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Autore: Lou_    28/05/2013    10 recensioni
Le situazioni che ci troviamo ad affrontare, giorno dopo giorno, anno dopo anno, che siano belle, brutte, perenni, noiose, prima o poi un cambiamento ce l’hanno.
Può essere progressivo, lasciarti il tempo di ragionare e di vivere minuto per minuto quell’inaspettata occasione, o brusco, che ti stravolge nel profondo, lasciandoti sorpreso ad osservare la tua vita mutare e prendere forma, senza magari tu lo voglia.
Harry Styles la sua vita non l’aveva mai potuta definire sua, perché semplicemente non lo era.
Era malato, schiavo del suo male, costretto in un ospedale fino la fine dei suoi giorni.
Un'esistenza che andava sgretolandosi, a partire dalla sua famiglia.
Lo stesso giorno in cui se ne rese conto, si ritrovò ad affrontare un altro brusco cambiamento, senza valutarne conseguenze: Louis irruppe nella sua stanza trascinandolo con sé lontano, da tutto e da tutti.
Perchè lui lo voleva davvero, sapeva in fondo di meritarselo e Louis aveva un sorriso che ti scaldava il cuore. [...]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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“Chapter 10”
 
 


 
 
‘E se vuoi piangere, io sono qui. E se vuoi ridere io sono qui, e se vuoi litigare, sono ancora qui. Non c’è bisogno di parlare, abbiamo gli occhi per sentirci nostri. Abbiamo le mani per toccare pelle che già conosciamo a memoria. E se hai bisogno di amare, io sono qui.’
- Tumblr
 
 
 


 
 
L’ aria si era fatta tiepida e leggera, piacevole.
Ti solleticava la pelle come la carezza di una mano, e profumava di tranquillità e silenzio.
Il sole sarebbe sorto a breve, preannunciato da fiochi raggi luminosi al di là di nuvole sparse per il cielo, senza un apparente ordine, confusionarie.
Solitamente, a quell’ora del mattino, quando ancora la gente non si svegliava, non c’era il ritmo frenetico di persone, macchine, tram passare e l’unico rumore che gli solleticava l’orecchio era un bisbiglio confuso di qualche paziente di una stanza vicina, o lo scrosciare piacevole dell’acqua nei bagni, utilizzata per pulirsi le mani prima di iniziare un turno di lavoro come dottore, Harry amava osservare oziosamente al di là della sua finestra. Non aveva mai capito cosa osservava esattamente, dato che non c’era molto da ammirare se non i fiori curati dei giardinetti o le decorazioni del cancello principale, però lo faceva; la sicurezza di un’azione abitudinaria. Le sensazione erano sempre le stesse, così familiari: il bruciore del trattamento appena subito, la calma e la tranquillità di non avere nessuno che ti ronza attorno preoccupato riguardo la tua salute, la sensazione soffocante di essere sempre rinchiusi nello stesso posto e, stranamente, la pace.
Perché Harry era così, se aveva l’opportunità di prendere il respiro da quella vita ansiosa e affannata, poter osservare il mondo senza per un attimo farne davvero parte, la coglieva al volo e con entusiasmo.
Era da qualche giorno che la sua vita non aveva più attimi per tirare un sospiro di sollievo, magari voltarsi verso Louis e ammirarlo nei minimi particolari, quasi da scattare una foto mentalmente, quel sorriso così vero e luminoso pronto a scaldarti sempre il cuore nei ricordi.
In così pochi giorni, Harry Styles aveva passato le situazioni più movimentate e eccitanti, in fondo, che mai avesse provato in tutta la sua vita e si, ne era felice.
Ma quel sentimento tanto nuovo e sconosciuto, quella felicità passeggera, non era nulla in confronto a ciò che aveva provato poche ore prima.
Aveva baciato Louis.
Solo il verbo racchiuso in quella frase lo faceva fremere dall’eccitazione.
Lui, proprio lui, aveva baciato il ragazzo più meraviglioso che avesse mai conosciuto.
Con quelle labbra, quelle dannate e fottutissime labbra che fino allora avevano solo sfiorato le guance di sua sorella o sua madre.
Non sapeva esattamente come comportarsi a riguardo, era confuso e terribilmente felice, solo questo.
I sentimenti che si provano alla realizzazione del tuo desiderio più grande, che speri di concludere da una vita, l’ansia che ti cresce dentro quando capisci che ci sei vicino, la sensazione di leggerezza quando hai portato il tutto a termine. Ma poi, quasi un brusco risveglio, apri gli occhi e ti chiedi ‘e adesso?’
E puoi scegliere se ammirare le conseguenze della vittoria raggiunta, oppure porti un obbiettivo maggiore, ancora più grande e soddisfacente.
Harry non era mai stato una persona insaziabile, non faceva parte del suo carattere, avrebbe fatto a pugni con la sua situazione, fatta di stenti e piccole gioie.
Si accontentava sempre di ciò che aveva, sorrideva alla gente che lo guardava con pena o compassione, magari un sorriso non troppo tirato o che coinvolgeva anche gli occhi, ma gradevole.
Sua mamma gli aveva sempre insegnato così, e non voleva darle dispiaceri o fastidi.
Lui in quel momento, a bordo dell’automobile di Louis, seduto accanto a lui con gli occhi chiusi e un’espressione tirata in volto, non riusciva a godersi il suo piccolo momento interiore di calma e tranquillità, a guardare all’esterno del finestrino dell’auto e pensare a tutto o a niente.
Semplicemente perché era turbato e triste, soprattutto triste, per Louis.
Non riusciva a porsi obbiettivi più grandi in quel momento perché semplicemente non ne vedeva, ma aveva anche la vista oscurata dalle lacrime o l’infelicità del suo compagno.
Quel ragazzo che viveva per renderlo felice, anche se lo stesso Harry era imbarazzato a riconoscerlo, perché, dopotutto, chi mai si era preoccupato così verso di lui?
Quel ragazzo fantastico, il primo a cui volesse bene o qualcosa in più, che ora stava male per una ragione a lui sconosciuta, o quasi.
Il problema infatti, che leggeva nelle parole tremolanti di Louis o nei suoi occhi velati da lacrime, era lui, o meglio, quello che aveva fatto con lui; un errore, uno sbaglio.
La gente, secondo Louis, ci avrebbe visto dentro tutto l’odio della società, tutto sbagliato, da resettare e iniziare da capo, qualcosa andato storto nella crescita, nello sviluppo fisico e mentale, quasi una malattia.
Harry ci vedeva semplicemente un bacio.
Ma, la domanda che turbava profondamente Harry era, cosa ci vedeva in quel gesto Louis?
Era stato felice di poter sentire il suo profumo?
O il suo sapore sulle labbra?
O le sue mani, così morbide, intrecciate con le sue?
Era contato tanto quanto era contato in Harry?
Troppe domande, troppi dubbi e incertezze per una sola persona.
Un peso soffocante sul cuore di Harry, che non accennava a diminuire, neanche a uno scrollare del capo o ad un sorso d’acqua.
La preoccupazione in tutte le sue forme.
Una luce improvvisa e tiepida si rifletté contro lo specchietto dell’auto, accecando il riccio per qualche attimo che, assonnato e pensieroso, si stiracchiò lentamente contro il sedile, uno spazio così piccolo e ristretto diventato letto fino a poco prima.
Erano fermi ad una stazione di servizio, chiusa al momento, con le saracinesche abbassate e un odore di benzina forte e stucchevole per la zona.
Harry sbadigliò involontariamente, poi guardò Louis, di sottecchi, quasi avesse paura di svegliarlo, così sereno per una volta.
- “Giorno piccolo” mugugnò quindi l’altro, sempre ad occhi chiusi, allungandosi contro il volante nel vano tentativo di stirarsi.
Un piccolo tuffo al cuore per Harry.
- “Giorno” provò quindi, sorridendo a trentadue denti, anche se ancora timoroso dell’umore del maggiore.
Louis assottigliò gli occhi, infastidito dal sole, poi si voltò sul sedile verso il riccio, rimasto ad osservarlo curioso e perennemente felice.
- “Come va il braccio?” chiese con voce assonnata, accennando al trattamento della sera precedente, avvenuto al buio e quindi meno preciso del solito.
Harry si strinse nelle spalle, accucciandosi su sé stesso e voltandosi definitivamente verso il moro.
- “Hai degli occhi bellissimi di mattina, te lo hanno mai detto?” sussurrò quindi Louis, accennando un sorriso, non volendo quasi rompere la situazione.
E al minore mancò il respiro, un altro tuffo al cuore e il disorientamento per il cercare qualche parola o complimento da dire a Louis perché, come sempre, era bellissimo, con o senza i capelli spettinati, o quello sguardo sbarazzino, o l’accenno di un sorriso.
Louis notò l’agitarsi del riccio e quindi, ridacchiando, si chinò a sfiorargli le labbra, poi, sospirando, tornò composto al sedile del guidatore e iniziò a maneggiare coi controlli dell’auto per farla partire.
Harry arrossì un poco, insoddisfatto da quel momento così corto, quindi si scosse e si sistemò la cintura di sicurezza.
Inutile dire quanto fosse insicuro e vacillante riguardo l’umore e i pensieri di Louis; provò anche a convincersi di averci pensato troppo su, come sempre.
Guardava quindi incredulo il compagno, provando a trovare un accenno, un segno della guerra interiore che stava combattendo, come prova di non essersi immaginato tutto.
Il bacio appena ricevuto poi, bruciava sulle labbra portandolo alla realtà dei fatti, quindi arrossiva e sorrideva inebetito.
Lanciava infine l’ennesimo sguardo disinteressato, per rimanere poi destabilizzato e perplesso di fronte quel sorriso bello come sempre, gli occhi un po’ incavati ma profondi come sempre, quel colorito leggero intorno alle labbra, che ho appena baciato, dio, vivace come sempre.
Intanto uscirono veloci e scorrevoli dalla stazione di servizio, percorrendo una nuova autostrada,ma quante ce ne sono di autostrade al mondo?,verso chissà dove, immersi nel silenzio e nel verde ai lati del cemento.
- “Ti vedo silenzioso Harry, sicuro di stare bene?” chiese con meno sicurezza e una leggera inclinazione nella voce Louis, spostando per qualche attimo lo sguardo sul compagno, che sorrise, scuotendo la testa per rassicurarlo.
- “Ho difficoltà a riprendermi la mattina, soprattutto se vado a dormire tardi la sera” rispose quindi il minore, perdendosi nel ricordo della notte passata.
Il moro sorrise un poco, tornando poi serio e irrigidendosi al volante, accelerando l’andatura dell’automobile.
Il riccio si voltò verso di lui con sguardo corrucciato, e Louis si strinse nelle spalle, copiandogli il gesto.
- “Voglio arrivare presto ad un bar che conosco, ho una fame!”
- “E meno gente ci riconosce, meglio è” si lasciò scappare Harry, storcendo il naso all’immagine della folla del lunapark sull’autostrada.
- “Giusto, questo soprattutto” commentò duro l’altro.
E ritornò a incombere il silenzio nell’auto, il rombo di motori come unico diversivo.
Harry provava a concentrarsi sul paesaggio mutevole che gli passava davanti gli occhi, o a cercare di dare una forma a qualche nuvola bianca in cielo, ma non ci riusciva, quel peso sul petto continuava a saltellargli addosso come un bimbo che cerca attenzioni.
Sospirò, dunque, storcendosi le mani e cercando le parole esatte da dire, per poi mandare all’aria tutto e, con sforzo, voltarsi verso Louis per parlare.
- “Loulou…”
Il moro si voltò verso di lui un poco, per dirgli che ascoltava, e Harry vi scorse sulle guance un colore roseo, forse per il nuovo soprannome trovato.
- “Cosa pensi… riguardo… al nostro… a noi….all’altra sera e a stamattina… insomma hai capito no?” sbottò infine, preda dell’agitazione e con le mani sempre più frenetiche nel contorcersi, lo sguardo basso.
Louis sospirò semplicemente.
- “Non ne ho idea, piccolo. – calcò il tono su piccolo, perché, dopotutto, era lui quello capace di creare i migliori soprannomi e Harry sentì un moto di delusione farsi strada dentro di sé, forse sperava in qualcosa di più come ‘siamo fidanzati e ammetto di essere omosessuale’ ma il maggiore riprese – non voglio coinvolgerti nel mio mondo Harry, già ci sto stretto io e credimi, non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico”
Il riccio storse la bocca contrariato, ora voltatosi a guardarlo.
- “Dovevi pensarci prima” sbottò quindi senza pensare.
Louis strinse le labbra, poi sospirò ancora, lentamente e Harry provò a calmarsi, abbassando di nuovo lo sguardo, colpevole.
- “Scusa Loulou, alla mattina ripeto che faccio fatica a riprendermi, avrai già i tuoi problemi e io…”
- “No, hai perfettamente ragione invece” e Harry si rilassò un poco contro il sedile, in ascolto.
- “Io… vedi non è che abbia una famiglia dalla mentalità molto aperta, sono sempre stato cresciuto con delle convinzioni, che pian piano mi si sono ritorte contro. Perché tu mi piaci Harry.”
Silenzio.
Di qualcosa, qualsiasi cosa cazzo.
Ha appena detto che gli piaccio.
Dio aprirei il finestrino solo per gridarlo al mondo.
Lo ha detto.
Lo ha ammesso.
Ma soffre.
Tanto.
Anche io soffro Lou, soffriamo insieme, io sono qui per te e tu per me.
Il riccio sorrise, gli si illuminarono gli occhi, gli si delinearono due fossette leggere attorno le labbra, ma Louis era troppo imbarazzato dalla confessione appena fatta per notarlo, quindi tenne gli occhi sulla strada.
- “Anche… anche tu mi piaci Loulou… ma…ho paura” voce leggera, rotta dalla nuova preoccupazione, quel pensiero con una presenza fissa nella mente di Harry, quell’immagine fissa negli incubi di Louis.
- “Tu non devi avere paura quando ci sono io, non ti lascerò mai solo” sussurrò a denti stretti il moro, stringendo le dita attorno il volante.
Harry sentì gli occhi farsi lucidi, ma si trattenne e riprese, perché quel discorso lo dovevano affrontare, era necessario, le conseguenze della vittoria realizzata.
- “Ed è proprio per questo che ho paura Louis… sai a cosa mi riferisco. L’ultima cosa che voglio è vederti star male, per….me”
- “Siamo arrivati alla cittadina Harry, tieni lo sguardo basso prima che qualcuno ci riconosca”
E quelle parole, colpirono a pieno petto il corpo del riccio, che chiuse gli occhi per un attimo, perché ignorare la cosa non avrebbe aiutato.
Per niente.
 
 
 


 
 
 
 
Sono proprio bravo ad aiutare e fare la predica agli altri, ma quando si tratta di me.
Vorrei fregarmene davvero della gente, di quello che pensa, di quello che attraversa loro la testa, poter camminare mano nella mano con lui, invece che a debita distanza.
Dio ha delle labbra stupende, vorrei poterlo anche baciare.
Ma tutto questo è sbagliato.
Tutto questo è contro natura.
Sono diverso, sono nato diverso.
E’ ovvio che la gente reagisca male a quello che provo.
Se fossi qui con Eleonor la situazione sarebbe ben diversa.
Andrebbe bene a tutti.
Si, tutti tranne che me.
Louis abbassò lo sguardo sulla sua brioche, ne strappò un pezzetto e se lo lasciò scivolare in bocca, gustando il suo sapore dolciastro, quindi continuò a camminare accanto a Harry, diretti ad un piccolo spiazzo pedonale di Holmes Chapel, con qualche panchina, un albero in fiore che crea una vasta ombra, e la solita quiete.
- “Ci credo che sei voluto ritornare qui per quel dannato bar, le brioche sono troppo buone” commentò allegro Harry tra un boccone e l’altro, il naso con una punta di cioccolato, le labbra ormai marroni.
Louis scoppiò a ridere, osservandolo davvero solo ora, quindi gli si sedette accanto sulla panchina e gli si avvicinò, per poi passare un indice attorno le labbra e prendergli del cioccolato.
Harry fremette al contatto, quindi abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, continuando a mangiare.
- “Non hai paura ci veda qualcuno che conosci?” sussurrò il riccio, masticando lentamente e assaporando il cioccolato, mai mangiato prima perché bandito dall’ospedale.
Louis smise di guardarlo, tornò serio e prese a dedicarsi alla sua brioche, pulendosi di tanto in tanto le mani con un fazzolettino di carta.
- “No – riprese dopo poco – la mia famiglia abita dall’altra parte della città, vicino l’ospedale. I miei amici sono tutti delle parti di Doncaster o in zona. Sembro stupido ma calcolo tutto”
Harry ridacchiò, finendo la sua colazione e piegando le gambe davanti a sé.
- “Ma sei un disastro riccio! Mentre mangiavi la brioche hai sentito il sapore del cioccolato? Ce l’hai tutto spalmato in faccia” iniziò il maggiore sorridendo, avendo finito anche lui di mangiare e iniziato a guardarlo.
Il riccio sorrise sornione, tenendo lo sguardo basso, poi, divertito, si voltò a guardare l’amico con aria di sfida.
- “Perché non mi pulisci?”
Louis scosse la testa ma, guardandosi bene intorno e irrigidendosi un poco, gli si avvicino lentamente, le labbra a sfiorargli piano tutta la parte delle guance, il naso a tratti a solleticare la pelle dell’altro, rosso in volto e con un piccolo sorriso.
Le labbra del maggiore percorsero piano la bocca di Harry, fino a raggiungere le labbra, morderle, - “Scusa pensavo fosse un vero pezzo di cioccolato”, e iniziando a baciarlo via via con più desiderio. Harry portò le braccia dietro la schiena dell’altro, avvicinandolo a sé con foga, chiedendo sempre di più, più contatto, più amore.
Dammi tutto quello che puoi adesso Louis, io so che non saremo infiniti.
Tutto questo avrà una fine.
Lo so.
Ma non è sbagliato.
Come puoi vergognartene.
Io sono felice Loulou.
Tu ne sei felice almeno un po’?
Io ti voglio vedere felice.
Non ho mai voluto qualcosa più intensamente.
Baciami, fammi sentire amato.
Perché io voglio farti sentire così Loulou.
Louis si staccò velocemente da quel contatto, il fiato corto, le labbra poco più rosse, per riprendere fiato.
Harry accanto a lui non la smetteva di sorridere, gli occhi sognanti e pieni di affetto.
Il moro lo guardò per qualche attimo, lasciandosi scappare un sorriso, quindi, allegro, è così bello vederti così, Loulou, si alzò, facendo un cenno all’altro di andare.
Harry rimase a guardarlo in silenzio, poi si alzò e, scusandosi senza perdere mai quel sorriso, - “Vado un secondo in bagno, Lou” e accelerò il passo verso il bar da cui erano da poco usciti.
Il maggiore lo osservò ansioso, poi si sedette nuovamente, sospirando e sentendo ancora il sapore di cioccolato tra i denti.
 
 
 
 



 
 
 
 
 
Il sole ormai era alto in cielo, le strade, prima deserte, iniziavano a essere popolate da anziani in giro per la spesa, bambini gioiosi pronti a rincorrersi e mamme bisbetiche a raccontarsi vita morte e miracoli.
Louis tra quella folla si sarebbe anche divertito a osservare ogni minimo dettaglio, sorridendo, perché anche lui era tra loro, era normale, magari poco felice ma senza particolari differenti, ma in quel momento proprio non ci riusciva.
Qualcosa, al di là della fame improvvisa, della stanchezza per il poco sonno, lo attanagliava, l’ansia, la preoccupazione.
Harry non era ancora tornato dal bar.
Non voleva invadere i suoi spazi, voleva farlo sentire libero, ma non ci riusciva, pensava solo il peggio delle situazioni.
Silenziosamente si domandava come avrebbe fatto senza Harry a passare il resto della sua vita, ma scacciò il pensiero come una mosca fastidiosa, quindi, raccogliendo le poche forze rimaste e i buoni propositi di essere meno ansioso verso il riccio, ripercorse la strada in selciato verso il bar, facendosi largo tra la gente sempre più numerosa.
E se gli è successo qualcosa?
E se è svenuto?
O lo hanno trovato?
Non ce la faccio.
Harry ti prego, fatti vedere.
Spaurito si guardava intorno, le persone attorno a lui sempre più fastidiose e oppressive, il rumore e il vociare a coprire i suoi pensieri, la sensazione di essere in una bolla a parte, isolata dal resto della città.
Giunse al bar in fretta, trattenendo il fiato ed entrando.
Spostò lo sguardo qua e là, riconobbe la barista, intenta ora a servire nuovi clienti, setacciò ogni tavolo col pensiero di rivedere Harry, quando finalmente scorse il cartello dei bagni e vi ci entrò, provando a darsi un contegno, a sorridere immaginandosi Harry che lo guarda accigliato e che poi lo prende in giro per l’eccessiva ansia da ‘mamma apprensiva’, che si lava le mani schizzandogli un po’ d’acqua e poi lo segue con quel suo sorriso per tornare in macchina.
La stanza asettica del bagno, silenziosa, un solo ronzio lontano forse della luce al neon, uno specchio opaco e due lavandini arrugginiti, il tutto deserto e senza traccia di un Harry sorridente.
Il cuore di Louis si fermò in quell’istante e, imprecando, scattò all’esterno del bagno, verso il bancone ora poco affollato da clienti.
- “Scusa”
Quasi gridò, rivolgendosi alla ragazza intenta a pulire bicchieri, che al suo richiamo si voltò sorridente e cordiale.
- “Non si fanno restituzioni, se non ti è piaciuta la brioche” ironizzò quella, strizzandogli l’occhio.
Louis non provò a sorridere nemmeno, non ci riusciva e
- “Ti prego, hai visto per caso passare il ragazzo riccio che era con me?”
La barista rimase ad osservarlo, preoccupata e soprappensiero, quindi annuì decisa e di nuovo sorridente.
Louis tornò a respirare.
- “Si, ha fatto come se entrasse nel locale, poi è andato verso la zona pedonale, sai no, il parco pubblico”
- “Grazie davvero” riuscì solo a dire Louis, di nuovo intento a correre all’esterno del bar, il cuore a mille e la voglia di prendere a schiaffi il minore. 











Seraaa :D
Allora come va?
Io lotto contro la scuola, ve lo giuro ahaha non ne posso più e mi stanno bombardando di verifiche -.-''
Cooomunque, come vi sembra il capitolo?
Mi è uscito un pochino più lunghetto, ma beh, spero vi piaccia ;)
Secondo voi perchè Harry è scappato?
E Louis che non accetta la sua omosessualità?  *Ogni riferimento alla realtà è puramente casuale* ahahaha
Beh, che dire, ci si vede al prossimo capitolo?
Spero di si, vi adoro dalla prima all'ultima ^.^
Inoltre chiedo umilmente scusa se non passo subito a rispondere o a leggere le vostre storie, entro solo nel sito a pubblicare aggiornamenti, non ho mai tempo per fare un cazzo ed è frustrante. Davvero.
Vi adoro comunque. (Già detto? lo ripeto ahaha)
Un bacione
Lou_
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