Capitolo IV

A friend is someone who knows
all about you and still loves you.

Louis era sulla porta della palestra, guardava Mitchie giocare a pallavolo con le sue amiche. Lei si divertiva e continuava quello sport solo per le amiche, l'allenatrice le trattava male, anche quando loro mettevano l'anima in una partita, e per Mitchie, non riuscire in qualcosa anche dando l'anima non era concepibile. Lei era sempre stata molto avvantaggiata rispetto agli altri; bastava una letta alle pagine da 'studiare' e lei poteva già prendersi almeno la sufficienza. Quando in una partita l'allenatrice l'aveva cambiata e le aveva detto che non si era impegnata, quando in realtà era successo esattamente il contrario, le era venuta voglia di prendere la porta e scappare, ma, quella volta si era sfogata a casa, piangendo per più di mezz'ora. Da quell'esperienza c'era sempre stato odio reciproco tra lei e la 'coach'.
Mitchie aveva una corazza, una maschera, voleva sembrare forte, ma non lo era.
Solo nello sport toglieva per un momento quel guscio, d'altronde è pesante da portare, ogni tanto bisogna riposarsi.
E lei, l'unica che l'aveva ferita proprio mentre l'aveva posato, era la sua unica paura.

Louis guardava la partita finale dell'allenamento scrutando ogni singola mossa, sia della squadra dell'amica, sia di quella avversaria. A lui piaceva la pallavolo, ma era completamente negato, preferiva guardarla a distanza debita.
La partita si concluse e la squadra della castana ebbe la meglio su quella dalla parte opposta della rete. Le ragazze si chiusero nello spogliatoio per cambiarsi, mentre Louis si era appoggiato al termosifone blu elettrico, quando entrò un ragazzo.

«Ciao Lou!»
«Hey, ciao Liam! Cosa ci fai qui?»
«Sono venuto a prendere mia sorella. Tu invece? Che donzella accompagni a casa?»
«Una mia amica, non la conosci, si chiama Mitchie.»

In quel momento, la ragazza, stava uscendo dallo spogliatoio parlando con un'amica e, non prestando attenzione, diede due colpetti sulla spalla di Liam, scambiandolo per Louis.
Il biondo si girò verso di lei, facendola rendere conto della figuraccia che aveva appena fatto.

«Oh, scusa, non vol...»

Non fece in tempo a finire la frase che ebbe un deja-vù, si ricordava di quel ragazzo. Improvvisamente le venne in mente il sogno.

«Ehi, ma tu sei quello dello Starbucks!»

Hey amigos!
In questo capitolo mi rispecchio moltissimo, anzi direi proprio che per scrivere la storia ho utilizzato un episodio che mi è successo sul serio.
La storia dell'allenatrice e bla bla bla, mi è successa seriamente qualche mese fa, e ho pianto anch'io a casa, ma niente di grave.
Mi ero seriamente intristita, perchè io in quella partita avevo messo tutto quello che potevo e lei non se n'è resa conto.
Comunque SCUSATE per il ritardo, l'ho scritto oggi di fretta, non volevo andare su twitter a vedere i commenti sul concerto che ci sarà stasera, mi sento una merda, per fare un eufemismo.

- xlovethem