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Autore: mikaru99    20/05/2013    3 recensioni
Gaara è un principe che, dopo la morte della madre, si trova a vivere con un padre che lo odia e i fratelli così presi dagli impegni con il regno da non aver tempo da dedicargli...tanto che imparerà troppo presto cosa è l'odio e che l'amore è solo un'illusione temporanea...ma qualcuno gli dimostrerà il contrario...
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara , Temari | Coppie: Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Salve a tutti!
Sono ancora qui a rompervi le scatole con un altro dei miei folli capitoli di bassa lega!
Comunque mi dispiace comunicarvi che per un po' non aggiornerò le storie a causa della scuola! Ho pensato di pubblicare l'ultimo capitolo di questa prima parte della storia!
Ma state tranquilli, trornerò con una nuovo capitolo prima di quanto pensiate! Diciamo che posso concedervi massimo fino a metà giugno...poi tornerò più folle di prima!
Intanto mando un saluto caloroso a tutti!



Trascorse il tempo.
Sei mesi erano passati, da quel giorno.
Gaara aveva fatto molti progressi e da aveva affiancato all’addestramento di base, un po’ di lotta.
“Attacca” disse il re deciso.
Senza esitare il principino sferrò un calcio contro il petto del padre prima di piegarsi per schivare la sua risposta.
Il suo fisico si era irrobustito e la sua agilità era aumentata in maniera esponenziale, ma era ancora troppo debole e...
Un pugno del monarca si infranse contro il petto del figlio che gemendo crollò a terra.
Un fiotto di sangue gli salì alle labbra.
Il re non gli risparmiava nulla.
Era sempre freddo, scostante e violento.
Non capitava di rado che lo riducesse ai minimi termini.
Spesso non aveva neanche la forza di tornare nella sua stanza, con il corpo ferito e l’animo a pezzi.
Niente pareva scalfire la sua rigida compostezza. I suoi occhi neri non mostravano mai calore, mai un briciolo di considerazione.
Solo freddezza.
Inutile sperare in qualcos’altro.
Anche adesso, tutto ciò che ottenne fu:
“Alzati”
Gemendo, Gaara si rimise in piedi.
“Ricorda sempre che il nemico non ha scrupoli. O lo uccidi o sei morto. Nessuna debolezza è ammessa in battaglia”disse il re duro prima di colpire nuovamente.
Dopo un paio d’ore, e una ventina di colpi incassati, Gaara fu liberato da quella massacrante tortura.
“Torna nella tua stanza” disse il sovrano voltando le spalle.
Gaara rimase a osservarlo interdetto.
Pensando di non essere andato male quel giorno si azzardò ad avanzare una richiesta.
“Mio signore” disse titubante.
Il re si volse a guardarlo, sorpreso per quella iniziativa.
Era assodato come Gaara parlasse solo se interpellato.
Doveva frullargli per la testa qualcosa d'importante per spingerlo a parlare.
“Cosa vuoi?” chiese in tono duro.
“Sono mesi che non vedo altro che la mia stanza e la palestra. Posso fare un giro per il castello o magari fuori?”
Vegeta inarcò un sopracciglio.
Tutto qui?
Un giretto per il castello?
Con un gesto di sdegno, rispose seccato.
“Scordatelo. Tu non puoi esprimere opinioni, solo obbedire, ora vattene” Gaara abbassò la testa, sconfitto.
Come aveva potuto sperare di convincerlo?
A lui non importava affatto cosa desiderasse.
Afflitto girò sui tacchi e si avviò verso la sua stanza.
Ma la tentazione di disobbedirgli era troppo forte.
Ignorando i suoi ordini decise di uscire.
Solo un paio di minuti.
Nessuno se ne sarebbe accorto.
Badando bene a non fare rumore, il piccolo principe sgattaiolò verso l’esterno del castello.
Camminò per i lunghi corridoi vino ad arrivare al grande portone d'uscita.
Lo aprì e, quatto quatto, uscì.
La prima cosa che percepì fu la nostalgia dell'aria pura.
Era elettrizzante ritrovarsi nuovamente all’aperto.
All’improvviso qualcosa andò a sbattere contro di lui.
Il principe si volse velocemente, assumendo d’istinto una posizione di
difesa, pronta a combattere se necessario.
Ma non fu il caso.
Sorpresa notò un paio di occhi scuri, guardarlo sorpresi.
Un sorriso si delineò sulle labbra del bambino.
Improvvisamente ebbe l’impressione di essere tornato a vivere. 
“Ciao, Mistuki” sussurrò.
“Ciao, Gaara”
Entrambi tornarono a sorridersi dopo tanti mesi, in cui non si erano più potuti vedere né, tanto meno, sentire.
Restarono qualche minuto in compagnia a parlare del più e del meno, a passeggiare e a rincorrersi per i giardini.
Poi, però, preoccupato all’idea che il sovrano potesse scoprire la sua fuga, Gaara rientrò rapidamente nel castello precipitandosi nella sua stanza.
Il cuore che batteva all’impazzata.
Aveva ritrovato la sua ragione di vita.
 
 
 
“Kankuro, hai idea di dove sia tuo fratello?” chiese il re.
“Non proprio, signore. Perché?” chiese tranquillo.
Il re sogghignò.
Era il momento di insegnare al suo caro figlio qualcosa che non avrebbe dimenticato per il resto dei suoi giorni.
Il re si allontanò senza aggiungere altro.
“Smettila, Mitsuki. Basta” disse Gaara ridendo divertito, cercando di scappare mentre l'amica lo ricorreva.
Quell’affetto che Mitsuki gli dava era cibo per la sua anima martoriata da dubbi e paure.
L’unica luce in un tunnel di tenebre dove il padre si adoperava a farlo vagare.
“Ti diverti?” chiese improvvisamente una fredda voce alle sue spalle.
Una voce che gli fece correre un brivido gelido lungo la schiena. Spaventati, i ragazzini si voltarono rapidamente a fronteggiare il sovrano, mentre il cuore balzava dolorosamente nei loro petti.
“Mio signore” disse Mitsuki abbassando la testa.
“Era da tempo che mi domandavo quanto grande fosse l'affetto fra te e mio figlio” disse re, in tono tutt’altro che rassicurante.
Gaara alzò lo sguardo a incontrare i gelidi occhi neri del padre, ma non osò ribattere, giacché il suo solo sguardo sapeva incutergli terrore.
Il sovrano si avvicinò alla piccola.
Lo sguardo freddo, che non tradiva minimamente le sue reali intenzioni.
“Spogliati” disse poi, semplicemente.
“Come?” trasalì la bambina, non comprendendo le sue ragioni.
“Hai capito perfettamente. Spogliati” ribadì il re.
“Mio signore. Prometto che non vi sfiderò più…Ma ti prego…” intervenne Gaara confuso, mentre le lacrime iniziavano a pungergli gli occhi.
“Spogliati” ripeté freddamente il sovrano, ignorando il figlio.
Nessuna pietà sul suo volto.
Notando l’indecisione sul viso impaurito della bambina prese l’iniziativa. Con un gesto brusco e rapido al contempo, le strappo i vestiti di dosso osservandola poi con attenzione.
“Carina…Ci tieni tanto a quanto vedo” disse il re in tono mieloso, rivolto al figlio.
Gaara si sentì sprofondare sempre più nella disperazione quando si accorse di essere immobilizzato dalla vita in giù e che gli occhi gli si spalancarono senza lasciarlo il consenso di chiuderli.
Gli occhi dilatati per lo sconcerto, Mitsuki restò a fissare il volto impassibile del re.
“Per…per favore” balbettò disperata.
L’istinto le aveva fatto intuire le sue intenzioni.
“Come hai detto?” chiese il re, fingendo di non capire, mentre la sua stretta diventava sempre più ferrea, senza preavviso la gettò sul letto di Gaara e le se distese sopra coprendola con il suo peso.
In verità Gaara non riuscì a capacitarsi di ciò che stava avvenendo, non vedeva le lacrime di dolore, non udiva le urla di disperazione della sua piccola amica che si fecero sempre più fioche fino a scomparire.
Fu allora che Gaara riassunse un minimo di capacità di esprimersi.
“No…ti prego…farò tutto quello che vuoi…ma ti prego…lasciala andare” esclamò il principe mentre le lacrime cominciavano a rigargli il viso.
“Ah, sì!” esclamò l'uomo sardonico.
Accadde tutto troppo velocemente.
Il re alzò il Kunai mirando alla gola della piccola, che intanto giaceva svenuta sulle bianche lenzuola, poi, con un lampo metallico negli occhi lo abbassò velocemente.
Un attimo dopo le candide lenzuola di macchiarono di rosso.
Del sangue di una creatura meravigliosa che ora veniva salvata dalla sua disperazione dalle fredde braccia della morte.
Mitsuki non c'era più.
“NO!” urlò il principe mentre un dolore sordo gli invadeva l’anima.
Perché?
Perché l’aveva fatto?
Che colpa aveva Mitsuki?
Con un gesto disgustato, il re gettò si staccò dal corpo della fanciulla poi attese, paziente, la reazione del figlio.
Reazione che non si fece attendere.
Gaara avvertiva solo il sordo battito del proprio cuore, rimbombargli nelle orecchie.
Il fragile equilibrio che si era creato, al quale si era aggrappato per non impazzire si sgretolò come un cristallo infranto, facendo dilagare un fiume di dolore, frustrazione, pena e…odio.
Il corpo irrigidito nello sforzo della concentrazione.
Ogni muscolo contratto nell’incrementare quel sentimento violento e incontenibile.
Poi liberarlo in un spaventoso e lacerante urlo dall’amaro tono della disperazione.
Al fine…Quieta, come l’occhio di un ciclone, calò su di lui la consapevolezza.
Il respiro rallentò sino quasi alla normalità mentre gli occhi dell’innocenza venivano sostituiti da nere braci cariche d’odio.
Poi non ci fu altro da pensare, altro da provare, altro da capire…
“Maledetto” sibilò Gaara, gli occhi accesi da un risentimento grande quanto il mare.
Mitsuki era tutto quello che aveva, come aveva osato quell'uomo ucciderla davanti ai suoi occhi?
Avrebbe pagato per questo.
Il re fissò quello sguardo ardente con soddisfazione.
Perfetto.
A quanto pareva c’era riuscito.
Aveva atteso che si affezionasse alla ragazzina, perché più ci avesse tenuto più avrebbe sofferto per la sua perdita...e il dolore, lui lo sapeva bene, è l’anticamera dell’odio.
“Vuoi vendetta? Attaccami, moccioso. Non aspetto altro” disse ironico.
Quella sfida fu come la detonazione di una miccia.
Accecato dalla rabbia e dal dolore, Gaara partì all’attacco.
Non sentiva neanche i colpi che il re gli infliggeva, l’unica cosa che sapeva era che lo voleva…morto.
La  furiosa battaglia si spense mezz’ora dopo.
Quando, stanco di lottare, l'uomo lo colpì alla base del collo mettendolo al tappeto.
Gaara giaceva ora inerme, sconfitto e afflitto ai piedi del suo “signore”.
Si sentiva vuoto.
“Ora sai odiare” disse il re compiaciuto “Non ti impedirò di procurarti un altro passatempo. Ma ti avverto. Se mi disobbedirai ancora, lo farò a pezzi. Ogni volta che non obbedirai distruggerò qualcosa a cui tieni. Qualunque cosa sia. Hai capito?”
Gaara si passò una mano sugli occhi, ad asciugare lacrime e sangue.
Suo padre gli aveva impartito una punizione durissima, era stato spietato, ma era anche stato chiaro.
Non gli avrebbe impedito di procurarsi una distrazione o un piacere, ma glielo avrebbe strappato se avesse disobbedito.
Aveva sbagliato, ma non avrebbe commesso ancora lo stesso errore.
Se non ami non soffri.
E lui non avrebbe più permesso a sé stesso di offrirsi all’ira del re.
Il sovrano rimase a fissarlo ancora per qualche istante ma poi girò sui tacchi e se ne andò, aveva ottenuto il suo scopo, non gli interessava altro.
Gaara rimase a fissare la schiena del padre, finché non scomparve alla sua vista, poi rivolse lo sguardo al sangue vermiglio che era arrivato a toccare i suoi piedi nudi.
Era stato debole, non lo sarebbe stato mai più.
Con un gesto rabbioso, mentre le lacrime rigavano il suo volto, richiamò a la sabbia che si riunì intorno al letto con sopra Mitsuki disintegrandolo e con esso, distruggendo tutto quanto di buono regnava in lui.
Crudelmente, il re aveva mostrato a Gaara la via dell’odio, della vendetta, del desiderio di combattere e di uccidere.
Crudelmente aveva imparato che l'amore è solo un'illusione temporanea…

 
  
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