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Autore: _Lightning_    19/05/2013    4 recensioni
Gli errori, le debolezze, il tuo stupido orgoglio.
Quelli sono colpa tua, lo saranno sempre.
Davanti a te si staglia il tuo terrore più grande, minacciosamente invitante.
Quando potrai guardare il cielo di New York e vedere solo un azzurro terso?

Pensieri, riflessioni, dubbi e decisioni di Tony dietro il volto di Iron Man.
[Da Iron Man ad Avengers: Endgame // PoV Tony // Missing Moments]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Thanos, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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8. Interludio

 
"And either way you turn
I'll be there
Open up your skull
I'll be there
Climbing up the walls"
[Climbing Up The Walls – Radiohead]
 

Tony era sprofondato nel divano, con la testa china e le mani incrociate davanti a sé che reggevano un bicchiere di whiskey. Il liquore ambrato catturava la luce azzurra del Reattore, acquistando una sfumatura fredda e innaturale. Di tanto in tanto l'uomo sollevava lo sguardo verso l'immensa vetrata affacciata sul mare, non traendone evidentemente alcun conforto e lasciando così ricadere il capo in un gesto rassegnato.

Erano passate dodici ore.

 
Eppure era ancora corroso dal dubbio e dall'incertezza, dai ricordi e dal vuoto che tentava in continuazione di sopraffarlo. Un lampo davanti a i suoi occhi e vide di nuovo il nero del portale vorticante che squarciava il cielo e sentì di nuovo freddo, così tanto che si ritrovò a tremare e si costrinse a mandar giù un altro sorso d'alcool. Il liquido parve rimanere sospeso tra la bocca e lo stomaco, dove rimase a bruciare, ma non lo riscaldò.
 
Poche ore prima era ancora a New York, in una città ferita e devestata che stentava a prendere atto di ciò che era accaduto, attorniato da migliaia di persone e domande e con l'adrenalina che gli impediva di rilassarsi nonostante il pericolo fosse passato. Aveva la testa piena, straripante di pensieri, freneticamente concentrata sul presente e smaniosa di rimanerlo; per lungo tempo non si era sentito così vivo, ma una parte di sé era terribilmente cosciente che quella non era una vittoria, ma una rassegnata accettazione di ciò che si era perso. Perché avevano perso, tutti quanti. Nonostante ci si ostinasse a nasconderlo, dietro festeggiamenti, congratulazioni ed onorificenze si nascondevano altrettanti lutti, dolori e perdite.
 
Aveva salvato la città, certo. Ma adesso chi avrebbe salvato lui?
 
Era come se fosse stato in carica fino ad allora e all'improvviso qualcuno avesse staccato la spina, lasciandolo esaurire a poco a poco. Tamburellò sul Reattore, quasi sorridendo alla diabolica ironia di quel paragone. Troppe volte aveva avuto conferma di quanto in realtà fosse vulnerabile. Bastava togliergli le batterie come a uno di quei robottini con cui giocava da bambino e aspettare che gli ultimi residui di energia si esaurissero, lasciandolo infine inerte. Nel portale aveva avuto l'ennesima prova di non essere affatto invincibile. Non era altro che un uomo che si era costruito un'immagine più grande di lui nella speranza di non essere mai visto.
 
Si prese la testa tra le mani, sentendola pulsare dolorosamente mentre visioni spezzate e frammentarie balenavano davanti ai suoi occhi. Il nero. Una galassia in lontananza. Un lampo accecante. Serrò gli occhi pregando che quella successione frenetica di immagini si arrestasse, ma non poté fare altro lasciarle scorrere, sempre più numerose e caotiche. Ebbe la sensazione che il suo cervello stesse per implodere.
 
Chi era lui realmente? 
 
"Tony Stark" e "Iron Man" collidevano in modo stridente e non riusciva a capire se si fosse schierato da una delle due parti o se fosse piuttosto intrappolato nel mezzo, schiacciato dalla mole di quelle due figure da cui sentiva di non essere rappresentato né protetto.

Si alzò di scatto, col respiro che accelerava diventando affannoso e incontrollato. Inspirò a fondo, tremando e trattenendo il prepotente istinto di mettersi a urlare. Più pensava, più voleva smettere di farlo, e più allo stesso tempo continuava, spinto verso una consapevolezza che non aveva mai voluto accettare. Nessuno sentiva mai il bisogno di vedere lui. Loro volevano solo il playboy miliardario, prima, e il potente supereroe, ora. Il Tony umano, che soffriva, viveva, si poneva dubbi e domande, che veniva pian piano divorato dal suo stesso alter ego, quello non era mai interessato a nessuno. E il pensiero che un "eroe" potesse crollare era semplicemente inconcepibile. Anche lei, l'unica persona che lo capiva veramente e che adesso dormiva tranquilla in quella stessa casa, era ignara che per lui il "disastro di New York" non era ancora finito.
 
Si stupì che il sentore di whiskey nella sua bocca non fosse più così piacevole ma assomigliasse piuttosto ad acido sulla sua lingua mentre la mente iniziava a vacillare, le vene corroborate dal calore dell'alcool. Scosse la testa, riuscendo solo a far girare in tondo la stanza e a confondere ancor di più i suoi pensieri. Trascorse interi minuti nel tentativo di stabilizzare il respiro, ma si sentiva soffocare.
 
Snervato, frustrato, con troppa energia latente che chiedeva di essere sfogata, scese quasi correndo i gradini del laboratorio, alla disperata ricerca di qualcosa in cui riversare la sua irrequietezza.
 
L'armatura. Doveva perfezionarla. Fare in modo che fosse in grado di soddisfare ogni necessità, di affrontare qualsiasi situazione e, soprattutto, di poter intervenire tempestivamente nel momento del bisogno. Il giorno prima era arrivata appena in tempo, ma forse un giorno non sarebbe stata abbastanza rapida.
 
Si bloccò nel mezzo del laboratorio, di nuovo paralizzato da una morsa di paura mentre la sensazione di cadere gli arpionava lo stomaco strattonandolo a terra. rievocando ricordi fin troppo vividi. Era sul pavimento, adesso, boccheggiante e indifeso, con le vertigini che gli impedivano di tenere aperti gli occhi. 
 
L'armatura. Non bastava perfezionarla. Doveva diventare parte integrante e definitiva di sé, per sopperire alle mancanze di quel fragile corpo su cui sentiva di aver ormai perso ogni controllo.
 
Si rialzò lentamente, ansimando, e si trovò a fissare la parete delle armature, simili a guardiani silenziosi che lo fissavano in attesa di un ordine. Sembravano quasi vive. Il suo respiro divenne spezzato, più simile a un rantolo. Temeva da un momento all'altro di essere di nuovo assalito da quel panico prepotente e brutale che l'aveva pervaso privandolo della sua volontà. 
 
Non successe. Ma dentro di sé continuava a cadere, a cadere, e a cadere sempre più giù.
 

 

 
Note Dell'Autrice:

Sono di nuovo in ritardo, ma naturalmente era troppo sperare di poter aggiornare in tempi brevi con la scuola che mi opprime e svariati impegni che si accumulano nel peggiore dei modi.
Dunque, la particolarità di questo capitolo, che avevo preannunciato in quello precedente, è semplicemente il fatto che non viene trattata un'armatura in particolare ma, piuttosto, la figura di Iron Man in sé e quella di Tony -sempre secondo il Light-verse, che ovviamente può essere o meno condivisibile-, fungendo quindi da momento di stallo o di svolta tra The Avengers e Iron Man 3. Ho dato una sorta di spiegazione per i famosi attacchi di panico del terzo film. Avevo apprezzato particolarmente questo dettaglio perché era una delle poche cose sensate che alzava un po' il pathos nelle scene drammatiche... peccato che suddetta cosa sia stata presentata, sviluppata appena e subito accantonata senza fornire ulteriori spiegazioni in proposito. Insomma, per quanto possa essermi piaciuta come trovata, era un po' buttata lì. Mi sentivo in dovere di scriverci sopra e di farmi odiare ancora un po' da Tony...

Ringrazio tantissimo Alley ed evenstar che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che hanno recensito tutti gli altri <3
Bye bye,

-Light-
   
 
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