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Autore: Hylia93    24/05/2013    6 recensioni
Dopo aver letto tante ma tante ff, provo a scriverne una anch'io, la mia prima Dramione!
Siamo al quinto anno, ma c'è qualche differenza. Voldemort non è rinato, perché Silente è riuscito ad impedire che Harry (e di conseguenza anche Cedric) usasse la passaporta, ossia la Coppa del Torneo Tremaghi. Tuttavia, Voldemort non è ancora morto del tutto e forse nasconde più di quanto si pensi. L'atmosfera è all'apparenza più tranquilla a Hogwarts, più serena. Sarà un altro anno pieno di peripezie o riusciranno, finalmente, a vivere un anno da adolescenti? Le due cose, in realtà, sono complementari! :)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Salve :3
Lo so che era 
un sacco che non
pubblicavo ma sono in
Francia e non ho avuto molto
tempo per mettermi al pc. Comunque
ci siamo, e' quasi la fine, credo che il prossimo sia
l'ultimo (non so se ridere o piangere). Spero vi piaccia!
Viola

Capitolo 39, "Mai giudicare un libro dalla copertina."

Nella stanza regnava il silenzio, scalfito appena dal respiro pacato del Signor Nott e da quello accelerato di suo figlio. Quest'ultimo, seduto con eleganza sul grande divano nero, annui' appena, spostando lo sguardo sul camino spento davanti a lui. 
- Guardami quando ti parlo, per favore. -
Parole vuote, cortesia priva di qualsiasi affetto o familiarità. 
Theodore alzò lo sguardo, puntando con decisione gli occhi in quelli del padre. Il suo volto era austero, dai lineamenti duri, appena segnato dall'eta'. Era sempre stato un uomo tutto di un pezzo, la cui serietà eccessiva sconfinava nell'esercizio di un'autorità assoluta. Un regno del terrore il suo, fatto di pasti privi di chiacchiere inutili, dialoghi che si limitavano al rendimento scolastico, sguardi che non si incontravano se non per sbaglio. 
Rimpiangeva sua madre ogni dannato giorno. Lei, bella come il sole e dolce come il miele, la donna che gli aveva insegnato a leggere prima che a camminare, che gli aveva aperto gli occhi sulle diverse realtà che si incontrano nei libri, facendogli conoscere un luogo sicuro dove rifugiarsi quando si e' stanchi di vivere la normalità. Oramai ricordava solo i suoi occhi, neri come il cielo di notte e altrettanto profondi ma luminosi come pochi. Solo in un'altra persona aveva ritrovato quella luce incredibile.  
Aveva sei anni quando suo padre gli si era avvicinato, per la prima volta in difficoltà, e lo aveva preso in braccio, sussurrandogli all'orecchio che la mamma non c'era più, che non sarebbe tornata. Quando le lacrime avevano preso a scorrergli sulle guance, Davon Nott aveva spalancato gli occhi sorpresi e le aveva asciugate velocemente con la mano, come per fargli capire che erano un inutile segno di debolezza che doveva essere eliminato. Così da quel giorno non aveva più versato una sola lacrima.
- Solo una cosa, Davon. - mormorò, la voce che tremava appena. 
Chiamare suo padre per nome era diventata una scomoda abitudine, un'abitudine che gli ricordava in continuazione la distanza che doveva mantenere da quell'uomo che, nonostante tutto, era tutto ciò che rimaneva della sua famiglia. 
Devon Nott alzò un sopracciglio, interdetto, e guardò con aria interrogativa suo figlio. 
- E' di Potter che il SIgnore Oscuro ha bisogno, quindi non sarà fatto del male a nessun altro, giusto? - chiese, le spalle tese e dritte che tradivano un nervosismo latente. 
Un annuire secco fu tutto ciò che ricevette in risposta. 

Strano colore, il verde.
Scendendo dalle tonalità brillanti e vivaci a quelle più scure riesce ad esprimere mille diverse sensazioni, accendendo nella mente le più disparate immagini.
Il colore della natura, dell'erba, delle foglie in estate. Il colore della vita.
Mi era sempre piaciuto, il verde, ma era diventato una costante solamente nel momento in cui avevo cominciato ad associarlo a un certo Serpeverde. C'era stato un momento nelle settimane passate, di cui ignoravo l'esattezza, in cui in quel colore avevo cominciato a vedere un senso di familiarità, due braccia che mi stringevano, delle parole sussurrate piano all'orecchio, un odore dolce e un sapore di menta.
Eppure, quando vidi quel raggio verde venire verso di me, quasi fosse al rallentatore, l'unico mio pensiero fu la morte. Nulla di tutto ciò che di solito associavo a quel colore aveva minimamente smorzato quel pensiero lugubre, quella parola breve ed intensa che si insinua nelle nostre vite come un virus, sempre presente e in procinto di manifestarsi. Vidi quella stessa terribile luce riflettersi negli occhi di Draco, a un passo da me, il grigio delle sue iridi contaminato da inquietanti sfumature.
Un attimo di assoluto silenzio accompagnò il viaggio di quel raggio verde, scaturito da una bacchetta di legno di ciliegi, piuttosto flessibile, dalla linea elegante e il cuore di crine di unicorno. La voce di Theodore era stata fredda, tagliente, appena incrinata verso la fine. Non era la voce di un assassino, ma di un uomo disperato.
Mi voltai di scatto, appena in tempo per vedere Dolohov sgranare gli occhi in un'espressione terrorizzata prima di cadere a terra. Fu un attimo, un millesimo di secondo, ma fu terribile vedere la vita lasciare il suo volto. La luce che avvolgeva Harry si smorzò all'istante, lasciando soltanto una lieve nebbia bianca aleggiare sopra i cerchi.
Soffocai un singhiozzo e presi la bacchetta dalla mano di Draco, sciogliendo le corde intorno ai miei polsi e quelli di Harry prima di puntarla verso Bellatrix, ferma e con gli occhi spalancati per la sorpresa, e schiantarla con un incantesimo non verbale. A pochi passi da lei, Rodolphus era chino con le mani tra i capelli e un'espressione interdetta sul corpo senza vita del Mangiamorte. Deglutii e sperai di riuscire a far calmare il senso di nausea che mi attanagliava lo stomaco come una morsa. Afferrai la mano di Draco e cercai Harry, evitando di posare lo sguardo su quello che rimaneva di Lord Voldemort all'interno del cerchio bianco, dimenticato da tutti nella confusione scaturita a seguito della Maledizione senza Perdono.
- Hermione, di qua! - gridò Harry, facendomi cenno di avvicinarmi. Era accanto a Theodore, una mano sul suo braccio ancora teso, gli occhi pieni di terrore e disgusto. Trascinai Draco dietro di me, ancora in parte sotto l'influsso della Pietra, e afferrai la mano che Harry mi tendeva per smaterializzarci.
- Voi non andate da nessuna parte. - rimbombò una voce piena, tonante, alle nostre spalle.
Con la coda dell'occhio vidi la porta del salone spalancarsi e un uomo dallo sguardo di ferro entrare nella stanza ed alzare la bacchetta contro di noi.
- Protego! - urlai, pregando che lo scudo riuscisse a riparare tutti.
Un incantesimo rimbalzò a pochi centimetri dal mio volto, facendomi trattenere il fiato.
La bocca dell'uomo si piegò in una smorfia di disappunto, gli occhi si spostarono frenetici per analizzare la situazione.
- Non potete smaterializzarvi, mettete giù le bacchette prima che qualcuno si faccia male. - disse, dopo qualche secondo, con voce incolore. Vidi Harry sbiancare a pochi passi da me e Theodore riacquistare un po' di lucidità, alzando gli occhi e puntando lo sguardo verso il nuovo venuto.
- Lasciaci andare, Davon. - sussurrò Nott, così piano che per un momento pensai che non l'avesse sentito.
Un'espressione basita si apri sul volto dell'uomo, subito sostituita da un ghigno divertito. Non si preoccupò neanche di rispondergli e si girò verso Rodolphus, ora chino su sua moglie.
- Lascia stare Bellatrix e sposta Dolohov. Dobbiamo riprendere il rito. - disse, lentamente e con voce ferma. Il Signor Lestrange lanciò un'ultima occhiata alla donna ai suoi piedi prima di alzarsi e puntare la bacchetta contro il corpo del suo ex compagno.
La mia mente lavorava frenetica, analizzando e scartando un'ipotesi dopo l'altra.
Se non potevamo smaterializzarci ci rimanevano due possibilità: riuscire a sfuggire a Davon e Rodolphus, due mangiamorte fatti e finiti con molta più esperienza di noi, oppure creare una Passaporta. Non ci avevo mai provato, ovviamente, avevo solo le nozioni teoriche mentre maghi molto più esperti di me avevano serie difficoltà nel riuscirci. Mossi piano il braccio dietro, nascosto appena dietro la schiena di Draco, infilando una mano nella tasca dei jeans. Harry colse il mio movimento e una scintilla di speranza brillò per un attimo nel suo sguardo. Fece un passo di lato, coprendomi quasi completamente alla vista di Davon, e cominciò a parlare.
- Vi conviene lasciarci andare prima che arrivino gli altri. - disse con voce risoluta e piena di risentimento.
Con la coda dell'occhio vidi Rodolphus sussultare, il corpo privo di vita di Dolohov che galleggiava a mezz'aria in attesa di essere messo da parte come un rifiuto qualunque. Tirai fuori il serpente di giada che mi aveva riportata a Hogwarts da Malfoy Manor e pregai che Harry riuscisse a guadagnare qualche secondo in più.
Davon scoppiò in una risata fragorosa, che di divertito non aveva nulla.
- Gli altri? E chi sarebbero? - domandò con scherno. Quell'uomo aveva una voce familiare, ma non mi veniva in mente dove avessi potuto sentirla prima d'ora.
- Silente a quest'ora saprà che siamo qui, non eravamo da soli ad Hogsmeade e ci hanno visti sparire. - rispose, affettando un perfetto sorriso di trionfo. Nello sguardo di Davon balenò un lampo di dubbio e la sua mano esitò per un attimo sulla bacchetta. Levò gli occhi da Harry e li puntò su Theodore.
- Vi hanno visti? - chiese con voce tagliente.
Il serpente di giada cominciò ad emanare una luce soffusa tra le mie dita.
- Harry, prendi il braccio di Nott tra 10 secondi. -  sussurrai piano, afferrando con la mano destra quella di Draco senza però riuscire ad alzare lo sguardo verso di lui. Non ce l'avrei fatta a reggere di nuovo il vuoto dentro i suoi occhi grigi.
- Lo spero, papà. - fece in tempo a mormorare Theodore prima di smaterializzarsi.
Un lampo di luce proveniente dalla bacchetta di Davon Nott fu l'ultima cosa che vidi.

- Draco, apri gli occhi, per favore! -
Una sensazione indefinita, come di un enorme peso che scivola via dal petto.
Poi un dolore acuto sul braccio, un bruciore devastante che mi annebbiò  la vista.
- Draco, va tutto bene, non chiudere gli occhi, ci siamo quasi, ancora pochi passi. - sussurrò al mio orecchio, dolcezza mista a paura. Respirai profondamente, una, due, tre volte e aprii gli occhi.
Il bianco accecante della neve mi ferì appena la vista, la sua purezza ancora non contaminata dallo scalpiccio degli studenti. In lontananza il castello sembrava un'isola sperduta in un immenso oceano color panna.
Spostai gli occhi e strinsi il braccio intorno alla vita della Mezzosangue, consapevole che se ancora riuscivo a mettere un piede avanti all'altro era solo ed esclusivamente grazie al suo calore e alla sua presenza.
- Non stringere, ti farà più male. - mormorò, continuando a camminare.
Il suo fianco, nel punto in cui era avvolto il mio braccio, era completamente rosso. Sangue puro, il mio sangue. Soffocai ancora il dolore lancinante e mi guardai intorno, accorgendomi solo in quel momento delle due figure a pochi passi da noi. Potter, con estremo spirito di sacrificio Gryffindor, aiutava Theodore Nott, probabilmente anche lui ferito, a proseguire, tenendo però la sua bacchetta a portata di mano.
- Mi dispiace. - sussurrai, distogliendo lo sguardo.
Due occhi color nocciola si spostarono fulminei su di me, interrogativi.
- Stai zitto e continua a camminare. - fu la risposta secca che ricevetti ad uno dei miei rari tentativi di chiedere perdono. Motivo in più per evitare di farlo di nuovo.
Feci forza sulle gambe, tentando di smettere di tremare e pregando silenziosamente di riuscire a non svenire per il dolore come Potter alla vista di un Dissennatore.
Il mio desiderio, ovviamente, non fu esaudito.
L'ultima cosa che vidi furono delle figure accorrere, in lontananza, i loro passi attutiti dalla soffice coltre di neve. 

Lo sentii scivolare a terra e caddi anch'io, troppo debole per sostenere il suo peso.
Lo avvolsi tra le mie braccia e cominciai a piangere, sfinita.
Piton giunse per primo, il mantello che si muoveva appena intorno ai suoi piedi e la bacchetta in mano.
Il suo sguardo gelido si posò su di me per qualche secondo prima di concentrarsi su Draco. Si accucciò accanto al suo pupillo, senza dire una parola, e scostò la stoffa della camicia imbevuta di sangue dal suo braccio. Il Marchio Nero salutò la luce del giorno che andava sbiadendo, in parte nascosto
dalla ferita che percorreva tutta la lunghezza del tatuaggio. Un taglio profondo che contaminava una volta ancora la pelle diafana del suo braccio sinistro.
Un singhiozzo mi usci dalla bocca prima che riuscissi a soffocarlo. Continuai ad accarezzargli piano i capelli, stringendomelo al petto, mentre Piton mormorava a bassa voce un incantesimo per arginare la ferita. Non appena il sangue si fermò si girò  verso di me, in una muta richiesta. Annuii piano e lasciai che lo prendesse in braccio per condurlo al castello.
Subito una mano si protese verso di me, aiutandomi a rialzare.
- Andiamo, Hermione. - mormorò  Harry, passandomi un braccio intorno alle spalle e cominciando a camminare seguendo la scia di Piton e della McGranitt, affiancata da Theodore Nott. 

 

   
 
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