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Autore: grantivre    25/05/2013    12 recensioni
Victoria è un'adolescente quasi del tutto normale, un po' come tutti gli altri. Una sera, però, si trova catapultata in un altro mondo dopo aver accompagnato la sua migliore- si fa per dire -amica ad una festa piuttosto strana e inquietante.
Tormentata da alcune incognite del suo passato, riuscirà a sapere di più su di lei? Su chi sia davvero? Su chi siano tutte le persone che ha conosciuto e con cui ha legato fino ad allora?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo Primo
Finte Allucinazioni

 

Victoria si guardò le punte delle ballerine nere maledicendo il momento in cui aveva accettato il folle tentativo di distrazione di Bianca.
L’amica era tutta agghindata,  fasciata nel suo vestito verde lime e coperta da una giacchina rosa shocking coordinata alle scarpe.
Lei invece aveva indossato l’unico vestito che aveva ritenuto decente, ovvero un abito sopra al ginocchio di pizzo nero con le maniche a tre quarti. Con la sua giacca nera e suoi capelli corvini si sarebbe potuta confondere con il cielo notturno, se non fosse stato per la sua carnagione, solitamente tendente al bronzeo, pallida per uno sconosciuto motivo.
Nel complesso era carina ma messa a confronto con Bianca sembrava spegnersi.
Era come paragonare una piccola fiammella di una vecchia candela a una luce al neon colorata.
-Pronta per divertirti, Vicky?-  squittì Bianca aggiustandosi i capelli.
Victoria sbuffò, prendendo mentalmente nota di trovare un soprannome altrettanto ridicolo anche per l’amica.
-Non sai quanto.-
La bionda non notò la nota di sarcasmo nella sua voce e si mise a saltellare da un piede all’altro tirandosi più giù il vestito attillato.
-Entriamo, forza.- Aprì il cancello in ferro battuto e entrarono in un grande giardino pieno di statue di cherubini e veneri.
Victoria era affascinata da quei corpi dalle forme morbide che, anche se più nude che vestite, non erano affatto volgari.
Guardò l’amica e pensò che se agli artisti contemporanei fosse venuta voglia di scolpire delle veneri secondo il loro gusto sarebbero somigliate più all’amica, magrissima e alta, che alle antiche statue e sé stessa, che era snella ma aveva comunque qualche curva qua e là e di certo non aveva un corpo slanciato.
-Ei Lucas!- trillò la voce della bionda raggiungendo un tono più simile allo squittio di un topo che a una voce umana.
Detto –anzi, trillato questo- si buttò al collo del ragazzo e i due si baciarono appassionatamente.
‘’Andiamo a casa di un mio amico’’  Anche io bacio così tutti i miei amici, ovvio.  Pensò Victoria sentendosi di troppo.
Non che la cosa fosse una novità, Bianca aveva parecchi  amici intimi barra ammiratori, ma non andava in giro a baciarli tutti.
-Tu devi essere Victoria, piacere Lucas.- esordì il ragazzo con un marcato accento americano. Aveva la pelle un po’ più scura del color nocciola, occhi leggermente a mandorla, capelli neri e denti bianchissimi.
Le sorrise a trentadue denti e la ragazza si sentì percorrere la schiena da un brivido di inquietudine.
I denti non erano normali ma affilati come rasoi, specialmente i canini.
Non lunghi come quelli dei vampiri, ma altrettanto ricurvi.
Ecco qua che la serata horror di ieri si fa sentire pensò.
Diede la colpa ai film horror, che comunque odiava, e si convinse che non c’era niente di strano nella nuova fiamma di Bianca.
Cercò di sorridere e si baciarono le guance.
Odiava quel modo di salutarsi, era così.. confidenziale.
Bianca e Lucas si allontanarono all’interno di un salone enorme e si sedettero su un divanetto, presi dalle loro chiacchiere mentre Victoria non riusciva a togliersi dalla mente il sorriso di Lucas.
Rimosse il pensiero dicendosi che era solo la sua fantasia che giocava brutti scherzi e raggiunse un divano vicino a una grande portafinestra che dava su un terrazzo, lontana da tutti.
Tirò fuori dalla borsa Fahrenheit 451 e cominciò a leggere appoggiandosi al bracciolo finché,dopo qualche minuto,  un ragazzo alto e biondo la interruppe.
-Che ci fai qui tutta sola?- disse il ragazzo sgranando gli occhi azzurri e sorridendo.
Il sorriso fece trasalire Victoria che saltò quasi dal divanetto, aggrappandosi al cuscino.
Era lo stesso di Lucas.
-Cosa c’è?- insisté il biondo sedendosi accanto a lei e distendendo un braccio dietro le spalle della ragazza.
-Niente, credo di aver bevuto un po’ troppo.- mentì lei, tenendosi una mano sulla fronte.
Aveva le traveggole, non c’era altra spiegazione plausibile.
Cercò di calmarsi inspirando e ed espirando profondamente per qualche secondo per poi girarsi di nuovo verso il ragazzo.
-Guarda che ho visto che non hai bevuto neanche un goccio d’acqua. Comunque sono il fratello di Lucas, Aaron.- riprese lui tendendole la mano.
Victoria cercò di distrarsi dalla sensazione di inquietudine e osservò –Siete un po’ diversi però.-
Aaron rise piegando le braccia dietro la testa e stendendosi sullo schienale del divano. –Non siamo fratelli di sangue. Lui è americano e io inglese, i nostri ci hanno adottato.-
-Ecco spiegato il suo marcato accento americano. Ma il tuo è inesistente.- riprese lei guardandolo nuovamente.
Era normale, anche carino a dir la verità.
I capelli erano lunghi fino a poco sotto le orecchie, di un biondo molto chiaro. Alcuni ciuffi, che Aaron continuava a scostarsi ,gli ricadevano sugli occhi azzurri tendenti al grigio.
Era alto, con spalle larghe e busto asciutto.
Niente male –pensò- traveggole a parte.
-Vivo qui da quando avevo quattro anni.- sorrise, stavolta senza canini.
La sua era stata evidentemente un’allucinazione.
-Ti va di ballare?- le chiese alzandosi e tendendole la mano.
Victoria fu presa dall’imbarazzo: era una frana a ballare.
Finché si parlava di balli latino-americani, valzer, danza classica e moderna non era male.
Ma per quanto riguardava i balli da discoteca sembrava più un gorilla con le pulci che una ragazza.
-Non so ballare.- balbettò abbassando la testa.
-Ti insegno io, avanti.- la incoraggiò Aaron prendendole la mano e tirandola su in piedi.
La musica dal ritmo martellante cessò e un lento prese il suo posto.
Perfetto, un lento. Con un ragazzo mai visto in vita mia. Che bellezza. Almeno è carino.
-Allora, mi metti le braccia attorno al collo, così..- cominciò prendendole le braccia ed appoggiandole sul proprio corpo.
-So ballare i lenti, tranquillo. Non so ballare con la musica da discoteca, però.-
Aaron la strinse a sé, muovendosi al ritmo della musica.
-Non ci vai mai?- chiese stupito, o secondo Victoria, con finto stupore.
-No, non mi piace granché. Troppa gente ammassata in un solo posto che si contorce, non mi pare un progetto per una serata fantastica. Preferisco una serata tranquilla tra amici.- rispose lei abituandosi al ballare con il ragazzo.
Victoria era alta, ma arrivava solo alla base del collo di Aaron .
Appoggiata al suo petto riusciva a sentire il suo profumo: liquirizia, limone e..sangue.
Riprese a respirare profondamente, quella non poteva che essere un’altra allucinazione.
-Che succede?- le chiese il biondo abbassandosi per far toccare la propria fronte e la sua.
Victoria trattenne il fiato: i grandi occhi azzurri erano diventati del colore del cielo notturno e la parte bianca dell’occhio era stata inghiottita dal nero; i capelli biondi erano cresciuti e le orecchie erano a punta.
Quando il ragazzo aprì nuovamente la bocca per chiederle ancora cosa avesse, la ragazza notò i denti che aveva visto prima, aguzzi e ricurvi.
Fece finta di cadergli addosso e gli sfiorò la bocca con le mani.
Non era un’allucinazione, il taglietto sul dito lo dimostrava.
-Fammi vedere, che ti sei fatta?- chiese il biondo preoccupato.
-Nulla, vado un attimo al bagno.- fece per andarsene, ricordandosi poi di non sapere dove fosse la toilette. –Dov’è?-
-Seconda porta a destra, non puoi sbagliare, c’è una targhetta con su scritto ‘bagno’.-
-Grazie- rispose correndo verso la porta della targhetta.
Si chiuse a chiave e si guardò nello specchio cercando qualche traccia di sconvolgimento.
Era solo un po’ pallida, fortunatamente e il rossetto stava già cominciando a sbavare.
Prese un po’ di carta igienica, pulì le labbra e si sedette sul bordo della vasca guardandosi il dito tagliato.
Era un taglio netto  e profondo, considerando che i denti del ragazzo e il suo dito si erano appena sfiorati, e intorno ad esso la pelle era chiazzata di rosso e viola.
Oddio, cosa diavolo è?
Trovò un cerotto in un cassetto e vi fasciò la punta del dito, stando attenta a non toccare il taglio che bruciava tantissimo.
All’improvviso si sentì soffocare e le sembrò che la stanza le girasse intorno, lasciandola confusa per qualche minuto.
Dopodiché, respirando a fatica, salì sul bordo della vasca e aprì la finestra del bagno godendosi il vento fresco che vi passava attraverso.
Inaspettatamente la luce del bagno si spense e qualcuno cominciò a tirare pugni alla porta.
Victoria pensò che fosse qualche ubriaco ma cambiò ipotesi non appena la porta minacciò di cadere, con i cardini quasi del tutto staccati.
Presa da un senso di sgomento la ragazza decise di lasciare la stanza.
L’unica via d’uscita era la finestra che dava sulla terrazza, troppo in alto per saltare giù anche se c’erano delle aiuole che potevano attutire la caduta.
Dall’altra parte della porta echeggiò un ringhio, come quello di un cane selvatico, che fece vibrare la porta già poco stabile sui cardini debolmente attaccati ad essa.
La ragazza decise di tentare la sorte e si infilò nella piccolo finestra, sgusciando dall’altra parte del muro e mettendosi cautamente seduta con le gambe a penzoloni.
O salto o mi ritrovo faccia a faccia con la creatura rompi-porta pensò facendosi coraggio.
Contò mentalmente fino a tre e si lasciò cadere nelle aiuole piene di fiori colorati e fortunatamente non di rose.
Se la cavò abbastanza bene, graffietti e petali tra i capelli a parte.
Corse verso la portafinestra e cercò di entrare per poi uscire dalla porta principale, ma la porta non voleva muoversi.
Era in trappola: la terrazza non aveva vie d’uscita ed era collocata a una decina di metri dalla strada trafficata.
Se si fosse buttata da lì, e fosse sopravvissuta all’impatto, sicuramente sarebbe morta investita da una dei tanti veicoli che transitavano per il corso.
Presa dal panico e dall’ansia iniziò a riempire di pugni e calci la porta di vetro, imprecando ed urlando per sfogarsi.
Pessima idea.
Due ragazzi dal volto canino e dai denti affilati aprirono la porta, si fiondarono all’esterno e chiusero la porta con una chiave dorata.
Erano Aaron e Lucas.
-Non avevo le visioni, allora. Perfetto, sono davanti a due lupi mannari che probabilmente mi sbraneranno, ma almeno sono sana di mente.- tentò di sdrammatizzare Victoria con scarso successo.
-Non siamo lupi mannari.- precisò Lucas – Non ci piace farci chiamare in quel modo.-
-Fantastico, sono capitata davanti a degli esseri che non amano le etichette. Ora magari tirerete fuori una bandiera arcobaleno cantando qualche inno gay e protestando contro l’umana abitudine di affibbiare etichette a qualsiasi cosa- continuò la ragazza.
-Ma parli sempre a vanvera così tanto?- chiese l’essere più scuro, ovvero Lucas.-
-Solo quando sono nervosa.-
-Perché dovresti?- disse serafico Aaron facendo roteare un piccolo pugnale su un dito, a mo’ di palla da basket.
-Non saprei dirti con precisione, ma credo di non essere abituata a essere chiusa su una terrazza in compagnia di due mostri e un pugnale che non sembra avere un aspetto amichevole.- rispose la mora incrociando le braccia.
-Conosci un pugnale con un aspetto amichevole?- ribatté Lucas ridendo. –E poi noi non siamo meno mostri di te, Guardiana.-
Victoria impallidì. Guardiana? Cos’era una Guardiana?
-Non so di cosa tu stia parlando. Cos’è una Guardiana?- chiese sollevando le sopracciglia.
-Non sa nemmeno di esserlo, quindi non sarà neanche allenata. Non c’è gusto ad ammazzare una così.- disse Lucas scuotendo la testa.
-Dobbiamo ucciderla per forza?- pensò ad alta voce Aaron con un sorriso inquietante stampato in faccia.
Era un sorriso che quasi le faceva preferire la prospettiva della morte a qualsiasi cosa stesse pensando.
-Che vuoi dire, Aaron?- domandò Lucas guardandolo dubbioso.
Aaron si avvicinò a Victoria tirandole sul il mento e avvicinandosi al suo viso.
-Non è male. Posso tenermela io, tanto una Guardiana sprovvista di allenamento non è una minaccia.- Rispose il ragazzo, o essere,  guardandola negli occhi.
Ora o mai più pensò Victoria Meglio un pugnale nella carne che quello che ha in mente lui.
Si sporse in avanti e gli diede un calcio più forte che poteva, facendolo indietreggiare.
Il ragazzo le fu addosso in pochi secondi e la schiacciò a terra.
-Andiamo, è così terrificante il dover passare del tempo con me?- disse sorridendo.
Con tutta la forza che riuscì a trovare capovolse la situazione trovandosi seduta sul suo petto.
Velocemente, ignorando Lucas che le stava per saltare addosso, premette con forza un punto alla base del collo del ragazzo, sede di un nervo che compresso portava allo svenimento.
Prima di essere colpita con forza sulla testa riuscì a ringraziare mentalmente la nonna per le lezioni di autodifesa che le aveva dato da bambina.



Salve a tutti, lettori silenziosi e non.
Innanzitutto volevo ringraziare tutti voi che anche non recensendo seguite la mia storia.
Solo in due hanno recensito il prologo e sinceramente non li biasimo perché era una cosa del tutto normale e poco interessante.
Spero che invece questo sia di vostro gradimento e vi prego, recensite o contattatemi se preferite, perché vorrei davvero sapere cosa ne pensate sia del mio modo di scrivere sia della storia.
Inoltre spero di aver scritto bene tutto, ma alle dieci di sera non sono abbastanza lucida per controllare benissimo.
Secondo voi cosa succederà dopo? Chi sono questi Aaron e Lucas se non sono davvero lupi mannari?
Chi sono i Guardiani?
Vorrei tanto sapere cosa immaginate, scrivetemelo.
Un bacio, Mokinghunter.
  
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