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Autore: PJ_    20/05/2013    2 recensioni
Ulster incontra nuovamente Slash, uno Slash uscito dal divorzio con Renèe, stanco dell'amore ma non della sua musica. Le loro vite sono cambiate ma forse qualcosa li lega ancora. Potranno finalmente amarsi o il filo d'indissolubile amicizia che lega Ulster ad Axl si frapporrà inevitabilmente tra loro?
Tutti ciò non lo sapremo mai, perché in questa OS prende il sopravvento solamente il bisogno di un abbraccio.
Tutto ciò non lo sapremo, in questa OS c'è solo il grandissimo bisogno di un abbraccio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sedeva impietrita sulla panchina di legno bruno. Era in trance, non credeva ai suoi occhi.
“Tu mi conosci?” era stato tutto ciò che aveva detto, stordita.
L’uomo al suo fianco aveva annuito ridendo, una risata così yankee da farle venire i brividi.
Ulster aveva superato da poco i quarant’anni, era una bellissima donna, i capelli corvini tagliati sotto le orecchie e lo sguardo felino sempre acceso.
Myles Kennedy le teneva la mano. In quel momento fra le sue dita sottili si trovava il sogno di milioni di donne, ma le era già successo. Gli occhi dell’uomo la squadravano, tentando di cogliere la magia che per tanto tempo era stata descritta lui.
Una folata di vento scompigliò i capelli di entrambi, Ulster scoppiò in lacrime.
Gocce di memoria* che scivolavano lungo le sue guance arrossate dall’aria frizzante, cadevano lungo il collo o rimanevano intrappolate fra le labbra color vinaccia.
“Perché mi hai cercato?” chiese, tirando su col naso e tamponando via il mascara dalla pelle candida.
Il cantante sembrò impercettibilmente turbato, ma tornò a sorridere in pochi istanti.
“Ho un paio di biglietti in più per lo show di stasera. Che ne dici?” sorrise sornione, tendendone nuovamente il palmo. Ulster annuì, domandando solo, con un filo di voce, “Lui lo sa?”
Si convinse solamente allo scuotere il capo del musicista.
 
Aveva passato gli ultimi anni tra Londra e Dublino, studiando e lavorando e in una scuola di musica, dove dirigeva alcuni corsi. Aveva cominciato, immediatamente dopo l’addio definitivo ai Guns, a suonare il violino, e adesso aveva raggiunto un discreto livello di bravura.
Dopo quasi quasi quindici anni di silenzio un energumeno di colore si era presentato alla sua porta chiedendole di recarsi a “colloquio” col signor Axl Rose.
Aveva accettato l’invito e le era stato recapitato per posta un volo per Los Angeles.
Il coraggio le era mancato ogni attimo di più ma era arrivata nel luogo prestabilito, una enorme villa sulla spiaggia di Malibu e lo aveva visto.
Lo trovava ancora bello. Ancora bello!, era probabilmente l’unica donna al mondo a pensarlo ma, ne era certa, riusciva ancora a vedere la carica d’adrenalina scorrere nelle vene di quell’uomo, la passione in quelle pozze verdi. In tre ore e mezza insieme non avevano proferito parola. Lui l’aveva presa sulle ginocchia e si erano abbracciati. Una guardia del corpo di Axl le era stato addosso in pochi secondi, strappandola dalle braccia del suo amico.
Aveva capito che troppe cose erano cambiate e gli aveva lasciato una rosa rossa.
Poi, era tornata in Irlanda. Sui giornali, il giorno dopo, i titoli campeggiavano di una rissa  tra Axl Rose ed uno dei membri della sua security. Ulster sorrise al ricordo.
 
Si sistemò vicino alle transenne e alzò lo sguardo su Myles, intento ad intonare l’attacco di “Back from Cali”. Quell’uomo era molto affascinante ma i brividi che la chitarra di Slash le aveva sempre regalato erano insuperati.
Reclinò il capo, lasciandosi cullare dalle note che producevano i ragazzi davanti a lei.
Slash l’aveva notata tra la folla, senza badare a chi lei fosse, senza riconoscerla.
Si godette il concerto, ballando accanto ad altre fans scatenate.
 
Ringraziò mentalmente l’incontro di quel giorno con Myles Kennedy e si diresse verso l’uscita.
La folla urlava concitata, ricordando le parti migliori dello spettacolo appena consumato.
Qualcuno tossì forte alle sue spalle, facendola voltare. Un ragazzone altissimo con fittissimi capelli neri la guardava sorridendo: “Ulster?” chiese e, senza attendere risposta, “Vuole seguirmi nei camerini?”
Ul annuì, stringendo tra le mani il cappotto, l’aria di Dublino le provocava forti brividi.
Seguì il giovane, impaurita e perplessa. Le gambe si facevano molli, era terrorizzata.
 
Il camerino era ampiamente illuminato. Niente alcool, niente droga, niente.
Il fumo che solitamente appestava l’aria ai concerti dei Guns sembrava essere sparito, al suo posto, su di un tavolino, una caraffa di caffè e alcuni biscotti.
Slash era di spalle, la tuba posata in disparte, il fisico asciutto e madido di sudore.
Myles si avvicinò ad Ulster, abbracciandola ed invitandola ad entrare.
Slash voltò il capo, inclinandolo poco: “Chi hai rimorchiato stasera cantante?” ridacchiò.
Anche gli altri membri del gruppo risero, lasciando che il loro frontman si voltasse.
Gli occhi neri come la pece di Slash si sgranarono. Come un lampo le fu addosso, stringendola a sé, quasi voler capire se fosse vera o no. Le braccia muscolose dell’uomo la cinsero, un abbraccio forte, protettivo, qualcosa di cui a lungo erano stati privati.
  
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