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Autore: Nonna Minerva    09/12/2007    11 recensioni
Durante l'estate dopo la morte di Sirius, Remus si trova a fare i conti con una nuova legge che lo costringe a nascondersi mentre Tonks ha problemi sul lavoro. Silente sembra avere una soluzione adeguata per entrambi.
Quella che all'inizio appare come una situazione scomoda e imbarazzante si trasformerà nella perfetta occasione per fare pace con i fantasmi del passato, portandoli ad affrontare insieme e ad accettare la morte di Sirius, facendo trovare loro un'intesa che forse porterà alla nascita di qualcosa di più...
RATING ROSSO per l'ULTIMO CAPITOLO!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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17

Uff... non riesco a credere di averlo finito! Penso sia stato il capitolo più difficoltoso di tutta la mia “carriera”. Quanto al mio blocco, non mi esprimo, del 18 ho solo il titolo e spero di metterci molto meno di questo.

 

Ci tengo a ringraziare Robiz, che mi ha aiutato a sbloccarmi e mi ha gentilmente ceduto i diritti d’autore su alcuni pezzi (i pezzi migliori delle prossime righe sono  suoi) e ha contribuito con suggerimenti e incoraggiamento; insomma, senza il suo aiuto, non leggereste questo capitolo, che non è dei miei migliori, ma passatemelo, mi rifarò, promesso.

 

Infine, a tutti coloro che dopo il capitolo 15 mi hanno accusato di essere sadica, tengo a precisare che QUESTO è sadismo, quello era soltanto un assaggio di quello che

- forse – accadrà in futuro.

Giusto perché lo sappiate.

 

Se avete da lamentarvi, fatelo qui.

 

 

17. The house of the honest trader

 

La giornata non era certo iniziata nel migliore dei modi.

Il giorno prima Silente li aveva avvisati che nell’ultimo periodo i seguaci del Signore Oscuro erano particolarmente in fermento, come se si stessero preparando per qualcosa di grosso e aveva chiesto loro di intensificare i turni di guardia.

Quindi Remus l’aveva tirata giù dal letto all’alba per trascinarla a sorvegliare il loro presunto Mangiamorte.

Ma, si sa, le disgrazie non vengono mai da sole; dopo averlo supplicato di lasciarle fare almeno colazione, aveva scoperto con suo grande disappunto che era finito il caffè, aveva guardato fuori dalla finestra per accorgersi che pioveva a dirotto e che le sue scarpe erano rimaste in terrazzo.

Così, assonnata e in forte carenza di caffeina si era avventurata fuori di casa, camminando a testa bassa con la pioggia che le sferzava il viso, facendo un complicato slalom fra le pozzanghere, solo per inciampare e finire dentro a quella più grande, bagnandosi da capo a piedi.

Remus l’aveva aiutata a rialzarsi e aveva scortato lei ed il suo orgoglio ferito fino alla loro solita postazione.

 

***

 

“E’ completamente assurdo!” Era esplosa la ragazza dopo un paio d’ore passate in balia di quel tempo pazzo.

Verso la metà della mattinata, un timido sole aveva preso il posto di quello che, se non era stato il secondo diluvio universale, ci andava molto vicino.

“Che cosa?” domandò Remus, che stava pensando a tutt’altro.

“Tutto questo!” esclamò lei gesticolando, “Sono mesi che siamo qui e cosa abbiamo scoperto? Niente! Non abbiamo in mano nulla se non qualche insignificante fogliolina di una pianta che potrebbe essere arrivata qui per caso, ed il fatto di averlo visto in compagnia di persone sospette, ma questo non fa di lui un Mangiamorte!”

“Però potrebbe,” precisò Remus.

“Ma, se, forse, magari, chissà...! Sono stanca di ipotesi e supposizioni, non ci hanno portato da nessuna parte! Vorrei qualche certezza!”

Era frustrata, arrabbiata e si sentiva presa in giro. Si alzò di scatto, oscillando pericolosamente un attimo e cercando di recuperare l’equilibrio.

“Dove stai andando?” domandò Remus, alzandosi a sua volta, ma in modo decisamente più aggraziato.

“A cercare di entrare là dentro!”

“D’accordo,” fece il mago, aggiustandosi il mantello sulle spalle. “Andiamo.”

“Che intenzioni hai?”

“Di venire con te, mi sembra chiaro.”

“Nemmeno per sogno.”

“Non puoi impedirmelo.”

Era vero. Questa missione era sua quanto di Remus e se lui voleva entrare là dentro, aveva tutto il diritto di farlo.

“Va bene,” concesse infine Tonks.

“Prima però voglio che tu mi prometta una cosa,” la fermò Remus.

“E sarebbe?” chiese lei, scettica.

“Che tu non ti tolga il Mantello dell’Invisibilità per nessun motivo quando saremo entrati.”

 

Aveva deciso di andare con lei nel momento in cui la ragazza aveva espresso la sua intenzione di esplorare l’abitazione di Wallace. Non se la sentiva di mandarla sola. Non che non avesse fiducia nelle sue capacità, ma temeva che, accecata dalla rabbia e dal desiderio di sentirsi utile avrebbe commesso qualche sciocchezza.

“E tu?”

“Userò un Incantesimo di Disillusione,” spiegò lui.

“Ma sotto al Mantello c’è abbastanza spazio per tutti e due.”

“Lo so, tuttavia potremmo avere bisogno di muoverci velocemente o di dividerci e l’essere in due lì sotto sarebbe solo d’intralcio.”

“Hai ragione.”

Remus eseguì velocemente l’incantesimo su se stesso e poi fece segno a Tonks di avvicinarsi alla porta sul retro della casa.

“Ci conviene muoverci e approfittare del fatto che Wallace è uscito.”

La giovane annuì e si avviò con circospezione. Forzarono la porta con un banale ‘Alohomora’, che fece guadagnare a Remus una esplicita occhiata da parte di Tonks.

“Protegge la casa con incantesimi davvero avanzati, il nostro mago,” commentò lei sarcastica, calcando il tono sull’ultima parola.

 

Remus finse di non aver sentito e la fece entrare per prima.

“Avanti,” mormorò, “E occhi aperti.”

“Sì, papà.”

Avanzarono lentamente lungo un corridoio che a luci spente appariva tetro e spettrale, nonostante non fosse nemmeno mezzogiorno. Ma non c’erano finestre in quella casa?

Si ritrovarono dopo un po’ nell’atrio, la parte più ampia ed illuminata della casa in cui si fossero imbattuti finora.

“Dove, adesso?” sussurrò Tonks, lanciando uno sguardo prima alla rampa di scale decrepite e polverose che avevano alla loro destra e poi alla stanza che presumeva fosse un soggiorno, dritto di fronte a loro.

Ci pensarono un attimo, prima di esclamare contemporaneamente: “Di là!”

Scoprendosi, come sempre, in completa sintonia, si trovarono con le braccia incrociate, ad indicare due direzioni opposte.

Tonks rise sommessamente e Remus sorrise.

“Credo sia giunto il momento di dividerci,” constatò lui. “Io qui sotto e tu il primo piano?”

“Va bene,” acconsentì la ragazza, mettendo un piede sul primo gradino, “Stai attento.”

“Anche tu,” mormorò Remus, restando a guardarla un attimo mentre saliva lentamente le scale, prima di avviarsi a sua volta.

 

Che ragazza testarda. Che assurda, impossibile, adorabile ragazza. Quale strano, sconosciuto incantesimo aveva usato, per indurlo ad acconsentire sempre ad ognuna delle sue strampalate iniziative? Per quanto ci pensasse, non riusciva a darsi una risposta.

Quest’ultima poi, di entrare così, senza aver pianificato niente, nella casa del loro presunto nemico... doveva essere di colpo impazzito.

Si trovava tuttavia a doverle dare ragione, stavolta. A prima vista, sembrava non esserci niente di sospetto, lì dentro.

Eppure, rimaneva quella sensazione che stesse per succedere qualcosa, l’impressione di non aver valutato tutto.

Paranoia, ecco cos’era, pensò Lupin. Forse era ora di fidarsi delle intuizioni della ragazza e di smetterla di comportarsi alla stregua di quel fanatico di Malocchio.

 

All’improvviso i suoi sensi percepirono un rumore lieve di passi provenire dall’atrio. Stringendo la bacchetta, si voltò lentamente.

“Dora?” sussurrò, credendo che la ragazza avesse finito di controllare il piano di sopra e stesse tornando.

Non ricevette risposta e, prima che potesse fare o dire qualsiasi cosa, una voce urlò: “Stupeficium!”

Vide un raggio rosso illuminare per un istante il volto familiare di un uomo e poi più nulla.

 

***

 

Maledizione! Maledizione! Maledizione!

Stava per aprire la porta dell’ultima stanza, quando aveva sentito un rumore che non poteva essere stato Remus a provocare, visto che si trovava dall’altro lato della casa.

La mano immobile a pochi centimetri dalla maniglia, Tonks si era fermata per capire se fosse stato tutto frutto della sua immaginazione o meno.

Con tutta la cautela di cui era capace – Tonks quanto ad effetto sorpresa era decisamente negata, se la cavava meglio nello scontro diretto – si era affacciata sulle scale giusto in tempo per vedere l’uomo che lei tanto aveva voluto credere che fosse un Babbano, scagliare uno Schiantesimo in direzione di Remus.

 

Fosse stata una ragazza normale, forse si sarebbe lasciata prendere dal panico, ma periodo di pausa o meno, lei restava sempre un Auror, per quanto chiunque potesse affermare il contrario.

Con una mossa fulminea, ma soprattutto silenziosa, che avrebbe stupito chiunque conoscesse la proverbiale goffaggine di Tonks, si nascose nella prima stanza libera.

Una volta che si fu assicurata di non essere stata scoperta dal padrone di casa, prese la bacchetta e, dopo aver sfoggiato il migliore dei suoi incantesimi non verbali, guardò il Patronus argentato allontanarsi velocemente con un messaggio per l’Ordine.

Sperando che rispondessero in fretta alla sua richiesta di aiuto, tornò sul pianerottolo, cercando di capire cosa stava succedendo di sotto.

 

Tutto quello che riusciva a sentire era la tonante voce di Wallace che giungeva fino a lei in un cupo rimbombo, rendendola ancora più sgradevole di quello che già non era.

Trovava che fosse strano sentirlo parlare: fino a quel momento nella sua testa era sempre stato il profilo di un uomo visto qualche volta di lontano, un uomo che zoppicava appena e procedeva con un’andatura leggermente sbilenca, ma non aveva mai pensato di associare una voce a tale figura.

Prestando maggiore attenzione riuscì a distinguere anche qualche frammento di discorso, e quello che sentì le fece tirare un sospiro di sollievo, perché dalle parole dell’uomo poteva intuire che Remus era ancora vivo. Per il momento almeno.

 

Wallace si stava vantando del fatto che Remus si fosse fatto sorprendere come un novellino.

Tonks si sentì tremendamente in colpa, erano stati probabilmente i suoi vaneggiamenti sull’inutilità della missione, a fargli abbassare la guardia.

“Così impari a ficcare il naso in questioni che non ti riguardano,” proclamava il borioso. “A cosa pensavi sarebbe servito? Il Signore Oscuro è molto più furbo e potente di voi e ve ne accorgerete molto presto!”

Ecco un altro fanatico a cui dovremo far presto abbassare la cresta, pensò Tonks.

“Non mi piacciono le spie,” affermò l’uomo, “Chi ti manda? Fai il duro, eh?”

La ragazza sentì un colpo secco ed un gemito soffocato. Probabilmente Wallace aveva deciso di accantonare per un attimo la magia ed adottare metodi meno raffinati, ma ugualmente efficaci.

Dove diavolo erano finiti i rinforzi? Il Patronus era partito da un pezzo ormai.

Un altro colpo.

“Che cosa stavi cercando? Chi ti manda?”

Silenzio.

 

Quando sentì Wallace colpirlo di nuovo, capì che non ce l’avrebbe fatta a rimanere lì ad aspettare. Avrebbe anche potuto ucciderlo se avesse continuato.

Infrangendo praticamente tutte le disposizioni che avevano ricevuto riguardo al come comportarsi in una situazione del genere, Tonks iniziò lentamente a scendere le scale, sperando di non combinarne una delle sue e farsi scoprire.

“Davvero credevi di potertene entrare qui, da solo, e poi andartene senza che io me ne accorgessi?”

La ragazza si bloccò a metà scala. Sorpresa, sorpresa: il loro ‘amico’ era sì un mago, ma era anche molto stupido.

Non solo non aveva minimamente controllato se in casa ci fosse qualcun altro oltre a Remus, addirittura sembrava dare per scontato che lui si fosse avventurato lì dentro solo e senza scorta.

 

“Ma ora basta chiacchierare,” lo sentì dire da oltre la parete dietro la quale si era nascosta, aspettando il momento giusto per intervenire. “Non ho tempo da sprecare,  il mio Padrone mi attende e tu mi stai facendo tardare. Mi spiace amico, ma credo che il tuo viaggio finisca qu...”

“Io non ne sarei così sicura!” urlò Tonks, irrompendo nella stanza e, con la stessa velocità che aveva dimostrato lui poco prima, puntò la bacchetta contro Wallace e lanciò uno Schiantesimi nella sua direzione.

L’uomo si accasciò a terra, privo di sensi e in un attimo, la ragazza era china al fianco di Remus.

 

“Ti ha fatto male? Sei ferito?” chiese preoccupata, liberandolo dalle corde che gli legavano mani e piedi e soffermandosi ad esaminare il suo occhio pesto ed il labbro sanguinante.

“Fa meno male di quello che sembra,” la rassicurò lui, mettendosi cautamente in piedi e provvedendo a legare il padrone di casa con un colpo di bacchetta.

Quando si diresse verso l’entrata principale, Tonks lo seguì incuriosita.

Remus si fermò davanti allo specchio appeso nell’atrio che lei prima non aveva notato, ed iniziò ad esaminare le ferite riportate sul volto.

Sfiorando appena la guancia tumefatta con la bacchetta,mormorò alcune parole che lei non comprese e lentamente i tagli iniziarono a rimarginarsi e le botte a guarire.

All’improvviso le tornò alla mente un pomeriggio di tanti mesi prima, quando Remus le aveva guarito una brutta sbucciatura sul ginocchio, dopo uno spettacolare ruzzolone giù per gli scaloni di Hogwarts.

Le sembrava impossibile che fosse passato così tanto tempo, quante cose erano cambiate da allora!

“Che ne facciamo di lui?” domandò una volta che il volto di Remus fu tornato alla normalità.

Il mago lanciò un’occhiata a Wallace.

“E’ legato, direi di chiuderlo in cantina e di avviarci verso casa. Una volta là, contatteremo l’Ordine per sapere come procedere e mentre aspettiamo, potremmo approfittarne per una doccia ed una bella tazza di tè.”

“D’accordo, e mentre tu prepari il tè, io scrivo Silente.”

“A proposito,” fece Remus all’improvviso, facendo levitare il prigioniero ed iniziando ad avviarsi verso le scale della cantina con lui a mezz’aria , “Non avresti dovuto far tutto da sola, i patti erano che avremmo avvisato l’Ordine prima di intervenire,” la rimproverò con dolcezza Remus.

“L’ho fatto,” protestò Tonks, “Ma non si è presentato nessuno e non potevo certo aspettare  che ti uccidesse prima di intervenire. Non riesco a capire perché non si sia venuto nessuno, anche solo per controllare. Probabilmente nell’agitazione del momento, ho sbagliato ad indirizzare l’incantesimo e il Patronus non è mai giunto a destinazione...”

“L’importante è che sia andato tutto bene. Tu come stai?” domandò Remus. “Sei ferita?”

“No, nemmeno un graffio, solo un grande spavento.”

“Meglio così, comunque sei stata davvero in gamba e... Dora?”

“Dimmi.”

“Grazie.”

“Non c’è di che,” mormorò lei con un lieve sorriso.

 

Si avviarono lentamente verso casa, con la seria intenzione di accamparsi sul divano e non fare altro per almeno una settimana.

Ma se Remus era quantomeno sollevato per la piega che avevano preso gli eventi nelle ultime due ore, nella mente di Tonks si accumulavano sensazioni e pensieri cui non riusciva a dar voce, eppure sapeva che avrebbe dovuto farlo, prima o poi.

Durante tutto il tragitto, cercò le parole esatte per confidare a Remus quella tempesta di sensazioni che aveva nel cuore ultimamente, sperando che, parlandone insieme, forse sarebbero riusciti a comprendere la natura di quel sentimento, così nuovo per lei.

Probabilmente il pezzo di strada dalla villetta di Wallace a casa non era lungo abbastanza, fatto sta che raggiunsero il portone del loro condominio e lei non era nemmeno lontanamente vicina a trovare il bandolo della sua intricata matassa.

 

“A te il bagno per prima,” concesse Remus, salendo le scale. “Io intanto preparo il tè.”

“Remus,” esordì timidamente la giovane, quando lui si fermò di fronte alla porta d’ingresso, cercando le chiavi nelle tasche della giacca.

“Cosa c’è?”

“C’è una cosa che vorrei dirti...”

“Certo, entriamo, così mi spieghi che succede,” fece il mago, girando la chiave nella serratura e spingendo la porta.

“Sì. Quello che volevo dirti è che...”

“Ehi! Non è il Patronus di Minerva, quello?” esclamò, indicando il soriano argentato che li attendeva seduto composto davanti alla porta della cucina.

 

Continua...

 

 

 

Capitolo 18: The human shield.

  
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