UN PACIFICO SCAMBIO DI
OPINIONI
La pioggia scrosciava sui vetri,
disegnando rivoli tortuosi. Era il terzo giorno consecutivo di maltempo e
probabilmente non sarebbero potuti andare a Hogsmeade
quella domenica senza infradiciarsi.
Remus scosse la testa, sorridendo
tristemente al suo viso riflesso nella finestra.
Non sarebbero andati a Hogsmeade
quella domenica. E nemmeno quella successiva. Non
sarebbero andati più da nessuna parte come se niente fosse successo. Niente
sarebbe stato più come prima.
Si sedette sul letto, appoggiando
i palmi delle mani sulle ginocchia e abbandonando la testa fra le braccia.
Una formica che camminava veloce
sul pavimento di pietra era il centro del suo
interesse.
Il rumore della porta che si
apriva lo spinse a sollevare lo sguardo fino a
incontrare gli occhi scuri di James.
Tre profondi graffi gli attraversavano la guancia destra e diverse escoriazioni
costellavano le nocche delle sue mani. James aveva sempre avuto delle
belle mani, dalle dita lunghe e sottili, adatte a catturare il Boccino, ma in
quel momento sembravano le dita di uno che è appena caduto in un cespuglio di
rovi…o che ha appena affrontato un licantropo.
Si osservarono per un istante,
prima che Remus abbassasse di nuovo il capo. La formica sul pavimento era
sparita.
James richiuse la porta e si
avvicinò al suo letto con calma. Una sottile tensione venava l’aria di parole
non dette, di paure appena sussurrate.
“come ti senti?” chiese il
Cercatore di Grifondoro.
Remus sorrise ancora scuotendo la
testa. Aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse
quasi subito con uno schiocco.
“non lo so” mormorò alla fine. Il
sorriso ricomparve sulle sue labbra, ma era pieno di così tanta tristezza, di
dolore…così tanto dolore da non poter essere contenuto
in semplici lacrime.
James spostò il peso del corpo da
un piede all’altro, sistemandosi gli occhiali sul naso con il palmo della mano.
Si guardò intorno, inspirando profondamente, prima di fissare di nuovo la testa di Remus. Si sedette sul letto con circospezione,
osservando anch’egli un punto indistinto tra i suoi piedi.
“So già quale sarà la risposta, ma…questa domanda mi rimbomba nella testa fin da
quando mi hanno spigato cosa è successo…”
Il silenzio cadde pesantemente
tra di loro, mentre Remus si voltava per guardare
l’amico.
“perché
lo ha fatto?”
Il ragazzo si strinse nelle
spalle, evitando lo sguardo di Remus. Non riusciva a vederlo così…non con
quell’espressione negli occhi. Non con quel pallore sul
viso…quello sgomento…quella sofferenza che lo lacerava dentro, in
profondità. Un moto di rabbia gli fece contrarre le dita sulle coperte.
Serrò forte le mascelle e inspirò a fondo l’odore di medicinali che impregnava l’aria dell’infermeria.
“Non..”
James s’interruppe, mordendosi l’interno della guancia. Avrebbe voluto gridare,
strepitare, prendere a calci qualcuno, possibilmente Sirius, ma doveva rimanere calmo. Forse per la prima volta in vita
sua , si rendeva conto di dover mettere da parte quello
che provava per concentrasi sui sentimenti di un’altra persona. Non era lui
quello che era stato tradito…usato.
“Forse dovresti chiederlo a lui.
Forse dovresti sentire quello che ha da dire…”
“Ah davvero?”
.
Il tono aspro di Remus lo spinse a
girarsi verso di lui. Una ruga si era formata ai lati della bocca dell’amico,
inasprendogli i tratti del viso di solito gentili e dolci.
“E tu
credi che abbia qualcosa da dire? Che gli dispiace
forse?”
Remus lo guardò negli occhi e James
sentì lo stomaco contrarsi nel suo ventre. Non aveva mai visto quell’espressione
sulla faccia di Moony, mai. Nemmeno una volta…nemmeno quando quei bastardi dei
Serpeverde lo avevano preso e legato a un albero per
tutto il pomeriggio. Era una
miscela di emozioni che rasentavano la sofferenza più
pura, ma anche la rabbia , il rancore...e per riflesso James avvertì la sua ira
scemare.
“Credi davvero che gli dispiaccia? L’unica cosa che lo può dispiacere è il fatto che nessuno si sia fatto
male!”
“Questo non è vero” sbottò James
prima di riuscire a trattenersi.
Remus chinò il capo, stringendo i
pugni sulle sue ginocchia. Le sue spalle curvate in avanti tremavano
leggermente, così come i suoi avambracci.
“Lo sai che non è vero. Lui…agisce
senza usare la testa…senza…”
“E credi
che sia giusto? Credi che sia giusto dover sempre rimediare ai casini che
combina? Perché io e Peter…e te, ogni tanto, riusciamo
a comportarci da persone normali, mentre lui deve fare per forza delle cazzate?
Ce lo ha scritto nel DNA forse? Gli manca quel
particolare congegno che gli impedisce di pensare sempre e solo a sé stesso? O magari si rende conto di ferire le persone che
gli stanno vicino ma se ne sbatte altamente le
palle”
“questo non è vero…e lo sai.
Sirius…” James si umettò le labbra con la punta della lingua, appoggiando una
mano sulla spalla dell’amico. Okay, doveva
dirlo…pensava che certe cose fossero implicite nel rapporto d’amicizia, ma
alcune volte bisognava dirle a parole. Quella era una di quelle volte. “Sirius
ti vuole bene”
“davvero?”
Ancora quel
tono.
“sì. E anche tu gliene vuoi,
altrimenti non staresti così male.”
Le parole di James si persero nel
silenzio dell’infermeria. Il cielo si era scurito, ma la pioggia non aveva
smesso di cadere. Il bagliore di un lampo penetrò dalle grandi finestre,
incendiando gli occhi ambrati di Remus.
“Va da lui…più
tempo passa più sarà difficile parlare…”
“Non voglio parlarci” ribattè
Remus con un’ostinazione che non sembrava potesse far
parte del suo carattere.
“non ti sto
chiedendo di perdonarlo…ti sto solo chiedendo di parlargli. Se poi non vorrai avere più niente a che fare con lui, posso
capirlo, ma devi almeno sentire che cosa ha da dire…fallo per l’amicizia che
c’era tra voi, se non vuoi farlo per cercare di appianare le
cose”.
Remus sospirò, passandosi una mano
sulla faccia stanca e tirata.
Quando guardò di nuovo James, la sua
espressione era quella del solito Remus, il conciliante e paziente Remus.
“va bene” mormorò con un filo di
voce.
James gli strinse ancora una volta la
spalla come segno di incoraggiamento e poi lasciò la
stanza, dicendogli che avrebbe potuto trovarlo su, nel loro dormitorio in caso
avesse avuto bisogno di lui.
Remus camminava spedito per i corridoi
della scuola, ignorando le frequenti occhiate che si soffermavano a esaminare il suo aspetto trasandato e stanco. Disse la
parola d’ordine ed entrò nella Sala Comune di Grifondoro. Al suo ingresso il
sommesso vociare cessò. Sirius era seduto in una delle grandi poltrone davanti
al caminetto con sulle cosce un libro, che non stava
leggendo. Vedendolo scattò in piedi, senza curarsi di far cadere il volume a
terra.
“Lasciateci soli” disse Remus rivolto verso gli altri studenti. Il suo tono era
così autoritario da risultare irriconoscibile. I suoi
occhi ardenti erano fissi in quelli di Sirius. La sua bocca era ridotta a una linea sottile.
Nessuno osò ribattere al suo
ordine, sebbene non rientrava nei diritti di un prefetto comandare a quel modo
gli studenti, e con un lieve brusio tutti lasciarono
Erano due giorni che non si
vedevano e non si parlavano.
Gli avevano detto che Sirius aveva trascorso tutto il giorno dopo il
plenilunio seduto per terra, davanti alla porta dell’infermeria, saltando le
lezioni, nella speranza che lui gli desse il permesso di entrare. Ma Remus non voleva vederlo. Non voleva parlargli. Non voleva
neppure sentir nominare il suo nome. James e Peter si erano alternati di fianco
al suo letto, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di parlare di Sirius
fino a quella sera.
Quando Silente gli aveva spiegato
che cos’era successo, la sua prima reazione era stata
di non credere alle sue parole, ma era bastato lanciare un’occhiata al viso di
James per sapere che era tutto vero. Era rimasto come svuotato di ogni emozione a guardare il nulla. E poi aveva pianto,
soffocando i singhiozzi nel cuscino fino ad
addormentarsi, come aveva fatto molte volte da bambino. Alla tristezza era
sopraggiunta la rabbia…incontrollabile e pura rabbia.
“ti senti meglio?” chiese Sirius,
nella vaga speranza che la sua voce potesse apparire
normale.
Remus, invece che rispondere a
parole, attraversò la stanza con rapide falcate e gli tirò un pugno in faccia.
Sirius, impreparato, cadde all’indietro, scontrandosi con il bracciolo della
poltrona e scivolando a terra. Il suo naso prese a sanguinare
copiosamente, disegnando una scia purpurea dalle narici fino al mento e
imbrattandogli la camicia bianca.
Sirius si pulì la bocca con il
dorso della mano, sputando un fiotto di sangue.
“beh credo di essermelo meritato”
disse, rimettendosi in piedi.
“ti meriteresti molto più di
questo” ringhiò Lupin, tenendosi la mano dolorante con cui gli aveva sferrato il
pugno.
“hai ragione….sono stato un cretino. Ho agito da cretino e mi
…”
“forse tu non ti rendi conto” lo
interruppe Remus. I suoi occhi dardeggiavano nella luce soffusa della Sala
Comune. “Farsi beccare a copiare all’esame di fine corso è da cretini.
Arrampicarsi sul tetto della scuola per una scommessa è da cretini. Truccare una
moto babbana per farla volare e nasconderla nella rimessa delle scope è da
cretini…Cercar di far diventare il tuo migliore amico un assassino è…non lo so
da che cos’è. Non conosco nessun termine che possa
farti capire quanto io ti disprezzi per quello che hai
fatto”.
Sirius lo guardò
, sgranando gli occhi. Il sangue continuava a colare dal suo naso, ma lui
non sembrava curarsene. “Moony, mandare Piton…”
“Moony un cazzo! Forse tu non
rendi conto…Non si tratta di Piton. Posso capire che tu
volessi vendicarti di lui. Posso capire che volessi fargli del male, che volessi spaventarlo…ma…Sirius,
potevo ucciderlo! Potevo
sbranarlo...potevo…”
Remus chiuse gli occhi, come
schiacciato dal peso delle sue stesse parole. Aveva immaginato molte, troppe
volte quello che sarebbe potuto accadere. Le sue mani e la
bocca sporche del sangue di Piton…e il gusto della sua carne nella sua
bocca…
“volevi che diventassi un
assassino, Sirius? Per divertirti, saresti stato disposto a farmi vivere per il
resto della mia vita con i sensi di colpa per aver stroncato la vita di un
ragazzo indifeso?”
“No, le cose non dovevano andare
in questo modo! Io…volevo solo che lui si spaventasse. Non pensavo di far del
male né a te né a James!” sbottò Sirius con veemenza.
Entrambi avevano cominciato a urlare.
“E’ proprio
questo il punto, Sirius, tu non pensi. Tu non pensi mai alle conseguenze
delle tue azioni. Beh mi dispiace deluderti, Black, ma non sei il centro
dell’universo.” ribatté Remus
con voce tagliente.
“questo lo so …”
“io non credo
proprio.”
“sì, invece. Se tu mi stessi a sentire potrei spiegarti che non
volevo…”
“tu non volevi? Oh povero il mio
ragazzino ricco! Il tuo giocattolino si è rotto…perché
è questo che sono, vero? Un giocattolo divertente! Dev’essere eccitante avere come amico un lupo mannaro…un vero spasso,
specie se si vuole accoppare qualcuno.”
Sirius si fece ancora più pallido.
Le sue mani tremavano leggermente, chiuse a pugno lungo i fianchi.
“Non è vero”
“ah no? mi sembra che ne abbiamo avuto la dimostrazione
stanotte”
Il rumore della pioggia sui vetri
riempì il silenzio che si creò.
Remus respirava affannosamente e un
timido rossore gli aveva colorato le guance scavate. La vena sulla sua fronte
pulsava dolorosamente.
“Moony, mi dispiace”
“Anche a
me dispiace, Sirius. Mi dispiace di essere stato amico e di aver perso del tempo
con uno come te. Perché non smetti di giocare all’amico dei lupi mannari e al
seguace di Silente e non te ne ritorni dalla tua famiglia? Sei
degno di loro”
Il pugno di Sirius lo colpì allo
stomaco, facendolo piegare su sé stesso. Un rantolo di
dolore gli fuoriuscì dalle labbra.
“Remus, mi disp…” balbettò Sirius,
rendendosi conto solo in quell’istante di quello che aveva fatto.
Ma Remus si rialzò e lo colpì al
volto. Sentì lo schiocco secco del setto nasale che si rompeva sotto alle nocche della sua mano. Il pugno di Sirius lo raggiunse
allo zigomo e un’esplosione di dolore gli appannò la vista. Un altro pugno si
abbatté sulla parte superiore del suo torace, mozzandogli il respiro in gola.
Remus si morse la lingua e il gusto vischioso del sangue gli riempì la bocca. Il
battito del suo cuore gli rimbombava nelle orecchie e nelle
tempie.
Remus lo sentiva…sentiva il lupo dentro di lui contorcersi in preda
alla rabbia. Lo sentiva scorrere nelle sue vene, pulsare nel suo ventre, respirare nel suo fiato…
E lo lasciò libero. Per la prima
volta qualcosa di selvaggio e primitivo prese il sopravvento
anche se la luna stava calando nel cielo. Travolse Sirius ed entrambi si
ritrovarono per terra, a lottare come due animali. I
suoi pugni si abbatterono sul suo stomaco, sulla sua
faccia, su ogni parte del suo corpo che riusciva a raggiungere, con il solo
scopo di fargli più male possibile, finché le forze non gli vennero meno e non
si accasciò sfinito sul petto dell’amico. Rotolò di lato, respirando
affannosamente con lo sguardo puntato sul soffitto.
Non sapeva quanti pugni avesse ricevuto e quanti ne avesse dati, ma non c’era un
singolo punto del suo corpo che non gli facesse male.
“Remus”
“hm?”
“Mi
dispiace”
Remus girò di poco il capo per poter
vedere il viso di Sirius. Molte lacrime tracciavano scie perlacee nel rosso
intenso del sangue che gli ricopriva la faccia. Non aveva mai visto Sirius
piangere. Era roba da femminucce, diceva, sgridando Peter quando piagnucolava che
voleva tornare a casa durante il loro primo anno ad Hogwarts.
Remus fece per rispondere, ma
Sirius continuò.
“Non lo so perché lo faccio…
perché mi comporto da idiota, ma ti giuro…” Sirius s’interruppe per poterlo
fissare negli occhi. “Ti giuro che non ti farei mai del male volontariamente.
Né a te, né a James né a Peter”
Sirius si mise a sedere , abbandonando il capo tra le ginocchia, cercando di
nascondere le lacrime dietro ai lunghi capelli scuri.
“Sai quanto marcio c’è nella mia
famiglia…e forse per quanto mi sforzi, rimango sempre uno di loro. Hai
ragione…tutto quello che hai detto è vero. Sono solo un ragazzino viziato che
gioca con i sentimenti degli altri. Forse dovrei rimanere da solo. Uno come
me può soltanto rimanere da solo. Non è capace di stare
con gli altri senza farli soffrire”
Remus sospirò, sedendosi accanto a
lui.
“oh ma piantala! Vai da un estremo all’altro!”
sbottò. Sirius gli lanciò un’occhiata attraverso i capelli.
Remus si tamponò il labbro
inferiore con la manica e poi fissò assorto la macchia di sangue sulla sua
tunica.
“mi dispiace di aver detto quelle
cose sulla tua famiglia. Non le penso veramente”
“E a me
dispiace per tutto quanto. Non avrei voluto…Dio, tu e James potevate farvi male sul serio”.
Le sue parole furono interrotte da
un nuovo eccesso di lacrime. Remus sorrise debolmente circondandogli le spalle
con un braccio, e Sirius appoggiò la guancia sulla sua spalla, aggrappandosi a
lui e continuando a piangere.
Ma perché finiva sempre così? Perché Sirius riusciva sempre a cavarsela in un modo o
nell’altro? Perché doveva sempre essere lui a
consolarlo?
“Paddy, non fare così, avanti. In
fondo non è successo niente” mormorò Remus,
accarezzandogli i capelli, come se fosse un bambino
piccolo.
“Ma
poteva succedere. Dio, Moony, mi dispiace così tanto.
Io sono un incosciente…un idiota! Non merito degli amici come
voi”
Remus sbuffò di nuovo chiedendosi quando quell’attacco di autocommiserazione
sarebbe finito. Le lacrime e il sangue di Sirius gli colavano sulla tunica,
sporcandogliela tutta. Come se i suoi abiti non fossero già abbastanza
miserabili.
“Questo è vero” rispose con tono
leggero.
“promettimi una cosa” continuò
Sirius risollevando il viso con un gesto secco e prendendolo per le spalle.
Remus allontanò di poco la faccia schifato. Sirius
aveva un aspetto orrendo, con il naso tutto storto che continuava a sanguinare,
un occhio pesto, i capelli appiccicati alla faccia e i denti tutti ricoperti di
sangue.
“Promettimi che se mi comporterò
di nuovo da coglione tu sarai lì a darmi una botta in testa. Io…mi fido di te
più di quanto non faccia di me stesso. Potrei prometterti di migliorare….di imparare a tener sottocontrollo la rabbia e di ragionare
con questa mia testaccia dura prima di fare le cose,ma…ma io mi fido più del tuo
aiuto che nel mio autocontrollo. Quindi promettimi che ci sarai , Moony. Sarai lì a lanciarmi uno Stupeficium quando me lo
merito.”
Remus sorrise, liberandosi della
stretta nevrotica dell’amico. Sirius era uno strano miscuglio di irrazionalità, pazzia e impulsività, ma non era cattivo.
Era solo che non pensava prima di fare le cose. E gli
voleva bene. Non lo dimostrava sempre…anzi, era
piuttosto raro veder dimostrazioni di affetto provenire da Sirius, ma lui si
sarebbe buttato nel fuoco per le persone che amava.
E anche lui gli voleva bene.
Malgrado tutti i suoi difetti, malgrado la sua completa
mancanza di giudizio, Remus non poteva impedirsi di volergli bene con tutto sé
stesso.
“Ma Sirius” gli disse con voce seria “se io ti lanciassi uno
schiantesimo ogni volta che lo meriteresti, passeresti più tempo in infermeria
che a lezione”
“Hai ragione” mormorò il ragazzo,
stropicciandosi il mento con due dita “allora insegnami a essere come te! io…posso imparare
da te!” disse con enfasi, scrollando Remus per le spalle.
Remus rise, mentre Sirius balzava
in piedi.
“diventerò una persona nuova. Una
persona seria…”
“ecco è proprio questo quello che intendevo! Ora sei tutto infervorato dal voler
diventare una persona seria…ma questo proponimento
svanirà nel giro di due settimane!” disse Remus, scuotendo la testa. Fece per
alzarsi quando una vertigine gli appannò la vista.
Sirius lo sostenne per un braccio, aiutandolo a rimettersi in piedi. “non devi
diventare come me…devi solo contare fino a dieci prima
di fare le cose”
“lo so…mi
dispiace”
“Sirius ho capito. So che ti
dispiace…prima ero in preda alla rabbia. Ho detto cose
che pensavo sul serio”
“Moony…sei
troppo buono. Dopo il casino che ho combinato
sei qui a consolarmi, quando dovresti essere tu a…”mormorò Sirius passandosi i
palmi delle mani sulla faccia e chinando lo sguardo imbarazzato. Tirò su con le
narici, mentre il sangue che gli colava dal naso andava diminuendo.
“credo che l’amicizia sia anche
questo. O uno impara a perdonare e a dimenticare…o
l’amicizia è finita. Tieni” . Remus gli porse un fazzoletto, con cui Sirius si
pulì il naso, emettendo un lamento di dolore.
“Credo che tu abbia il naso rotto.
Vieni, ti accompagno in infermeria” disse Remus,
circondandogli le spalle con un braccio. Sirius si tamponò le narici, gettando
la testa all’indietro.
“io non ho il naso rotto! Sei tu che mi hai rotto il naso! Sai a cosa pensavo, Moony?”
“cosa?”
“niente Schiantesimo! Quando sto per fare qualche cazzata basterà che mi tiri un destro
per farmi passare la voglia”
Remus rise, pilotando l’amico per
non fargli sbattere contro la porta.
Stavano per uscire dalla Sala
Comune quando incrociarono Peter e James sul
pianerottolo.
“che
cosa…” bofonchiò James, spostando lo sguardo dalla faccia pesta di Sirius al
livido sullo zigomo destro di Remus.
“un pacifico scambio di opinioni che terminerà con un bel viaggio in infermeria”
rispose Remus.
“Volete un consiglio?” bofonchiò Sirius, spostando il fazzoletto per poter parlare più
facilmente “non lo fate arrabbiare! Morde!” esclamò, mentre Remus lo spingeva verso le scale.
“ma se mi mordessi mentre sei umano, diventerei un lupo mannaro
anch’io?” stava dicendo Sirius, quando scomparvero dalla vista di due attoniti
James e Peter.
“Mai far arrabbiare Remus J.
Lupin” balbettò Peter a bassa voce, rabbrividendo.
“sono d’accordo con te, amico”
rispose James, continuando a fissare inebetito il punto fino a cui poco prima
c’erano i due loro amici.