Capitolo Terzo – Perfetta in ogni Forma e Difetto –
L’espresso
per Hogwarts, come un nastro rosso, avvolgeva
nelle sua spire campi zuppi d’acqua e boschetti sparuti.
L’odore penetrante
della terra umida riempiva i polmoni con una sorta di fastidiosa
invadenza, la
superficie stessa degli oggetti ne sembrava impregnata.
Piccoli
casolari abbandonati facevano invece capolino dietro
alle morbide curve delle colline, le loro mura diroccate erano quasi
totalmente
affogate dalla vegetazione circostante e probabilmente fornivano
rifugio a
molti piccoli animali.
Nuvole
dense e stratificate coprivano il cielo bigio,
lasciando trapelare solo molto raramente languidi sprazzi di luce.
La
desolazione del paesaggio trovava una triste
corrispondenza in due iridi dorate, il cui bagliore sembrava essersi
definitivamente spento qualche giorno prima.
La
pioggia, con disarmante costanza, colpiva ritmicamente la
superficie liscia e lucida del finestrino a cui Hermione teneva
appoggiata la
fronte.
Le
gambe, fasciate da un paio di jeans babbani, strette al
petto, le mano sinistra, adornata da una sottile fedina
d’argento di squisita
fattura, abbandonata in quella di Ronald e l’altra saldamente
ancorata ad una
chicchera di ceramica contenente tea alla vaniglia.
La
Grifoncina adorava la sottile fragranza della spezia e
ancor più il calore soffuso che la tazzina emanava. Il
sapore della bevanda era
per lei totalmente marginale se coronato da questi piccoli particolari.
Le sue
riflessioni non erano chiaramente condivise dalla bambinetta perlacea
che le
scalpitava accanto per ricevere, se non poche attenzioni, per lo meno
un sorso
di tea.
La
piccola, che dimostrava a malapena cinque anni, sbatteva
angelicamente gli occhioni e scuoteva la testina contornata da una
ricca massa
di riccioli forse biondi. Hermione, facendo ben attenzione a mantenere la chicchera
fuori dalla portata
delle bambina, fingeva di non vederla e le rivolgeva solo
saltuariamente
sguardi torvi.
- Tutto bene Herm? – domandò Harry gentilmente.
- Benissimo, grazie. –
Amy, era questo il nome della bimba, esasperata e distrutta
dalla stanchezza scoppiò in muti singhiozzi.
Con
una sorta di perverso compiacimento, la Grifondoro finì
di sorseggiare la bevanda in tutta calma.
Entrò Neville. Hermione notò con blando interesse
che il
ragazzo sembra a dir poco eccitato, senza dire una parola
voltò il capo verso
il finestrino e si immerse nuovamente nella sua pigra contemplazione
della
campagna inglese.
Qualunque
cosa fosse poteva aspettare, si disse.
Subito
dopo aver formulato questo pensiero fu però nauseata
da quanto risultasse apatico e patetico il suo comportamento, quindi
volse lo
sguardo verso i compagni con l’intenzione di partecipare alla
gioia di Neville,
di qualunque natura essa fosse, e si sentì morire.
Appoggiato allo stipite della porta, con aria perennemente
annoiata, stava Draco Lucius Malfoy.
Bello
quanto un sogno.
Arrogante
come solo lui sapeva essere.
Assurdamente
inconsistente.
No.
Il ragazzo si avvicinò ad Amy e con una tenerezza inconsueta
se la tirò in braccio, le asciugò gli occhi con
la manica della camicia e le
sussurrò all’orecchio chissà cosa. Poco
dopo, la piccola ridacchiava e
accarezzava con una manina paffuta i capelli biondissimi e serici di
Malfoy.
Anche lui rideva, sottostando alle coccole della bambina con
espressione
tutt’altro che insofferente.
No.
- Herm, sei cadaverica. – le fece notare Ron con voce
preoccupata – Sicura di star bene? -
Draco ed Amy, parlottando, uscirono dallo scompartimento
mano nella mano. Nessuno dei due si degnò di rivolgerle uno
sguardo.
No.
- Hermione, mi rispondi per favore? – la richiamò
il rossino
vagamente irritato.
La ragazza si limitò a squadrarlo con occhi spiritati.
***
Hermione
ha paura.
Non
ci sono ombre o rantolii di morenti a sfumare i colori.
Nulla
le impedisce di ascoltare la vita, di riprendere
contatto con quel mondo che tanto vuole abbandonare.
Ah,
il senso di colpa dei sopravvissuti!
Che
lento e letale veleno…
La
ragazza si rifiuta di dimenticare, non reputa concepibile
tornare alla vecchie abitudini dopo che tanto sangue è stato
versato.
Eppure,
percepisce i vincoli della sua vecchia vita
allacciarle le caviglie e travolgerla.
Come
quel gioco di cheto silenzio, sopra i letti del
dormitorio.
Sembra
impossibile dormire dopo ciò che è accaduto,
eppure è
questo che le sue compagne stanno facendo.
È
questo che dovrà fare anche lei.
Prima
o poi.
Forse
mai.
- Non ti facevo così debole Granger. -
- Evidentemente sbagliavi. -
-
Inizio a crederlo anche io. -
Una smorfia sarcastica deformò i delicati lineamenti della
ragazza.
-
Malfoy, perché non sei silente come tutti gli altri
spiriti? -
- Se ti dicessi che non ne ho la più pallida idea la
prenderesti sul personale? -
- Direi di no. -
- Allora non ne ho idea. -
- Da quando sei morto il tuo senso dell’umorismo è
decisamente migliorato. – ironizzò la Grifondoro.
- Immagino. – commentò lui laconicamente
– Senti
MezzoSangue, sono qui per discutere di Amy. -
Hermione si voltò a guardarlo incredula, poi gli diede le
spalle ed emise un gemito fra il divertito e l’esasperato.
– Lasciami in pace
Draco. –
- Tu non avrai mai pace Granger. Lo sappiamo benissimo
entrambi. – sibilò il biondo appoggiandosi con la
spalla ad una delle colonne
del baldacchino. – Sei troppo schifosamente Griffyndor, per
avere pace. Questo
mondo si regge sulle spalle di persone come te. Come puoi pretendere di
avere
pace? -
- Sapessi quanto ti sbagli… -
- Illuminami, se ci riesci. -
La Grifondoro storse la bocca in un ghigno amaro – Sono
semplicemente troppo egoista. Non accetto che siano state sacrificate
alcune
delle cose a cui ero più legata per raggiungere la vittoria
finale. Mi hai
idealizzata Malferret, non sono poi tanto meglio di te… -
- L’egoismo è il tuo ultimo baluardo contro la
triste
realtà, MezzoSangue. Illuditi finché puoi, ma non
ti paragonare a me, perché
tra noi c’è e ci sarà sempre una
differenza fondamentale. -
- Sarebbe? -
- Tu sei innamorata di me, io, di te, non lo sono mai stato.
-
La ragazza chinò il capo – No? –
mormorò soltanto.
- No. –
Tu, sei la mia ossessione.
L’unica
per cui, talvolta, varrebbe la pena d’esser
migliore.
Ti
desidero.
[mi
necessiti.]
Sei
perfetta. [in ogni forma e difetto.]
Ma
non ti amo, MezzoSangue.
[perché,
in fondo, è di me che stiamo parlando.]
Non
sono capace di amare.
Solo
tu,
hai
questo potere.
Ci
lega un sentimento malato.
[non può che
esser tale.]
Dunque
amami, Hermione,
non
lasciarmi svanire.
- Cosa vuoi Draco? – domandò infine la Grifondoro,
nelle
iridi d’ambra una stanchezza profonda.
- Granger, devi lasciarla andare. Amy è troppo piccola per
stare da sola. -
- Non dipende da me – ringhiò la Granger frustrata.
- Sei tu che ci hai richiamati. – costatò lui.
- Non volontariamente. – precisò Hermione. Poi,
con voce
rotta, proseguì - Poche settimane dopo la fine di scuola ho
visto Macnair
sgozzarla come un agnello per puro divertimento. Non sapevo neanche chi
fosse
quella povera bimbetta… qualche giorno dopo ha iniziato a
seguirmi. Lei è stata
la prima. -
- Devi lasciarla andare. – ripeté Draco con
maggiore
tenerezza.
- Ti ho detto che non so come fare! – urlò lei
esasperata.
Calì alzò il viso dal cuscino e si
guardò attorno frenetica.
– Chi è stato? Chi va là? - esalò
terrorizzata.
- Sono io Calì. Scusa. Era solo un brutto sogno. -
La ragazza non si mostrò sorpresa, negli ultimi tempi erano
molte le persone che soffrivano di incubi e si svegliavano nel cuore
della
notte urlando frasi sconnesse – Oh. Hermione sei
tu…se hai bisogno di qualcosa
chiamami, okay? -
Hermione annuì e la moretta, rassicurata, si
riaddormentò.
Padma, la gemella di Calì, era morta.
Vittima
accidentale di un agguato.
La
famiglia Patil era stata duramente colpita da questa
tragedia
Eppure,
Calì riusciva a dormire.
Il
sonno era forse il suo ultimo rifugio, ma Hermione
avrebbe giurato di averle visto stirare qualche pallido
sorriso,
a cena.
Calì
dormiva e provava, seppur con scarsi risultati, a
sorridere.
Hermione,
che non aveva perso altri che il suo peggior
nemico, vegliava.
Trascorsero alcuni istanti in cui né la ragazza
né Draco
parlarono, entrambi troppo presi dai propri pensieri.
- Devi trovare un modo. – disse infine lui.
- Vattene. -
- Promettimi che libererai Amy. -
- Vai via, per favore. – lo supplicò lei.
E Draco le fu sopra.
Non
evanescente ma possente come forse non era stato neanche
da vivo. Le morse il collo, con rabbia e libidine, la lasciò
divincolarsi fin
quando non fu anch’ella stanca di quella patetica farsa.
La
camicia da notte della Grifondoro scivolò a terra.
Assieme
ad essa, redenzione, speranza, candore.
Lealtà,
tradizione.
In una notte, molte bugie furono spezzate.
***
Hermione,
la mattina seguente, si svegliò nella ferrea morsa
di due braccia marmoree. Avvinghiato a lei, tra le lenzuola, Draco
dormiva.
La
ragazza, dato un rapido sguardo all’orologio e alla
stanza rigorosamente deserta, tentò di scivolare
silenziosamente fuori dal
letto.
Una
molla traditrice cigolò e il biondo, se la strinse
nuovamente contro il petto freddo vanificando ogni sua cheta manovra.
La
Grifondoro, soffocando una sorriso nel cuscino, provò
nuovamente ad
allontanarsi e nuovamente venne catturata. Perplessa, la ragazza si
voltò e
trovò ad accoglierla due iridi limpide, luccicanti di palese
divertimento.
- Ma allora sei sveglio… - mormorò sorpresa.
- Non ho chiuso occhio – confessò lui.
- Oh. – costatò con una strana intonazione di
voce. Poi,
senza più tanti riguardi, Hermione scese dal letto e
iniziò a vestirsi.
- Cos’hai alla prima ora? – domandò poco
dopo il Serpeverde.
- Aww… pozioni. – rispose lei, sbirciando il
foglietto con
gli orari poggiato sul comodino mentre saltellava per infilarsi le
scarpe.
- Sei in ritardo? -
- Catastrofico. – dichiarò la Grifoncina
allacciandosi
rapidamente la camicetta.
- È colpa mia? – Draco osservò con
disappunto come ogni
asola, sotto le mani della ragazza, andasse magicamente ad accogliere
un
bottone che non le apparteneva. Il risultato fu desolante.
- No, è colpa di chi non mi ha svegliato. Ma
cosa…?! –
sbottò Hermione resasi conto del pasticcio.
Senza
una parola Malfoy la afferrò per i fianchi e la
attirò
a sé. Con mani agili ripeté l’intera
operazione.
- Grazie. – mormorò la ragazza, piacevolmente
sorpresa.
- Di nulla. – replicò il biondo. –
Piuttosto, MezzoSangue,
vengo con te. -
La Grifondoro represse a mala pena un sorriso.
Era questo ciò che la attendeva, d’ora in avanti. Una vita divisa. Tra tenebre e luce.
***
Pallidi
raggi di luna filtravano dalle ampie arcate e
cadevano in luminescenti pozzanghere ai piedi dei letti.
-
Draco? – chiamò Hermione, raggomitolata su di un
fianco; la voce era tanto flebile da essere appena percettibile.
Le
giunse in risposta un sussurrio roco.
-
Dopo questo, non puoi sperare che ti dimentichi.
-
-
Lo so. -
-
Hai firmato la mia condanna, stanotte. – gemette la
Grifondoro, col cuore a pezzi.
-
Già. –
La
ragazza si alzò sui gomiti – Come puoi ostentare
una
tale indifferenza? – ringhiò rabbiosa.
-
Proprio tu me lo chiedi, Hermione? -
La
Granger tacque, schiacciata dalla propria debolezza.
-
Io sono morto. -
-
È più corretto dire che avresti dovuto esserlo. -
-
Non lo sono? -
-
Credo di no. -
-
Perché l’ hai fatto? – chiese lei,
indicando con un
cenno del mento il letto disfatto.
-
Perché io sono io e tu sei tu. In ultima analisi, non
poteva finire altrimenti, tra noi, MezzoSangue. -
-
Hai deciso per entrambi. – gli fece notare lei.
- Qualcuno doveva pur farlo. - il Serpeverde scosse le spalle, con aria stanca – Però, cerca di vederla così… - fece
un
sorriso
malizioso – ho tutta la vita per farmi perdonare. -
Nulla sarebbe cambiato, concluse Hermione mescolando in
senso antiorario la sua pozione.
Nulla
doveva cambiare.
Io
odio Draco Malfoy, si disse, lo disprezzo con tutta me
stessa.
E
sorrise, assurdamente felice.
Un bravo giocatore accetta sia la sconfitta che la vittoria.
Ciò che aberra, sono le partite lasciate a metà.
Forse,
un giorno, Draco avrebbe perso ed Hermione vinto.
Per
adesso, entrambi giocano.
E
vanno avanti.
È questo che pensa, la Grifondoro. Sospira e alza la mano.
***
Lui.
Era bianco.
B
i a n c o.
Come
la neve.
N
e v e.
Lei.
Era nera.
N
e r a.
Quanto
la notte.
N o t t e.
Lui aveva saltato, Lei gli aveva teso la mano.
Lei era caduta [tra le Sue braccia], e aveva imparato a volare.
***