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Autore: nigatsu no yuki    20/05/2013    4 recensioni
Quelle foglie rossicce avrebbero avuto un'intera storia da raccontare, una storia lunga un anno. Dalla loro nascita in primavera, fino alla loro caduta in autunno.
Chara immaginava che la storia di ognuna di loro fosse diversa. E lei immaginava di ascoltare quel racconto fantastico sussurrato dal vento che spirava nella foresta. Da lontano avrebbe anche sentito un ululato, quello l'avrebbe fatta sorridere e ricordare che, a volte, incontri qualcuno davvero speciale tra gli alti alberi, il muschio freddo e le foglie cadute.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autumn Leaves

 
 
 
Leggere, con il vento pungente a lambirle il viso, la faceva sentire terribilmente viva. Ogni parola che dalla carta arrivava alla sua mente sembrava quasi congelarsi per colpa di quel freddo; come se fosse la brezza stessa a volere che quel testo fosse ricordato nel suo più piccolo dettaglio.
Era un lavoro inutile però quello, dato che Chara conosceva già troppo bene quel libro ed esso conosceva lei. Si erano incontrati tanto tempo prima e la ragazza era stata subito conquistata da quella storia, dall'amarezza in bocca che le lasciava il finale triste e dall'odore delle pagine sfogliate sempre con avidità.
Voltò una di queste e vide qualcosa svolazzarle vicino, fino ad atterrare sul libro aperto.
Prese in mano quella foglia rossa, alzandola appena, e guardando le intricate venature in controluce.
Sorrise quasi senza accorgersene, poi rimise la foglia proprio dove era caduta e chiuse il libro.
Sua mamma non capiva perché Chara rileggesse ogni anno quel libro, certo la figlia era spesso solitaria, aveva più libri che amici e amava guardare il cielo la notte. E insieme a quello amava anche l'autunno.
Chara non aveva mai spiegato a nessuno perché ogni anno leggesse il suo libro preferito in autunno, forse perché una vera motivazione neanche c'era.
La ragazza si voltò per guardare il bosco che si espandeva dal limitare del giardino dietro casa sua e che si arrampicava coraggiosamente su per le montagne.
Il vento si era fatto più fresco, ma lei non se ne curò.
Perché Chara amava tutto ciò che sapeva d'autunno: il suo libro preferito ambientato proprio in quella stagione, il vento che si faceva ogni giorno più freddo, i temporali preannunciati da nubi scure, quel timido sole che a volte riusciva a vincere ed avere il primato nell'azzurro cielo tutto il dì, i boschi in fiamme, così colorati solo perché il mondo noi sia totalmente grigio.
Il vento quel giorno portava anche l'odore della pioggia, mischiato con quello del muschio e della resina.
Chara amava quegli odori caldi che arrivavano dalla foresta fredda.
Per lei erano la dimostrazione che l'autunno non portava alla morte della natura, era solo l'espressione migliore di quest'ultima.
Cosa c'era di più bello nel sentire la foresta che si preparava al freddo? Sapere che gli animali facevano provviste per affrontare l'inverno? Vedere gli alberi tingersi di fuoco?
Quello era il suo miglior abito dell'anno, la foresta indossava in modo elegante il suo vestito rosso, era pronta per la sua ultima sfilata prima di fuggire a mezzanotte. Dopo avrebbe lasciato cadere per terra le sue foglie d'autunno che avrebbero colorato per pochi preziosi giorni il terreno umido di pioggia, geloso di quella bellezza che lo toccava solo da lontano.
Ma l'autunno era anche il primo fuoco acceso nel camino, il gelo che scacciava quel caldo opprimente durato l'intera estate, il ritorno delle piogge e a volte anche della prima neve.
Era le castagne e i funghi, era il silenzio pieno di suoni della foresta in fermento ed era l'arrivo del cucciolo.
Chara si voltò appena nella direzione del sole che stava tramontando ad Ovest, lì nel folto della foresta c'era un piccolo sentiero che lei percorreva spesso. E due anni prima, camminando sulle foglie umide, immergendosi in quel bosco che amava, per osservarne i colori dorati direttamente dal suo interno, aveva trovato qualcosa.
Ma Chara preferiva pensare che avesse trovato qualcuno.
Si ricordava solo un piccolo guaito e aveva notato che vicino ad un cespuglio intricato un cucciolo di lupo stava cercando di acchiappare due farfalle in volo, mentre inciampava tra le sue stesse zampe, ed invece i due insetti leggiadri si innalzavano sempre più dal terreno, lontane dalla sua portata.
Chara però era indietreggiata istintivamente perché, anche se quella scena era davvero buffa e quello non era un lupo adulto, sebbene le dimensioni potevano trarre in inganno un osservatore poco attento, lei capì che l'animale non dovesse avere più di sei mesi, realizzò che non poteva trovarsi da solo. Il suo branco doveva essere lì vicino e incontrare una decina di lupi mentre era da sola nel bosco non era nei suoi piani.
Il cucciolo però l'aveva notata e guardandola con curiosità si era avvicinato piano, ora che il suo pelo era illuminato dal sole che si insinuava tra le alte fronde degli alberi, Chara poteva vedere che era tutto sui toni del marrone, da quello chiaro sul torace fino al rossiccio sulla schiena e sul capo, in più aveva le orecchie più scure, quasi nere.
L'animale allungò il muso fiutando l'aria, gli occhi scuri puntati sulla ragazza. Dopo qualche secondo si sedette lì dove si trovava, mosse appena la coda alzando qualche foglia caduta, tirò fuori la lingua dalla bocca e non si distrasse da ciò che sembrava ora aver catturato la sua attenzione.
Chara invece era immobile, il suo buonsenso sembrava esser stato spazzato via dal vento leggero che si era alzato.
Sapeva di dover andare via il più velocemente possibile, ma qualcosa la tratteneva, forse quella situazione così strana, forse quella sua innata curiosità, forse anche quegli occhi scuri enigmatici.
Non vi fu una mossa da parte di entrambi per parecchi minuti. L'unico movimento erano i rami scossi dalla brezza e le foglie ingiustamente strappate che docili cadevano tutt'attorno; il profumo di funghi, muschio e resina sembrava più forte quel giorno.
A muoversi allora fu il lupo: si alzò ed andò incontro a Chara che non ebbe la forza di spostarsi. Forse ora la sua curiosità si era trasformata in paura, la stessa paura che aveva quando andava alla casa di riposo a trovare sua nonna, temendo di non trovarla più lì, oppure quando vedeva i bambini davanti a casa sua attraversare la strada rincorrendo un pallone calciato troppo forte. La morte la spaventava, più di ogni altra cosa, forse più quella degli altri, che la sua. In quel momento però ebbe paura per se stessa.
Il cucciolo arrivato davanti a lei sporse il muso, finché il suo naso nero ed umido sfiorò la mano di Chara, quando si allontanò la guardò ancora, poi correndo tornò nel bosco e così sparì, inghiottito dal vortice di foglie che si erano alzate al suo passaggio.
 
La ragazza si riscosse dai suoi pensieri chiudendo appena gli occhi: i raggi del sole avevano squarciato le spesse nubi illuminando un'ampia parte del giardino. Chara strinse la copertina del libro godendosi quel sole pallido, piacevolmente tiepido.
Ripensare a quel giorno nel bosco le metteva allegria, ma anche tristezza. Era come aver trovato qualcosa di talmente importante da sentirne terribilmente la mancanza quando questo ci sfuggiva dalle mani, mentre noi cercavamo di riprenderlo invano; come aspettarsi di poter catturare la leggera nebbia che la mattina d'autunno copriva ed annegava il bosco e il giardino.
E di giorni come quello ce n'erano stati molti altri, infatti dopo l'incontro nel bosco quello strano cucciolo era comparso nel suo giardino, quasi come se fosse stato attratto da altre due farfalle arancioni e nere.
Appariva sempre all'inizio del piccolo sentiero e si acquattava dietro le basse fronde seguendo ogni suo movimento.
I primi giorni Chara si era molto spaventata, ma non aveva detto nulla alla madre per paura che potesse chiamare qualcuno che avrebbe fatto male a quel cucciolo.
Lei rimaneva sempre al suo posto, all'ombra del suo albero, il libro in mano che leggeva con avidità, ma con un occhio sempre attento ai movimenti dell'animale. Quello, d'altra parte, avanzava ogni giorno un po' di più.
Sembrava un bambino che si avvicinava di soppiatto all'albero di Natale attorniato da pacchetti colorati. Voleva sbirciare sotto la carta di questi, voleva sapere, ma non si osava perché era tenuto ben sott'occhio dai genitori, che gli ordinavano di aspettare, perché dopo la sorpresa sarebbe stata più bella.
Alla fine lui si era appostato proprio vicino al suo albero, lasciandole libero il posto. Lei all'inizio si era seduta titubante, ma il cucciolo non l'aveva mai messa in pericolo, quel suo strano comportamento quasi domestico, lo faceva rimanere lì seduto, completamente concentrato su Chara.
‹‹Ce l'hai un nome?›› aveva chiesto lei.
Come risposta il lupo aveva tirato fuori la lingua, facendola penzolare dalla bocca.
‹‹Puoi stare qui se vuoi- aveva continuato lei -io leggerò››
E così lei aveva cominciato a leggere ad alta voce, ogni giorno, sotto quello sguardo attento, forse troppo intelligente per appartenere ad un cucciolo.
Lei, con il tempo, si era abituata a quegli occhi fissi, riuscivano quasi a darle un senso di pace; sembrava strano, ma forse aveva trovato qualcuno con cui condividere la sua passione per la lettura.
Chara lo aspettava ogni giorno, mentre le foglie cadevano sempre più frequentemente, mentre i temporali lontani fendevano il cielo. Lo sentiva arrivare perché l'odore di resina e muschio era più forte, perché quello strano rapporto la riusciva quasi a riscaldare, quando la sera il vento cominciava a spirare freddo.
Ma la ragazza non aveva preso in considerazione che tutto quello potesse finire. Il giorno del solstizio d'Inverno, quando ormai gli alberi alzavano i rami scheletrici al cielo, del vecchio abito rosso della foresta non rimaneva che qualche foglia sgualcita, il cucciolo non era più venuto.
All'inizio si era spaventata: poteva esser accaduto qualcosa a quel lupo, poi si era convinta pian piano che forse aveva trovato il suo branco, poteva essersi spostato, andando dall'altra parte della montagna, dove la foresta era più libera.
 
Chara si alzò chiudendo il libro con quella foglia rossa a tenere il segno, l'autunno anche quell'anno stava finendo e lei voleva goderselo al massimo.
Ma le mancava qualcosa: se due anni prima aveva incominciato a conoscere il cucciolo, l'anno precedente lui si era ripresentato, come se non se ne fosse mai andato, gli ultimi giorni di Settembre.
Con sé aveva portato gli odori dell'autunno; pian piano la temperatura si era abbassata, le piogge erano diventate più frequenti, i funghi e le castagne avevano ricominciato a crescere, il fermento all'interno della vegetazione era diventato chiassoso, ma rilassante e le chiome degli alberi avevano indossato il loro abito da sera rosso.
Chara non si era spaventata poi con l'arrivo dell'inverno, sapeva che lui sarebbe tornato l'anno dopo, ma si sbagliava.
Arrivata sulla soglia di casa Chara si voltò a fissare la foresta: una pace interiore la invase anche se spesse nubi nere coprivano le cime delle montagne.
Molta gente non riusciva a cogliere la bellezza in tutto quello, d'altronde molta gente non riusciva neanche a capire Chara.
Il suo sguardo esitò su quello che sembrava un gufo, che in lontananza si era alzato pigramente in volo.
Sospirò chiedendosi perché quell'anno il cucciolo non fosse venuto, a metà Novembre non c'era stata traccia di lui. Indugiò ancora un po' sulla porta respirando a pieni polmoni, il profumo della foresta la fece sorridere, forse quasi con nostalgia, mentre il vento faceva volare qualche foglia rossa.
Si sentiva bene, anche se forse qualcosa mancava nel suo cuore, aveva trovato un amico e ora l'aveva perso: l'autunno le aveva regalato quella gioia, e probabilmente adesso gliel'aveva tolta, ma non poteva sapere se questa non sarebbe rispuntata l'anno dopo sotto le foglie cadute.
Amava l'autunno perché la rappresentava e perché, ogni volta, sebbene sperasse di conoscerlo al meglio, lui la sorprendeva sempre.
Si chiuse la porta alle spalle troppo in fretta forse, e quindi non notò al limitare del giardino due farfalle nere ed arancioni che di rincorrevano tra il vento.
 
 
§ § §
 
 
Quella sera la foresta era stranamente silenziosa, quasi in modo irreale. L'unico suono udibile erano le foglie secche che si spostavano al passaggio di qualcuno. E mentre questo qualcuno passava la foresta taceva per poi rianimarsi quando lui era lontano.
E continuava a correre sentendo i suoni lontani della foresta in quella notte buia, corse finché non arrivò ad una piccola radura al centro della quale c'era un vecchio pozzo in rovina, dove l'edera vi si arrampicava sopra, insinuandosi tra le rocce smussate.
L'aria non era poi così fredda, era solo piena di odori contrastanti, odori lontani e vicini, antichi e presenti.
Fece il suo ingresso in quello spiazzo naturale un cucciolo di lupo. I suoi profondi occhi si posarono sulle pietre erose dal tempo e sul legno marcio. Avanzò piano mentre il suo aspetto mutava: la pelliccia scompariva mentre si alzava in posizione eretta, al posto del muso apparve un volto umano incorniciato da capelli color mogano, due occhi scuri continuarono a fissare le pietre illuminate dalla notte.
Nem non avrebbe saputo dire la sua età, ricordava solo che lui esisteva da molto prima che quel pozzo fosse stato costruito, quando al suo posto c'era solo una grande quercia, poi abbattuta da un fulmine.
Nem aveva visto passare per la sua foresta moltissimi uomini, così tanti, con cuori ed emozioni così diverse, molte volte pieni di rabbia ed odio verso la natura, e mai era riuscito a capirli fino in fondo.
Nem aveva l'aspetto di un cucciolo di un lupo, ma anche quello di quegli umani che non riusciva a comprendere.
Nem vegliava sulla sua selva da sempre.
Avevano dato molti nomi a Nem: quello che gli piaceva di più era Spirito della Foresta.
Perché l'essenza di Nem era in quella stessa natura che aveva sempre protetto, soprattutto dagli uomini.
Fece un salto elegante atterrando sul pozzo in piedi, vi guardò il fondo senza però vedere nulla.
Una ventata scosse le chiome degli alberi facendo alzare una nuvola di foglie rosse ormai secche.
Nem allungò una mano e alcune di queste caddero sul suo palmo aperto.
Aggrottò la fronte pensando, chiedendosi il perché di molte cose.
Perché si era avvicinato così tanto ad un essere umano? Non l'aveva mai fatto, qualcosa gli aveva sempre detto che era sbagliato: lui era la foresta, quella che gli umani tanto ardentemente cercavano di dominare.
 
‹‹Amo l'autunno sai, riesce ad avvicinarmi tanto alla natura, riesce forse a farmela capire un po' di più, anche se non ho la presunzione di poter dire di aver scoperto tutti i suoi segreti››
 
Era stato quindi l'autunno a farlo avvicinare a quella ragazza?
Nem lasciò cadere le foglie che subito furono trascinate via dal vento, lontano verso la montagna.
Lui sapeva che non avrebbe dovuto incontrare quella ragazza, sapeva che non sarebbe dovuto tornare la stagione successiva, ma l'aveva fatto.
Si sedette sul bordo del pozzo lisciandosi i pantaloni graffiati e mal ridotti, unico indumento che portava addosso quando aveva aspetto umano.
Nem non aveva mai sentito nulla dentro di sé a parte il vento che soffiava, l'erba che cresceva e gli alberi che si allungavano verso il cielo. L'unico sentimento che pervadeva il suo essere era una muta appartenenza a quella foresta che proteggeva, nient'altro.
Ma qualcosa l'aveva attratto verso quell'umana, forse una precedente curiosità che pian piano si era trasformata in ammirazione.
Perché Chara rispettava la sua foresta, rispettava lui stesso, amava gli alberi e amava il loro abito rosso dell'autunno; amava quella natura misteriosa e piena di vita che rappresentava anche la profondità dell'animo della ragazza.
Nem guardò il cielo notturno cercando di capire quelle sue azioni. Era entrato in sintonia con quell'umana, aveva visto del buono in lei.
Possibile che gli umani fossero buoni? Ne aveva incontrati forse troppi, ma nessuno quando entrava nella foresta era animato di buone intenzioni. Lei era diversa, profumava di quell'autunno che tanto adorava.
Nem scese da dov'era seduto pensando che forse si era sbagliato su di loro, forse c'era bontà anche nel loro cuore, Chara gliel'aveva dimostrato.
Non l'avrebbe più vista, non gli era permesso, ma avrebbe conservato il ricordo di quella ragazza stesa sotto un albero che leggeva assorta. Ogni autunno avrebbe pensato a lei.
Pian piano il suo aspetto mutò nuovamente, tornò quel cucciolo di lupo e si addentrò nella foresta, proprio mentre due farfalle nere ed arancioni volteggiavano leggiadre prima di trasformarsi in rosse foglie d'autunno e cadere a terra senza un suono.






 
La storia ha partecipato al contest "Le quattro stagioni" indetto da Aurora_Boreale e 9dolina0, sul forum di efp.



























Angolo Autrice
Si, sono anche qui al fondo ^///^
Giusto qualche precisazione: non so bene da dove sia saltata fuori l'ispirazione per questa storiella, è la prima originale che pubblico e non credo sarà accompagnata da molte altre. Il tema è qualcosa che mi piace molto: la natura, gli animali e un pizzico di mistero :D
Spero abbiate gradito, a me è piaciuto molto scrivere queste poche pagine!
Quindi che altro dire? Boh mi sembra di aver parlato abbastanza, vi saluto e spero che qualcuno di voi abbia voglia di farmi sapere che ne pensa!
Alla prossima ^__^
   
 
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