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Autore: Faffina    25/05/2013    8 recensioni
C'è Daniel che è sempre stato etero.
Scott è gay ma non lo sa nessuno.
Gabriel, bello e ricco, è deciso a vedere il mondo da solo.
Ely, dalle ciglia lunghe e dai lineamenti delicati rischia di sembrare ciò che non è.
Kyle è scappato da casa all'età di 15 anni e non sa nemmeno più da cosa sta fuggendo.
Cinque ragazzi che vogliono iniziare una nuova vita a New York. Quattro di loro nascondono un segreto.
Scappano spinti dal bisogno di stare soli, senza sapere che è proprio la cosa da cui fuggono.
Impareranno a conoscere sé stessi, la paura, l'odio, l'amore e il sesso, che a volte si nascondono dietro l'amicizia.
Quando Dan alzò lo sguardo, Scott aveva le lacrime agli occhi. Abbassò il viso sulla sua pizza per nasconderle. Un posto in cui sentirsi a casa. Non era ciò che cercavano tutti?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 9

Di nuovo insieme

 

The most magical thing that I’ve known
One look in your eyes, I’m sinking
And it feels like coming home

  Marit Larsen - Coming Home

 

 

 

Un tocco delicato svegliò Daniel e l’odore di disinfettante e lenzuola pulite lo riportò bruscamente alla realtà. Si era addormentato sulla sedia accanto al letto, con la testa e le braccia appoggiate sul copriletto. Ely lo guardava sorridendo, nonostante i lividi e il taglio sul labbro. La sua mano sana era ancora posata sulla guancia di Dan.
«Ciao Daniel, ben svegliato» lo salutò. Appariva ancora frastornato per l’effetto dell’anestesia, ma felice di vederlo. Le emozioni della notte prima montarono, e per un attimo Daniel temette di non riuscire a trattenersi dal mettersi a piangere.
Era vivo. Era vivo e gli parlava. Oh, Dio, grazie.
Non disse nulla, ma il modo in cui gli prese la mano sana e la strinse, per Ely, valeva più di mille parole.
«Su, su, va tutto bene» lo consolò passandogli un dito sullo zigomo improvvisamente umido. Era assurdo che fosse Ely a consolare lui. Il senso di felicità che lo travolse gli fece battere il cuore più forte.
«Come stai?» gli chiese, cercando di darsi un contegno. «Ti fa male la mano?»
«Sto bene; mentre dormivi è passata un'infermiera a darmi un antidolorifico. Ha detto che l'operazione è andata a buon fine e che dovrei recuperare l'uso delle dita. Quasi sicuramente.» Sorrise, ma un ombra di paura balenò per un attimo nei suoi occhi chiari. «Sai per caso dov'è Kyle? Penso che mi abbia portato qui lui, ma non ricordo niente.»
Daniel arrossì abbassando lo sguardo sul pavimento «Credo che... Ehm, credo che non si farà vedere per un po'. Si sente in colpa.» Si interruppe esitante, giocherellando con il lenzuolo, poi concluse «E io gli ho dato un pugno.»
«Cos'hai fatto?» L'espressione di Ely era sbalordita.
«Mi dispiace, ma non ci ho visto più. Tu eri in sala operatoria e nessuno ci diceva nulla.»
Ely lo fissava ancora ad occhi sgranati, coprendosi la bocca con la mano, ma quando la riabbassò Dan si accorse che tratteneva un sorriso.
«Non sapevo fossi capace di fare a pugni. Povero Kyle. Si sarà preoccupato da morire. In fondo quegli uomini cercavano lui» disse Ely a bassa voce.
Questa volta era il turno di Dan di guardarlo sbalordito: era stupefacente come quel ragazzo sembrasse incapace di portare rancore. Anche dopo essere stato picchiato ingiustamente, e con il volto segnato dai lividi, riusciva ad essere bellissimo e a risplendere di quella luce che Daniel aveva da sempre ammirato.
«Grazie per essere qui» Gli sussurrò Ely. Quando gli fece scorrere delicatamente la mano sul viso e sul collo, accarezzandolo con le sue dita sottili, il desiderio di baciarlo tornò forte ed innegabile. Con una delicatezza che non credeva di possedere liberò il viso di Ely dai ciuffi di capelli scuri e si chinò sulle sue labbra.
 

* * *

Ci sono sogni da cui ti svegli con la delusione di chi si rende conto che non c'è nulla di vero, per Scott, quel mattino, fu il contrario. La realtà in quel momento era molto più interessante di qualunque sogno stesse facendo. Avvertiva già un principio di mal di schiena, dovuto alla posizione scomoda in quel letto troppo piccolo per due, e gli occhi gonfi per la mancanza di sonno, tuttavia la presenza del petto di Gabriel contro la sua schiena era tutt'altro che fastidiosa. Il suo braccio gli circondava il corpo e la mano era posata sul lenzuolo a pochi centimetri dal suo viso. Aveva delle belle mani, abbronzate e forti, con ancora i segni più chiari dove le ferite dell'incidente si stavano rimarginando. Prudentemente, per non svegliarlo, infilò la mano sotto la sua, con il palmo verso l'alto ed intrecciò le dita.
Probabilmente era la prima volta in vita sua che teneva qualcuno per mano, sicuramente l'unica che ricordasse. Era strano come il palmo sembrasse tutto ad un tratto ricco di terminazioni nervose, il calore di Gabriel gli giungeva simile ad un'aura di energia e poteva sentire le brevi contrazioni delle sue dita nel sonno.
Gabriel lo aveva baciato. O lui aveva baciato Gabriel. Non avrebbe saputo dirlo con certezza, ma era successo. Ancora una volta era riuscito a coglierlo di sorpresa con il suo comportamento; anzi, tuttora non riusciva a capire cosa ci trovasse di bello in lui. Quella Cynthia doveva essere davvero speciale e lui non lo era.
Quel bacio aveva avuto il potere di farlo sentire un ragazzino alle prese con la sua prima cotta, anche se solo per poche ore. L'eccitazione e l'entusiasmo erano durati solo finché la luce del sole non aveva mostrato la situazione per ciò che in realtà era. Ora si sentiva stupido; uno stupido e un illuso.
Fece per sfilare la mano dalla presa di Gabriel, ma le sue dita si chiusero, tenendolo più stretto.
«Buongiorno» sentì mormorare da qualche parte vicino al suo orecchio, mentre il soffio del suo respiro sul collo lo faceva rabbrividire. Gabriel si mosse, liberandogli - con suo sommo sollievo - la mano dalla presa e ritirando il braccio. Scott si sarebbe aspettato un silenzio imbarazzato, invece l'atmosfera sembrava stranamente intima e rilassata. Gabriel si tirò a sedere appoggiandosi alla testiera del letto e prese a passargli delicatamente le dita tra i capelli arruffati per sistemarli.
«Se Kenny vedesse in che stato è il suo taglio!» ridacchiò, poi si fece più serio «Sei uno di quei gay non dichiarati innamorati da sempre del loro migliore amico?»
La domanda così diretta e decisa, come tutto in Gabriel, lo colpì al petto con la forza di una mazzata. Rimuginarci su quando era solo era un conto, ma sentirselo chiedere da qualcuno che aveva passato tutta la notte a baciarti faceva un altro effetto.
Cosa provava per Dan? Se lo era chiesto decine di volte. Quando erano insieme i suoi sentimenti erano contrastanti, affetto, ammirazione, gelosia; il fatto di sapere che non avrebbe mai potuto esserci nulla tra loro aveva fatto sì che evitasse di dargli un nome, come se in quel modo potesse proteggersi dai propri sentimenti.
«Non c'è nulla tra noi» rispose. Era l'unica cosa di cui fosse sicuro.
«Oh, questo non lo metto in dubbio.» La voce di Gabriel appariva neutra, senza accenno di emozioni, Scott si meravigliò ancora una volta di quanto fosse bravo a nasconderle.

 

* * *

 

Quando Dan rientrò in casa, alcune ore più tardi, trovò solo Gabriel che guardava la tv semisdraiato sul divano. Gli si sedette accanto, sfinito e preoccupato, e la ciotola di patatine al formaggio gli ricordò immediatamente che non mangiava da ventiquattro ore. 
«Come sta il vostro amico?» gli chiese Gabriel togliendo il volume del televisore.
«Si sta riprendendo, ma gli hanno rotto due dita, non è detto che potrà tornare a disegnare.» Le patatine gli diedero un improvviso senso di nausea. Se ripensava anche solo per un attimo alla camera di ospedale e al volto pallido di Ely, gli si chiudeva lo stomaco. Aveva deciso di andarsene quando era tornato Kyle, sempre sconvolto, ma con un cerotto sullo zigomo. Non era ancora pronto a chiedergli scusa, nonostante i cenni del capo di Ely nella sua direzione.
«Come mai l'hanno pestato?» chiese Gabriel curioso.
«Il ragazzo che lo ospita – Kyle - ha dei conti in sospeso con alcuni tizi, che se la sono presa con Ely. Pensavano stessero insieme, solo perché Kyle gli ha offerto un posto sul divano.» Dan strinse inconsciamente i pugni, un gesto che non sfuggì a Gabriel, come la ruga di preoccupazione sulla sua fronte, il modo in cui si era precipitato fuori dalla porta per andare all'ospedale e l'espressione che aveva fatto vedendo il disegno. 
Gabriel fissò il ragazzo che aveva di fronte con un misto di compassione e comprensione. Nonostante i sentimenti confusi di Scott nei suoi confronti, non riusciva ad odiarlo o ad esserne geloso. Sembrava un ragazzo a posto, forse un po' troppo inconsapevole dei propri sentimenti. 
«Quindi adesso questo ragazzo, Elijah, non ha più un posto dove dormire?» chiese Gabriel. 
Non sapeva se stesse facendo la cosa migliore, ma di una cosa era sicuro: da quando aveva aperto il suo appartamento a dei coinquilini, aveva iniziato a sentire di poterlo chiamare "casa". Non era più il punto di appoggio tra un viaggio e l'altro, ma un luogo in cui riusciva a dimenticare per un po' il dolore e la solitudine. Non sapeva se fosse merito di Scott e del suo affetto incondizionato, o del fatto che stesse lentamente abbassando le barriere che lo avevano tenuto per anni isolato dal mondo esterno.
«Quando uscirà dall'ospedale può venire a stare qui per un po', se si accontenta di dormire sul divano. Avrà bisogno di qualcuno che lo assista, durante i primi giorni» propose Gabriel, con sommo stupore di Dan. 
«Davvero? Non ti scoccia? Pensavo fossi una di quelle persone che sta bene da sola.»
Gabriel sorrise appena, un'espressione insolitamente dolce, con un pizzico di malinconia «Forse sto cambiando.»

 

* * *

Nella settimana che seguì, le cose andarono avanti come al solito, almeno apparentemente. Scott tentò di essere il più naturale possibile nei confronti di Gabriel, ottenendo ovviamente l'effetto opposto ed arrossendo ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. Fortunatamente per lui, Daniel aveva la testa altrove, troppo preso da Ely per accorgersi di qualcosa. Le condizioni di Ely migliorarono rapidamente e venne fissato il giorno della dimissione, che coincise con la data in cui Gabriel doveva andare a togliersi il gesso.
Quel lunedì mattina di buon ora Gabriel scese faticosamente le scale con le stampelle per l'ultima volta, seguito da Scott e Daniel, e tutti e tre si infilarono nel taxi diretti all'ospedale.
Il Presbyterian era affollato e rumoroso, quel mattino. Infermieri e medici in divisa si rincorrevano nei corridoi, gruppetti di tirocinanti parlottavano tra di loro e pazienti dall'aria annoiata riempivano le sale d'attesa.
Gabriel si infilò nell'ambulatorio ortopedico, seguito dallo sguardo preoccupato di Scott; presto la traballante andatura con le stampelle sarebbe stata solo un ricordo.
Dieci lunghissimi minuti dopo, in cui Scott si morse le pellicine del pollice quasi a sangue, il dottore riaprì la porta. «Il vostro amico è come nuovo, in pochi giorni sarà tutto a posto.» Alle sue spalle apparve Gabriel, sorridente e solo leggermente zoppicante, con le stampelle sottobraccio.
Per un istante Scott desiderò abbracciarlo, ma si trattenne ad un passo di distanza, impacciato. Stranamente Gabriel sembrava persino più alto, ora che non camminava più appoggiato ai sostegni, Scott si stupì di dover alzare leggermente lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Si incamminarono nel corridoio, diretti alla stanza di Ely, e Gabriel li precedette, facendogli strada nel reparto ormai familiare. Aveva un'andatura fluida, sicura di sé, nonostante zoppicasse quasi impercettibilmente, e l'attenzione di Scott venne catturata dal leggero movimento dei fianchi; sapeva esattamente la sensazione che dava la sua pelle sotto le dita. La schiena liscia e calda, il guizzare nervoso dei muscoli, e il sedere...
Quando Gabriel si fermò voltandosi, per poco Scott non gli andò a sbattere contro, assorto com'era tra i propri pensieri, ed arrossì violentemente temendo che gli si potessero leggere in faccia.
Ely li aspettava accanto al letto, aveva addosso un maglione a righe troppo grande, le cui maniche arrivavano a coprirgli le dita fasciate. A parte i lividi sul lato del volto e il pallore, sembrava quasi normale.
«Per fortuna siete venuti a prendermi, il cibo dell'ospedale è pessimo. Senza offesa» disse, rivolgendosi poi a Gill con un sorriso. L'infermiera, che li aveva seguiti nella stanza, rise di rimando. 
«Non preoccuparti, hai ragione» si avvicinò ad Ely e lo abbracciò. «In bocca al lupo, Elijah, vedrai che si sistemerà tutto.» Era sinceramente commossa; ancora una volta, con le sue dolci maniere e i suoi modi di fare, Ely era riuscito a conquistare la simpatia di tutto il reparto. Persino Gabriel rimase affascinato, quando lo vide avvicinarsi tendendogli la mano sinistra per presentarsi e ringraziarlo.
«Io sono Elijah, ma chiamami Ely. Grazie davvero per l'ospitalità, spero di potermi sdebitare in qualche modo.»

 

* * *

 

In effetti il modo lo trovò già dal giorno successivo. Quando Daniel entrò in cucina trovò Ely intento a cucinare, nonostante fossero solo le cinque del pomeriggio. Seduto al tavolo c'era anche Scott, che alzò la testa di scatto dalle verdure che stava tagliando in cubetti irregolari. Era strano ritrovarsi di nuovo tutti e tre in quella casa, sembrava di essere tornati ai primi giorni di permanenza a New York.
«Stavo dicendo ad Ely che ci sono mancati i pasti cucinati da lui; non è vero, Dan?» chiese Scott tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
Ely sorrise e soffiò verso l'alto per allontanare i capelli dal viso; nonostante la mano fasciata, stava usando la sinistra per mescolare una ciotola di crema che teneva ferma tra il fianco e il gomito.
«Non lo metto in dubbio, bastava guardare la pila di contenitori take away che c'era sul bancone. Per fortuna che Gabriel uscendo li ha portati via. L'odore di fritto copriva quello del pane nel forno.»
Dan si stupì di non essersene accorto prima, nell'aria c'era un aroma invitante di pane appena fatto. «Hai fatto il pane?» chiese.
«Certo, altrimenti come faccio a fare le bruschette?» rispose Ely stringendosi nelle spalle. «Finché non potrò disegnare di nuovo la cucina rimane la mia unica forma d'arte!»
«Chi ti ha insegnato a cucinare? Tua madre?» si informò Scott, curioso.
Ely rise scuotendo la testa e facendosi cadere di nuovo i capelli sugli occhi «No, mia madre è un disastro in cucina. Ho imparato da solo, altrimenti avrei rischiato di morire di fame. Lei ha già abbastanza da fare tra il lavoro e i miei fratelli.»
«Hai dei fratelli? E sono come te?» chiese Scott.
«Come me?» Ely apparve confuso per un attimo, poi recuperò il portafoglio dal tavolino del salotto; quando rientrò in cucina stringeva fra le dita una piccola foto scattata in una macchinetta automatica. Era un po' sbiadita, ma si distingueva chiaramente un Elijah un po' più giovane e con i capelli più lunghi con due bambini identici sulle ginocchia. Biondi e paffuti, non potevano avere più di quattro anni. Dal lato della foto spuntava il viso di una donna, stanco ma sorridente, con una lunga chioma di capelli biondi dalla ricrescita scura e gli stessi occhi azzurri di Elijah.
«Loro sono i gemelli e lei è mia madre» disse con voce ancor più bassa del solito. Per un attimo sembrò perdere la sua tipica vitalità, sostituita da un'improvvisa nostalgia e Dan sentì la sua mano scivolare nella propria, dietro le spalle di Scott. La strinse silenziosamente, senza pensare, con l'unico desiderio di vederlo di nuovo sereno.
«Scott, lascia pure le verdure, posso ehm... continuare io» balbettò Dan mentre Ely riponeva la foto e scacciava la malinconia con un battito di ciglia.
«Va bene, allora vado a farmi una doccia» disse Scott evidentemente sollevato, allontanando il tagliere cosparso di pezzi di verdure malamente sminuzzate.
Senza Scott il silenzio tornò a riempire la cucina, rotto solo dal rigirare del cucchiaio nella ciotola di crema e dal coltello di Dan. Era un lavoro semplice e ripetitivo, che lasciava molto spazio per pensare, esattamente ciò di cui Dan non aveva bisogno. Quasi leggendogli nel pensiero Ely accese la radio, canticchiando piano e muovendo il cucchiaio a tempo. Una strofa della canzone e un assaggio di crema, un'altra strofa e un altro assaggio. Dan seguiva quasi ipnotizzato il percorso del dito di Ely, che dalla ciotola si infilava tra le sue labbra. Aveva una bocca piccola ma carnosa, e uno sbaffo di crema sul labbro inferiore. Quando tirò fuori la lingua per leccarlo via, Dan non ce la fece più, spinse indietro la sedia e gli si parò davanti, bloccandolo contro il tavolo della cucina. Ebbe una rapida visione degli occhi spalancati di Ely, di nuovo brillanti, prima di prendergli il viso tra le mani ed arrendersi a baciarlo.
Si stupì di come in un momento del genere la sua mente quasi rallentasse, soffermandosi sul gusto dolce della crema, sulla pelle sorprendentemente liscia delle guance, il contatto delle mani di Ely - quella sana e quella fasciata - sulla pelle nuda sotto la sua maglietta. Poi tutto riprese a scorrere a velocità normale, facendolo tornare improvvisamente consapevole del battito furioso che gli risuonava nel petto e gli faceva pulsare il cavallo dei pantaloni. Si premette con più forza contro Ely e lo sentì sospirare rafforzando la presa. Guidato dall'istinto trovò l'orlo del maglione e il calore della sua pelle. Percorse lentamente la schiena con le mani, meravigliandosi di quanto quel contatto potesse essere incredibilmente eccitante.
Ely si stacco il tempo necessario per issarsi a sedere sul tavolo ed attirarlo di nuovo a sé, circondandogli la vita con le gambe fino a farlo premere contro il suo bacino. Daniel si strofinò piano, sospirando contro le labbra di Ely, e si ritrovò a ripercorrere la sua schiena all'indietro, fino alla vita, lungo il tessuto ruvido dei jeans. Gli accarezzò le cosce, esitando leggermente prima di appoggiargli le mani sul sedere ed attirarlo più vicino. In quel momento il fatto che non fosse una ragazza non gli importava più, anzi, era la cosa migliore che gli fosse mai successa. Il corpo che gli si stringeva contro, e le mani che lo accarezzavano, sottili ma forti ed innegabilmente maschili, erano l'unica cosa di cui avesse bisogno.
Una risatina lo fece ripiombare con i piedi per terra. «Io non ho visto niente» disse Gabriel in piedi sulla porta e con un'espressione ironica sul volto. «Ecco i pomodori che mi avevi chiesto.»
Dan si ritrovò improvvisamente con la bocca secca. L'espressione sul volto di Gabriel non lasciava trasparire né disgusto, né imbarazzo, quanto, piuttosto, una lieve e divertita sorpresa. Anche Ely, che aveva ancora le braccia intorno al suo collo, era arrossito ma sorrideva. Era l'unico che sentiva un improvviso senso di nausea all'idea di essere in una situazione del genere?

 

* * *

 

Daniel si rigirava nel letto da ore, senza riuscire a prendere sonno; la serata era passata tranquillamente, e la cena che alla fine avevano preparato era stata deliziosa. Nessuno aveva mai fatto cenno all'episodio del pomeriggio, ma lui continuava a rivedere l'espressione ironica di Gabriel e a risentire la sua risata. Non sapeva perché, ma si sentiva morire all'idea che Scott potesse scoprire qualcosa. Era il suo migliore amico, avevano sempre condiviso tutto, ma da quando vivevano insieme si erano paradossalmente allontanati. Stava ancora riflettendo su questo, quando un suono proveniente dall'appartamento lo fece sussultare. Sembrava qualcuno che piangesse.
Il pianto sommesso si trasformò in un mormorio, prima piano, poi sempre più forte.
«No, no, no, no...»
Dan si alzò dal letto, seguendo il suono. Alla debole luce del corridoio vide Ely sul divano del salotto, aveva buttato via le coperte e si copriva il viso con le mani in un disperato tentativo di proteggersi. Era profondamente addormentato, ma sembrava terrorizzato. «Ely?» lo chiamò piano.
Ebbe in risposta solo singhiozzi e mormorii confusi.
«No, no, ti prego.» mormorò Ely a bassa voce, voltò il viso verso la luce e Dan riuscì a vederlo. Stava piangendo, aveva le guance lucide di lacrime e la mano sinistra stretta a pugno, tanto forte da conficcarsi le unghie nel palmo. Daniel si inginocchiò di fianco a lui, circondandolo con le braccia, sentendo il suo corpo scosso da un tremito convulso. Gli faceva male vederlo così vulnerabile, gli ricordava che l'avevano lasciato solo nel momento in cui avrebbe avuto più bisogno di loro.
«Per favore, basta!» Ely si contorse sul divano in preda agli incubi per un tempo che a Dan sembrò infinito, finché il respiro non si regolarizzò lentamente e smise di tremare. Aveva ancora gli occhi serrati e i lividi erano una pallida ombra a malapena visibile, ma nell'inconscio di Ely il trauma era tutt'altro che superato.

 

 

 

____________________

* Angolo dell'Autrice *

Ciao adorabili ragazze! Spero che non mi abbiate dimenticata! Non mi sono persa, e tantomeno si è persa l'ispirazione, ma sono stata via da casa per due settimane (mareee!) in cui ho scritto poco o nulla. E mercoledì ho avuto un esame, ma rieccomi con un capitolo nuovo. Credo sia un po' lunghetto, ma non potevo interromperlo a metà. Sembra incredibile che Ely sia il mio personaggio preferito, vero? XD Lo sto torturando, povero! Ma c'è Dan con lui ^^
Spero che non mi prenderete a bastonate per rivendicare il piccolo Elijah! O.o Intanto vi ringrazio per le recensioni, che come al solito non sono mancate <3 vi adoro ogni capitolo di più! Se volete vedere i dolci faccini dei protagonisti, ho creato dei piccoli avatar *-* Sono una meraviglia, secondo me! E sono esattamente come li immaginavo! (se non volete aprire il link e continuare ad immaginarvi i personaggi, avete tutto il mio appoggio :) Adoro Ely ç_ç perché non esistono veramente ragazzi così?

Dan http://i889.photobucket.com/albums/ac96/Faffina_photos/daniel_zpsbe909de8.jpg

Scott http://i889.photobucket.com/albums/ac96/Faffina_photos/scott_zps5a52d7cb.jpg

Ely http://i889.photobucket.com/albums/ac96/Faffina_photos/elijah_zps4805e67f.jpg

Gabriel http://i889.photobucket.com/albums/ac96/Faffina_photos/gabriel_zps0ddd1b35.jpg

Kyle http://i889.photobucket.com/albums/ac96/Faffina_photos/kyle_zpsf18d194f.jpg

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto e a chi mi lascerà un commentino, nonostante il ritardo! ♥

Baci

 

Faf

   
 
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