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Autore: Waterproof    20/05/2013    11 recensioni
Dal XII capitolo:
"Harry, vaffanculo." Borbottai, voltandomi per andarmene.
"Ci andrei, ma ci vai spesso tu. Mi toccherebbe condividere con te anche quel posto."
Ora gli spacco la faccia.
*
"
Mi stai toccando il sedere, Styles? " Domandai, scostando violentemente la sua mano.
" Io posso. "
" Ah, sì? E chi lo dice? " Incrociai le braccia al petto, aspettandomi una risposta esauriente.
" Questo. " Sussurrò, indicando il segno rosso sul collo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11.












Quando fui sicura che nessuno mi aveva  vista lasciai la stanza di Harry, e fui subito raggiunta da Louise e Josh.
<< Come sta? >> chiesero all’unisono, preoccupati.
<< Vegetativo >> dissi soltanto, tornando a sedermi. Mi lasciai andare contro lo schienale della sedia e sospirai, premendo due dita sugli occhi.
Ero stanca.
Stanca ed angosciata.
Mancavano ancora quattro ore all’alba, quattro ore perché potessimo esser sicuri che Harry se la sarebbe cavata.
<< Tornate al campo, ragazzi. Dite ai professori che domani rientrerò, ma solo per prendere delle cose. Inizierò le lezioni tra un paio di giorni. >>
I miei amici annuirono, capendo di non dover neanche provare a convincermi del contrario.
Mi salutarono un’ultima volta prima di sparire, lasciandomi sola. Rifiutai l’aiuto di diverse infermiere, declinando prima gentilmente poi sgarbatamente il loro invito a prender posto nella stanza in cui ero stata per farmi fasciare il braccio, per riposare. Una di loro si era detta contraria al mio intervento sul braccio, ma quella flebo era diventata un ostacolo e non l’avrei rimessa.
<< Domattina il commissario passerà in ospedale per raccogliere la tua testimonianza. >> disse una, sedendosi accanto a me.
Le rivolsi uno sguardo debole, annuendo flebilmente. Lei mi rispose con un sorriso appena accennato, carezzandomi il capo con un fare materno che mi ricordò Anne.
E quella sensazione fece male, ancora.
Lei mi odiava. Lei che era quasi la mia famiglia, mi detestava. Ma come biasimarla? Non potevo, assolutamente, e dovevo, anzi, condividere la sua scelta di non rivolgermi più la parola, in fondo forse lo avrei fatto anche io.
Probabilmente con lei avrei parlato, perché non l’avrei mai lasciata sola a sopportare un dolore simile. Soprattutto se Harry non avesse dovuto farcela…
Non volevo pensarci, non dovevo pensarci. Ce l’avrebbe fatta, Josh aveva ragione.
Mi lasciai andare contro il muro e chiusi gli occhi, per cercare di accogliere Morfeo nel giusto modo.
 
<< Sai cosa, Harry? >> iniziai, guardandolo negli occhi. << Forse hai ragione. Forse non dovrei essere qui, non c’entro niente con questa gente. >>
Lo fissai un’ultima volta prima di avviarmi lungo la strada buia. A quella festa neanche avrei voluto andarci, in verità. Era stata Elena a costringermi, per poter fare un po’ di propaganda al fine di essere eletta presidente degli studenti. L’avevo appoggiata, ma quel raduno si era rivelato per quello che esattamente era: un supplizio. Gente ubriaca ovunque e piccioncini in fase d’accoppiamento che mi ricordavano quanto la mia vita fosse vuota e misera.
<< Aspetta! >> Mi voltai di scatto, trovandomelo accanto, in un secondo. Cosa stava facendo?
<< Che c’è? >>
<< E’ buio, e la zona non è delle migliori >> disse semplicemente, infilando le mani nelle tasche.
Non capivo il suo comportamento, normalmente mi avrebbe addirittura augurato che qualcuno mi scoprisse, anche gli alieni – e lui negli alieni non ci credeva – ma non trovai il coraggio di contestare, quasi ammirata da quel suo istinto di protezione.
Era un qualcosa che non avevo mai provato in vita mia.
Ed era bellissimo.
<< Come si trova Gemma al college? >> chiesi, cercando di rendere quel silenzio meno imbarazzante.
Fece spallucce, guardando altrove. << Bene >> commentò.
<< Mmh >> non aiutava certo, lui.
<< E tu? Hai fatto domanda? >> Annuii, flebilmente, e lui se ne rese conto.
<< Cambridge potrei vederla semplicemente dal binocolo, per non parlare di Oxford. Le probabilità che prendano me anziché un genio letterario sono davvero basse >> spiegai, atona.
Avevo affrontato quel discorso un migliaio di volte, tanto da giungere all’apatia assoluta. Se non avessero accolto la mia domanda lì, avrei dovuto far leva su college pubblici che non mi avrebbero dato poi una grande opportunità per il futuro, una concreta possibilità di fuggire da quell’inferno e dai demoni che mi tenevano incatenata ad esso.
<< Hai voti alti, Lewis. Non sarai un genio, ma sei brava >> Lo urtai lievemente con una spalla, facendolo ridacchiare.
Era un momento di così rara serenità. Sentivo che in una vita parallela, in un universo differente, io ed Harry avremmo potuto addirittura essere buoni amici. Ma sapevo che dopo quella sera saremmo tornati alla normalità. E la cosa quasi mi dispiaceva se non fosse stato che c’ero abituata da moltissimo tempo.
<< Ieri mi è arrivata la risposta da Bristol. >>
Mi voltai verso di lui, sgranando gli occhi.
<< Di già? >> assentì, continuando a camminare << e..? >>
<< Mi hanno preso. >>
<< No! >> Ero sorpresa e contenta per lui, studiare in quell’Università era una grandissima occasione. Legge, poi, che era la sua passione… << Sociologia? >>
Un sorriso enorme spuntò sulle sue labbra e non potei fare a meno di pensare quanto fosse bello. Al di sotto della sua facciata da scorbutico, si nascondeva un ragazzo dolce e tormentato. Perché non poteva essere umano anche con me?
<< Congratulazioni, Styles. Allora forse non sei così male. >>
Finsi altezzosità, cercando di trattenere una risata, cosa che però non riuscì a lui.
<< Be’, grazie, Lewis. E neanche tu. >>
Inarcai un sopracciglio, fermandomi.
<< Cosa? >>
<< Forse neanche tu sei così male. >>
 
Sentii una lacrima rigarmi la guancia, ma non mi affrettai ad asciugarla. Potevo piangere in silenzio, e nutrita di ricordi felici. Di momenti sereni tra me e Harry ce n’erano stati e io ero stata me stessa più con lui che con chiunque altro.
 
<< E’ la prima. >>
Con l’indice indicai la casella da spuntare, mentre lui si scervellava alla ricerca della risposta giusta. Posai il libro che tenevo contro il petto sul tavolo della mensa e cercai il mio succo di frutta, per riempirmi almeno lo stomaco in previsione dei corsi pomeridiani per quei crediti in più che facevano davvero comodo, tanto a me quanto a chi stava lì per cercare di cambiare qualcosa.
<< Quanti punti ti mancano? >> chiese, continuando a rispondere ai quesiti.
<< Cinque, tecnicamente >> risposi, bevendo. << Vuoi? >>
Annuì ed afferrò la bottiglia, bevendo avidamente. Ma aveva almeno mangiato?
<< Qualcosa da mangiare? >> Domandai, tirando fuori dei biscotti. Non rispose nulla, così gliene porsi uno, guardandolo mentre lo mangiava tutto concentrato.
Alle volte sembrava un bambino, dal volto innocente. Ed era determinato, cosa realmente importante. Ad un certo punto chiuse il libro dei test e si passò le mani sulla fronte, tirando indietro quei riccioli che amava scombinare di tanto in tanto. Ed infatti scosse il capo per cercare di farli tornare a posto, con pessimi risultati.
Doveva essere realmente stanco.
E a dirla tutta lo ero anche io, così mi alzai e gli dissi che mi sarei andata a sedere all’ombra di un albero per leggere qualcosa.
Dopotutto, le lezioni sarebbero iniziate in un paio d’ore.
<< E’ lontano? >> chiese, confondendomi. << L’albero, intendo. E’ lontano? >>
Scossi il capo, indicandoglielo. Poi lo vidi alzarsi, raccogliere il suo zaino e raggiungermi, prima di sedersi appoggiandosi al tronco. Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, mentre io mi affiancavo a lui, prendendo il libro dalla borsa.
Furono minuti interminabili quelli che precedettero il suo sonnellino. Sentii la sua testa appoggiarsi alla mia spalla, ma capii che per lui era una posizione scomoda, sicché mi spostai tanto quanto bastava a farlo stendere. Poggiò il capo sulle mie gambe, incrociando poi le braccia al petto e prendendo a respirare ancora lentamente: si era riaddormentato.
Istintivamente presi a giocare coi suoi capelli, attorcigliandomeli tra le dita mentre sfogliavo “Jane Eyre”, completamente assorta dato che era uno dei miei libri preferiti.
Ero arrivata ai tre capitoli, quando avevo sentito una sorta di lamento provenire da sotto la copertina. La spostai per scoprire che la mano di Harry aveva raggiunto la mia. Mi stava chiedendo di continuare?
Arrossii, presa alla sprovvista e cercai di ricominciare, quando lui allontanò le dita, ricominciando a sonnecchiare.
Quella situazione era assurda, noi lo eravamo. Due minuti prima litigavamo come due vecchi coniugi impazziti, poi ci mandavamo a quel paese ed infine ci ritrovavamo a parlare tranquillamente. Erano momenti rari, ma mi piacevano.
Tastai a lungo la morbidezza della sua chioma scura, lasciando perdere la lettura del libro che ormai era passato in secondo piano. Se qualcuno ci avesse visti, non avrebbe creduto ai propri occhi, avrebbe legato tutto ad un probabile miraggio dovuto alla stanchezza pomeridiana: e forse era meglio così.
Quei minuti erano solo nostri. Quella bolla prima o poi sarebbe scoppiata, ma nel frattempo avrebbe dilettato ancora un po’ quella giornata.
 
Carezzai le mie dita, arrivando addirittura a sentire ancora la delicatezza dei suoi capelli. Mi mancava quell’Harry, quello pronto a difendermi, quello disposto ad ascoltarmi, a parlare, ad aprirsi con me. Mi mancava sentirlo vivo, vero, accanto all’unica persona che probabilmente non avrebbe mai voluto al suo fianco: io. E forse neanche io lo desideravo, ma quando eravamo insieme, il mondo spariva. Fosse per i battibecchi, fosse per quei momenti idillici…
Mi mancava, lui.
Mi mancava quello che era, lui.
Mi mancava quello che era per me, lui.
A tentoni tornai in camera, per cercare il cellulare ed avvisare Elena dell’accaduto. Era sicuramente a letto, ma mi avrebbe certamente risposto quella mattina, appena sveglia, e io avrei avuto il tempo di farmi passare quel mal di testa.

Fu in quel momento che mi lasciai andare ad un lungo sonno, quando per sbaglio caddi sul letto, distrutta.

*

Probabilmente neanche mi ero accorta di essere coperta, e che le veneziane erano chiuse completamente per evitare che la luce del giorno mi infastidisse. Aprii lentamente gli occhi, guardandomi intorno prima di scorgere la figura della mia migliore amica seduta sulla poltrona, intenta ad ascoltare della musica e leggere alla luce flebile del sole.
Sobbalzai, chiamandola urgentemente. In un attimo fu in piedi e corse ad abbracciarmi.
<< Non sai che pena, Abbey. Appena ho letto il messaggio mi sono fiondata sul primo treno e sono venuta qui. >>
<< Non dovevi, Elena, i tuoi saranno in pensiero… >> Scosse il capo e la sentii, perché quasi non urtò il mio dato che eravamo ancora abbracciate.
<< Sono passata da Harry mentre dormivi, Anne mi ha detto che è stabile >> sussurrò, facendomi rilassare.
Aveva superato la notte.
Ringraziai il cielo e promisi di fare una capatina in chiesa appena mi fosse stato possibile, appena uscita di lì.
<< Voglio andare da lui. >> Mi alzai del tutto e mi misi in piedi, senza far caso al lieve capogiro che mi costrinse a far leva sulla mia amica per non cadere a terra.
Lei mi trattenne, rimproverandomi con uno sguardo severo e materno.
<< Sei debole, e poi c’è tutto il tempo. Il commissario è qui fuori, ti aspetta. >>
Deglutii, ritrovandomi improvvisamente di fronte al fatto compiuto. Era tutto successo davvero. E ora avrei dovuto sporgere denuncia.
Annuii mestamente, dirigendomi verso il bagno per darmi una rinfrescata.
Evitai con cura la zona fasciata, prima di restare a fissarla per istanti interminabili. Fu Elena e il suo bussare insistente a ridestarmi; uscii e mi vestii col cambio portatomi la notte prima da Sandy. Almeno si era resa utile.
Quando aprii la porta, la mia amica mi fu subito dietro, perché i primi occhi che incontrai furono quelli di un uomo sulla cinquantina, avvolto in una giacca blu con un distinto ben in vista sul cuore. Ingoiai il boccone amaro e lo feci entrare, seguito da un paio di poliziotti. Incrociai lo sguardo di Anne prima di porre una barriera tra di noi e il corridoio esterno.
Mi accomodai sul davanzale, ma non lasciai che il sole entrasse. Non ero ancora certa di poter sopportare la luce del giorno.
<< Sta bene? >> furono le prime parole dell’uomo.
<< No >> risposi, senza guardarlo.
<< Capisco >> affermò, appoggiandosi allo schienale e sospirando << Nonostante sappia bene come possa sentirsi in questo momento, ho il dovere di… >>
<< Faccia queste domande e facciamola finita, per piacere >> lo interruppi, bruscamente. Non volevo portare avanti quella tortura ancora a lungo.
Annuì deciso e guardò uno dei suoi uomini che con un cenno si fece avanti, mostrandomi una cartellina.
Lo fissai stranita, prima di sciogliere l’intreccio delle braccia e aprirla cautamente. C’erano circa quindici fotografie, tutte di uomini. Furono un paio di occhi a destare in me le paure che credevo di aver momentaneamente sepolto.

Quegli occhi.

Un nero devastante, contornato da bulbi oculari arrossati. Quegli occhi che mi avevano minacciata, spogliata, traumatizzata.
<< Lui >> la mia precedente determinazione era vacillata, mentre porgevo la foto al poliziotto.
<< Sicura? >>
<< Come potrei non esserlo? >> rabbuiai, iniziando a tremare. Elena mi fu accanto in un istante, e prese le mie mani, stringendole tra le sue. Le sorrisi, ringraziandola.
Era tutto ciò che mi serviva.
<< D’accordo. La ricontatteremo al più presto. >>
<< Cos’è, un call center? >> borbottò la mia amica, facendomi ridere.

Sì, mi ci voleva proprio.

Il commissario non tentò nemmeno di commentare e andò via, lasciandoci sole. Quando dopo un po’ uscii dalla stanza vidi Anne piangere e gridare, mentre Robin cercava di trattenerla.
Josh era in piedi, che teneva la mano di Louise e un paio di medici ed altrettante infermiere entrarono nella stanza di Harry.

C’era qualcosa che non andava.

Corsi nella loro direzione e guardai oltre l’invetriata, notando un Harry a torso nudo, coperto da una fascia di garze, mentre il chirurgo che lo aveva operato cercava di rianimarlo.

 
 





Hola!
Okay, non uccidetemi.
Giuro che prima o poi ci saranno buone notizie! *chiedo venia*
Ho preferito terminare così, in modo che possa salire l’ansia anche a me, capite? Sto già lavorando al prossimo capitolo, quindi dovrei aggiornare a breve.
Solo una cosa… Dato che è un casino quando devo lasciare spoiler per messaggio privato, per favore, non lasciate commenti brevi alla storia. Non per sete di recensioni, anzi! A me fa piacere anche ricevere un piccione viaggiatore con uno dei vostri bellissimi complimenti, però diventa impossibile fare avanti e indietro tra casella di posta e pagina delle recensioni, e a volte capita che i messaggi li leggo tardi e non ricevete nulla… Oppure che chi già ha ricevuto lo spoiler, se ne veda un altro uguale.
Quindi metteteci qualche parolina in più, altrimenti rischio seriamente d’impazzire ahahahah
Vi amo, E SIETE VOI QUELLE FANTASTICHE, non io.
Vostra, A.
  
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