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Autore: Mary P_Stark    24/05/2013    3 recensioni
I vizi e le virtù di Nickolas Van Berger, magnate di prim'ordine di Los Angeles, sono noti a tutti, specialmente tra le signore più altolocate della California. Suo malgrado, però, verrà a scontrarsi con l'unica donna che non subisce il suo fascino, scelta appositamente perché non lo porti in tentazione anche sul luogo di lavoro. Questa scomoda novità porterà Nickolas a porsi più di una domanda e a scoprire quanto, in realtà, le ritrosie di Hannah Fielding, sua scrupolosa segretaria, siano affascinanti. 1^ PARTE DELLA SERIE DI "HONEY'S WORLD".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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¤Capitolo 4¤

 
 
 
 
 
L'uomo  le stringeva le mani attorno al collo con il chiaro intento di farle del male e Hannah, per quanto tentasse di liberarsi, sentiva le sue membra deboli e inconsistenti.
Se non fosse riuscita a toglierselo di dosso sarebbe sicuramente morta, ma non c'era verso di allontanarlo da sé e, ormai, le sue forze erano allo stremo.
Socchiuse gli occhi per la stanchezza, rilasciando le mani lungo i fianchi, ormai sconfitta, e fu in quel momento che si risvegliò, ansante e sconvolta, gli occhi sgranati e il volto madido di sudore.
Stark, dalla sua cuccia imbottita ai piedi del letto, uggiolò preoccupato e trotterellò pensieroso accanto a lei, scodinzolando a tutta velocità prima di poggiare il muso sul bordo del materasso.
Preso un bel respiro, Hannah poggiò una mano sul cuore in tumulto, che minacciava di fracassarle la cassa toracica e, non appena ebbe il coraggio di farlo, accarezzò Stark per chetarne le paure.
Erano ormai tre settimane che si sentiva così, apparentemente calma all'esterno, ma insicura dentro di sé e, pur non volendo accettarlo, sapeva bene cosa avesse fatto nascere quella paura.
Quello che era successo in ufficio l'aveva scombussolata più di quanto non avesse ritenuto possibile in un primo momento e, sebbene non le piacesse l'idea, sapeva che c'era un solo modo per affrontare quel problema.
Doveva dirlo a Phillip.
Era stato lui ad aiutarla quando, anni prima, aveva rischiato di rimanere vittima di uno stupro e, solo grazie a lui, la paura era scemata fino a svanire.
Ora, pur non trovandosi nella stessa situazione, quell'aggressione improvvisa e, soprattutto, avvenuta in un luogo dove lei credeva di essere al sicuro, l'aveva scombussolata, e questo non le piaceva affatto.
Nickolas le aveva fatto notare molto educatamente se non fosse meglio prendere qualche giorno di riposo, dopo l’aggressione, ma lei aveva rifiutato preferendo tornare al lavoro come sempre.
Ogni minimo rumore, però, l'aveva fatta scattare e, da quel giorno, era solo che peggiorato.
Doveva correre ai ripari prima di impazzire del tutto.
“Le sette e venti” brontolò Hannah, guardando la sua sveglia digitale.
Era sabato mattina e, di norma, sapeva che Phillip non si svegliava prima delle dieci ma... che diavolo?! Non era un orario così antelucano, dopotutto, e lei aveva veramente paura.
Levandosi dal letto con aria stanca, si trascinò fino alla cucina, dove accese la macchinetta per il caffè. Dopo aver afferrato il cordless dal ripiano in marmo, digitò il numero breve per chiamare Phillip e attese impaziente di sentire la sua voce.
Quella che le giunse all'orecchio dopo dieci squilli fu la sua versione tombale e, quando la udì, non poté che sorridere spiacente.
“Dimmi che è una cosa veramente grave, o arriverò lì e ti strangolerò solo per il piacere di farlo” ringhiò con tono cadaverico.
“Qualche settimana fa è successo un casino, al lavoro. C'è stata... una colluttazione” gli spiegò succintamente, sorprendendosi della sua stessa voce. Era suo, quella specie di gracidio?
“Arrivo” disse soltanto l’uomo, chiudendo la comunicazione senza un 'se' o un 'ma'.
Aveva capito esattamente qual'era il problema.
Phillip non impiegò molto a raggiungere la sua villetta sull'oceano e, quando il campanello trillò allegro, Stark iniziò ad abbaiare giocoso, quasi presagendo che, al cancello d'ingresso, si trovava il suo amico setter irlandese.
E infatti, non appena Hannah aprì la porta per scrutare l'ingresso della sua proprietà, dove la BMW Serie 3 di Phillip attendeva di entrare nel cortile, la testona rosso carminio del cane dell’amico spuntò dal finestrino.
Quando lei aprì il cancello elettrico, il cane si catapultò fuori con un balzo e corse a farle le feste mentre Stark, impaziente di giocare, saltellava sulla veranda in attesa del suo turno.
Hannah carezzò entrambi i cani con un sorriso prima di veder giungere Phillip, che si muoveva con passo cauto e l'aria di uno a cui mancavano diverse ore di sonno.
Non appena il cancello si fu richiuso, Hannah li lasciò liberi di scorrazzare per il prato e, dopo aver invitato l'amico ad entrare, gli offrì caffè e bignè alla crema per scusarsi della levataccia.
Lui li accettò di buon grado e, dopo essersi accomodato su uno degli alti sgabelli neri della cucina di Hannah, le domandò senza mezzi termini: “E' stato il tuo capo?”
“No, anzi... mi ha difesa. Un cliente ha dato di matto e ha colpito prima il mio capo, poi si è rivoltato contro di me. C'è stato un po' di parapiglia, e anche se sul momento non mi è parso nulla di che, la notte ho ricominciato ad avere degli incubi su... beh, su Horace.” Nel dirlo, sospirò e sorseggiò lentamente la sua tazza di caffè americano.
“Merda!” esclamò Phillip, lasciandosi poi scappare un'esclamazione ben più colorita.
“Non mi ha toccata, a conti fatti, ma il punto è un altro.” Scrollò il capo, impotente, e Phillip annuì.
“Ti sentivi al sicuro, in ufficio, e quello stronzo ha cancellato tutte le tue certezze, vero?” ipotizzò l'uomo, vedendola annuire con la rabbia nello sguardo.
“Beh, se non altro non hai l’aria da cerbiatto ferito di sei anni fa. E' un passo avanti” sospirò Phill, grattandosi una guancia con aria pensosa. “Come preferisci agire?”
“Ti va di fare un po' di allenamento con me? Ripassare un po' le basi dell'autodifesa?” gli propose allora lei, speranzosa.
“Anche subito, non c'è problema ma poi, per maggiore sicurezza, passerò un po' di notti qui, va bene? Tanto per toglierci il pensiero” dichiarò lui, scrollando le spalle.
“Non è necessario” ci tenne a precisare Hannah, pur apprezzando l'iniziativa.
“Sappiamo bene cosa successe l'ultima volta. Hai bisogno di sentirti protetta, Hannah, e l'unico modo è che io rimanga qui. Certo, se devi vedere un misterioso ragazzo, io mi dileguerò” ammiccò lui, sorridendole malizioso.
“Non c'è nessun uomo nella mia vita, tranquillo. A parte Stark, ovviamente” replicò Hannah, serafica.
“Il caro Tony...” ridacchiò Phillip, lanciando un'occhiata ai due cani che, in giardino, se la stavano spassando alla grande. “Ammettilo una buona volta che quel cane l'hai chiamato così perché sbavi dietro a Downey Jr.”
“Mai detto il contrario” commentò pacata Hannah, sbocconcellando un bignè.
“E' un gran figo, in effetti. Ottima scelta” ghignò lui, afferrando un bignè a sua volta.
“Lo so che ho buon gusto in fatto di uomini, … guardati!” celiò Hannah, indicandolo con un gran sorrisone.
“Eh, che vuoi... hai classe, ragazza” ridacchiò Phillip, alzandosi per raggiungerla.
Con il braccio libero, la avvolse in abbraccio consolatorio e, gentilmente, le sussurrò: “Ne verremo a capo, tranquilla.”
Lei si lasciò avvolgere dal suo calore e dal suo profumo di muschio e, più rilassata, poggiò il capo biondo contro la sua spalla, ammettendo: “Va già meglio.”
“Sono o non sono bravo?” ridacchiò l’amico.

§§§

“... e così, ho obbligato Phill a tenermi compagnia” terminò di dire Hannah al telefono strizzando l'occhio all'amico che, tutto impegnato, stava grigliando un paio di bistecche sul barbecue sul retro di casa.
Phill le sorrise bonario e infilzò le bistecche di manzo per toglierle dalla piastra e sistemarle su un letto di lattuga. Direttosi poi verso il tavolino che si trovava sulla veranda, dove la padrona di casa aveva già sistemato i piatti per la cena, le consegnò il tutto con un gran sorrisone.
L’amico l'aveva tenuta impegnata l'intera giornata e, per quanto si sentisse stanca in quel momento, doveva ammettere che quel senso di indolenzimento ai muscoli la faceva anche sentire bene.
Come se non avesse mai smesso, i movimenti sinuosi e precisi che Phillip le aveva insegnato tanti anni addietro le erano tornati alla mente in pochissimi minuti e, seguendolo con occhio attento, aveva ben presto ritrovato l'armonia con il suo corpo.
Si erano allenati tutta la mattina nel prato del suo giardino, baciati dal sole primaverile e schiaffeggiati dalla brezza proveniente dall'oceano pacifico.
Phill aveva poi deciso di provare con lei alcune prese e alcuni disimpegni e, quando infine si era ritenuto soddisfatto, aveva preso i cani e si era spinto con Hannah fino a Point Fermin Park. Lì, si erano rilassati all'ombra delle palme e avevano pranzato con sandwich e birra.
Quando i cani avevano finito con il crollare esausti sul tappeto erboso del parco, lui le aveva proposto di provare un po' di mosse di Tai Chi e, di buon grado, l’amica si era prestata a imparare quel nuovo genere di arte orientale.
Si era meravigliata del risultato quasi subito. Aveva provato immediatamente una pace interiore senza pari e, con il progredire della sua dimestichezza con le morbide movenze di quella disciplina meditativa, non aveva potuto che ringraziare Phillip dal profondo del cuore.
Le spiaceva immensamente che, per il suo amico, lei non potesse fare altrettanto, ma sapeva che lui era fatto così. Difficilmente si faceva aiutare, pur se era prodigo di attenzioni per i suoi amici.
“Ora ti lascio, Berry. Un bacione” mormorò Hannah, chiudendo la comunicazione.
“Come sta?” le domandò Phillip, servendole una bistecca.
Lei lo ringraziò prima di prendere per sé un po' di patate al cartoccio e della salsa barbecue poi, sistemato il tutto sul suo piatto, gli disse: “Sta benissimo. Il bimbo è una favola. Pesa tre chili e duecento grammi. Le ho promesso che saremmo andati a trovarla, domani. Non vedo l'ora di vedere un piccolo Berry in miniatura.”
“Cosa ti dice che assomigli a Berenike e non a suo marito Tod?” ridacchiò Phillip, tagliando con cura la carne.
“Perché Berry è più carina” motteggiò Hannah, sghignazzando.
Lui scosse il capo e replicò: “E' solo un commento femminista, il tuo.”
“Ovvio” sentenziò la donna, serafica.
“Lo dirò a Tod... sarà la prima cosa che farò” la minacciò scherzosamente l’amico, indicandola con la forchetta.
“Non oseresti mai!” esclamò Hannah, scoppiando a ridere.
Phillip rise con lui e, nello sfiorarle una mano con la propria, mormorò: “E' così bello sentirti ridere, honey.”
L’amica gli sorrise e, annuendo, ammise: “Solo tu riesci a farmi ridere così. Non è che puoi cambiare idea e smettere di essere gay, vero? Solo per me.”
“Ci abbiamo già provato, tesoro, ed è stato un mezzo disastro” le ricordò lui, ghignando nel rammentare la loro notte passata assieme.
“Beh, solo perché tu mi hai spezzato il cuore dicendomi che, nonostante avessimo fatto faville a letto, non era quello che cercavi” mise il broncio lei, ammiccando comicamente.
“Mi ero convinto che il volerti così bene potesse bastare, ma non è stato così. Anzi, posso dire che tu mi hai aiutato ad aprire gli occhi sul mio vero io” ammise Phillip, sorseggiando un po' di birra direttamente dalla bottiglietta.
“Non so se è un complimento o un insulto” brontolò Hannah, sgranocchiando un cracker.
“Sicuramente un complimento.” Con un sorriso, lui si allungò per afferrare la sua mano e, attirandola vicino, gliene baciò il dorso con fare galante. “Mi hai restituito me stesso, non è poco.”
“E ho ottenuto un amico. Non è poco” aggiunse la donna. “Che farei senza di te?”
“Lo stesso che farei io senza te. Ben poco” celiò Phill, ammiccando.
Con uno sbuffo infastidito, Hannah replicò: “Non è vero. Faccio ben poco, per te. Non mi permetti di aiutarti, anche quando vorrei.”
“Non funziona così, per me, mi basta sapere che ci sei, che se mai dovessi avere veramente bisogno, tu ci saresti” le spiegò sinceramente Phillip.
“Mi sembra così … insufficiente, visto quel che fai per me” mugugnò ancora lei, pur lieta di sentirgli dire quelle parole.
“Tu sei tante cose, ma non ti definirei mai insufficiente. Ricordalo.” Detto ciò, tornò alla cena e Hannah, imitatolo, si dedicò alla bistecca.

§§§

Il profumo di limone della stanza d'ospedale dove si trovava Berry era piacevole quanto il sorriso che Hannah scorse sul suo viso orgoglioso di neo mamma.
Berry appariva in splendida forma, nella sua vaporosa camicia da notte bianca a fiorellini azzurri, con i neri capelli mossi come spuma di mare e sistemati in bell'ordine contro il cuscino che la teneva sollevata e ritta.
Tod, tutto sorrisi e strette di mano, li abbracciò con calore non appena li vide entrare con un enorme regalo per il bimbo appena nato e, gongolante, indicò la culla dove il bebè stava riposando. “Nostro figlio, Brice Edward Montgomery.”
“Beh, è davvero molto bello... e che capelli chiari! Sicuramente tuoi, Tod!” esalò ammirata Hannah, sorridendo spontaneamente di fronte al fagottino steso supino nella culla.
“E' adorabile...” sospirò Berry, con occhi languidi. “... e oserei dire che mi ha già sorriso.”
“Con una mamma così bella, non può che sorridere” commentò Phillip, chinandosi per baciarla sulle guance. “Sei stata eccezionale, cara. Un vero gioiello.”
“Grazie, Phill. Speravo veniste, così trascinerete Tod fuori di qui per almeno un'ora. Ha bisogno di respirare, ma non si schioda di qui perché ha paura possa servirmi qualcosa. Come se non ci fossero le infermiere, per questo!” Ridacchiò, nel dirlo, e lanciò un'occhiata amorevole al marito.
“Penso solo sia più giusto che ti segua io... ma, visto che insisti tanto, uscirò per un po' con loro, va bene?” decretò Tod, conciliante.
Levate le mani al cielo, Berry esclamò: “Sia lodato Gesù Bambino!”
“Esagerata” mugugnò il marito, facendo ridacchiare sommessamente i due amici.
Fissandolo con sufficienza, la moglie sottolineò con tono falsamente infastidito: “Hai idea di cosa voglia dire averti intorno ogni sei nanosecondi? Neanche posso respirare, senza che tu mi chieda se va tutto bene.”
Tod preferì astenersi dal fare commenti e Phill, circondandogli le spalle con un braccio, gli disse complice: “Lascia stare. Ora, hanno sempre ragione loro.”
“Anche prima, se è per questo” brontolò Tod.
Berry fece spallucce e Hannah, scuotendo una mano verso di loro, sentenziò: “Su, uscite voi due soli, così potrete sparlare di noi donne rompiscatole.”
“Ottima idea. Andiamo” ridacchiò Phill. “Ci si vede dopo, Berry.”
“A presto, Phill!” sorrise Berry, ghignando all'indirizzo del marito.
Quando però furono finalmente sole, la donna tornò seria e, scrutando il viso sereno di Hannah, ammise: “Se non ci fosse stato Tod, in questi giorni, sarei morta di paura. E' stato un travaglio lunghissimo.”
“Barbra mi ha chiamata per dirmelo. Mi ero offerta di venire, ma ha detto che qui in ospedale c'era l'intero clan, quindi non era necessaria un'altra persona in ansia” le spiegò l’amica, riferendosi alla matrigna di Berry. “Era terrorizzata, quando ha parlato con me... chissà che ansia doveva avere lei!”
I suoi occhi si tinsero d'affetto e Berry, annuendo, asserì convinta: “La adoro, senza se e senza ma. E non mi interessa se la mamma ne è ancora gelosa. Io mi trovo bene con lei e, se papà ha preferito divorziare per mettersi con lei, si vede che con mamma proprio non ce la faceva più. Barbra è buona e gentile, e con papà è un mito. Non ho di che lamentarmi, come figliastra.”
“Anche a me è parsa una brava persona. Vedrai che, col tempo, Hope ci farà l'abitudine” la rassicurò Hannah, dandole un buffetto su una mano.
“Spero solo non si metta in testa di fare la pazza durante il battesimo. Potrei affogarla nel fonte battesimale, se solo tentasse qualche azzardo” ridacchiò Berry, pur lasciando trapelare dal suo tono di voce un briciolo di paura.
“La placcheremo prima che possa fare qualsiasi mossa” le promise lei, ammiccando.
“Ci conto!” Poi, curiosa, le domandò: “E il lavoro, come procede?”
“Tutto bene. Mi piace, e il mio capo non è ossessivo-compulsivo come l'ultimo.” Nel dirlo, ridacchiò.
“Giordan White era, ed è, il campione degli ossessivo-compulsivi” chiosò Berry, con veemenza. “Com'è, questo magnate della tecnologia?”
“Belloccio, con la battuta pronta e un gran lavoratore. Donnaiolo inveterato e sportivo, immagino.”
“In che senso, immagini?” volle sapere Berry, curiosa.
Hannah le spiegò brevemente ciò che era successo, spogliarello compreso e la neomamma, ghignando dietro la mano che le copriva la bocca, celiò: “E tu, naturalmente, hai fatto finta di niente come tuo solito. Che gran bastarda!”
Lei scoppiò a ridere di gusto a quel commento ben poco velato e, lanciata un'occhiata al bebè per sincerarsi che fosse ancora profondamente addormentato, si limitò a dire: “Insomma, che dovevo fare? Sbavare per un bel petto nudo e abbronzato? ”
“Oh, già, cosa vuoi che sia! E' muscoloso?” si interessò Berry, facendo nuovamente ridere Hannah.
“Sì, discretamente. Non alla John Cena, per intenderci. Più... moderato” le spiegò lei, cercando di non ridacchiare all'idea di stare radiografando Nickolas.
“Chissà con cosa si tiene allenato?” sogghignò maliziosa Berry.
“Per essere una donna che ha appena partorito, sei piuttosto ingrifata, tesoro” le fece notare Hannah, con aria vagamente scioccata.
“Sono tre mesi che non mi posso dedicare alla ginnastica orizzontale e, ancora per un po', sarà così. Per cui dovresti saperlo che questo genere di astinenza mi rende cacciatrice… e infoiata” specificò la donna, sorridendo con fare comico.
“Tod sarà felicissimo, quando ti sfogherai su di lui. Pensa, dopo tanti mesi di repressione, lo inchioderai al letto per ore” asserì Hannah, faticando a non ridere.
“Ore? Giorni!” dichiarò convinta Berry, intrecciando le braccia sotto i seni prosperosi. Poi, mugugnando, aggiunse: “Prima, però, devo tornare in forma. Per ora mi sento una balena scoppiata.”
“Esagerata che sei. Sei splendida!”
“Come può esserlo una puerpera. Ma io voglio essere... sexy da morire.”
“Datti un mese o due e tornerai a far girare gli uomini sulla Ocean Front” le predisse l’amica, sorridendo.
“E tu, cara? Non hai nessuna novità, dal fronte uomini? Nessuna conquista?” le domandò Berry, curiosa.
“No, e mi ci tengo alla larga. Per ora, voglio godermi la mia libertà” scosse il capo lei, sicura di sé.
“D'accordo che Ben non era questo granché, però non pensi che trovarti un toy-boy per scaldarti il letto sarebbe divertente?” le propose la neomamma, ghignante. “Ho una mezza idea di presentarti a mio cugino Silver. E' carino.”
Hannah la fissò bieca. “Non provarci neanche, Berry, o giuro che ti strangolerò alla prima occasione utile. Gli uomini me li trovo da me, e di sicuro non sarà un ragazzo che ha appena compiuto diciotto anni.”
“Ne ha diciannove” precisò Berry.
“Sai che differenza...” mugugnò Hannah.
“E' che tu hai bisogno di prenderti meno sul serio, Hannah. E di goderti gli uomini, finché puoi. Quando ti innamorerai, sarà troppo tardi!” le consigliò la neomamma, a metà tra lo scherzoso e il sincero.
“Per ora, mi dedicherò al lavoro. E' gratificante, e mi basta” asserì con convinzione l’amica, preferendo cambiare argomento.
Recependo l'antifona, Berry mutò repentinamente rotta e le domandò: “Tua madre come sta?”
“E' sempre pimpante, ed egoista come suo solito. A suo modo, è un sollievo sapere che qualcosa non cambia mai” asserì con un sorrisetto ironico Hannah. “No, a parte gli scherzi, il negozio va a gonfie vele e di recente si vede con un uomo, quindi direi che non c'è male. Il tipo che si è scelta non è neppure malaccio. Pare che la sua presenza l’abbia resa più… malleabile. Ultimamente, ha anche imparato ad usare la prima persona plurale.”
Berry la osservò con la comprensione che nasce da tanti anni di amicizia, quando anche l'ombra di una persona ci è familiare e cara e Hannah, rispondendo a quello sguardo con una spallucciata, celiò: “Papà è latitante da almeno dieci mesi, invece.”
“E' sempre stato uno stronzo, ammettiamolo. E la maggioranza dei tic nervosi di tua madre, dipendono da lui” motteggiò Berry, senza tema di venire smentita dall'amica.
“Vero. Ma mi fa incazzare ammetterlo” borbottò Hannah, sbuffando sonoramente.
“E' solo lui a perderci, lo sai. Ricordalo” ci tenne a precisare Berry, allungando una mano per scrollarla con vigore ad un braccio. “Non pensare mai che sei tu a sbagliare. E' stato lui ad abbandonare te e Glenn, non il contrario. Ed entrambe ne avete pagato le conseguenze.”
“Tutto verissimo” annuì con nervosismo lei, lappandosi  le labbra.
“Ah, dio, perché mi hanno fornito di una lingua per parlare? Finisco sempre con l'agitarti!” si lagnò la neomamma, mettendosi comicamente le mani nei capelli. Hannah ridacchiò nel vederla agitarsi a quel modo. “Prendi quella flebo e ficcamela in bocca, chissà che riesca ad evitare danni, così!”
“Lascia perdere... non saresti Berry, se non dicessi tutto quel che pensi. E a me fa bene avere un Grillo Parlante a portata di mano, così evito di auto commiserarmi, o di dare sempre tutte le colpe a mamma.” Hannah le diede un buffetto sulla guancia e, proprio in quel momento, Brice si svegliò con un mugolio tipico dei neonati.
“Ehi, il mio campione si è svegliato!” esclamò Berry, illuminandosi in viso.
L’amica fissò entrambi e sorrise, sentendosi grata per aver avuto l'occasione di aver vissuto un momento di beatitudine come quello.
Era inutile pensare a ciò che aveva fatto il padre, e quanto questo avesse fatto cambiare in peggio la madre. La situazione era quella e, ben difficilmente, sarebbe cambiata. Doveva solo fare buon viso a cattivo gioco e godersi la vita che aveva davanti e, soprattutto, doveva smettere di permettere al passato di condizionarla così tanto.
Se, da quel poco che aveva capito, il nuovo uomo di mamma pareva avere un effetto dolcificante sulla donna, poteva solo che tifare per lui in gran segreto.
Quanto a lei, aveva cari amici che la amavano, la proteggevano e le ricordavano ogni giorno quanto fosse speciale.
Il resto non contava.



_________________________

N.d.A: direi che, almeno per quel che riguarda Hannah, si è capito qualcosina di più, circa le sue paure. :)

  
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