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Autore: Ronnie02    27/05/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ehm.... ok, lo so, lo so, lo so. Sono una miserabile e dovrei vergognarmi. Ma è colpa della scuola, mi dispiace! Faccio il possibile!
Su... perdonatemi *s'inginocchia*
Be, mentre decidete vi lascio il capitolo *fa occhioni dolci*. Per ricapitolare: in mezzo alla battaglia di Namel, i Mars, Vicki e Devon sono incantati, Sorrow è morta e Edmund è svenuto. Yu-hu.
Chi mai li salverà?
buona lettura :)






Capitolo 17. Battle of One

 




 
“E così siamo rimasti io e te”, commentò Namel, mentre Ash non riusciva a non guardare il corpo di Sorrow, perso per sempre, a terra, davanti a Vicki e Devon, ancora immobili.
“Perché? Che senso aveva ucciderla?”, disse Ash, sconvolta.
“Diventi estremamente più combattiva da arrabbiata, non credi?”, sussurrò Namel, lasciandola andare. “E ora su, in piedi!”.
“Che vuoi fare?”, domandò Ash, provando a tirarsi su, con la caviglia un po’ più sana di prima.
“Vediamo quanto vale la cugina della troia. Hai detto che hai imparato con un gran segreto… fammi vedere cosa sai fare”, indietreggiò di qualche passo, lasciando Jared a metà strada.
Se lei avesse sbagliato mira, il cantante ci avrebbe rimesso. L’aveva fatto apposta.
“Bella mossa”, commentò Ash, indicando Jared, mentre lui rideva, con quella risata che le fece accapponare la pelle. Si guardò dietro e vide ancora una volta il corpo di Sorrow, completamente martoriato, e si promise di attaccarlo anche per lei.
“Fatti avanti, piccola stupida. Bramo il tuo sangue da troppo tempo, ormai”, ringhiò Namel, cominciando le danze.
Si mise in posizione di attacco e il suo braccio si ricoprì all’istante di una tenebrosa nuvola scura, pronta per essere lanciata verso di lei. Ash lo imitò, restando in difesa, fino a che il solito luccichio innevato le coprì il braccio.
Namel si mosse per primo, lanciandole una maledizione, che però Ash riuscì a deviare per poco. Si girò su un lato in fretta, mandando un incantesimo addosso a lui, stando attenta alla mira.
Lui lo evitò con semplicità, per poi riattaccare. Un po’ della nuvola nera si staccò dal suo braccio e partì verso di lei, colpendola sulle gambe e facendola cadere a terra, sulle ginocchia.
Non riusciva più a muoverle, come se non fossero più attaccate al corpo, anche se le vedeva. Si sedette, per quello che poteva, per terra, e lo vide avvicinarsi verso di lei.
“Allora, cosa pensi di fare?”, la insultò, sorridendo. “Sei diventata come loro”, indicò Vicki e suo marito, “non meriti il tuo grande potere”.
“Rimarrà comunque mio!”, cercò di indietreggiare Ash, ma non troppo o avrebbe sbattuto contro il corpo della povera Sorrow. “Non ci faresti niente di buono tu!”.
“Il mondo non è buono, Ash Connor. E per sopravvivere bisogna adattarsi a ciò che ci viene offerto e a ciò che abbiamo intorno, non credi?”, rispose lui, abbassandosi per arrivarle più vicino.
Ancora il suo braccio divenne nero e la stessa nuvola che le aveva colpito la gamba ora era sul suo braccio, bruciandola come un fuoco.
 
“Ash! Ash, sta’ attenta o ti scotterai”, scoppiò a ridere Jade, spostandola dal fuoco che aveva fatto apparire. Prima era attorno alla sua mano, ma poi sua cugina aveva toccato un pezzo di legno, per metterlo nel camino.
Ash era ammaliata, voleva solo prendere quel fuoco per giocarci con sua cugina. Ma appena aveva provato a toccarlo aveva sentito male al dito, togliendolo di scatto.
“Ma tu ci giocavi prima! Voglio giocare con te”, fece l’offesa Ash, incrociando le braccia sul petto.
“Fammi vedere come tu giochi con la neve”, le chiese, invece Jade, senza rispondere alle lamentele della bambina.
Ash fece una smorfia e mise avanti il braccio, che si ricoprì di un lieve strato di neve luminosa, facendo tante lucine dorate.
Jade allora le affiancò il suo, che si infiammò di un fuoco potente, rosso e arancione, con anche alcune sfumature bluastre vicino alla pelle.
Caldo e freddo. Si compensavano a vicenda, come loro due.
 
La pelle ustionata le faceva male, ma riuscì a congelare in fretta tutto, evitando che la ferita peggiorasse. La neve inghiottì la nuvola nera, e Namel si allontanò.
“Belli i tuoi ricordi. Mi lasciano abbastanza tempo per poterti attaccare meglio”, fece le sbruffone, mentre Ash si metteva in ginocchio, sentendo già di più le gambe. “Oh, ma non c’è bisogno di questa adorazione, Ash Connor. Voglio solo il tuo sangue”.
“Vattene a fanculo, Den”, disse ancora. Era diventato il suo mantra in quella situazione, ma la rendeva più forte ripetere le parole della cugina. In più lui sembrava arrabbiarsi ogni volta di più, quando sentiva il suo nome originario.
“Ti pentirai di fare sempre la saputella, mia dolce Ash”, ringhiò Namel. “Quando ti farò sanguinare fino a svenire, pregherai per avere un destino come quello della povera Sorrow, piccola stupida”.
Ash deglutì a fatica, ricordandosi ancora della donna che era appena morta.
 
Arrant. La Arrant era una bella scuola in effetti.
La donna che aveva trovato appena si era svegliata, Sammy, non era particolarmente simpatica e allegra, ma faceva del suo meglio per farla sentire a proprio agio, lo capiva.
In quel momento le stava mostrando le bellezze dell’edificio, costruito come due secoli prima da un mago magnanimo, con l’intenzione di educare tutti i piccoli Completi.
Prima, le aveva raccontato Sammy, l’educazione avveniva di padre in figlio, ma ogni famiglia conosceva determinati incantesimi e non esistevano libri specializzati. Niente storia, niente teoria delle magie, niente di niente. Solo pochi incantesimi tramandati da secoli ancora più passanti.
Così l’uomo trovò una piccola reggia abbandonata e decise di farne una scuola. Un gesto nobile, credeva la piccola Ash, guardandosi intorno.
In effetti aveva tutta l’aria di una reggia, messa a nuovo com’era in quel momento, con tutti i suoi quadri, le colonne e i corridoi infiniti. Si estendeva in enormi dimensioni, su pochi piani, tranne per alcune piccole torri, che mostravano il resto del paesaggio.
Sammy la fece girare per tutte le sale, enormi e ben arredate, per tutte le aule, grandi e illuminate da finestroni gotici, alcune anche con vetrate meravigliosamente colorate, per i campi, pieni di fiori o piante a lei ancora sconosciute, oppure da gioco, per i divertimenti degli alunni. Poi, salendo al terzo piano, l’ultimo, c’erano tutte le stanze degli studenti, piccole ma accoglienti, con il necessario per sistemare i propri averi.
Poi salirono sulle varie torri: in una c’era un enorme telescopio che si muoveva da solo, guardando l’universo intero. Se trovava qualcosa, si illuminava una piccola luce nella stanza.
Sammy le spiegò che gli studenti andavano lì per registrare le nuove scoperte o provarne a farne di nuove, oltre a studiare le precedenti. Era altamente necessario, per loro, che tutti avessero la piena conoscenza del cielo.
In un'altra torre, non molto alta e abbastanza larga, stavano gli animali degli alunni, solitamente gli Incompleti Speciali, su vari piani per ogni specie. I primi erano i gatti, poi i cani, in seguito, per ordine, criceti, uccelli e… varie.
Varie, secondo Sammy, erano tutti gli animaletti strani che gli studenti volevano portarsi. Diceva che ci fosse anche un cucciolo di ippogrifo lì dentro, ma dubitava seriamente della cosa, anche perché era illegale.
L’ultima torre non era altissima come la prima, ma arrivava bene oltre all’ultimo piano della reggia, quello dei dormitori. Sammy disse che lì si tenevano le riunioni: sia tra insegnanti che tra alunni.
Ma la donna la portò ancora oltre le sale, su una scala a chiocciola di legno scurissimo, al buio. Ash si strinse a lei e la seguì.
“Benvenuta nella tua nuova casa”, le disse, arrivando in cima alla piccola salita, dove aprì una porta, sempre di legno scuro. Davanti a loro si apriva una stanza più grande dei soliti dormitori. Era come se tutto fosse ingrandito: il letto era matrimoniale, la porta era doppia, come anche la finestra, il soffitto era più alto. Solo l’armadio e il comodino erano delle stesse proporzioni delle altre stanze.
Ma lo capiva. Lei era la diversa, e non doveva, ne poteva, stare con gli altri.
“Non potranno venire da me, vero?”, chiese Ash a Sammy, in lacrime.
“Devi restare al sicuro”, disse atona la donna, mandandola avanti per vedere il posto.
“Come no… Sorrow”.
 
“Fa male essere diversi, vero?”, chiese Namel, vedendo Ash alzarsi in piedi con tutte le forze che riusciva a trovare. “Dev’essere stato difficile, per te. Sempre la stessa storia… e non sempre solo di notte”.
“Smettila di frugare nel mio cervello”, si arrabbiò Ash, cosicché i suoi cappelli cominciarono a diventare viola sempre più in fretta. “Sono i miei ricordi!”.
“Sì, ma mi ritengo la causa di tutta la tua misera vita, quindi ho il pieno diritto di vedere il corso degli eventi che ho creato”, disse Namel, come se fosse  una cosa ovvia.
Ash ringhiò e mosse veloce il braccio verso di lui, facendo partire una bufera di nere che lo colpì in piena faccia, congelandolo per qualche secondo.
“Puoi fotterti”, rispose lei, completamente viola di rabbia, lanciando altri mille incantesimi verso di lui, senza star attenta alla mira. La maggior parte colpirono il bersaglio, che indietreggiò di parecchio, stordendolo per qualche minuto.
Ma due, anche abbastanza pesanti, arrivarono a Jared, svegliandolo dall’incantesimo e facendolo cadere a terra, agonizzante. Urlò per il tempo stesso impiegato da Namel per riuscire a mettersi in piedi, e lui lo ammutolì.
“Che gli hai fatto?”, pianse Ash, stanca di tutti quei dolori a causa sua.
“E’ parzialmente svenuto… e poi sono io il cattivo”, commentò Namel, sempre con quel suo sorrisetto idiota. “Sapevo che prima o poi avresti perso la pazienza e l’avresti colpito”.
“Ho preso anche te”, disse lei, distogliendo lo sguardo dal cantante e notando le ferite che gli aveva inferto. Gamba sinistra zoppa, petto squarciato per buona parte, spalla lussata, labbro spaccato.
“Non varresti un minuto contro di me se usassi la tua stessa raffica”, sputò sangue di lato, pulendosi poi la bocca. Lei fece una smorfia e si preparò all’attacco, quando una piccola luce accecante andò addosso a Namel, facendolo quasi cadere per terra.
Ash sentì la tibia dell’uomo incrinarsi e si voltò. Devon era di nuovo sveglio e la guardava serio, con il braccio coperto da un lieve fascio di luce solare, come pronto a difenderla.
Solo i Completi potevano fare una cosa del genere.
Solo i Completi avevano quel potere.
Solo i Completi si svegliano prima da quell’incantesimo.
Tutte le sue teorie erano vere.
“Che cavolo vuol dire questo?!”, si riprese Namel, cercando la causa di quella luce. Quando arrivò a Devon, Ash gli si parò davanti, ma ormai il gioco era fatto. “Ah, eccolo qui”.
“Toccalo e sei finito”, lo minacciò Ash, mentre Devon continuava a sbucare fuori per farsi vedere, con lo sguardo perfido. Per essere un bambino di un anno, quasi mezzo, era bravo. Veramente bravo.
“Oh, che paura, Ash… sei sempre rimasta una piccola stupida”, sbuffò lui, avvicinandosi ancora, quasi senza accorgersi che la ragazza stava ringhiando, tenendo Devon dietro di sé.
“Non toccarlo!”, urlò di nuovo, quando Namel fu quasi ad un passo da lei. indietreggiò, spingendo Devon a fare lo stesso, di qualche centimetro e si mise in posizione di attacco. “Non farai del male anche a lui”.
“Una creatura così rara non dovrebbe essere trattata male, cara mia piccola stupida”, commentò Namel con un sorrido sadico. “E’ un evento più che strabiliante il fatto che uno di… loro sia in grado di fare queste cose a questa età”.
“Però le creature come me e le loro famiglie invece possono anche morire con tremende agonie e punizioni”, sputò Ash, mentre lui alzava il labbro sulla destra, ringhiando leggermente.
“La tua famiglia… la tua cara Jade andava punita per quello che mi ha fatto”, rispose Namel, sbuffando come se avesse ripetuto mille volte la stessa cosa. “E tu sei il mio premio. Chi ha mai detto che il mio obiettivo è ucciderti? Mi serve solo il tuo cuore”.
“Non è la stessa cosa?”, urlò Ash, non notando che Devon si era un po’ esposto per vedere il suo zio non biologico che si muoveva, alle spalle di Namel.
“Come potrebbe? Se tu morissi avrei un’immortalità fittizia”, ridacchiò amaramente. “Insomma, se qualcuno mi colpisse infinite volte con la giusta potenza, alla fine potrebbe davvero uccidermi… ma se tu continui a vivere, io posso bere ciò che mi serve ogni volta che mi sento debole”.
“Non posso sopravvivere senza un cuore che batte nel mio petto”, gli ricordò Ash, quasi come se fosse pazzo. “Nessuno può”.
“I vampiri lo fanno”, disse come se fosse ovvio. “Il loro cuore non batte più dopo la trasformazione, eppure sono vivi e possono anche sanguinare, se feriti in un certo modo”.
“Non è il loro sangue. La ferita brucia,  ma è come se vomitassero il loro cibo”, fece una smorfia Ash. “E io non sono un vampiro, Namel”.
“Ma non sei un’umana, e nemmeno una come me, lo sai”, le rispose lui. “Puoi sopravvivere a cose che non puoi neanche immaginare. Se il cuore torna al suo posto, tu continui a vivere e io posso permettermi la mia immortalità”.
“Mai”, decretò Ash. “Mai diventerò la tua schiavetta donatrice di sangue. Mai”.
“Lo farai, se vuoi salva la vita di tutti loro”, Namel indicò le altre persone nella stanza. Poi guardò Sorrow. “Hai già fatto un errore ed un altro è svenuto nell’atrio. Non puoi permetterti di uccidere anche gli altri”.
“A te servo viva”, s’ingegnò lei. “Se io li facessi scappare in un posto a te sconosciuto e poi mi uccidessi, vincerei io. E anche se tu li trovassi e li uccidessi tutti, vincerei comunque io: alla fine moriresti in ogni caso”.
“Sembri sicura di tutto quello che dici, ma ricordati che sei solo una piccola stupida”, fece lo smorfioso Namel.
“Non. Chiamarmi. In. Quel. Modo. Chiaro?”, gridò Ash, avventandosi in un secondo su di lui, spingendolo per terra e  strisciando con lui per qualche metro.
Mise le mani a terra e fece una capriola per rimettersi in piedi con un salto, grazie a tutto l’allenamento che aveva fatto con Edmund. Poi mise un braccio attorno al collo di Namel e all’improvviso s’infiammò di neve.
“Congelerai come una fottuta granita”, ringhiò lei, mentre il viso di Namel si faceva sempre più freddo. Lui provò a togliersi dalla sua presa, ma Devon gli salì sul petto e lo accecò con la poca luce che riusciva ad emanare. “Bravo, piccolo”.
Namel si mosse di scatto e fece cadere Devon di lato, riprendendo leggermente la vista. Prima di perderla di nuovo, per colpa del freddo, però, riuscì a sollevare il braccio e prendere la spalla di Ash, riempiendola di nube nera.
Credendo fosse la stessa maledizione con cui aveva ucciso Sorrow, Ash ebbe l’istinto di allontanarsi in fretta e indietreggiare, trovandosi di fianco a Jared, che sembrava ancora addormentato.
Namel, ripresa un po’ di lucidità, se avvicinò a lei, entrandole ancora una volta nella mente.
 
Papà aveva detto che ero speciale, ma mamma si era messa a piangere quando l’aveva detto. Ash era triste per questo, non riusciva a spiegarlo. Non era felice di avere una figlia così brava?
Le avevano spiegato tante cose, ma faceva ancora fatica a comprenderle del tutto. Si chiedeva, più che altro, come fosse possibile che gli altri non fossero come lei.
Jade, quando i suoi genitori la portarono a casa degli zii, l’accolse con un abbraccio, come sempre, prendendo la borsa che si era portata dietro, senza salutare i genitori di Ash.
Non era la prima volta che la bambina dormiva da lei, ma Ash ancora non sapeva che quella borsa le sarebbe dovuta bastare per tutta la vita.
Jade la portò nella camera degli ospiti, dove avrebbe dormito da quel giorno in poi, e Ash si sedette veloce sul letto. La cugina sapeva della novità e le chiese di spiegarle ogni cosa. Ash cominciò a parlare, senza rendersi conto che, nell’altra stanza, i loro genitori stavano discutendo su chi avrebbe dovuto curarla.
Jade li sentiva, ma doveva tenere al sicuro la sua cuginetta, o avrebbe sofferto ancora di più, senza alcun motivo.
Quando Ash finì di raccontare, Jade la pregò di mostrarle ciò che prima le aveva spiegato, ma prima che Ash potesse fare qualsiasi cosa, la porta si aprì.
“Ciao tesoro”, disse il padre della bambina, abbracciandola. “Ci mancherai, ma starai con Jade ora e  ci rivedremo”.
“Quando? Quando torno a casa?”, chiese Ash, non capendo quella frase.
“Sei a casa”, abbassò lo sguardo, mentre sua madre le dava un veloce ma forte abbraccio, sussurrando un lieve ‘Ti voglio bene’.
E poi non  li rivide mai più.
 
“Esci dalla mia testa!”, urlò Ash, mettendosi seduta sul pavimento, prendendosi la testa nelle mani. “Basta! Basta, ti prego!”
Devon sembrò volersi avvicinare, mentre la ragazza si dondolava su se stessa, quasi fuori di testa per colpa di ciò che aveva ricordato, ma fu fermato da Namel, che lo prese per un braccino.
“Oh, piccolo tesoro! Ciao, come stai?”, chiese al bambino, fingendosi tenero e paterno.
Il piccolo Milicevic lo guardò, curioso, ma dopo qualche secondo indietreggiò di scatto, socchiudendo gli occhi. Il suo braccino si riempì di nuovo del leggero strato di luce solare.
“Cattivo”, balbettò malamente, mentre Namel sorrideva, andando ancora più vicino.
“Non osare toccarlo!”, si riprese un po’ Ash, anche se sembrava ancora in balia dei suoi ricordi. “No! Stagli lontano! Lontano!”.
“Oh, quando imparerai a controllarti, eh?”, si voltò verso di lei l’uomo, guardandola come una pazza. “Guardati, piccola stupida, sei completamente folle…”.
“Stagli lontano ho detto!”, gridò, provando ad avvicinarsi ai due, mentre Devon sembrava piagnucolare al vederla così.
“Sta’ zitta!”, le urlò contro Namel, facendola cadere a terra, ancora tra i peggio ricordi.
 
Tutti gli sguardi erano su di lei.
Tutti, nessuno escluso.
Ovvio, ora non era più quella di un tempo. La partenza di Dean l’aveva cambiata radicalmente e ormai non c’era anima viva o morta che le rivolgesse uno straccio di parola.
La sua divisa, prima sempre perfetta, ora era un ammasso di stoffe rotte e rovinate, a causa dei graffi che lei faceva, in preda alla rabbia. I suoi capelli erano costantemente neri, a parte qualche striscia bionda, se era una giornata passabile. La sua pelle sempre più pallida e i suoi occhi contornati di nero.
Aveva cominciato a truccarsi pesantemente, al contrario di prima, proprio per evitare che le si rivolgesse la parola, come se fosse sul punto perenne di prendere a sberle chiunque le andasse vicino.
In quel momento tutti la guardavano, come al solito, perché uno degli idioti più grandi aveva fatto una brutta battuta sul suo conto, tirandole qualcosa.
Non l’aveva fermato, si era solo spostata per evitare di essere colpita. Aveva girato il volto e si era messa a guardare la neve cadere, fuori dalla finestra. La neve… Dean l’aveva scoperta mentre la neve era ancora  sul terreno.
“Guardatela… la piccola scopamica di Dean fa l’offesa”, continuò il ragazzo, facendo una vocina stupida, che la irritò non poco. Sì, era la stessa battuta di prima.
Chiuse gli occhi, obbligandosi a non piangere, perché se lo avesse fatto si sarebbe odiata in eterno. Lei non era una debole.
“Sai, tua cugina deve essere stata davvero troia per essere finita in quel brutto guaio!”, si sporse troppo oltre l’idiota. “E ora provi anche a imitarla? Wow, davvero intelligente”.
Tutti si ammutolirono.
Nessuno, nessuno, nessuno, in tutti gli anni in cui lei era stata lì (ed erano tanti) aveva mai azzardato di nominare sua cugina davanti a lei, soprattutto insultandola. Nessuno.
Gli occhi di Ash si aprirono e scattarono sul ragazzo, a qualche tavolo di distanza da lei. Il suo braccios’infiammò di neve bianca, e dalla sua bocca uscì un lieve ringhio.
Il ragazzo sorrise, lasciando che Ash si alzasse e lo trucidasse con lo sguardo.
“Ora che fai? Combatti? Le troie perdono in principio, Connor… come tua cugina”, osò dire.
E si ritrovò a terra, con un taglio sul petto da cui sgorgava parecchio sangue. Era profondo e largo e dovettero accorrere in fretta per portarlo in infermeria.
Quando lui alzò lo sguardo Ash Connor era sparita e la finestra era aperta, lasciando entrare la neve che stava cadendo dal cielo.
 
“Hai scelto un ricordo sbagliato da farmi vedere”, ringhiò Ash, provando di nuovo a tirarsi su, mentre Namel era ancora piegato su Devon, che la guardava con un misto di coraggio e terrore. “Ti ridurrò in piccoli pezzi sanguinolenti, facendoti diventare ombra e cenere”.
“Orazio. Ottima scelta… ma io di certo non morirò”, si voltò Namel, lasciando perdere il bambino e mettendosi in posizione di attacco davanti a lei. “Non ora e non qui. E soprattutto non di certo per mano tua, piccola stupida”.
“Allora sarà per mano di un semplice umano”, disse una voce.
Jared.
Ash si voltò verso il punto in cui ricordava fosse svenuto, ma non era più lì. Era dietro Namel e gli circondava il collo con la stessa pistola di prima, puntata sulla giugulare dell’uomo.
“Dovresti essere fiero di lui, sai?”, barcollò Ash davanti a loro, mettendosi in piedi, mentre Namel tentava di togliersi di dosso il cantante. “Dovresti essere fiero di tuo nipote, Dennis Adam… Leto”.
 
“Attaccate tutte le entrate”, urlò Joel, davanti all’edificio. “Voglio controllare ogni centimetro quadrato”.
Tutti si misero in posizione e Zoe si avvicinò al capo della situazione, guardandolo. “Sono tutti pronti, Joel”.
“Bene, perché è ora di entrare in azione”, disse mentre la solita brezza autunnale gli comparve sul braccio. La grandine coprì, invece, quello di Zoe e entrambi li puntarono verso la porta, buttandola giù in un colpo.
Ora iniziava la guerra.


....
Note dell'Autrice:
DA-DAN! Devon è un completo... un ottimo Completo direi!
E Namel è un bastardo, ma fin qui tutto regolare. 
I ricordi ecc... come al solito servono così come sono, anche se perfino a me mettono ansia/tristezza quando li scrivo. Poor Ash.
E Joel e Zoe? Arriveranno mai in tempo?

Alla prossima
Un bacione, Ronnie

Ps. se non vi è chiaro qualcosa ditemi 
   
 
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