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Autore: Beauty    17/05/2013    7 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sins of the Father

 
Una seggiola foderata di velluto rosso cupo volò in aria, andando a schiantarsi contro la parete opposta della stanza con un tonfo sordo e fracassandosi in mille schegge di legno.
Grendel emise un sibilo acuto, soffiando fra i piccoli denti aguzzi mentre si ritraeva istintivamente nell’ombra in cui si era rifugiato. Digrignò i denti borbottando una maledizione sottovoce, mentre faceva dardeggiare gli occhietti tutt’intorno. Le mani artigliate gli tremavano impercettibilmente, ma abbastanza da svelare tutta la sua paura.
Grendel sapeva che non sarebbe potuto fuggire dalla furia del suo padrone – aveva smesso di provarci già da dodici anni –, così come sapeva che, una volta che questi avesse esaurito gli oggetti da distruggere, sarebbe toccato a lui fare la fine di quella stessa sedia.
Tremotino fece un mezzo ruggito, stringendo rabbiosamente i pugni lungo i fianchi, prima di voltarsi di scatto e afferrare uno sgabello, facendogli fare la stessa fine della sedia.
Si trovava al centro esatto della sua camera da letto – una delle innumerevoli stanze del suo castello; a dire il vero, Grendel non avrebbe potuto dire che si trattasse della camera da letto del padrone, dal momento che raramente Tremotino si trovava al suo palazzo, e ancora più raramente si prendeva alcune ore di riposo. Quella era semplicemente una stanza che aveva scelto per dormire, nulla di più. Si sarebbe quasi potuto dire che fosse semplicemente una camera come tutte le altre…se non fosse stato per alcuni piccoli particolari che recavano la firma di Tremotino.
In quel momento, comunque, nulla o quasi era rimasto di quella stanza. Il letto a baldacchino aveva le tende rosso sangue graffiate e sbrindellate, schegge di legno avevano squarciato le lenzuola in più punti, il cuscino era sfondato; sul pavimento di marmo giacevano frammenti e cocci di oggetti ora irriconoscibili, pezzi di vetro e piume d’oca sfuggite dal guanciale. Sedie e sgabelli erano stati fracassati, i mobili distrutti o ribaltati; gli unici oggetti rimasti intatti erano un cassettone posto contro una parete e uno scrigno d’avorio intarsiato con ghirigori dorati collocato al di sopra di esso.
- Maledizione!- ringhiò, così forte che la sua voce rimbombò sulle pareti.- Come diavolo è potuto succedere?!
Grendel arretrò nuovamente quando Tremotino afferrò una delle tende del baldacchino e sradicò l’intera colonna a cui essa era attaccata, facendola crollare sul pavimento con un colpo secco. Il mago oscuro ruggì ancora, stringendo i pugni con tanta forza da conficcare le unghie nei palmi delle mani, facendoli sanguinare.
- Com’è possibile?! Come può una stupida ragazzina aver già trovato una delle chiavi?!- ansimò, senza che la rabbia accennasse a diminuire.
- Forse quelle due sono più scaltre di quanto avevate previsto…- sibilò Grendel, soffocando una risatina compiaciuta. Amava vedere il suo padrone soffrire.
Tremotino digrignò i denti, voltandosi di scatto pronto a torturare il suo servo, ma il suo sguardo incrociò prima il cassettone. Il mago oscuro stese il braccio con uno scatto, le dita affusolate della mano puntate contro il mobile; questo, in un attimo, senza che nulla o nessuno lo avesse toccato, andò in mille pezzi, scagliando schegge di legno tutt’intorno. Grendel si ritrasse portandosi le braccia sopra la testa per ripararsi, ma Tremotino non si mosse; rimase immobile anche quando uno spuntone affilato lo colpì di striscio all’altezza dello zigomo, graffiandolo e facendolo sanguinare.
Lo scrigno, pressoché intatto fatta eccezione per qualche ammaccatura, cadde a terra e si ribaltò: il coperchio si aprì, e ne fuoriuscirono almeno una decina di oggetti.
Tremotino ansimò furiosamente, la fronte imperlata di sudore: puntò lo sguardo sul contenuto dello scrigno, e immediatamente il volto sfigurato dall’ira iniziò a distendersi.
Grendel soffiò di nuovo fra i denti, reprimendo una risata, non appena scorse ciò che lo scrigno aveva appena rivelato: una bambola di pezza che aveva perso gran parte della sua imbottitura, uno strano ritratto raffigurante quattro persone, un braccialetto di mediocre fattura…
Questo era finito proprio ai piedi di Tremotino; il mago oscuro ritrasse lo stivale quando se ne accorse, quasi si fosse trovato vicino a un cerchio di fuoco. Invece, il braccialetto non emanava fiamme, non bruciava, non aveva nulla di spaventoso – nulla di spaventoso per quel mondo. Era semplicemente un braccialetto, un braccialetto fatto di tante piccole perline molto simili ai gioielli che le sirene custodivano in fondo al mare, ma neanche lontanamente preziose quanto quelli.
Tremotino arretrò: il suo volto ora era disteso, impassibile, quasi stesse osservando qualcosa senza importanza. Ma non era così, osservò Grendel. Gli occhi scuri del suo padrone si erano ridotti a due fessure.
Il braccialetto se ne stava lì, come se lo stesse guardando. Guardando con dei grandi occhi scuri, una volta magari allegri e vivaci, ma ora spenti e stanchi, troppo spenti, troppo stanchi…troppo, anche solo per poter sopportare un istante in più di quella vita.
Tremotino si chinò lentamente, ritrovandosi inginocchiato sul pavimento senza quasi accorgersene; prese il braccialetto con una mano: era talmente piccolo che gli stava interamente nel palmo. Non era fatto solo di perline: ora che era più vicino, vedeva, ricordava quattro figure in miniatura, quattro immagini ritagliate nel legno: un drago che sputava fuoco, una principessa, una fata – per le teste maledette dei Grimm, quant’era facile trovare dell’ironia in ogni cosa! – e un cavaliere in armatura splendente. Tremotino dimenticò per un attimo non solo la sua rabbia, ma anche la presenza insidiosa e sibilante di Grendel in quella stanza, e chiuse le dita a pugno sul monile, chiudendo gli occhi e portandosi la mano alle labbra.
 
- Quanto manca?
- Aspetta solo un attimo…è quasi…fatto! Ecco qui.
Solleva il braccialetto in aria affinché entrambi lo possano vedere meglio; forse non dovrebbe vantarsi, ma si sente particolarmente orgoglioso della sua opera. E’ stato bravo: gli ci è voluta quasi un’ora per costruire quel bracciale, e ora è completo.
- Ti piace?
Gli occhi scuri, allegri e vivaci, fanno appena in tempo ad annuire silenziosamente prima di tornare a indagare con curiosità ogni dettaglio di quel piccolo oggetto, così piccolo da stare nel palmo di entrambi. Glielo porge con gentilezza, mentre gli occhi scuri non smettono di indagare.
- Questi cosa sono?
Indica le figurine intagliate nel legno. Tremotino sorride paziente, pronto all’ennesima spiegazione.
- Sono un drago, una fata, una principessa e un cavaliere.
- Sembra una favola!- esclama lei di rimando.- Me la racconti?
- Lo sai che non sono bravo a raccontare favole.
- Per favore!
- No, dai, facciamo un’altra volta.
- Scommetto che il cavaliere salva la principessa e uccide il drago.
Tremotino sorride di nuovo, e stavolta non è più un sorriso paziente, ma uno di quei sorrisi malandrini che la fanno ridere e spaventare insieme.
- E se invece fosse il drago, a vincere?
 
Tremotino riaprì gli occhi, mentre scioglieva la presa delle dita intorno al monile.
Mary-Anne.
Si alzò in piedi, più lucido e più calmo. Farsi prendere dalla rabbia e dai ricordi non sarebbe servito a nulla, e nemmeno sgozzare quella feccia di Grendel – per quanto quest’ultimo si meritasse anche di peggio e torturarlo fosse sempre un toccasana per i suoi nervi. Aveva un obiettivo; aveva impiegato dodici anni per raggiungerlo, e non avrebbe mandato tutto all’aria solo per colpa di due ragazzine.
Una di quelle due sgualdrinelle aveva trovato una delle chiavi d’accesso alla Pietra del Male, questo era vero; doveva ammettere di averle sottovalutate, certo, non si sarebbe mai aspettato che fossero così sveglie, specialmente la più giovane, che a una prima occhiata gli era parsa la più debole, la più sciocca e la più incapace delle due. L’aver trovato uno degli oggetti – la scarpetta di Cenerentola, ma certo!, il sogno infranto di una povera sguattera, come aveva fatto a non pensarci?! – era un notevole punto a suo favore, ma d’altra parte anche lui ne possedeva uno, e quello scricciolo era arrivata a impossessarsene per puro caso.
Sì, forse non era il caso di inquietarsi così tanto. Lui restava pur sempre in vantaggio.
Ma quelle due andavano fermate, al più presto.
- Che intendete fare, padrone?- la voce sibilante di Grendel gli giunse alle spalle, seguita dallo strisciare servile del goblin. Tremotino non si degnò di rispondere, ma afferrò un mantello nero abbandonato lì accanto, gettandoselo sulle spalle.
- Pensate di occuparvene personalmente?
- Certo che no, bestia che non sei altro!- ringhiò Tremotino.- Non è ancora il caso che lasci trasparire le mie intenzioni, mi sono già esposto abbastanza nella Foresta Incantata…Ma conosco qualcuno che potrebbe aiutarci.
- Chi, mio signore?
- Io la definirei…una vecchia amica - Tremotino ghignò, iniziando ad avviarsi in direzione della porta. Grendel lo seguì ballonzolando.
- Ma come farà a occuparsi di tutt’e due?- berciò, il volto contorto in una smorfia che lo rendeva ancora più orribile.- Non sono più insieme, ora…
- Mi hai preso per un idiota?!- tuonò Tremotino, voltandosi e guardando Grendel come se volesse ucciderlo. Forse, pensò, avrebbe veramente dovuto farlo.- Credi che non lo sappia? Il fatto che siano state separate non è altro che un ostacolo in meno al mio piano.
Tremotino s’interruppe per un istante, quindi parve calmarsi, e si aprì in un sorriso compiaciuto.
- Della bisbetica si sta già occupando il Primo Ministro, come ho avuto modo di notare…- mormorò.- Incredibile come sia cambiato in questi dodici anni…devo dire che mi ha sorpreso che si sia schierato con lei dopo tutto quello che ha fatto per deporla dal trono. E devo anche dire che la nostra amica ci sta notevolmente aiutando senza saperlo…- il mago oscuro ghignò soddisfatto.- Quanto a quel pulcino bagnato della minore…se i soldati non si occuperanno di lei e Cenerentola, quelle due si dirigeranno sicuramente in direzione del villaggio di Salem…sai che significa, vero?- Tremotino ghignò nuovamente.
Grendel iniziò a saltellare eccitato sul posto, ridendo sguaiatamente.
Tremotino si corrucciò di nuovo.
- Cos’hai da ridere, feccia?!
Prima che potesse rendersene conto, Grendel venne investito da un fascio di luce viola, che lo fece sollevare in aria e lo scaraventò dritto contro la parete opposta; il folletto scivolò a terra con un tonfo sordo, tossendo furiosamente.
Tremotino sogghignò.
- Questo dovrebbe bastare a ricordarti qual è il tuo posto…oltre che a mettermi di buon umore - ridacchiò, prima di uscire e chiudere la porta alle sue spalle.
Grendel ansimò, puntando le mani artigliate sul pavimento e tentando di rialzarti. Il suo sguardo e il suo volto erano una maschera di odio.
Maledetto. Maledetto. Maledetto. Tu chiami me bestia, ma ancora non sai che la vera bestia sei tu. E le bestie meritano di soffrire, le bestie devono pagare per la loro bestialità. Tu sei una bestia, Tremotino, e molto presto te la farò pagare.
 

***

 
New York, ore 18 p.m.
 
- Va bene, Juliet, ti ringrazio…Sì, d’accordo…Mi raccomando, se la senti, dille che mi deve telefonare subito…Certo, ti farò sapere…Grazie.
Hadleigh riattaccò la cornetta con un sospiro che a Jones fece avvertire una stretta al cuore. Il capitano chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie nel tentativo di calmare la sua emicrania e nel contempo di ragionare.
Era da due giorni che non aveva notizie delle sue figlie – aveva previsto che ci sarebbe voluto molto di più per risolvere quel caso, e invece Crawford li aveva rispediti a casa il giorno stesso, sebbene non avessero concluso nulla; il caso di Cappuccetto Rosso era ancora irrisolto, e il capitano aveva il forte sospetto che il procuratore intendesse archiviarlo al più presto, sia che l’assassino fosse stato stanato oppure no.
Hadleigh era convinto di trovare Anya ed Elizabeth a casa ad aspettarlo. Crawford aveva dato loro delle indicazioni precise, sarebbero dovute arrivare senza intoppi. E invece, quella sera rientrando non aveva trovato nessuno.
La prima cosa che gli era venuta in mente era che fossero arrabbiate con lui. E come biasimarle? Avevano scoperto brutalmente una verità che da anni, da ben dodici anni non aveva mai rivelato a nessuno, non più, dopo ciò che era successo. Era naturale che fossero incredule, magari anche sconvolte, e sicuramente infuriate.
O perlomeno, Anya di certo lo era; gli aveva urlato contro e poi lo aveva piantato lì in mezzo a quella radura in preda a una crisi isterica, di quelle che non gliene vedeva da quando era una quindicenne ribelle. E, Hadleigh lo sapeva, la sua figlia maggiore aveva un’influenza notevole sulla sorellina più piccola. Elizabeth gli era parsa più che altro incredula e stralunata, ma non arrabbiata; anche se era probabile che, tornata a casa, avesse avuto una furiosa reazione a scoppio ritardato, oppure avesse deciso semplicemente di seguire l’esempio della sorella e fargliela pagare.
All’inizio, era stata questa la sua teoria: le sue figlie se n’erano andate di casa per dargli una lezione. Gli pareva la spiegazione più ovvia – oltre che la meno agghiacciante.
Immediatamente, però, si era dovuto ricredere. Quella sera stessa aveva iniziato a fare il giro di telefonate di tutte le conoscenze delle sue figlie – era lui ad avere torto, d’altronde; il minimo che poteva fare era farsi perdonare e soprattutto dare loro delle spiegazioni –, ma questo si era protratto per due giorni senza alcuna novità.
Hadleigh aveva chiamato Doris e Juliet, le due cameriere che lavoravano insieme ad Anya al Once Upon a Time Café; sua figlia aveva borbottato qualcosa su di loro un paio di volte, e benché lui non avesse mai approvato il lavoro che Anya si era trovata dopo il liceo – lei era una ragazza intelligente, dopotutto, avrebbe potuto aspirare a molto di più che pulire i tavoli; e poi, non vedeva più di buon occhio quel mestiere dopo l’“incidente” che era accaduto una vita prima a quella che sarebbe divenuta sua moglie, all’epoca cameriera a sua volta –, aveva compreso che lei si fidasse di loro. E poi, da quel che ne sapeva, Anya non aveva molti amici al di fuori del lavoro. Era probabile che lei e Liz si fossero rifugiate a casa di una di loro.
Ma così non era stato: né Doris né Juliet avevano saputo dargli notizie in merito, anzi, sostenevano di non aver più visto Anya dal giorno in cui aveva scoperto del Regno delle Favole; Doris aveva anche aggiunto che Bowen, il loro capo, era imbestialito e che avrebbe fatto meglio a presentarsi al lavoro, se non voleva essere cacciata via a calci.
A quel punto, Hadleigh aveva iniziato a preoccuparsi, ed era andato tutti i giorni, mattina e pomeriggio, di fronte alla scuola di Elizabeth nella speranza di vederla entrare o uscire, ma non l’aveva trovata. Con l’ennesima telefonata alla preside dell’istituto, aveva scoperto che la signorina Hadleigh era già al secondo giorno di assenza ingiustificata.
Hadleigh poteva dire tutto delle sue figlie, ma non che Anya fosse il tipo da saltare il lavoro e rischiare il posto per una banale arrabbiatura, o che Elizabeth marinasse regolarmente la scuola.
Doveva essere successo qualcosa.
- Ancora niente?
La voce di Jones ruppe il silenzio; Hadleigh scosse il capo, senza voltarsi a guardarlo. Il suo collega non disse nulla, abbassando lo sguardo.
- Forse non è il caso di allarmarsi…- provò a dire dopo qualche istante.- Erano arrabbiate, magari avevano solo bisogno di sbollire…sono due ragazze, Rick…alla loro età, io andavo a scuola un giorno sì e quattro no…
Questo spiegherebbe un bel po’ di cose, pensò il capitano, con cattiveria, ma si morse la lingua. Aveva ben altri problemi che mettersi a litigare con Jones. E poi, il suo collega stava solo cercando di aiutarlo. Sospirò, scuotendo nuovamente il capo.
- No, non è da loro. Elizabeth non ha mai saltato la scuola, e Anya sa che rischia di venire licenziata…
- Forse sono a casa di un’amica…- propose Jones.- Non esistono solo le colleghe di lavoro…Anya deve pur avere qualche amico al di fuori di quelle due…come si chiamano?
- No, Anya va al lavoro e poi torna subito a casa. Non è mai stata il tipo da discoteche o roba simile…
- Un ragazzo, magari?
- Non che io sappia.
- Ed Elizabeth? Lei ha sedici anni, va a scuola, avrà delle amiche. Tutte le ragazze della sua età hanno un’amica del cuore…Ti ha mai detto niente in proposito?
- No…- Hadleigh si morse il labbro inferiore, rifiutandosi di guardare Jones. Il suo collega stava cercando di aiutarlo, è vero, ma il suo aiuto in quel momento stava avendo lo stesso effetto di una raffica di mitra contro un’ambulanza. La verità era che Hadleigh non sapeva se Elizabeth avesse un’amica del cuore, né se Anya fosse innamorata di un ragazzo…
Si maledisse; quale padre non avrebbe saputo queste cose? E il peggio era che se ne rendeva conto solo ora, quando più ne aveva bisogno, quando quelle informazioni avrebbero potuto aiutarlo a trovare le sue figlie.
- Delle compagne di classe…o forse anche lei è invaghita di qualche ragazzino…
Ma forse neanche quelle cose sarebbero potute tornargli utili; la verità era un’altra, e il capitano lo sapeva…ed era una verità agghiacciante, terribile, di quelle che ti facevano correre un brivido lungo la colonna vertebrale e stringere il cuore in una morsa.
- Oppure…
- Jones!- sbottò Hadleigh, voltandosi a guardarlo; Jones si zittì.
Il capitano sospirò per l’ennesima volta, passandosi una mano sulla fronte.
- Jones, io credo che…- esitò; aveva paura perfino a pronunciare quelle parole.- Io…ho paura che Anya e Liz non siano mai arrivate a casa.
Jones sbatté le palpebre, stralunato, quindi scosse il capo come per riprendersi da una botta dolorosa.
- Intendi…- soffiò.- Intendi dire…credi che siano…credi che siano ancora laggiù?
Hadleigh annuì, sentendo di avere la pelle d’oca sulle braccia. Jones si alzò dalla propria scrivania, andandogli incontro.
- Non è possibile…- mormorò.
- E invece ho paura che lo sia - ribatté il capitano, appoggiandosi al bordo della propria scrivania per sostenersi. In fondo al suo cuore c’era ancora un debole barlume di speranza che Jones avesse ragione e le sue figlie fossero soltanto arrabbiate, ma questo si affievoliva ogni secondo che passava.
- Non sono mai tornate. Sono ancora in quel posto. Devo andare a riprenderle.
Jones scosse con vigore il capo, afferrando Hadleigh per una spalla.
- No! Senti, Rick, io capisco le tue ragioni, ma tu non puoi…
- Tu non capisci niente!- ringhiò il capitano, divincolandosi dalla presa.- Tu vivi ancora con tua madre! Non hai dei figli, non sai che significa, non puoi…
Jones aggrottò le sopracciglia, quindi lo afferrò per le braccia, costringendolo a guardarlo negli occhi.
- No, è vero, non ho figli e non posso capire - sibilò.- Ma posso comunque immaginare come ti senta tu in questo momento. Rick, lo so che tu mi consideri solo un grassone che non ha mai combinato niente nella vita e a trent’anni è qui ad ammuffire, ma adesso ascoltami!
Hadleigh si liberò dalla presa, arretrando di un passo.
- Senti, Rick…tu adesso hai il sangue alla testa, sei preoccupato e non ragioni - proseguì Jones.- So che sei in ansia, ma adesso devi cercare di essere lucido. Non sai se Anya ed Elizabeth sono ancora nel Regno delle Favole o no. Mancano da casa solo da due giorni, e non abbiamo ancora considerato tutte le possibilità…
- Non capisci! Io lo sento…- Hadleigh lo guardò con un misto di rabbia e disperazione.- Non sarò un granché come padre, ne sono consapevole, ma lo capisco quando c’è qualcosa che non va…sempre…
Sempre, si ripeté mentalmente. Sempre…o quasi.
 
- Jones? Ma dove diavolo sei?! Senti, non…no, ascolta…non m’interessa se l’ufficio rimane vuoto, tanto cosa vuoi che succeda?! Ho bisogno di te…Sbrigati!...No, io non…ascolta, ho bisogno che stai con le bambine per un paio d’ore…è successa una cosa…no…no…sì, lei ha…senti, giuro che domani ti spiego tutto, ma adesso vieni qui, alla svelta!
La cornetta del telefono finisce scaraventata dall’altra parte della stanza, quindi Hadleigh si volta e incrocia di nuovo gli occhi arrossati e carichi di pianto di sua moglie. Le corre incontro, afferra un altro asciugamano e glielo avvolge intorno al braccio. Subito il bianco si tinge di rosso.
- Ecco, tienilo stretto…
- Mi dispiace…
La voce di Christine è un pigolio. Richard alza lo sguardo sul suo volto, sicuro che non vedrà nulla della donna che ha sposato sette anni prima. Christine è pallida, smagrita, gli occhi sono cerchiati dalle lacrime continue.
- Mi dispiace…mi dispiace tanto…
A pochi passi da lei giace abbandonato il coltello che ha usato per tagliarsi le vene del braccio.
- Scusami, Rick…
E’ da più di un anno che va avanti così, ma da tre mesi è peggiorata. Ora sembra che le piaccia farsi del male. Prima erano tagli piccoli, sulle gambe e le braccia, ma adesso ha davvero provato a suicidarsi.
La colpa è sua, e lo sa. Non dovrebbe far finta di niente. Non dovrebbe fingere di non aver tradito il segreto, non dovrebbe fingere che vada tutto bene, fingere che Christine non sia sempre triste e apatica, e che quando non è triste e apatica piange e si fa del male, e che quando non piange e non si fa del male è arrabbiata e gli urla contro oppure si sfoga sulle bambine; non dovrebbe fingere di non vedere che Liz ha improvvisamente perso il vizio di rispondere “no” a tutto ciò che le si chiede e si affretta a ubbidire e si ritrae spaventata quando c’è la madre nei paraggi, e che Anya ha smesso di sorridere e ha preso a chiudere la porta della sua stanza quando gioca o è ora di andare a letto.
E anche adesso non dovrebbe fingere che non sia successo nulla e abbracciare sua moglie dicendole che non è successo nulla, che va tutto bene, quando nientenon va più bene da tempo, ormai.
Ma non sa che altro fare.
- Non importa, non è niente, ora aspettiamo che arrivi Jones e ti porto in ospedale…
- In ospedale?!
Lo sguardo di Christine è un abisso di paura a quell’esclamazione, e pare quasi che voglia scappare da lui come se avesse in mano una falce e una clessidra.
- Perché? Perché mi vuoi portare in ospedale?
- Per…perché lì possono medicarti…
Richard sa cosa sua moglie sta pensando, perché – e se ne vergogna, se ne vergogna profondamente – in segreto ci ha pensato anche lui. E ora si chiede se non sia davvero meglio così.
- Io non sono pazza!- Christine scoppia a piangere, e la sua espressione implorante è quanto di più straziante il suo cuore possa sopportare.- Perché credi che io sia pazza? Perché vuoi farmi rinchiudere?
- Tu non sei pazza, io non voglio assolutamente…
- Non farmi rinchiudere!- le lacrime le rigano il viso mentre il sangue imbratta l’asciugamano.- Non lo faccio più…Per favore, Rick…
Sospira; ultimamente sembra che non sappia fare altro.
- Per favore…non lo faccio più…farò la brava…farò la brava…non lo faccio più, te lo prometto…
E ancora una volta, le crede. Non è la prima volta che lei gli fa questa promessa, eppure lui ci ricasca sempre. Non vuole farla rinchiudere in un ospedale psichiatrico, e anche se volesse non potrebbe mai farlo, perché Christine è pur sempre sua moglie, ha promesso che le sarebbe stato accanto nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non li separi, e poi lui la ama, lei è la madre delle sue bambine, e nonostante tutto ancora gli piace illudersiche le cose miglioreranno, presto, molto presto.
- Mamma? Papà, che cosa succede? Cos’ha la mamma?
Si voltano entrambi.
Elizabeth è sulla soglia della cucina, i grandi occhi scuri che ha ereditato da lui puntati contro di loro.
Ha visto tutto.
 
- Se è così, allora non ci resta che pregare!- sbotta Jones.- Sai cosa succede a chi entra là dentro…ricorda cos’è successo a Fraser e alla sua famiglia…
Hadleigh si bloccò, ritornando con la mente a dodici anni prima: il capitano Fraser era stato il suo predecessore, nonché il suo mentore e colui che lo aveva introdotto in quel dipartimento e allo strambo mondo di cui si occupava.
Richard Hadleigh aveva perso entrambi i genitori quando aveva quindici anni, e Fraser era stato una sorta di figura paterna, per lui. Avevano lavorato insieme prima all’esterno e poi all’interno del Dipartimento Favole…finché un giorno, così di botto, Fraser era scomparso nel nulla. E con lui tutta la sua famiglia. Non avevano mai ritrovato i corpi.
Alla fine, era rimasto vittima di ciò che gli aveva sempre insegnato. Il Regno delle Favole era un posto meraviglioso, per certi versi, dove tutto sembrava perfetto, dove chiunque, se si comportava bene e aveva un pizzico di fortuna, aveva il suo lieto fine e viveva per sempre felice e contento.
Ma bisognava stare attenti, gli ripeteva sempre all’inizio della sua carriera, perché nascondeva molte più insidie di quanto non sembrasse.
Se non ci si muoveva con estrema cautela, tutta quella perfezione e quel tanto bramato lieto fine finivano per conquistarti…e alla fine, il Regno delle Favole ti inghiottiva.
- E’ per questo che non dobbiamo mai parlarne con nessuno - gli aveva detto un giorno.- Credimi, Richard, mi pesa non poco nascondere la verità a mia moglie e ai miei bambini, ma in fondo è per il loro bene che lo faccio…
- Lei ha figli, capitano?
Fraser aveva riso con fare bonario, ma il suo sguardo era carico di tenerezza.
- Sì, un ragazzino di tredici anni e una bambina di otto. E’ per lei che sono preoccupato. Sai, il grande sta entrando in un’età a cui non credi più alle favole, ma la piccola non parla d’altro se non di principi e principesse. Se le raccontassi la verità, molto probabilmente scapperebbe di casa…- aveva il suono di una battuta, ma Fraser era più serio che mai.- E’ per questo che dobbiamo impegnarci a mantenere il segreto. E’ dura mentire alle persone che ami, ma è per loro che lo fai. Vedi, Richard, il Regno delle Favole è insidioso. Ti fa credere che potrai avere il tuo lieto fine, e così tu ti lasci trascinare…divieni parte di quel mondo, un mondo che non ti appartiene e in cui non potrai mai essere accettato…e finisci per passare dalla parte più oscura delle fiabe. A quel punto, sai che non avrai mai un lieto fine.
Una settimana dopo, Fraser, sua moglie e i suoi figli erano scomparsi.
Le voci che giravano in merito a questo fatto erano parecchie: chi diceva che Fraser si era indebitato con il gioco d’azzardo clandestino, chi sosteneva fosse un poliziotto corrotto, che il figlio maggiore fosse un teppista e se ne fossero andati per scampargli il riformatorio, che la bambina fosse malata, che la moglie avesse un amante e volessero salvare il matrimonio…
E chi, all’interno del Dipartimento, sussurrava che le favole li avessero portati via.
- E’ proprio per questo che devo andare a cercarle!- sbottò Hadleigh, chiedendosi perché mai stesse ancora lì a discutere e non se ne fosse ancora andato.- Se davvero sono ancora in quel maledetto luogo, allora non sono al sicuro! Ricordi cos’è successo a Cappuccetto Rosso e alla nonna? C’è qualcosa che non va, Jones, c’è un assassino a piede libero…non voglio che le mie figlie…
- E non pensi a te?- insistette Jones.- Ricordi cos’ha detto Fraser a tutti e due? Dio solo sa cosa potrebbe capitarti, là dentro…Potresti impazzire…ricordati di tua moglie…
Hadleigh s’irrigidì di colpo, arretrando con furia quasi Jones lo avesse appena schiaffeggiato.
- Non permetterti di parlare di lei!- ringhiò.
- Perché? Sindrome di Stoccolma, forse? Oppure è una cosa alla Bonnie e Clyde?- lo beffeggiò Jones.
Richard scattò in avanti, afferrandolo per il bavero della camicia; Jones non si oppose, rimanendo impassibile.
- Tu non sai niente…!- sibilò il capitano.
- So quello che mi raccontasti tu dodici anni fa. Ed è abbastanza!- Jones si liberò dalla presa con furia, ma sostenne lo sguardo del collega.- E’ successo dopo che tu hai tradito il segreto, vero? Dopo che le hai mostrato il Regno delle Favole.
Hadleigh scosse il capo con forza.
- No! No, Christine stava male già prima…
- Ma l’averle detto la verità ha dato la botta decisiva, dico bene?
- Soffriva di depressione, le cose sarebbero comunque…
- Soffriva di depressione?!- ripeté Jones, guardandolo con incredulità.- Soffriva di depressione, dici? Richard, tua moglie non era depressa…era pazza!
Hadleigh non rispose; si sentiva come se l’avessero pugnalato, come se si fosse beccato una pallottola dritta nel cuore.
- Era pazza, Rick…- soffiò Jones.
- No, lei non era…
- Rick, so che è dura da ammettere, ma credimi: quando uno è depresso piange in continuazione, non mangia, è apatico, non si cura di niente e nessuno, si fa del male e magari cerca anche di suicidarsi…ma quando sei depresso non cerchi di uccidere i tuoi figli!
Il capitano ansimò; sentiva la fronte madida di sudore e il cuore che batteva furiosamente nel petto. Sentiva il suo stesso sangue rimbombargli nelle orecchie.
Jones aveva volontariamente gettato sale su ferite mai del tutto rimarginate.
Christine era scomparsa da dodici anni, ormai; così, proprio come il capitano Fraser e la sua famiglia.
Sparita nel nulla.
Scomparsa proprio lo stesso giorno in cui aveva tentato di…
Hadleigh scosse il capo, mentre ricordi e pensieri dolorosi tornavano ad affollargli la mente. Non aveva idea di dove fosse Christine, né se fosse viva o morta. Supponeva di sì, che fosse morta. Le ricerche di sua moglie erano durate settimane, ma il suo corpo non era mai stato ritrovato. Probabilmente doveva essersi suicidata, gettandosi in mare, magari.
Ma se era viva…dove si trovava in quel momento? Con un altro uomo, magari? No, impossibile. Christine non era nelle condizioni di rifarsi una vita, non in quello stato.
L’ultimo ricordo che aveva di lei erano i suoi passi che rimbombavano lungo la scala antincendio del palazzo in cui vivevano. Non l’aveva inseguita, troppo impegnato a cercare di rianimare Anya e sciogliere Elizabeth da quelle corde dopo che il cuore della maggiore aveva ripreso a battere.
Le ricerche si erano protratte per settimane, durante le quali Hadleigh si era sentito addosso gli sguardi di scherno e falsa pietà dei suoi colleghi, quando più volte si era preso il capo fra le mani nell’incapacità di spiegare alle sue figlie perché la loro madre avesse fatto quel gesto orribile, ogni volta incrociando Christine che gli sorrideva dalla fotografia distribuita a tutte le volanti.
Hadleigh in quei momenti non sapeva nemmeno se voleva o no che sua moglie venisse ritrovata. Negli anni a venire, si era domandato più volte se fosse ancora innamorato di lei.
Come si poteva amare una donna del genere, dopo ciò che aveva fatto?
- Non m’interessa - dichiarò ad alta voce. - Mia moglie non c’entra nulla, in questa storia. Sono le mie figlie, Jones, e si trovano in quel posto tremendo. Devo andare da loro, prima che le trovi qualcun altro…
Jones esitò per un istante, quindi lo guardò negli occhi.
- Va bene - concesse.- Ma se credi che ti lascerò andare da solo, ti sbagli di grosso. Io vengo con te.
- E io invece dico che nessuno di voi due andrà da nessuna parte!
Hadleigh sobbalzò, vedendo nel contempo Jones sgranare gli occhi; sentì qualcosa premere contro la sua schiena, proprio in mezzo alle scapole – qualcosa che identificò come la canna di una pistola.
- Alzi le mani, capitano! Agente Jones, un solo passo e sparo al suo collega!
Jones rimase immobile, respirando appena; Hadleigh alzò lentamente le mani, riconoscendo la voce alle sue spalle come quella del procuratore Crawford.
 

***

 
Il suono delle onde del mare si confondeva al rumore delle vele che venivano spiegate e alla corsa degli uomini incitati da un grido di lavoro. Il vento soffiava nella direzione giusta, forte e impetuoso, e la Jolly Roger navigava velocemente sullo specchio d’acqua.
Un cannocchiale avvistò la terraferma in lontananza ancor prima che la vedetta sull’albero maestro ne annunciasse la presenza.
- Capitano! Terra in vista!
Il capitano sorrise compiaciuto, riponendo il cannocchiale. Fece cenno al timoniere di scostarsi, quindi prese egli stesso il timone.
- Spiegate quelle vele! Più veloci!- gridò.
Gli uomini si affrettarono a ubbidire; il capitano fece un altro sorriso compiaciuto, mentre il suo uncino d’argento risplendeva al sole.
 
 
 
 
Angolo Autrice: Sono consapevole di tre cose, riguardo a questo capitolo:
a)      è palesemente di passaggio;
b)      avevo promesso Anya e PM, ma non ho mantenuto la mia promessa;
c)      probabilmente l’avrete trovato palloso e vi starete odiando a morte, oltre che maledicendomi;
…tutto ciò che posso dire è: PERDONO!!!!!
Spero vorrete ancora seguire questa storia e che non ve la siate presa troppo a male, ma questo capitolo andava fatto per esigenze narrative, capirete il perché. Dunque, da quanto ho capito so che la coppia Anya/Primo Ministro è parecchio gettonata e Anya sta nella top 10 dei personaggi preferiti in questa storia (e non sapete quanto questo mi lusinga!) e mi dispiace di non averli inseriti, ma il prossimo capitolo sarà quasi interamente dedicato a loro. Faccio dei piccoli spoiler riguardo al seguito, chi non vuole brutte o belle sorprese (o semplicemente chi non vuole sorprese di ogni genere) non legga!
Dunque, nel prossimo capitolo Anya e il PM inizieranno ad avvicinarsi, anche se prima che sbocci l’amore ce ne vorrà…Quanto agli altri personaggi, anche Elizabeth, Cenerentola, il Cacciatore, Jones (sì, avete capito bene) e Tremotino (sì, avete capito bene anche stavolta :P) saranno coinvolti in qualche love story…a voi indovinare i pairings XD!
Passando al capitolo: abbiamo capito che Tremotino nasconde un passato, ma chi è questa Mary-Anne? Cos’ha in mente per Elizabeth e chi è la vecchia amica di cui parla? Che intenzioni ha Grendel, il quale è palesemente inferocito? E ancora, si sa qualcosa di più riguardo al Primo Ministro, che a quanto pare non è sempre stato dalla parte della Regina, e alla moglie di Hadleigh…ma che fine ha fatto? E cos’ha fatto ad Anya e Liz? Cosa l’ha spinta a quel gesto? E dove sono finiti Fraser e la sua famiglia?
Ora si sa chi è la spia nel Dipartimento Favole (e complimenti a tutti quelli che hanno indovinato :), ma perché Crawford si è schierato dalla parte della Regina Cattiva?
E abbiamo una new entry…credo che abbiate compreso chi è ;). Che combinerà?
Per scoprirlo, non vi resta che sopportare ancora un po’ la mia petulante presenza.
Comunicazione di servizio: questa storia d’ora in avanti sarà aggiornata una volta a settimana (due se sarò impegnata). Ringrazio 1252154, NevilleLuna, cleme_b, Princess Vanilla e LadyAndromeda per aver recensito.
Ciao, un bacio,
Dora93

  
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