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Autore: Rallienbow_    18/05/2013    0 recensioni
Un demone che trasgredisce le regole degli Inferi, viene punito e spedito sul mondo degli umani, dove sarà costretto a vivere per sei lunghi mesi a stretto contatto con una vampira, la quale dovrà insegnargli le buone maniere e riportarlo negli Inferi solamente quando sarà adatto per ereditare ciò che il padre ha intenzione di lasciargli.
E in sei mesi, beh, possono succederne di tutti i colori..
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nei campi di lavoro forzato situati nella Russia siberiana orma gli unici esseri che vi si stabilivano erano i fantasmi di coloro che vi erano stati rinchiusi durante la seconda guerra mondiale, se non si teneva conto di alcune pantegane coraggiose che affrontavano il gelo siberiano.
Proprio una di queste creature aveva deciso di uscire dalla propria tana per andare alla ricerca di cibo, durante quei primi giorni di settembre, nei quali il clima era meno rigido confronto il solito; la pantegana stava girovagando per un grande campo abbandonato, si guardava intorno con fare un po' preoccupato e cercava di rimanere prudente, senza esporsi troppo alla luce che entrava dalle finestre, per evitare che un qualche uccello entrasse e la facesse diventare il suo pranzo. Con questa tecnica di prudenza e circospezione, riuscì finalmente a trovare un fagotto di stoffa spessa e scura che, dopo essersi avvicinato ad esso ed aver scostato appena un lembo, scoprì contenere del pane fresco; subito però la piccola creaturina dovette mettersi in fuga perché il proprietario del fagotto era comparso all'improvviso dal nulla-- la pantegana avrebbe scommesso che non c'era nessuno vicino a lui, poco prima. Due occhi rossi brillavano nell'oscurità del tardo pomeriggio siberiano; i capelli neri del giovane erano sparati verso l'alto ma sembravano morbidi, non contaminati da sostanze come gel o lacca, e si potevano notare alcune ciocche verdi, che rappresentavano il colore naturale ma che il ragazzo aveva cercato di coprire per passare inosservato fra la gente normale-- anche se i suoi sforzi erano stati del tutto vani, dato che la sua grande bellezza e i suoi occhi magnetici rossi come rubini -o come il sangue- rendevano impossibile non notarlo.
Si chinò a terra per raccogliere il fagotto di seta nel quale il pane fresco era stato conservato con cura durante tutto il viaggio. All'improvviso un'aquila entrò da una delle finestre rotte e si appoggiò con eleganza sulla spalla del misterioso ragazzo.
Attaccata alla zampa del maestoso volatile c'era una lettera spiegazzata e leggermente coperta di neve, ma il contenuto era ancora perfettamente leggibile. Una volta memorizzato il messaggio, il giovane con un movimento fulmineo e impossibile da percepire per l'occhio umano, afferrò la povera pantegana che stava facendo ritorno alla sua tana e conficcò i canini bianchissimi e affilati nella carne dell'animale, prosciugandolo in pochi secondi fino all'ultima goccia di sangue che aveva in circolo; poi gettò la carcassa per terra e si pulì con il dorso della mano l'angolo delle labbra perfette, che in quel momento erano tirate in un leggero sorriso.
L'aquila guardò con disappunto il gesto del ragazzo, come a dire che lei non avrebbe toccato quel piccolo corpicino.
"So bene che questo per te è un pasto misero e poco raffinato, Nihal, ma dovrai accontentarti e abituartici, almeno finché rimarremo qui. Hai deciso di tu di venir qui, non puoi tornare indietro e lo sai."
Nihal, a quelle parole, gli lanciò un'occhiataccia, per poi scendere a terra e, dopo aver osservato con attenzione il corpicino svuotato dal sangue della pantegana, se ne cibò con velocità.
Il ragazzo prese la balestra e se la issò sula una spalla, nascose il cibo umano all'interno del mantello e diede un'occhiata veloce alla catapecchia; gli faceva veramente ribrezzo quel luogo. Lui era abituato al lusso, allo sfarzo, ad essere viziato e coccolato, con tanti servitori e lacchè al suo seguito pronti a esaudire anche il più piccolo dei suoi capricci, alle ragazze con le quali poteva divertirsi e nutrirsi; ricordava molto bene il sapore dolce del sangue ancora caldo che sgorgava nelle sue labbra e poi nella sua gola, sfiorando le curve perfette del loro corpo-- e invece era obbligato a rimanere chiuso lì, in quel posto che suscitava in lui un moto di nausea. 
Ma c'era qualcosa che gli procurava una lunga scia di brividi di uno strano e febbrile piacere, che gli scuoteva la schiena, nel restare lontano da qualsiasi mondo esistente e organizzare: tanti inutili e disgustosi esseri nelle sue mani che poteva muovere a suo esclusivo piacimento, come le pedine di una partita a dama; decideva chi e come formava la dama e chi poteva essere tranquillamente sacrificato, chi avrebbe sfruttato e portato con sé per arrivare al suo obbiettivo finale e chi invece sarebbe miseramente caduto per la strada annusando solamente l'odore della gloria e della vittoria.
Se lui decideva di permettere ai propri nemici di credere di aver creato una breccia nelle sue difese lo faceva solamente perché poi li avrebbe pugnalati alle spalle e avrebbe mangiato una ad una le pedine dei malcapitati avversari -che poi così malcapitati non erano, dato che sapeva perfettamente chi aveva contro-, seminando panico, paura, terrore nei loro animi, mettendoli gli uni contro gli altri e portandoli all'odio reciproco e assistendo divertito alla loro disfatta.
Un ghigno divertito era andato disegnandosi sul viso del ragazzo prima di compiere un movimento quasi lento, girando il volto sopra la spalla e osservando il ragazzino dall'aria minuta che si stava avvicinando a lui. Quando egli si accorse che il vampiro aveva inevitabilmente notato la sua presenza si fermò di scatto, unendo le gambe e lasciando cadere il braccio destro lungo il fianco mentre quello sinistro si piegava a novanta gradi posizionandosi sopra lo stomaco, come a reggere un qualcosa tipo un mantello, e la mano si stringeva in un pugno, mentre lo sguardo si abbassava in segno di rispetto.
"Axel."
Gli occhi verdi del ragazzino si alzarono sentendo pronunciare il nome e incontrarono quelli rossi del vampiro, in netto contrasto cromatico, e si fissarono per un istante che sembrò infinito.
"Grazie per aver indicato e accompagnato Nihal da me, mi piace particolarmente la sua compagnia e credo che mi sarà parecchio utile." L'aquila si era nuovamente posata sulla spalla del vampiro, il quale in quel momento gli stava accarezzando la nuca bianca con delicatezza. 
La sua voce era profonda e forte, ma molto elegante e vellutata; se la si ascoltava con attenzione, sotto il timbro giovanile e brillante si poteva scorgere l'esperienza secolare che si portava dietro, la pelle gelida appena rosata per via del sangue ingerito ma che presto sarebbe tornata diafana e rigida, come il marmo di un pavimento signorile, perfetto e antico. A differenza degli occhi umani quelli del vampiro senza nome, nonostante si potessero comunque osservare le emozioni che lo invadevano, erano come vetro, esattamente come i rubini rossi appena puliti dalla terra che li nascondeva dalla vista umana.
Il ragazzino che invece era ancora fermo davanti al vampiro era un umano, senza ombra di dubbio, ma in quel frangente non poteva essere descritto al meglio per via della sua postura rigida e quasi militare che portava al cospetto di un suo superiore; quello che si poteva notare perfettamente all'interno dei suoi grandi occhi verdi e brillanti però, era che quello che stava facendo e il luogo nel quale si trovava erano proprio le ultime cose che desiderava fare, e ciò che stava compiendo lo disgustava esattamente quanto lo disgustava la creatura che aveva di fronte; mai l'aveva detto ad alta voce, ma sapeva che loro riuscivano a percepire anche i più piccoli cambiamenti fisici all'interno del corpo umano e da quello potevano intuire le loro sensazioni, anche se non perfettamente-- quello era un privilegio che era riservato solamente ai vampiri con capacità empatiche.
"Maestro, avete altre richieste che posso avere il piacere di esaudire?"
Il tono del giovane Axel, al quale si potevano attribuire circa vent'anni, era formale e impeccabile quanto distaccato: il chiaro segno che non voleva avere nessun legame con egli, che non voleva avere niente a che fare con quella storia ripugnante. Sul viso del vampiro era ancora ben fermo quel ghigno sinistro, dal quale si poteva notare solamente un millesimo della cattiveria e della perfidia che aveva in corpo.
"No, Axel, vattene. Se mai avrò bisogno di qualcuno, di sicuro non farò il tuo nome. Credo che tu sia più portato nei compiti più sottili e delicati, perciò torna pure nella tua dimora a scrivere delle imprese della mia cara sorellina. Sei una spia, non un servitore. Quindi va' e fammi sapere quali sono i suoi.. Piani, per così dire. Le è capitata una bella rogna fra le mani, eh?"
Dietro lo sguardo del ragazzo ci fu un lampo brillante; fece un profondo, rigido e rigoroso inchino, girò sui tacchi e si avviò verso l'uscita del capanno, apparendo tranquillo e sciolto-- ormai a furia di lavorare insieme a quel vampiro aveva imparato, almeno un po', a nascondere le sue emozioni e a controllare i muscoli del proprio corpo, non doveva far trapelare assolutamente nulla, solo quello che voleva lui.
Il ghigno sul volto del vampiro si allargò ancora, sempre con quella specie di malizia, il tipico sorriso beffardo di uno studente dell'ultimo anno che sta progettando lo scherzo del secolo; solo che il suo era carico di cattiveria.
"Nihal, non preoccuparti: non mi fido di lui. Ma non per questo mi priverò dei suoi servigi. Per quanto la mia persona lo disgusti, la mia cara sorellina è anche peggio di me."
L'aquila emise un verso stridulo e volò fuori dalla stessa finestra rotta dalla quale era entrata prima, spiegando le ali lunghe e colorate di un marrone tenue come quello della terra appena smossa dalla zappa di un contadino dalle mani esperte, il collo e la nuca di quel bianco immacolato come un manto di neve incontaminato dalla presenza dell’uomo.
 
  
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