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Autore: rosedodgson    21/05/2013    0 recensioni
"Guardami..." la sua voce, così simile alla mia... No, non voglio aprire gli occhi "Tu non hai più gli occhi. Ora guardami." Non riuscivo a respirare. Il mio cuore cozzava contro le costole, come se fosse impazzito. Un urlo nero, così silenzioso e brutale, esplose nel mio cervello. Voglio morire. Ti prego uccidimi. "Rose" disse lei con tono calmo e soave "Guardami e dimmi chi sei". No. Uccidimi. "Lo farò, ma tu ora devi dirmelo". Ti prego. "Guardami e dimmi chi sei". Odio, dolore e disperazione inquinarono la mia anima come mai era accaduto. Spalancai le orbite vuote e sanguinanti. Rose Dodgson. Una meretrice. Un contenitore. Una peccatrice.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PHOENIX
 

Eggs

 



“Allora” esclamai voltandomi con espressione torva e le mani sui fianchi “dove sono i cetrioli? E dov’è la crema?”
Scrutai la cucina come un avvoltoio. C’era solo un’altra persona oltre me.
“Mary? Sharon? Dove sono andate?!”  
Mrs Watson smise di girare lo stufato e mi sorrise.
“La signorina Lexington ha chiesto di avere due cameriere per potersi preparare per la cena…”
Boccheggiai sentendo il sangue andarmi direttamente al cervello.
“E non poteva andarci qualcun altro?!”
La cuoca fece un profondo sospiro, voltandosi di nuovo verso il pentolone“Ha richiesto le cameriere più giovani…”
Per alcuni secondi si udì solo il mestolo della donna a contatto con l’acciaio del pentolone. Il mio cervello stava letteralmente fumando.
“Vado a…. prendere le uova…” annunciai, con finta calma, prendendo un piccolo cestino.

Uscì dalla cucina, adiacente con il cortile. I miei passi incidevano il sentiero che portava nell’aia. Non ero arrabbiata, ero furiosa. Non tanto per il fatto di essere in ritardo con tutti i preparativi per la cena, non per il fatto che avevo lavorato durante l’ora di pranzo per poter finire il lavoro di Kevin in anticipo, non per il fatto di essere quasi stata uccisa da un baule solo per far felice il capo. Ero furiosa perché lei era appena tornata e già comandava tutti come se ci fosse solo lei.

Dorothy l’Egoista, Dorothy la Presuntuosa, Dorothy la Falsa.

Scaccia due povere galline con un piede e mi misi a cercare delle uova.
Se non fosse stata la nipote del capo l’avrei già presa a sberle. Maledizione. Ahi!
Una gallina mi aveva appena beccato una mano. Dopo aver inspirato profondamente iniziai ad urlare. Non per il dolore, quello era il minimo, ero abituata a peggio, molto peggio; urlavo perché ero arrivata al limite. Bestemmiai con tutta la voce che avevo contro le pennute che scappavano terrorizzate. Sentii tutti i muscoli ingrossarsi, i tendini e i nervi tendersi. Il calore iniziò a diffondersi dal braccio sinistro. Ero un vero e proprio mostro.
 

_________________*:*_________________

 
“Voglio anch’io dei fermagli così!”
“Io invece desidero indossare uno dei suo bracciali di perle, oppure quello di zaffiri…”
“No no, meglio: mi farei fare una collana di perle e zaffiri, lunga lunga, in modo che il mio collo sia coperto di gioielli!”
Sharon si fermò nel corridoio e si pose una mano alla base del decolté già sviluppato. Inclinò il viso ed allungò il collo. Sembrava una di quelle dame di alcuni secoli prima.
“Vostra maestà!” esclamò Mary facendo un inchino “i vostri gioielli sono meravigliosi!”
“Grazie Mary” rispose l’altra con voce profonda ed elegante. O almeno era ciò che lei pensava.
“Ma come fate ad avere sempre dei preziosi così belli, maestà!”
“Ovvio cara” disse Sharon muovendo la mano libera sotto il naso di Mary “devi sposare un uomo ricco!”
La recita finì all’istante. Con un sorriso divertito Sharon prese a braccetto l’amica ed iniziarono a canticchiare saltellando verso la cucina.

“Sposerò un uomo ricco
che mi paghi anche l’affitto,
che mi porti mille rose
e poi altre mille cose,
perle, zaffiri e rubini
senza mai chiedere bambini
senza chiedere o far domande
sennò lo lasciam senza le mutan..”


Erano appena entrate nella cucina. Mentre la Watson sminuzzava delle erbe, la signorina Rose si era voltata verso di loro senza smettere di sbattere le uova. Gli occhi scuri e gelidi della cuoca erano pieni di ira.
Erano nei guai.
“Bentornate…” se Sharon avesse potuto sarebbe scappata a gambe levate ” volete per caso che dica a Jeff di aggiungere due posti a tavola stasera, magari vicino alla signorina Dorothy?!”
Dopo un silenzio imbarazzato, Mary, tenendo lo sguardo basso, bofonchiò qualcosa.
“No! Non accetto nessuna scusa! Sapevate che vi volevo qui a lavorare! Sapevate che io sono piena di lavori da fare! Sapevate che sarei arrivata dopo e che volevo verdure e dolce già pronti E invece cosa succede?! Arrivo qui e, non solo trovo le verdure ancora intere e nessuna crema a raffreddare, ma scopro anche che voi non siete in cucina ma siete a perdere tempo nella camera della principessa ad imbellettarvi! Spero che vi siate riposate signorine, perché vi farò sgobbare ora! Sono stata chiara?! ”
Senza aspettare risposta, Rose si voltò e posò la ciotola.
“Per poco non facevo arrostire le galline...” disse tra se e sé cercando d calmarsi.
“Mary metti a bollire il latte, Sharon ripassa la farina, la voglio fine!”
Mary scattò a prendere il bollitore ma la mano di Sharon si strinse al suo polso. La prima guardò ad occhi spalancati la collega, quest’ultima scosse la testa. Anche Mrs Watson si era voltata silenziosa, e le fissava con sguardo interrogativo.
“Non sento i vostri passi, signorine, non abbiamo tempo da perdere…” disse Rose china sul suo lavoro.
Sharon aprì la bocca, ma Mary gliela coprì con una mano con sguardo terrorizzato. La castana si divincolò e disse, tutta d’un fiato:
“Dobbiamo subito tornare dalla signorina Dorothy, per acconciarle i capelli. Eravamo venute qui solo per avvis… “
Le mani di Rose avevano colpito il piano di legno sul quale stava lavorando. Per poco non si spaccò in due. Mary per lo spavento, si strinse a Sharon che stava fissando, immobile la lunga treccia bionda della signorina Rose. Si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro, come un serpente.
“Bene” sbottò la bionda “bene, bene, bene, bene, molto molto bene! Mary!”
Questa si irrigidì all’istante.
“Tu vai dalla signorina Dorothy! Appena hai finito torna qui! Sharon, tu rimani qua e farai anche il lavoro della tua compagna!”
Sharon sgranò gli occhi ancora di più. “No, aspetti…”
“Veloce vai a scaldare il latte e ripassa la farina… Mary esci subito di qui!”
Mary, il viso coperto dalle trecce nere, uscì senza guardare l’amica negli occhi.
Sharon non mosse un muscolo. Rose prese una seconda ciotola senza voltarsi.
“Sharon! Veloce!”
Mrs Watson fece segno alla ragazza di muoversi.
Mordendosi la lingua, la ragazza si avviò verso il grande camino. Tremava di rabbia e gli occhi le bruciavano. Era un’ingiustizia. Una grossa, enorme ingiustizia.
Mise il latte vicino al fuoco e andò a prendere il sacco della farina.
Era stufa di quella vita. Era stufa di dover essere la vittima preferita della signorina Rose, di quel mostro. Voleva diventare come Dorothy Lexington, bella, elegante, ricca come lei. Lei sì che era una donna vera, una vera dama. Lei non veniva sfruttata e maltrattata.
“Mrs Watson, per favore, controlli lo stufato e ci metta altro origano e alloro se non è abbastanza…”
La voce di Rose era severa ma di nuovo tranquilla.
Sharon iniziò a setacciare la farina.
Quella sarebbe stata l’ultima volta! Non si sarebbe più sporcata le mani così.
Da domani, sì, da domani sarà tutto diverso!
Per un attimo gli occhi verdi incontrarono quelli scuri dell’altra.
“Sono contenta che tu non sia arrabbiata Sharon, mantieni quel sorriso anche per il servizio in sala, va bene?”
  
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