton aprì la porta dello studio e sparì oltre.
“Severus!”
urlò il ritratto di Albus Silente, per poi seguirlo e lasciarlo soli.
Passarono
dei secondi interminabili.
Poi
la voce del Signore Oscuro rimbombò fra le pareti.
“Avete
combattuto valorosamente, Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete
subito pesanti perdite. Se continuerete a resistere, morirete tutti, uno per
uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una
perdita e uno spreco. Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di
ritirarsi, immediatamente. Avete un’ora. Disponete dei vostri morti con
dignità. Curate i vostri feriti. Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a
te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che
affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un’ora
non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi
prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all’ultimo
uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un’ora.”
“Potter,
secondo me ci conviene guardare.”
Il
ragazzo si riprese.
“Ci?”
chiese, alzando un sopracciglio.
“Senti,
io con molta probabilità so cosa ti vuole mostrare e anche perché adesso si è
defilato. Ma non conosco i dettagli, e sono curioso, ok? Severus Piton è il mio
padrino. Se sono nell’Ordine, è anche merito suo: se non avessi scoperto il suo
segreto, probabilmente avrei continuato la mia vita disgustato per quello che
stavo diventando, ma senza vedere alternative. Merito anch’io di sapere, non
credi?”
Potter
sembrò profondamente toccato da quel discorso, tanto che corrugò la fronte e
abbassò lo sguardo. Alla fine, comunque, scrollò le spalle e fece un cenno
d’assenso.
Entrarono
insieme nel pensatoio.
Il
primo ricordo era quello di un Piton ragazzino. Era vestito in modo indecente e
spiava due ragazze che giocavano sull’altalena; da come Potter sgranò gli
occhi, Draco capì che aveva riconosciuto sua madre bambina.
Era
una cosa straziante.
C’erano
loro due da piccoli, amici. Il primo viaggio sul treno. L’incontro con James
Potter. Lo smistamento. Qualche discussione. Poi c’era un ricordo dettagliato
dove Potter e la sua banda torturavano il Piton ragazzo. Potter si tenne a
distanza, come se conoscesse già quella scena, mentre lui, che non l’aveva mai
vista, avanzò per sentire.
“…
Schifosa Sanguesporco!”
Quelle
parole lo fecero sussultare.
Poi
la scena si riformò, e i due ragazzi assistettero al tentativo da parte di
Piton di chiedere scusa.
E
poi il resto. La profezia. Il suo appello disperato a Silente. La sua disperazione
quando Lily era morta.
E
il messaggio di Silente. Il ragazzo doveva morire. Draco si sentì per un attimo
spiazzato. Era quello, dunque? Potter non gli piaceva, vero, però non per
quello avrebbe desiderato la sua morte. Era l’unico modo per sconfiggere il
Signore Oscuro? Sul serio? Subito sentì una grande pena.
La
cerva d’argento. Potter sgranò gli occhi; forse per lui significava qualcosa.
“Sempre.”
Ora
anche Draco, finalmente, capiva. Capiva davvero.
Uscirono
dal pensatoio e per un lungo momento nessuno dei due seppe che dire.
“Potter…”
provò lui.
“No.”
rispose il ragazzo “No.” disse poi, più deciso.
“Potter,
io…”
“Non
dire niente.” strattonò il braccio, liberandosi dalla presa. Non si era neppure
accorto che lo aveva afferrato.
“Va
bene. Sto bene. Farò quello che devo.”
“Potter,
sei sicuro? Non credi che…”
“Ho
detto che va bene. Non seguirmi.”
Il
ragazzo aprì la porta dello studio e si fiondò giù dalle scale. Draco cercò di
seguirlo, ma giunto alla fine della scala a chiocciola non lo vide più.
Probabilmente si era coperto con il mantello.
Non
sapendo che altro fare, corse verso la Sala Grande.
Una
volta arrivato, vide gente intenta a curare i feriti e a coprire i morti. Dei
ragazzi stavano uscendo nel parco, cercando altri corpi o altre persone da
salvare.
Lui
si avvicinò ai Weasley, che si stavano dando da fare per aiutare gli altri. Fra
loro c’era anche la Granger.
“Malfoy!”
urlò lei, sorpresa di vederlo “Dov’è Harry?”
“…
Non lo so.” rispose “L’ho perso di vista.”
Non
sapeva perché stesse mentendo. O forse sì: Potter aveva fatto la sua scelta,
lui doveva rispettarla. Avevano condiviso una cosa importante, il segreto di
Piton. E il sacrificio di Potter era anche l’unico modo per uccidere il Signore
Oscuro. Non sapeva bene cosa stesse provando.
“Malfoy.”
disse la Granger, avvicinandosi di più “E’ andato? Dimmi la verità. E’ andato
da V-Voldemort?”
Lui
abbassò lo sguardo.
“Non
lo so.” disse.
Gli
occhi di lei si riempirono di lacrime, tanto che lo fecero star male.
“Cosa
posso fare?” chiese quindi, cercando di cambiare discorso.
“Ehi!”
li interruppe Weasley, venendo verso di loro “Che stai facendo ad Hermione?!”
Lei
si asciugò gli occhi.
“Niente,
Ron. Non è niente. Malfoy vuole solo rendersi utile.”
“E
allora perché piangi?”
“No,
davvero… Lui non c’entra… E’ solo, la guerra…”
Ron
le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé.
Lo
guardò con diffidenza.
“Se
avvero vuoi renderti utile, potresti curare qualcuno.”
“Sono
senza bacchetta.” rispose lui, ancora distratto dalla reazione della Granger.
Se aveva intuito la verità, perché non dirlo a Wealsey e perché non andare a
cercare di fermare Potter? Che avesse capito anche l’importanza di quel gesto?
“Allora
puoi andar fuori e portar dentro i feriti… O i morti.”
Draco
fece un gesto del capo e lasciò soli i due piccioncini. Passò accanto alla
donna dai capelli rosa che aveva visto andare dietro ad Aberforth; era china
sul corpo del professor Lupin e sussurrava una strana litania cercando di
chiudergli le ferite, che però dovevano essere maledette. Le riconobbe
istintivamente per ferite da Sectusempra, così si accucciò. Durante il suo
addestramento da Mangiamorte, e soprattutto dopo lo spiacevole inconveniente
dell’anno prima, aveva deciso di imparare alla perfezione l’incantesimo per la
guarigione.
“Stai
sbagliando.” le disse “Se lasci a fare a me, io conosco la formula.”
La
donna le rivolse una strana occhiata, poi vide un altro fiotto di sangue uscire
dalla ferite. Gli porse la bacchetta.
“Salvamelo.”
disse solo, così Draco si mise all’opera.
Circa
un quarto d’ora dopo le ferite si erano richiuse. Esausto, Draco porse alla
donna la sua bacchetta. Lei era ancora pallida, ma sembrava un po’ rincuorata.
“Se
gli date della Rimpolpasangue, non dovrebbe aver problemi…” stava dicendo.
“Tu
sei Draco Malfoy?” gli chiese lei, interrompendolo.
“Sì,
sono io.” rispose, spiazzato.
Lei
sorrise, un sorriso stiracchiato.
“Sei
mio cugino. Io sono Tonks… Ninfadora Tonks. Ma chiamami con il mio nome e sei
morto.”
Draco
sbatté le palpebre tre volte di fila. Non credeva che fosse proprio lei, la
figlia della sorella di cui sua madre non parlava mai.
“Beh…
Piacere di conoscerti. Io, ehm… Devo andar fuori per vedere se qualcuno ha
bisogno…”
Lei
annuì.
“Grazie.”
sussurrò, prima di allontanarsi da Lupin e andare verso madama Chips.
Probabilmente cercava la Rimpolpasangue.
Draco
uscì all’aria aperta. Soffiava un vento leggero e lui si sentiva esausto.
Per
un bel po’ di tempo non fece altro che trascinare feriti e morti dentro la Sala
Grande. Alcuni corpi erano piccoli, davvero troppo piccoli. Ma quanti
incoscienti erano rimasi, per combattere?
Lui
non ce l’avrebbe mai fatta. Se fosse stato libero di scegliere, sicuramente se
ne sarebbe andato il più lontano possibile.
Poi
li vide. Avanzavano, uscendo dalla foresta, diretti verso di loro.
La
voce di Volemort si sentì, come prima, in ogni angolo del castello.
“Harry
Potter è morto. E’ stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre
voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il
vostro eroe è caduto. Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri
combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il
Ragazzo-che-è-sopravvissutto è morto. La guerra deve finire. Chiunque osi
resistere , uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della
sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete
risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle
vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo
insieme.”
Lui
arretrò nella scuola, in Sala Grande. Vide la gente agitarsi, spostare i feriti
e cercare un posto sicuro. Poi, il delirio.
Corsero
tutti fuori. Trovarono i Mangiamorte schierati, con Voldemort al centro. Hagrid
aveva fra le mani il cadavere di Potter.
Draco
sentì di nuovo lo stomaco contrarsi. Avrebbe vomitato, se lo sentiva. Non udì
le parole del Signore Oscuro, non udì la risposta dei suoi compagni. I suoi
occhi erano così fissi su Potter che fu il primo ad accorgersi, dopo che la
battaglia fu di nuovo iniziata, che il ragazzo si era mosso e si era messo di
nuovo il mantello dell’invisibilità.
Ma
come, non era morto? Nonostante tutto, il sollievo lo pervase.
Ripiegò
nel castello ed indietreggiò, dato che la battaglia stava infuriando di nuovo.
Una schiera di Elfi Domestici si riversò dalle cucine, sorprendendolo.
Arretrò
ancora in Sala Grande, capendo che era stata una pessima idea: qui la battaglia
era ancora più cruenta. Vide i suoi genitori cercarlo e agitò le braccia, facendogli
segno. Narcissa quasi svenne di sollievo quando riuscì ad individuarlo, ed
arrancò verso di lui come se fosse l’unica cosa importante.
“Draco!”
esclamò, la voce rotta, prima di soffocarlo in un abbraccio.
Draco
non aveva mai visto sua madre così preoccupata. Anche Lucius non scherzava: era
pallido e li raggiunse subito dopo, tremando.
“Draco,
si può sapere dove eri finito?”
Ma
prima che potesse dare delle spiegazioni; prima che potesse dire qualsiasi
cosa, Potter sbucò nel mezzo della Sala Grande. Tutti ammutolirono, mentre il
prescelto e il Signore Oscuro si confrontavano…
“Non
voglio aiuto.” disse Potter “Deve andare così. Devo essere io.”
“Potter
non voleva dire questo. Non è così che ci si comporta, vero? Chi userai come
scudo oggi, Potter?”
“Nessuno.
Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu ed io. Nessuno dei due può vivere se
l’altro sopravvive,e uno di noi sta per andarsene per sempre…”
“Uno
di noi? Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo-che-è-sopravvissuto per caso, solo
perché Silente tirava i fili?”
“E’
stato un caso quando mia madre morì per salvarmi? Un caso che io abbia deciso
di combattere in quel cimitero? Un caso che io non mi sia difeso questa notte,
eppure sia sopravvissuto, e tornato per combattere di nuovo?”
“Casi!” urlò il Signore Oscuro, in preda
alla rabbia “Casi e fortuna il fatto che ti sia rannicchiato a frignare dietro
le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai lasciato che io li uccidessi
al posto tuo!”
“Non
ucciderai nessun altro questa notte. Non puoi uccidere nessuno di loro, mai
più. Non capisci? Ero pronto a morire per impedirti di far male a queste
persone…”
“Ma
non l’hai fatto!”
“…
Era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto quello che ha fatto mia
madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi
funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi toccarli. Non impari dai
tuoi errori, Riddle, vero?”
“Tu osi…”
“Sì,
io oso. Io so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose importanti che
tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere un altro grosso
errore?”
Il
Signore Oscuro rimase in silenzio, muovendosi in cerchio e non togliendo gli
occhi di dosso da Harry.
“E’
di nuovo l’amore?” chiese infine “La soluzione preferita da Silente, l’amore,
che a sentir lui vince la morte. Ma l’amore non gli ha impedito di cadere dalla
Torre e andare in pezzi come una vecchia statuina di cera. L’amore non ha
impedito a me di schiacciare quella Sanguesporco di tua madre come uno
scarafaggio, Potter… E pare che nessuno ti ami abbastanza da farsi avanti,
questa volta, a prendersi la mia maledizione. Quindi cosa ti impedirà di morire
adesso, quando colpirò.”
“Una
sola cosa.”
“Se
non è l’amore che ti salverà, questa volta, devi credere di avere una magia che
io non ho, o un’arma più potente della mia.”
“Credo
entrambe le cose.”
“Tu
credi di conoscere più magie di me? Di Lord Voldemort, che ha compiuto magie
che Silente stesso non si era nemmeno sognato?”
“Oh,
se l’era sognato eccome. Ma lui ne sapeva più di te, abbastanza da non fare
quello che hai fatto tu.”
“Vuol
dire che era un debole! Troppo debole per osare, troppo debole per prendere ciò
che avrebbe dovuto essere suo e invece sarà mio!”
“No,
era più intelligente di te. Era un mago migliore, un uomo migliore.”
“Io
ho provocato la morte di Albus Silente!”
“E’
quello che credi. Ma ti sbagli.”
Draco
sentì praticamente tutti trattenere il fiato.
“Silente è morto! Il suo corpo marcisce
nella tomba di marmo vicino a questo castello, io l’ho visto, Potter, e non
tornerà!”
“Certo,
Silente è morto. Ma non l’hai fatto uccidere tu. Ha scelto lui come morire, con
mesi e mesi d’anticipo, ha programmato tutto con l’uomo che credevi fosse il
tuo servo.”
“Che
sogno infantile è questo?”
“Severus
Piton non era tuo, non lo è mai stato.”
Il
Signore Oscuro lo fissò per qualche istante, infine scoppiò a ridere.
“Non
ha importanza! Non ha importanza se Piton fosse mio o di Silente! Oh, ma tutto
torna, e in modi che tu non comprendi! Silente stava cercando di tenere lontana
da me la Bacchetta di Sambuco! Voleva che fosse Piton il vero padrone della
Bacchetta… Ma io sono arrivato prima di te, ragazzino… Ho capito la verità
prima di te.”
“Sì,
è vero. Hai ragione. Ma prima che tu provi ad uccidermi, ti consiglio di
pensare a quello che hai fatto… Pensaci, e cerca in te un po’ di rimorso,
Riddle…”
“Che
cosa?”
“E’
la tua ultima possibilità. Tutto ciò che ti resta… Ho visto quello che sarai
altrimenti… Sii un uomo… Cerca… Cerca un po’ di rimorso…”
“Tu
osi…?”
“Sì,
io oso. Quella bacchetta non funziona ancora bene, e non perché tu non sei
riuscito ad uccidere Piton. Severus Piton non è mai stato il vero padrone della
Bacchetta di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente.”
“L’ha
ucciso…”
“Non
mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto
Silente! Hanno deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire
imbattuto, essere l’ultimo vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato
come previsto, il potere della Bacchetta sarebbe morto con lui, perché non gli
sarebbe mai stata vinta!”
“Ma
allora, Potter, è come se Silente l’avesse consegnata a me! Io ho rubato la
Bacchetta dalla tomba del suo ultimo padrone! Io l’ho portata via contro il
desiderio del suo ultimo padrone! Il suo potere è mio!”
“Ancora
non capisci, Riddle? Possedere la Bacchetta non basta! Tenerla, usarla, non la
rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? E’ la bacchetta a scegliere il
mago… La Bacchetta di Sambuco ha riconosciuto un nuovo padrone prima della
morte di Silente, qualcuno che non l’ha nemmeno sfiorata. Il nuovo padrone ha
tolto la Bacchetta a Silente contro la sua volontà, senza mai capite cosa aveva
fatto, o che la bacchetta più pericolosa del mondo gli aveva offerto la sua
obbedienza…”
Se
lo sentiva. Draco era pervaso da quel senso di vittoria e aspettativa; lo
stesso che l’aveva assalito guardando le foto di Lily Evans e James Potter su
quel vecchio annuario.
“Il
vero padrone della Bacchetta di Sambuco era Draco Malfoy.”
Eccola,
infine, la verità. Lui aveva disarmato Silente. E se quello che diceva Potter
era vero, se quella era la Baccchetta più potente del mondo… Allora…
“Ma
che importanza ha?” chiese il Signore Oscuro “Anche se tu avessi ragione,
Potter, non farebbe alcuna differenza per te e me. Non hai più la bacchetta di
fenice: il nostro sarà un duello di pura abilità… E dopo che avrò ucciso te,
potrò occuparmi di Draco Malfoy…”
Draco
si sentì stringere di più da Narcissa. Pregò affinché Potter vincesse lo
scontro: non ci teneva a morire, no davvero.
“E’
troppo tardi.” osservò Harry “Hai perso l’occasione. Sono arrivato prima io. Ho
battuto Draco settimane fa. Gli ho portato via questa.”
Agitò
la Bacchetta, e Draco si sentì, per un attimo, rincuorato. Allora, forse, c’era
davvero una speranza… Allora tutto aveva un senso, dopotutto…
“Quindi
è tutto qui, capisci? La bacchetta che hai in mano sa che il suo ultimo
proprietario è stato Disarmato? Perché se lo sa… Sono io il vero proprietario
della Bacchetta di Sambuco.”
Rosso.
Uno spicchio di sole era entrato dalle finestre, segno che l’alba era arrivata.
Ancora
un attimo di sospensione. E poi…
“Avada
Kedavra!”
“Expelliarmus!”
E
tutto finì. Il Signore Oscuro cadde, colpito dal rimbalzo del suo stesso
incantesimo. Era morto.
La
folla esplose. Tutti andarono verso Harry, lo abbracciarono, lo circondarono…
Un susseguirsi di persone infinito, mentre sua madre sospirava di sollievo e
suo padre cercava un posto per sedersi.
Alla
fine, dopo che la maggior parte delle persone si fu allontanato, fu il turno di
Draco di andare da Potter.
“Ehi,
sfregiato!” gli disse, avvicinandosi “Hai qualcosa di mio.”
Lui
gli sorrise.
“Oh,
sì. E mi è stata molto utile.” rispose, tendendogli la sua bacchetta.
Draco
la prese.
In
quel momento si fece avanti anche Severus Piton.
L’insegnante
aveva un’espressione indefinibile sul viso. Tutti quelli che erano intorno a
Potter – i suoi fidati amici, Lunatica Lovegood, un tizio nero e la McGranitt –
si bloccarono e lo guardarono.
“Grazie.”
disse infine, la voce roca, quasi commossa.
Harry
si avvicinò e sorrise, dolce.
“Combattevamo
la stessa battaglia, professore.”
Lo
sguardo di tutti era confuso.
Il
professor Piton fece un cenno, poi si girò e fece per andarsene, verso le porte
della Sala Grande.
Narcissa
li raggiunse prima che Piton uscisse dalla Sala.
“Sai.”
disse infine la McGranitt “Non ho ancora capito perché stava dalla nostra
parte.”
“Come
no?” esclamò Draco, ammonito da un’occhiata di Potter.
“Intendi
dire che tu lo sai, Draco?” gli chiese sua madre.
Lui
osservò il professore uscire dalla Sala, investito dalla luce rossa dell’alba.
Chissà se l’avrebbero mai rivisto. Forse, prima o poi… Vide la luce colpirlo e
pensò che non c’era uscita di scena migliore, per lui.
“Certo
che lo so. In realtà me l’hai detto proprio tu, madre, non ricordi?”
“Io?”
Un’atra
occhiata a Potter, che stavolta era curioso e basta.
“…
E’ stato il suo sole a guidarlo nella direzione giusta, no?” rispose, vago,
continuando a guardare il punto dove Severus Piton era scomparso “Il suo sole
rosso.”