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Autore: bells swan    20/05/2013    5 recensioni
Bella è innamorata persa di Edward. Edward è il cliente abituale della tavola calda dove lei lavora.
E se un giorno Edward si facesse avanti?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Dal giorno del mio matrimonio con Edward sono passati ben sette mesi. Sette mesi pieni di passione, dolcezza e divertimento. La perfezione non esiste, è vero, ma ho sempre pensato che Edward fosse perfetto per me. Ed è così.
O almeno, lo pensavo.
«Ehi, Bella? Oh, ci sei? Che hai?»
Alzo lo sguardo sul monitor del pc, osservando l'espressione confusa di Jessica davanti a me. Grazie a Skipe.
«Scusa... tutto bene, comunque» rispondo alla svelta.
Non è vero, non va tutto bene per nulla.
«Oh-oh. Che succede?»
Lei capisce sempre tutto. Anche con una sola occhiata o anche solo sentendo la mia voce, capisce se c'è qualcosa che non va o meno.
«Niente, è che...» Come spiegarle? D'altronde non c'è davvero niente. È solo mio marito che mi sembra strano, tutto qui.
«Hai provato a parlarne con lui?» mi chiede quando le spiego la mia sensazione.
«No, non ci riesco. Dovresti vederlo, è così stressato che alle volte ho pure paura di rivolgergli la parola, figurarsi accusarlo di trascurarmi» le rivelo.
Jessica scuote la testa bevendo un sorso di caffè. «Lo sai come la penso, Bella. La comunicazione prima di tutto. Comunque vedrai che è solo stress lavorativo, magari le cose in azienda non vanno tanto bene ma non ti dice nulla per non farti preoccupare. Edward è pazzo di te, lo sai» mormora sorridendomi.
Faccio un piccolo sorriso. Lo so. Ma se non lo fosse più? D'altronde ci siamo sposati così presto! Se non mi volesse più? Se non l'attirassi più come prima? Se fosse pentito?
Il fatto è che da qualche giorno le cose sono cambiate. Non in modo drastico ma in realtà... no. In realtà niente. Fiducia. Si tratta di questo. Devo dar fiducia a Edward. Poco importa che in questi ultimi giorni mi abbia trattato... no, non posso dire che mi abbia trattato male. Lui non mi ha trattato completamente! È come se m'avesse ignorato, rispondendo alle domande che gli porgevo come costretto.
Ma lui è mio marito e se, come pensa Jessica, davvero al lavoro sta passando un brutto periodo è giusto che gli rimanga vicino.
Piena di grinta, saluto velocemente Jessica e spengo il pc, dirigendomi poi verso lo studio di mio marito. Non vuole mai essere disturbato da lì, solo a me è permesso entrare. Niente telefonate, niente visite inaspettate, solo sua moglie. Ma proprio perché quello è il suo studio, io ci entro quando proprio non posso evitarlo. E questa volta non posso proprio.
Busso leggermente ma non aspetto che mi risponda. «Posso entrare?» gli chiedo sorridendogli, sperando che questo lo sciolga un poco.
Edward alza lo sguardo su di me senza muovere la sua testa, in direzione del tavolo stra-pieno di documenti, per poi riabbassarlo con un battito di ciglia. «Entra.»
Quella voce. Quella voce da: "se proprio devi". Dio, quanto la odio!
«Disturbo?» Accidenti! Non avrei dovuto chiederglielo. E se mi rispondesse di sì?
«No» risponde invece lui continuando a non guardarmi.
La grinta scema ad ogni passo che compio verso mio marito. «Edward...» Una scusa, una scusa per disturbarlo. Ma poi perché dovrei inventare qualche scusa? Se sto male io, lui non si preoccupa e cerca di scoprirlo? Lui sta male, è evidente. E non è detto che debba essere un male fisico. Già il solo avere un lavoro che va male è... stare male.
Sospiro, decidendo di comportarmi da donna coraggiosa e non da codarda. L'ho già fatto altre volte. Forse troppe.
«Edward, possiamo parlare?»
Il tono della mia voce improvvisamente seria lo distoglie dal suo lavoro, costringendolo a fissarmi. «Cosa c'è?»
Cosa c'è? Non mi calcola e vuole pure sapere che c'è?! Calma, Bella.
Mi appoggio con la schiena al tavolo da studio, così da poter essere di fronte a lui. «Va tutto bene?» gli domando finalmente.
A questa mia domanda sembra visibilmente confuso. «Perché me lo chiedi?» Non manco di notare il tono sulla difensiva.
«Sei… strano, Edward. Non so perché, però…»
«Sto bene, Isabella. Va tutto bene. Okay?» domanda brusco.
No, tutto bene nulla. C'è qualcosa sotto che non mi vuole dire.
«Edward…» provo a ritentare ma mi interrompe.
«Devi insistere su questo argomento? Perché se mi devi dire qualcos'altro, bene; altrimenti per favore lasciami lavorare» annuncia serio.
Passo la lingua sulle mie labbra secche, tentando inutilmente di ignorare la fitta di delusione che mi attraversa. Il mio stomaco è in subbuglio. Senza dire una parola, annuisco ed esco come se non mi avesse appena detto gentilmente di farmi i cazzi miei.
 
Le cose nei giorni a seguire non sono affatto migliorate. Come da Jessica consigliatomi, l'ho lasciato stare aspettando il momento in cui si fosse sentito pronto per confidarsi con me. È passato un mese, eppure non è successo nulla.
Sta sempre sulle sue, non mi guarda neppure e a letto… mi ignora deliberatamente.
Prima non era così. Ero sempre al centro dei suoi pensieri, e lui stesso mi ha detto che fin dalla nostro scontro è stato così. Il nostro scontro...
Sembra passato un secolo da quello scontro. Invece, sono passati solo quindici mesi. Quindici mesi perfetti, fatti solo di passione e dolcezza. Anche se Edward non mi ha mai detto chiaramente ti amo, l'ho capito. O almeno, credevo di averlo capito.
Perché in quest'ultimo mese... Era cambiato.
Non mi piaceva che uscisse presto la mattina e rientrasse tardi la sera. Lavorava, lo so, ma nessun uomo lavorava così tanto. Soprattutto, nessun uomo rientrava a casa tutte le sere e andava a letto per dormire quando invece la moglie era sveglia per accoglierlo fra le sue braccia.
Magari è stanco, prova a giustificarlo il mio cuore.
O magari ha un'altra, ribatte la mia testa.
Lecco le mie labbra aride a quel pensiero, testa e cuore che combattono fra di loro. È così da un mese, da quando ho smesso di sorridere. Da quando Edward ha smesso di essere mio marito. E soprattutto, da quando, una settimana fa, ho sentito un forte profumo femminile provenire dalla sua giacca. E un bigliettino con un indirizzo.
Niente nome, niente numero telefonico. Solo un indirizzo.
Copro senza forze il mio corpo ricoperto di brividi più per il comportamento di Edward che per il freddo del clima di New York.
New York. Non mi è mai piaciuta. Mai. Troppo egoista, come città.
Avevo abbandonato la mia casa a Forks, quella piccola ma per me meravigliosa città, la mia famiglia e i miei amici per seguire Edward. Perché, dopotutto, io lo amavo. E lo amo ancora.
Non mi ero mai pentita di questa scelta perché l'avevo fatta col cuore. Ed ero stata felice, a New York. Da sola, senza Jessica o Jacob, senza i miei genitori. Ma c'era Edward, e a me bastava.
Mi basterebbe ancora se lui non avesse deciso di creare questo muro tra di noi.
Perché? Cosa gli ho fatto? Ho sempre cercato di mettere al primo posto lui, piuttosto che me, perché volevo solo renderlo felice.
Sforzo vano, lui non è felice. E io sono stanca di vedere che mi rifiuta. Rifiuta il mio sguardo, il mio tocco, rifiuta me. Tutto quello che ci univa lo rifiuta come se lo ripugnasse. Io lo ripugno.
Tento di soffocare un singhiozzo a quel pensiero, mentre delle ennesime lacrime sgorgano silenziose dai miei occhi.
Non voglio andarmene. Non voglio lasciarlo. Ma il dolore al petto diventa sempre più grande, la voragine si apre ogni giorno di più, sempre più a fondo. È talmente grande che ormai rimango a letto quasi tutto il giorno. Non mi alzo se non per andare in bagno e mangiare. Poco, ma mangio.
La porta si apre silenziosa.
Ho già vissuto questo teatrino: io a letto sconfitta dal dolore, lui che entra, che si veste silenziosamente per andare a lavorare, che esce senza nemmeno salutarmi, io che serro gli occhi maledicendomi senza motivo.
Ma stavolta è diverso. Me ne rendo conto quando parla.
«Come ti senti?» chiede, riferendosi a ieri sera, quando sono quasi svenuta ai suoi piedi.
Il fatto è che lui non ha idea del motivo, crede che sia svenuta per la stanchezza. Io però credo di sapere il motivo esatto.
Deglutisco, mandando giù il groppo di dolore che mi ha chiuso la gola. Chiudo gli occhi, riaprendoli. Li sento più umidi di prima. «Bene» sussurro con voce roca.
Serro le labbra per trattenere i violenti singhiozzi che vorrebbero uscire dalla mia gola quando sento il materasso abbassarsi per il peso del suo corpo e un forte calore si sprigiona dentro di me.
Sento la sua mano, grande e delicata, sfiorarmi la testa e scostare con dolcezza i capelli dal mio viso. Da quanto tempo non ho più sentito quelle mani addosso sfiorarmi con dolcezza? Da quanto tempo non mi toccava?
Le sue labbra si posano nel più leggero dei baci sulla mia tempia. «Chiamo il medico, se vuoi» si offre volontario. La sua voce è bassa e dolce, non c'è più traccia della freddezza con cui mi parla ultimamente.
Non riesco a parlare, se lo facessi scoppierei a piangere. E non voglio, non davanti a lui. Mi limito a scuotere la testa.
Edward non ribatte. Forse sospira, non ne sono sicura, e si muove per allontanarsi da me.
«Edward?»
Non volevo chiamarlo, non quando non gli ho fatto nulla. Se anche avessi fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti, perché non parlarmene? Gli avrei chiesto scusa... l'ho sempre fatto. Sbagliare è umano e io non sono infallibile; se ho sbagliato è giusto che io gli chieda scusa.
Però ho bisogno di lui, mi fa troppo male questo suo distacco.
Voglio ritornare a come eravamo un tempo, quando Edward mi abbracciava e vedeva solo me. Quando non aveva bisogno di andare da un'altra donna se voleva fare l'amore. Quando non aveva con sé il profumo di un'altra ragazza che non fosse il mio. Quando eravamo felici e spensierati. Quando ancora non mi odiava.
Mi giro con il corpo verso di lui, ancora disteso vicino a me appoggiato su di un gomito, senza importarmene nulla del mio viso stravolto dalle lacrime.
«Bella...» sussurra dispiaciuto quando mi vede in volto. Non riesco però a capire la sua espressione. Ma mi accarezza. Accarezza la mia guancia come se a sfiorarmi fosse una piuma.
«Rimani qui» lo supplico con voce rotta per il pianto.
Un'ultima volta. Solo un'ultima volta. Non ti chiederò più niente. Poi ti lascerò in pace, per sempre. 
Edward sembra combattuto come mai io l'ho visto. Chiude gli occhi per poi toccare la mia fronte con la sua. E mi bacia. Un bacio che nemmeno si può considerare tale vista la leggerezza del contatto fra le nostre labbra. Ma per me è un bacio nel pieno della parola.
Mi bacia una seconda volta, e una terza.
Quando, spinta dall'amore che provo per lui e dalla mancanza del vero Edward, affondo le mie mani sui suoi capelli, lui non si tira indietro. Ricambia con smisurata passione il bacio. Vorrei piangere e ridere insieme perché finalmente mi ha toccato. Finalmente ci stiamo baciando. Finalmente riprende a vedermi. Ma alla fine si scosta.
«Devo andare.»
Due parole. Due fottutissime parole con le quali mi sta rifiutando. Come sempre. Non è cambiato assolutamente nulla. Non mi vuole più. Sono solo un peso.
Lo fisso sconvolta, non volendo credere alle sue parole.
Non sono io ad allontanare le mie braccia dal suo collo e le mie mani dai suoi capelli, è lui a spostarle con fermezza, senza tuttavia farmi male. Fisicamente. Dentro muoio.
Mi lascia un frettoloso bacio sulla fronte. Avrei preferito non l'avesse fatto.
«Ci vediamo stasera.»
Si alza dal letto velocemente, prendendo la giacca del suo completo cucito apposta per lui. Richiude la porta dietro di sé rumorosamente, il suono dei suoi passi che fa da eco al mio cuore che si infrange sotto il peso delle sue parole, dei suoi gesti. E della sua indifferenza verso sua moglie.
È in questo preciso momento, proprio quando vedo la porta chiudersi dietro Edward che mi deciso. O parla chiaro con me, oppure... prenderò la scelta più ovvia. Lasciarlo.
 
La volta in cui ho visto quel maledetto bigliettino con scritto solo un indirizzo la ricordo come se fosse appena successo. Ero ad aiutare Kate con i vestiti, preparandoli per il lavaggio. Quando ho preso in mano la giaccia di Edward e controllato per vedere se si fosse dimenticato lì dentro qualche cosa che poi sarebbe stata irrecuperabile, ho gioito con me stessa sentendo che sì, c'era qualcosa. Dipende cosa, Edward forse mi avrebbe ringraziato mostrandomi quel minimo di interesse che ormai non scorgo più nei suoi occhi.
Ma quando ho scoperto cosa effettivamente ci fosse, non ero stata più così felice. In seguito, ho ragionato a lungo e sono arrivata alla conclusione che magari quell'indirizzo è per lavoro. Sennonché, quella sera stesso ho sentito un profumo femminile provenire da lui.
Non gli ho chiesto nessuna spiegazione. Ora, invece, pretendo mi racconti tutti. Diamine, non può comportarsi così e aspettarsi che non faccia storie!
Per amore ho messo di lato il mio orgoglio ma non voglio arrivare a perdere la mia dignità. Mi chiedo se con la richiesta di stamattina non l'abbia già persa... ma non importa: la riacquisterò stasera, quando saprò finalmente ciò che succede.
Ho già promesso a me stessa che se davvero Edward mi ha tradito... ho già la valigia pronta per essere riempita. Forse non sarà la scelta più giusta visto il mio ritardo, ma non m'importa.
Il mio ritardo... Che poi non è nemmeno detto che io sia incinta. È un ritardo di una settimana e sono un po' preoccupata perché sono sempre stata puntuale, ma l'essere quasi svenuta non mi tranquillizza affatto.
La porta di casa sbatte, segno che lui è finalmente qui. Ma non entra in sala da pranzo per cenare. Come al solito. Va direttamente al suo ufficio, restandoci alle volte anche tutta la notte.
Decisa più che mai a chiarire questa situazione, mi alzo per dirigermi verso il suo studio. Ma non appena metto mano sulla maniglia, pronta ad aprire la porta, sento la sua voce.
«Non posso più nasconderlo...»
Cosa non può più nascondere? E a chi? A me?
«È una situazione difficile. Non riesco... Non riesco più nemmeno a guardarla negli occhi.»
Sono io. Sta parlando di me. È così ovvio, dopotutto! Ma cosa gli ho fatto, accidenti? Perché non riesce nemmeno più a guardarmi negli occhi?
«Lei deve saperlo, Alice.»
Alice. Un nome di donna. E improvvisamente il significato delle sue frasi mi è chiaro: non può più nascondermi che ha un'altra donna, non mi guarda più negli occhi per il senso di colpa ed è questa la situazione difficile. Ma soprattutto, devo sapere che mio marito ha un'amante.
Lacrime mi scorrono lente sul volto, senza nemmeno sapere se per il dolore o l'umiliazione. Forse entrambe. Con un gesto rabbioso, le asciugo, allontanandomi da quell'uomo che prima mi chiede di sposarlo e poi mi tradisce. Vado fuori, in giardino. Ho bisogno di aria fresca.
Cosa fare? Cosa devo fare?
Una parte di me vorrebbe andarsene con dignità, dicendogli solo che è giusto che viva la sua vita con la donna che ama in realtà. L'altra, vorrebbe usarlo come un sacco della box e sputargli contro tutto il disgusto che provo adesso per lui e solo quando sarò finalmente soddisfatta del suo viso irriconoscibile per il sangue andarmene senza vederlo mai più.
In tutti e due casi, comunque, alla fine ci sono io con le valige in mano.
«Isabella. Cosa fai qui fuori?»
Non mi prendo nemmeno la briga di alzare il volto verso mio marito.
«Penso» rispondo fredda.
Che capisse come mi sono sentita io quando mi parlava con lo stesso tono di ora.
«Ah. E a cosa?»
«Se prendere il primo volo per Seattle e raggiungere Forks in giornata, domani, oppure rimanere un altro giorno per godere come mai prima d'ora di New York con la tua carta di credito e solo quando sarò soddisfatta tornare a casa mia» gli spiego.
Lui non può saperlo, ma fremo dalla voglia di urlare tutto il mio dolore e comportarmi con così tanta calma mi sta costando troppi sforzi.
Lui non parla. «E perché dovresti ritornare a Forks?» mi chiede con un tono di voce che non riesco a decifrare.
Vuole proprio costringermi ad ammetterlo?, penso sconvolta.
Alzo il viso verso di lui, scoprendolo più ansioso di quanto non avessi pensato. «Dimmelo tu, Edward.»
Sarà lui ad ammettere i suoi sbagli.
Aggrotta le sopracciglia. «Lo sai?» si informa incredulo.
Solo incredulo?! Sua moglie ha scoperto che ha un'amante e la sua faccia è solo incredula?
«Non pensavo l'avresti presa così male, speravo avresti compreso… e accettato.»
Ma è impazzito?, penso fissandolo sconvolta. Non lo fisserei così manco se gli spuntassero due teste in più.
Edward si inginocchia verso di me piano, prendendo poi la mia mano. O meglio, cercando di prenderla perché mi scanso velocemente, fissandolo quasi disgustata. Non può pretendere che mi faccia toccare quando so con certezza che ha un'amante. Un conto è pensarlo, un altro è averne una prova...
«Bella, ti prego. Posso spiegare...»
Mi alzo di scatto in preda alla furia. «Cosa vuoi spiegare? Cosa? Che mentre io stavo a casa tu eri a scopare con un'altra?»
Adesso non è più stupito, è sconvolto, forse più di me. Il che è assurdo. «Cosa!? Un'altra? Di che accidenti stai parlando?»
Sbuffo, cercando di calmarmi.
«Bella, io non ho un'amante! Come diavolo hai potuto pensare che...?», si interrompe mentre lo fisso con espressione imperscrutabile. Con un gesto esasperato, nasconde il volto fra le mani per poi passarle sui capelli. Il risultato finale è un uomo stravolto dalla stanchezza. «Dobbiamo parlare, Bella. E io non ho un'amante» tiene a specificare quando apro bocca per suggerirgli dove si può infilare il discorsetto che mi vuole propinare.
Ma perché insiste con questa storia? Come non ha un'amante!?
«Ma ti ho sentito, maledizione! Ho sentito che dovevi dirmi una cosa che non riuscivi più a nascondermi e parlavi con una certa Alice. Dimmi tu se non dovrei pensare che hai un'amante» lo sfido.
Non piangere, Bella, non serve a nulla.
«Alice?» sospira, scuotendo la testa e avvicinandosi poi a me di un passo. «Amore mio, dobbiamo parlare, okay?»
Perché? Perché mi deve chiamare amore mio adesso quando non l'ha mai fatto?
Scuoto con decisione la testa. «Non voglio parlare con te.»
Si avvicina fino ad essere a una spanna dal mio viso, massaggiandomi le braccia con le mani. «Sei gelata. E dobbiamo parlare. Vieni dentro.»
È vero che sento freddo. Non necessariamente che dobbiamo parlare. Ma decido che lo ascolterò. Voglio proprio sapere perché insiste nel dirmi che non ha un'amante quando c'è una cosa importante che non riesce più a tenermi nascosto. In fin dei conti, se avesse davvero un'amante a lui converrebbe che io sappia già tutto. Almeno si risparmierebbe la fatica di ammettere che mi ha tradito. Ma insiste nel dire che non ha un'amante… forse, a dispetto di tutto ciò che ho trovato, lui davvero non ha un'amante.
 
Chiude la chiamata restando per un attimo in silenzio, voltandosi verso di me con espressione seria. «Stanno arrivando.»
Quando siamo rientrati dentro, Edward mi ha promesso che mi avrebbe spiegato tutto nei minimi particolari ma solo se avesse potuto fare una telefonata.
Alzo gli occhi al cielo, stanca di questa situazione. «Chi dovrebbe arrivare, Edward?»
«La mia famiglia.»
Sgrano gli occhi fissandolo come se lo vedessi per la prima volta. Cosa? Ma mi aveva detto che erano morti!
Vedendo il mio sguardo confuso, Edward mi si avvicina, l'espressione decisa, le mani nelle tasche dei pantaloni. «Capirai non appena verranno» dice semplicemente.
Okay: si tratta solo di aspettare un altro po'.
 
Oh mio Dio. Credo d'aver bisogno di molta acqua. Alzo il viso verso Edward, scoprendolo a guardarmi. «Sei stato adottato?»
Edward si inginocchia davanti a me. «Quando Alice è venuta in azienda non sapevo neanche chi fosse. Eppure in lei notavo delle somiglianze con me che spesso mi hanno lasciato confuso. Non sapevo nemmeno perché quella ragazza mi cercasse così tanto.»
Alice interviene. «Avevo trovato la foto di un bambino nell'album di famiglia e ho voluto chiedere spiegazioni. Il bambino non era Emmett, l'altro mio fratello, lo avrei riconosciuto. Quando ho scoperto di avere un fratello è come se avessi vissuto una menzogna.»
I miei occhi sconvolto si posano sulle figure dei coniugi Cullen, come a chiedere silenziosamente delle spiegazioni.
«Non abbiamo abbandonato Edward, né scelto di lasciarlo a qualche altra famiglia solo perché non eravamo in grado di badare a lui. Semplicemente… l'avevano scambiato nella culla con un altro bambino, colui che pensavamo fosse nostro figlio. Era lui nella foto. Per noi è sempre stato nostro figlio e continua ad esserlo anche ora. Piangiamo tutt'ora la sua morte ma avevamo deciso di non rivelare nulla ad Alice del fratellino» mormora con voce rotta la signora Esme.
Un bambino morto… Il mio cuore piange per quella piccola anima.
Alice, seduta al mio fianco, riprende. «Avevo scoperto della foto ma all'inizio non avevo fatto parola a nessuno. Ho chiesto finalmente spiegazioni ai miei quando ho notato troppe cose in comune con Edward. Siamo come due gocce d'acqua! Quando mio padre e mia madre mi hanno spiegato la verità, ho chiesto a Edward di poter parlare. La prima volta che l'ho visto è stato per strada e nemmeno vi avevo fatto caso ma, dopo averlo studiato su alcune foto di giornale, mi vergogno ad ammetterlo, ho fatto delle ricerche e poi ho iniziato a seguirlo. Non sapevo nemmeno chi fosse e soprattutto, lui non sapeva nulla della mia esistenza. Per cui chiedere ad un completo sconosciuto una specie di appuntamento era assurdo. Edward ha spesso rifiutato fin quando non gli ho mandato una lettera nel quale spiegavo che non volevo in alcun modo importunarlo o altro. Dovevo solo parlargli di una questione urgente.»
«Quando Alice mi ha spiegato il tutto, all'inizio non volevo crederle. Una completa sconosciuta era venuta per sconvolgermi la vita e non mi andava affatto bene. Non avevo fratelli e sorelle e soprattutto i miei genitori erano solo quelli morti in un incidente stradale anni fa. Solo loro contavano. Ma più i giorni passavano, più il dubbio si insinuava in me. Non era stata l'unica a notare delle somiglianze, anche io l'avevo fatto. Quando l'ho ricontattata col biglietto da visita che mi aveva lasciato, non ero nemmeno più sicuro di voler scoprire la verità. Mi sembrava di star tradendo i miei genitori. Ma dovevo sapere. Se il mio cognome è Masen… o Cullen. E il test del DNA ha confermato che sono loro figlio» termina Edward indicando con un cenno del capo i coniugi Cullen.
La verità? Non ci sto capendo più nulla. Troppe informazioni tutte insieme, è troppo per me. Volevo una spiegazione? Edward mi ha accontentato fin troppo bene.
«Forse è meglio se vi lasciamo soli» sento dire dal signor Cullen.
«Sì, hai ragione. Edward…»
«Vi chiamo domani» interrompe mio marito sua sorella.
Era l'unica notizia buona della serata. Lui non mi ha mai tradito; in compenso, mi ritrovavo con dei suoceri e due cognati. Ma soprattutto, Edward si ritrovava con una famiglia al completo quando aveva vissuto per tutta la vita da solo.
Una parte di me voleva abbracciarlo e chiedergli come stesse. Un'altra era offesa per essere rimasta all'oscuro. Sono sua moglie, perché non dirmelo?
Sono talmente sconvolta che non mi rendo nemmeno conto di essere rimasta da sola in salotto. Sento però la porta chiudersi e i passi di Edward avvicinarsi sempre di più.
«Come ti senti?» mi chiede piano, quando è finalmente davanti a me.
Abbasso ancora di più lo sguardo, fissandomi i piedi. «Dovrei chiederlo io a te» ammetto controvoglia.
Non deve essere facile per lui ma non lo è nemmeno per me.
Non risponde, dandomi così conferma che dentro di sé sta soffrendo ma non vuole ammetterlo.
Alzo il viso verso il suo, scoprendo il suo volto stravolto dalla stanchezza. Da quanto tempo tiene dentro di sé un segreto più grande di noi due messi insieme? Non voglio essere arrabbiata con lui, specialmente in un momento così difficile. Voglio stargli vicina. Ma come faccio se mi ha tenuto nascosto tutto?
«Perché non me l'hai detto?»
Edward si avvicina sedendosi accanto a me. «All'inizio non ti ho detto di Alice perché non volevo che ti preoccupassi di una donna qualsiasi. Quando mi ha rivelato tutto, ho continuato a non dirti nulla per non farti preoccupare inutilmente. Non le credevo, perché farti stare male? Ma quando ho scoperto di essere un Cullen… Non lo so. Non ti ho detto nulla forse perché mi vergognavo. Mi hai conosciuto come un Masen, che avresti detto quando sarei diventato un Cullen? E l'ho scoperto da poco, il test del DNA ci è stato dato in questi ultimi giorni.»
Okay, capisco le sue motivazioni. Voleva proteggermi e una parte di me lo ama sempre di più. L'altra, capisce ma non accetta.
«Avresti dovuto dirmelo. Non sarebbe cambiato nulla. Non mi interessa il nome che porti ma come sei dentro. E per colpa tua ho quasi fatto i bagagli pronta per ritornare a Forks» lo rimprovero duramente.
Mi sento in colpa: lui sta soffrendo e mi ci metto pure io? Però non posso farne a meno. Deve capire che una moglie non serve solo per riscaldargli il letto e per divertirsi ma per condividere anche ansie, preoccupazioni e problemi.
«Come hai potuto pensare che avessi un'amante?» sbotta lui, come improvvisamente offeso.
«Cosa avrei dovuto pensare, Edward? È da un mese che sei strano, come se mi nascondessi qualcosa. Poi ti sento parlare con una certa Alice riguardo al fatto che non riesci più a mentirmi e mi devi dire la verità! Come avrei potuto pensare ciò che nascondevi per davvero?» gli domando.
Almeno io ho avuto la forza di resistere; non so se lui si sarebbe comportato come me.
Di fronte alle mie parole, annuisce. «Hai ragione. Ti chiedo scusa.»
Sospiro, avvicinandomi a lui e sedendomi sulle sue gambe. «Voglio solo che mi prometti una cosa: qualunque altra cosa che ti farà stare male, voglio che tu me la dica. Ti starò vicino come meglio posso. Sorvolerò oggi ma non lo farò una seconda volta.»
Lo faccio perché anche io gli ho nascosto il mio ritardo. Se mi arrabbiassi di brutto per questo, sarei un'ipocrita visto che desidero che prenda bene la novità.
Mi lascia un veloce bacio sulle labbra stringendomi più forte. «Te lo giuro. Non ti nasconderò più niente, ogni cosa la condividerò con te. Se non l'ho fatto in questa occasione, è perché erano semplicemente dei sospetti… Non volevo preoccuparti inutilmente.» Annuisco, capendo ciò che intende. «Anche se comunque ti ho fatto preoccupare ugualmente senza volerlo. Voglio solo che tu sappia che se ti ho trattato male senza volerlo, ero solo stressato. E che tu sei l'unica donna che voglio. Mi hai capito?»
Ed è così chiaro ciò che prova per me! Mi ama esattamente come lo amo io.
«Devo dirti una cosa. Anche io ti ho nascosto una cosa ed è il motivo per cui non ho fatto tante storie. Se mi arrabbio io, ti arrabbierai pure tu e non voglio» aggiungo improvvisamente agitata.
Cos'è più grave, che il marito nasconda alla moglie di essere stato adottato o che lei nasconda a lui di stare forse aspettando un bambino?
«Cosa c'è?» mi domanda confuso.
«Ho un ritardo, Edward.»
Lo fisso in attesa di una reazione. Sembra preso alla sprovvista.
«E… e sei andata da un medico?»
Scuoto la testa senza smettere di fissarlo. «Volevo prima parlarne con te…»
Lui sorride radioso, facendomi perdere un battito. «Sarà la prima cosa che faremo domani. Verrò anche io.»
E sorrido anche io. Non ho bisogno di altro. O forse sì.
«Ti amo» sussurro circondando il suo collo con le mie braccia.
Mio marito appoggia la sua fronte alla mia. «E io amo te. Tantissimo.»
Adesso davvero non ho bisogno di altro, non quando il suono delle sue ultime parole fa da eco al nostro bacio.
 
 
 
Spazio autrice
 
Come vedere sono riuscita a creare un po' di suspense senza dover per forza fare cornuta Bella. Sono più che convinta che alcune creino una situazione così (Edward che tradisce Bella) o perché sono troppo giovani per capire cosa significa “perdere la fiducia” o perché non sanno più che scrivere per allungare la storia. #opinioni.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. Io vi avevo detto di non preoccuparvi ;) Lieto fine, come potete vedere, assicurato. :)
Il prossimo è l'epilogo ç__ç
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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