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Autore: Lulyna89    22/05/2013    1 recensioni
Ritrovare qualcosa che si è perso è sempre difficile, soprattutto quando il tempo ha imparato a giocare a tuo sfavore e ha schierato in campo emozioni che non pensavi potessero esistere.
Christine. Vincent. Due presunti sconosciuti con un'attrazione quasi incontrollabile. Cosa li lega? Cosa nasconde il loro passato di così terribile da non poterli farli avvicinare?
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sbadigliai mentre continuavo a digitare e copiare tutti i documenti che avevano lasciato quella mattina sulla mia scrivania. Senza distogliere lo sguardo dal computer, ogni tanto, sorseggiavo lentamente il mio caffè caldo cercando di riprendermi, anche se, ogni tentativo, sembrava vano. Nonostante la sera prima, dopo la chiamata con Mason, avessi preso immediatamente sonno e i miei sogni fossero stati piuttosto tranquilli, la sveglia era decisamente suonata troppo presto; non ero neanche riuscita a fare colazione per arrivare puntuale in ufficio, dato che mi ero appisolata più volte, prima di svegliarmi del tutto.

La mia attenzione fu attirata da qualcuno che bussò alla porta della mia stanza.

“Buongiorno!”



Esclamò una voce maschile sveglia e pimpante, tutto l'opposto di come ero io insomma.

“Ciao Mason” Risposi istintivamente prima di alzare lo sguardo dal pc e guardare Mason appoggiato alla porta.

“Come è andata la serata? Ti sei divertito”.

Mi sorrise ed entrò, si sedette sulla sedia davanti a me con il suo solito fare da sbruffone e playboy. Quel suo modo di fare attirava qualunque donna in ufficio, giovani o meno; alto, con fisico atletico che risaltava anche sotto l'abito elegante che ogni giorno portava e con quegli occhi color nocciola che riuscivano a colpirti con un singolo sguardo, nessuna riusciva a non cadere ai suoi piedi. Durante il college, neanche a metà del primo semestre, avevo perso il conto di quante ragazze avessero provato ad attirare la sua attenzione e di quante venivano, puntualmente, scaricate alla fine del mese, per non dire della settimana.

Mason era proprio il genere di ragazzo consapevole del proprio fascino. Ed era proprio questa consapevolezza che lo portava a comportarsi da perfetto “stronzo”. Ma, erano proprio tutti quegli anni di conoscenza, che mi rendevano perfettamente consapevole del fatto che, ciò che avesse sempre cercato, era semplicemente una donna che lo facesse perdutamente innamorare, che gli facesse perdere totalmente la testa, che gli facesse provare il desiderio del “E vissero per sempre felici e contenti”. Ma che, nonostante i vari e molteplici tentativi, ancora non ne aveva avuto la fortuna di trovare.

“Vuoi tutti i particolari, non è vero? So che, anche se non lo dai a vedere, dentro di te muori dalla curiosità” Disse con un tono furbetto.

Sorrisi alla sua affermazione, sapeva benissimo come ero fatta caratterialmente e sapeva altrettanto bene che, proprio per la mia curiosità, mi doveva raccontare qualunque cosa gli accadeva. Le sue erano soltanto continue provocazioni alla mia tranquillità.

“Dai non farmi aspettare” Risposi con un tono alquanto entusiasta, quasi saltellando sulla sedia. Sembra che il sonno che, fino a pochi fa, intaccava la mia capacità lavorativa, fosse decisamente scomparsa: qualche storiella audace sarebbe stata nettamente più divertente di quelle solite scartoffie che, giornalmente, ricoprivano la mia scrivania.

“Questa volta era bionda o bruna?”

Con molta nonchalance, come se fossimo nel mio appartamento e non in un ufficio, Mason si sedette nella sedia di fronte a me, poggiò i piedi sul tavolo, nonostante il mio sguardo lo fulminasse, si distese un po' sulla sedia e, alzando lo sguardo verso il soffitto, cominciò a raccontare.

“Sai Chris, per una volta ti stupirò!” Esclamò sfoggiando il suo solito sorriso beffardo

“Ieri mi sono divertito, ho ballato, ho bevuto. Cose che a te sono naturalmente sconosciute dato che non mi fai mai l'onore di uscire” Disse in tono piuttosto saarcastico.

“Ma la fine della serata è stata diversa dalle solite: questa volta nessuna ragazza. Sono tornato a casa giusto per fare una doccia e cambiarmi prima di venire al lavoro, ma, nel mio letto, non ho lasciato nessuna con un biglietto di ringraziamento vicino al cuscino e la promessa di chiamarle.” Spostò lo sguardo dritto su di me e sulla piccola scollatura che i bottoni della camicia lasciavano intravedere.

“Beh, forse stai cominciando a crescere, mio caro ragazzaccio” risposi cercando di fare finta di niente nonostante la notizia mi avesse alquanto lasciato senza fiato.

“Rimane il fatto che uno di questi giorni devi spiegarmi qual è il tuo segreto” presi la tazza di caffè e ne bevvi un altro sorso.

“Sono andata a letto esattamente quando io e te abbiamo finito di parlare e, adesso, sto qui morta di sonno mentre tu, che non hai minimamente chiuso occhio, sei fresco come una rosa! Mason ti fai per caso di qualche sostanza stupefacente?”

Dentro di me sorridevo: sapevo che non lo avrebbe mai fatto, lui era un ragazzo da una notte e via, di quelli che si godono la vita al massimo, ma, di certo, non avrebbe mai avuto bisogno di droghe per farlo. Avrei messo la mano sul fuoco.

“Vuoi sapere il mio segreto?” Avvicinò la mano al mento facendo finta di riflettere intensamente “Quello per essere così bello, affascinante e così amato da tutti? Insomma come faccio a essere il tipo di chiunque?”

Ecco che se ne usciva con la sua solita storia!

“Beh se proprio vuoi venirne a co...”

Stava per continuare il suo discorso ma venne interrotto dalla segretaria.

“Signorina Anderson è appena arrivato il suo appuntamento delle undici.”

Spaventato da quell'entrata non annunciata, il ragazzo scese i piedi dalla scrivania ad una velocità mai vista e la sua espressione cambiò di colpo, sembrò quasi infastidito da quella interruzione. Si alzò di scatto e si diresse verso l'uscita, guardava fisso la ragazza ferma sulla porta, come se volesse farla sparire, ma, prima di varcare la porta, si girò verso di me dicendo: “Ci vediamo a pranzo.” accennando un sorriso.

Che strano comportamento, non avevo mai visto Mason fare così con qualcuno e non mi aveva neanche accennato che ci fosse dell'astio lui e la mia segretaria. Che fosse successo qualcosa?

Feci segno di sì con la testa e poi mi rivolsi alla ragazza che, con il suo tailleur rosso appena uscito dal negozio, aspettava ancora una mia risposta. “Danielle fallo pure accomodare”.

Mi alzai, pronta ad accogliere il cliente, e mi sistemai il vestito. Lo avevo comprato proprio il giorno che ero venuta a conoscenza della mia assunzione, era stato il mio regalo personale per avercela fatta; dopo tanto studio, tanti sacrifici e tanta fatica, ero riuscita a realizzare il mio più grande sogno. Da quel giorno erano ormai passati sei mesi e tutto andava a gonfie vele, ero stata accolta dallo staff con tanto affetto, almeno da quelli del mio stesso livello lavorativo; con i pezzi grossi, quelli conosciuti in tutta New York, raramente si entrava in contatto, se non dopo anni e anni di lavoro ai piani bassi, ma sapevo che sarei riuscita a realizzare anche quel mio sogno.

Mentre a Mason erano state affidate le prime cause civili che potevano essere portate avanti anche da chi aveva ancora poca esperienza, a me erano toccate le consulenze legali per le aziende. L'appuntamento che stavo per avere riguardava proprio un cliente che aveva deciso di aprire un locale e che, con il mio aiuto, avrebbe dovuto firmare una quantità, quasi disumana, di fogli pieni di condizioni per portare avanti quello che, magari, era il suo di sogno.

Lessi un attimo un attimo il suo nome, proprio prima di sentire i passi: Danielle era davanti la porta e stava facendo accomodare quello che pensavo fosse un signore di una certa età e non un ragazzo. Rimasi quasi bloccata a guardarlo: indossava dei pantaloni neri ed un lungo giaccone dello stesso colore gli copriva la parte superiore del corpo, che mostrava comunque il fisico possente che aveva ed una sciarpa grigia avvolta attorno al collo.



Ma non fu di certo il suo abbigliamento a lasciarmi quasi senza respiro; ciò che mi fece quell'effetto furono i suoi occhi.


Quello stesso colore che avevo visto la notte prima, nel mio incubo: quegli occhi che mi avevano attratto e che mi avevano brutalmente spaventata. Cercai di riprendermi mentre si avvicinava a me porgendo la mano.

“Salve.” Aveva un tono di voce basso e sensuale. “Lei deve essere la signorina Anderson.”

Gli strinsi la mano e feci un cenno con la testa per confermare la sua teoria.

“Buongiorno signor Carson, prego si accomodi pure” Gli indicai la sedia e, mentre prendeva posto, lo imitai. Dentro di me cercavo di trovare una qualunque cosa che potesse tranquillizzarmi ma sentivo come una strana elettricità, qualcosa che mi pervadeva interamente il corpo. Quelli del sogno sembravano degli occhi che conoscevo, proprio come le mani di quella figura incappucciata che avevo alle mie spalle, ma l'uomo che avevo davanti mi era sconosciuto. Presi i documenti e, cercando di non incrociare il suo sguardo, glieli porsi.

“Allora Signor Carson”

“Mi chiami pure Vincent, signorina Anderson!” Disse fermandomi, accennando un sorriso “Non sono poi così vecchio.”

Ricambiai, se pur controvoglia, quel sorriso e tornai con gli occhi sui fogli.

“Ho letto tutta la sua documentazione” evitai di pronunciare il suo nome dato che mi sentivo profondamente a disagio “e, a quanto pare, è tutto in ordine. Le sue pratiche sono state ineccepibili e, grazie al lavoro cominciato dalla mia collega, sembra che manchi solo qualche ultima firma e poi il suo locale sarà effettivamente a norma e potrà procedere alla sua apertura.”

Alzai lo sguardo e lo vidi fermo a guardarmi; era come se il suo sguardo mi stesse studiando attentamente in ogni dettaglio. Sentii le guance avvampare, il rossore si sarebbe fatto vedere da lì a qualche secondo, ma non potevo permettermi di farmi guardare in quelle condizioni. Presi tutti i documenti e glieli passai.

“Signor Carson” mi fermai guardando il suo sguardo che quasi mi accusava per averlo chiamato, di nuovo, usando il suo cognome “Vincent” mi corressi “queste sono quindi le ultime scartoffie che deve compilare. Mi raccomando le legga attentamente e se trova qualcosa che non la convince, ci chiami pure, siamo qui a sua disposizione. Una volta che li avrà letti e firmati potrà mandarceli via fax o se vuole fissiamo un nuovo appuntamento in caso avesse qualcosa da chiarire.”

Volevo finire quell'appuntamento nel minor tempo possibile e, il mio modo di fare, lo dava nettamente a vedere. Ma mi sentivo decisamente a disagio, impaurita, come se stessi rivivendo quell'incubo; quell'urlo si ripresentò nella mia mente con la stessa forza che aveva avuto la notte precedente. Istintivamente mi portai le mani alle orecchie e chiusi gli occhi, l'urlo si era trasformato in un fischio che sentivo, talmente forte, che pensavo mi avrebbe perforato i timpani da un momento all'altro. Stavo rivivendo quel sogno ma questa volta stava succedendo tutto nella realtà, in ufficio, davanti a quell'uomo e, nonostante stessi provando a lottare contro quello strano dolore, non ci riuscivo.

Sentii qualcuno appoggiarmi le mani sulle spalle e stringerle; quelle mani, quel tocco. “Christine stai forse impazzendo?” continuava a ripetermi la mia mente.

“Christine stai bene?” diceva il mio nome, lo conosceva. Mi feci forza, riaprii gli occhi e ritrovai Vincent accanto a me, con le sue mani che sfioravano le mie braccia; dovevo alzarmi e smetterla con quella che poteva sembrare solamente una brutta scenata, un po' d'acqua sul viso avrebbe sistemato tutta la faccenda, era tutto dovuto al poco sonno, mi era capitato altre volte e sarebbe passato come era sempre successo. Spostai la sedia dalla scrivania spingendomi lontano con le braccia e mi alzai, ma, in pochi secondi, accadde quello che non mi sarei mai aspettata; sentii cedere le gambe e, prima di ritrovarmi per terra, qualcuno mi afferrò. Avendolo avuto vicino in quel momento, pensavo mi sarei ritrovata faccia a faccia con Vincent ma, quando guardai il viso della persona che mi teneva tra le sue braccia, vidi i dolci occhi di Mason. Che ci faceva lì? E quando era arrivato?

“Mason” sussurrai con la testa ancora in fiamme: quel suono non sembrava avesse alcuna intenzione di lasciare liberi i miei pensieri.

“Stai tranquilla, Chris! Andrà tutto bene” sorrise dolcemente e quel suo sorriso sembrò essere di conforto. Le sue braccia mi alzarono come se fossi leggera come una piuma, la palestra che frequentava quasi giornalmente portava i suoi frutti, e, lasciando lì Vincent, mi portò dritto nel bagno delle donne. Entrò senza curarsi che al suo interno ci fosse già qualcuno e mi adagiò delicatamente sulla lastra di marmo dove erano poggiati i lavandini; mi sentivo già meglio grazie al suono che andava scemando sempre di più. Con le mani appoggiate sulla lastra fredda, seguii tutti i movimenti di Mason; era veloce ma al contempo preciso. Prese un asciugamano, lo piegò fino a renderlo un piccolo quadrato e lo intinse sotto l'acqua, che scorreva fredda dal rubinetto; dopo averlo bagnato per bene, si avvicinò a me e lo appoggiò sulla mia fronte.

“Se andare a letto tardi ti fa questo effetto, ricordami di non invitarti mai ad uscire!” Il suo sarcasmo non mancava mai, era presente in ogni occasione. Mi scappò una risata e vidi il suo sguardo illuminarsi mentre continuava a bagnarmi la fronte con quel panno. La freddezza dell'acqua sulla pelle mi regalava una sensazione gradevole.

“Non so cosa mi sia preso. So solo che ad un tratto ho sentito un rumore talmente forte nella mia testa che stavo per svenire dal dolore. Ma penso sia stata tutta colpa di un calo di pressione; stamattina, per la fretta, non sono riuscita a fare colazione.” risposi cercando di tranquillizzarlo; sapevo che, nonostante le battute, si era preoccupato.

“Per fortuna adesso sto meglio” Gli tolsi l'asciugamano dalle mani e lo poggia sul lavandino. “Piuttosto” riuscii a scendere dalla lastra e mi resi conto che questa volta le gambe sorreggevano il mio peso “come hai fatto a prendermi prima che svenissi? Non eri nell'ufficio ed è successo tutto così in fretta!”

“Non avevo nulla da fare ed ero rimasto da quelle parti ed ho visto tutta la scena” cercava di sembrare il più convincente possibile ma, dal suo tono, si capiva stesse cercando di nascondere qualcosa. “Adesso penso sia il caso che ti prenda una giornata libera e vada dritta a casa a riposarti.”
Non mi diede neanche il tempo di rispondere o di opporre resistenza che mi ritrovai stretto fra le sue forti braccia. Stavo per dirgli di farmi scendere, di lasciarmi andare dato che riuscivo tranquillamente a reggermi in piedi ma, come se già sapesse quello che stavo per dire, mi fulminò con lo sguardo. Ripercorse la strada al contrario, uscì dal bagno e passò dalla mia stanza, Vincent era ancora lì, come se mi stesse aspettando ma Mason non si fermò minimamente ed io riuscii solamente a guardare il cliente cercando di chiedergli scusa per tutto l'inconveniente solo con uno sguardo.

In pochi secondi, dopo che il mio cavaliere ebbe detto poche parole alla mia segretaria che lo guardava con occhi perdutamente innamorati, fummo fuori dall'ufficio e dall'edificio.

“Vuoi mettermi giù?” Lo guardai piuttosto arrabbiata dato che ero in uno dei luoghi più centrali di New York in braccio ad un ragazzo e con tutta la gente intorno che ci guardava neanche fossimo appena usciti da una favola. “Mi sento meglio e ce la faccio a reggermi”

Non rispose e, dato che non sembrava volesse darne alcun accenno di risposta, cercai di farmi forza e di spingere via le sue braccia ben allenate. Dopo qualche tentativo capì, finalmente, che stavo seriamente per arrabbiarmi e decise di farmi scendere, sistemai il vestito tutto spiegazzato e, pochi attimi dopo, un taxi fu davanti a noi. Mason mi aprì la portiera e, dopo avermi fatto entrare, mi seguì a ruota.

“Ehi!” Lo spinsi via “Mason non ho mica bisogno di una baby sitter che mi stia con il fiato sul collo. Ho semplicemente avuto un calo di pressione non sto mica morendo, vuoi smetterla di comportarti così?”

Dolcemente lui spostò la mia mano e la intrecciò alla sua “Se non sto vicino a te quando ne hai bisogno con chi altro dovrei stare?”

Non riuscii a ribattere e così mi misi comoda sul sedile, aspettando di arrivare a destinazione, con la mano ancora stretta a quella del mio compagno di tragitto.


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Ed eccomi con un nuovo capitolo di "Inside". Conosceremo meglio Mason che, finora, abbiamo visto di sfuggita e incontreremo un nuovo personaggio: Vincent Carson. 
Fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto, secondo voi, cosa è accaduto alla piccol Christine? È stato solo un calo di zuccheri? ;) 
Al prossimo episodio ;)

  
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