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Autore: Egle    10/09/2004    8 recensioni
Dopo che Sirius ha mandato Piton alla Stamberga Strillante e dopo il salvataggio del Serpeverde da parte di James, Remus, deluso dal comportamento dell'amico, deve affrontare nuovamente il giovane Grifondoro...
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN PACIFICO SCAMBIO DI OPINIONI

La pioggia scrosciava sui vetri, disegnando rivoli tortuosi. Era il terzo giorno consecutivo di maltempo e probabilmente non sarebbero potuti andare a Hogsmeade quella domenica senza infradiciarsi.

Remus scosse la testa, sorridendo tristemente al suo viso riflesso nella finestra.

Non sarebbero andati a Hogsmeade quella domenica. E nemmeno quella successiva. Non sarebbero andati più da nessuna parte come se niente fosse successo. Niente sarebbe stato più come prima.

Si sedette sul letto, appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia e abbandonando la testa fra le braccia.

Una formica che camminava veloce sul pavimento di pietra era il centro del suo interesse.

Il rumore della porta che si apriva lo spinse a sollevare lo sguardo fino a incontrare gli occhi scuri di James.

Tre profondi graffi gli attraversavano la guancia destra e diverse escoriazioni costellavano le nocche delle sue mani. James aveva sempre avuto delle belle mani, dalle dita lunghe e sottili, adatte a catturare il Boccino, ma in quel momento sembravano le dita di uno che è appena caduto in un cespuglio di rovi…o che ha appena affrontato un licantropo.

Si osservarono per un istante, prima che Remus abbassasse di nuovo il capo. La formica sul pavimento era sparita.

James richiuse la porta e si avvicinò al suo letto con calma. Una sottile tensione venava l’aria di parole non dette, di paure appena sussurrate.

“come ti senti?” chiese il Cercatore di Grifondoro.

Remus sorrise ancora scuotendo la testa. Aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse quasi subito con uno schiocco.

“non lo so” mormorò alla fine. Il sorriso ricomparve sulle sue labbra, ma era pieno di così tanta tristezza, di dolore…così tanto dolore da non poter essere contenuto in semplici lacrime.

James spostò il peso del corpo da un piede all’altro, sistemandosi gli occhiali sul naso con il palmo della mano. Si guardò intorno, inspirando profondamente, prima di fissare di nuovo la testa di Remus. Si sedette sul letto con circospezione, osservando anch’egli un punto indistinto tra i suoi piedi.

“So già quale sarà la risposta, ma…questa domanda mi rimbomba nella testa fin da quando mi hanno spigato cosa è successo…”

Il silenzio cadde pesantemente tra di loro, mentre Remus si voltava per guardare l’amico.

perché lo ha fatto?”

Il ragazzo si strinse nelle spalle, evitando lo sguardo di Remus. Non riusciva a vederlo così…non con quell’espressione negli occhi. Non con quel pallore sul viso…quello sgomento…quella sofferenza che lo lacerava dentro, in profondità. Un moto di rabbia gli fece contrarre le dita sulle coperte. Serrò forte le mascelle e inspirò a fondo l’odore di medicinali che impregnava l’aria dell’infermeria.

Non..” James s’interruppe, mordendosi l’interno della guancia. Avrebbe voluto gridare, strepitare, prendere a calci qualcuno, possibilmente Sirius, ma doveva rimanere calmo. Forse per la prima volta in vita sua , si rendeva conto di dover mettere da parte quello che provava per concentrasi sui sentimenti di un’altra persona. Non era lui quello che era stato tradito…usato.

“Forse dovresti chiederlo a lui. Forse dovresti sentire quello che ha da dire…”

“Ah davvero?” .

Il tono aspro di Remus lo spinse a girarsi verso di lui. Una ruga si era formata ai lati della bocca dell’amico, inasprendogli i tratti del viso di solito gentili e dolci.

E tu credi che abbia qualcosa da dire? Che gli dispiace forse?”

Remus lo guardò negli occhi e James sentì lo stomaco contrarsi nel suo ventre. Non aveva mai visto quell’espressione sulla faccia di Moony, mai. Nemmeno una volta…nemmeno quando quei bastardi dei Serpeverde lo avevano preso e legato a un albero per tutto il pomeriggio. Era una miscela di emozioni che rasentavano la sofferenza più pura, ma anche la rabbia , il rancore...e per riflesso James avvertì la sua ira scemare.

“Credi davvero che gli dispiaccia? L’unica cosa che lo può dispiacere è il fatto che nessuno si sia fatto male!”

“Questo non è vero” sbottò James prima di riuscire a trattenersi.

Remus chinò il capo, stringendo i pugni sulle sue ginocchia. Le sue spalle curvate in avanti tremavano leggermente, così come i suoi avambracci.

“Lo sai che non è vero. Lui…agisce senza usare la testa…senza…”

E credi che sia giusto? Credi che sia giusto dover sempre rimediare ai casini che combina? Perché io e Peter…e te, ogni tanto, riusciamo a comportarci da persone normali, mentre lui deve fare per forza delle cazzate? Ce lo ha scritto nel DNA forse? Gli manca quel particolare congegno che gli impedisce di pensare sempre e solo a stesso? O magari si rende conto di ferire le persone che gli stanno vicino ma se ne sbatte altamente le palle”

“questo non è vero…e lo sai. Sirius…” James si umettò le labbra con la punta della lingua, appoggiando una mano sulla spalla dell’amico. Okay, doveva dirlo…pensava che certe cose fossero implicite nel rapporto d’amicizia, ma alcune volte bisognava dirle a parole. Quella era una di quelle volte. “Sirius ti vuole bene”

“davvero?”

Ancora quel tono.

“sì. E anche tu gliene vuoi, altrimenti non staresti così male.

Le parole di James si persero nel silenzio dell’infermeria. Il cielo si era scurito, ma la pioggia non aveva smesso di cadere. Il bagliore di un lampo penetrò dalle grandi finestre, incendiando gli occhi ambrati di Remus.

Va da lui…più tempo passa più sarà difficile parlare…”

“Non voglio parlarci” ribattè Remus con un’ostinazione che non sembrava potesse far parte del suo carattere.

“non ti sto chiedendo di perdonarlo…ti sto solo chiedendo di parlargli. Se poi non vorrai avere più niente a che fare con lui, posso capirlo, ma devi almeno sentire che cosa ha da dire…fallo per l’amicizia che c’era tra voi, se non vuoi farlo per cercare di appianare le cose”.

Remus sospirò, passandosi una mano sulla faccia stanca e tirata.

Quando guardò di nuovo James, la sua espressione era quella del solito Remus, il conciliante e paziente Remus.

“va bene” mormorò con un filo di voce.

James gli strinse ancora una volta la spalla come segno di incoraggiamento e poi lasciò la stanza, dicendogli che avrebbe potuto trovarlo su, nel loro dormitorio in caso avesse avuto bisogno di lui.

Remus camminava spedito per i corridoi della scuola, ignorando le frequenti occhiate che si soffermavano a esaminare il suo aspetto trasandato e stanco. Disse la parola d’ordine ed entrò nella Sala Comune di Grifondoro. Al suo ingresso il sommesso vociare cessò. Sirius era seduto in una delle grandi poltrone davanti al caminetto con sulle cosce un libro, che non stava leggendo. Vedendolo scattò in piedi, senza curarsi di far cadere il volume a terra.

“Lasciateci soli” disse Remus rivolto verso gli altri studenti. Il suo tono era così autoritario da risultare irriconoscibile. I suoi occhi ardenti erano fissi in quelli di Sirius. La sua bocca era ridotta a una linea sottile.

Nessuno osò ribattere al suo ordine, sebbene non rientrava nei diritti di un prefetto comandare a quel modo gli studenti, e con un lieve brusio tutti lasciarono la Sala Comune. Non appena furono soli, Sirius avanzò di un passo, indeciso sul da farsi.

Erano due giorni che non si vedevano e non si parlavano.

Gli avevano detto che Sirius aveva trascorso tutto il giorno dopo il plenilunio seduto per terra, davanti alla porta dell’infermeria, saltando le lezioni, nella speranza che lui gli desse il permesso di entrare. Ma Remus non voleva vederlo. Non voleva parlargli. Non voleva neppure sentir nominare il suo nome. James e Peter si erano alternati di fianco al suo letto, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di parlare di Sirius fino a quella sera.

Quando Silente gli aveva spiegato che cos’era successo, la sua prima reazione era stata di non credere alle sue parole, ma era bastato lanciare un’occhiata al viso di James per sapere che era tutto vero. Era rimasto come svuotato di ogni emozione a guardare il nulla. E poi aveva pianto, soffocando i singhiozzi nel cuscino fino ad addormentarsi, come aveva fatto molte volte da bambino. Alla tristezza era sopraggiunta la rabbia…incontrollabile e pura rabbia.

“ti senti meglio?” chiese Sirius, nella vaga speranza che la sua voce potesse apparire normale.

Remus, invece che rispondere a parole, attraversò la stanza con rapide falcate e gli tirò un pugno in faccia. Sirius, impreparato, cadde all’indietro, scontrandosi con il bracciolo della poltrona e scivolando a terra. Il suo naso prese a sanguinare copiosamente, disegnando una scia purpurea dalle narici fino al mento e imbrattandogli la camicia bianca.

Sirius si pulì la bocca con il dorso della mano, sputando un fiotto di sangue.

“beh credo di essermelo meritato” disse, rimettendosi in piedi.

“ti meriteresti molto più di questo” ringhiò Lupin, tenendosi la mano dolorante con cui gli aveva sferrato il pugno.

“hai ragione….sono stato un cretino. Ho agito da cretino e mi …”

“forse tu non ti rendi conto” lo interruppe Remus. I suoi occhi dardeggiavano nella luce soffusa della Sala Comune. “Farsi beccare a copiare all’esame di fine corso è da cretini. Arrampicarsi sul tetto della scuola per una scommessa è da cretini. Truccare una moto babbana per farla volare e nasconderla nella rimessa delle scope è da cretini…Cercar di far diventare il tuo migliore amico un assassino è…non lo so da che cos’è. Non conosco nessun termine che possa farti capire quanto io ti disprezzi per quello che hai fatto”.

Sirius lo guardò , sgranando gli occhi. Il sangue continuava a colare dal suo naso, ma lui non sembrava curarsene. “Moony, mandare Piton…”

“Moony un cazzo! Forse tu non rendi conto…Non si tratta di Piton. Posso capire che tu volessi vendicarti di lui. Posso capire che volessi fargli del male, che volessi spaventarlo…ma…Sirius, potevo ucciderlo! Potevo sbranarlo...potevo…”

Remus chiuse gli occhi, come schiacciato dal peso delle sue stesse parole. Aveva immaginato molte, troppe volte quello che sarebbe potuto accadere. Le sue mani e la bocca sporche del sangue di Piton…e il gusto della sua carne nella sua bocca…

“volevi che diventassi un assassino, Sirius? Per divertirti, saresti stato disposto a farmi vivere per il resto della mia vita con i sensi di colpa per aver stroncato la vita di un ragazzo indifeso?”

“No, le cose non dovevano andare in questo modo! Io…volevo solo che lui si spaventasse. Non pensavo di far del male né a te né a James!” sbottò Sirius con veemenza.

Entrambi avevano cominciato a urlare.

E’ proprio questo il punto, Sirius, tu non pensi. Tu non pensi mai alle conseguenze delle tue azioni. Beh mi dispiace deluderti, Black, ma non sei il centro dell’universo. ribatté Remus con voce tagliente.

“questo lo so …”

“io non credo proprio.”

“sì, invece. Se tu mi stessi a sentire potrei spiegarti che non volevo…”

tu non volevi? Oh povero il mio ragazzino ricco! Il tuo giocattolino si è rotto…perché è questo che sono, vero? Un giocattolo divertente! Dev’essere eccitante avere come amico un lupo mannaro…un vero spasso, specie se si vuole accoppare qualcuno.”

Sirius si fece ancora più pallido. Le sue mani tremavano leggermente, chiuse a pugno lungo i fianchi.

“Non è vero”

“ah no? mi sembra che ne abbiamo avuto la dimostrazione stanotte”

Il rumore della pioggia sui vetri riempì il silenzio che si creò.

Remus respirava affannosamente e un timido rossore gli aveva colorato le guance scavate. La vena sulla sua fronte pulsava dolorosamente.

“Moony, mi dispiace”

Anche a me dispiace, Sirius. Mi dispiace di essere stato amico e di aver perso del tempo con uno come te. Perché non smetti di giocare all’amico dei lupi mannari e al seguace di Silente e non te ne ritorni dalla tua famiglia? Sei degno di loro”

Il pugno di Sirius lo colpì allo stomaco, facendolo piegare su stesso. Un rantolo di dolore gli fuoriuscì dalle labbra.

“Remus, mi disp…” balbettò Sirius, rendendosi conto solo in quell’istante di quello che aveva fatto.

Ma Remus si rialzò e lo colpì al volto. Sentì lo schiocco secco del setto nasale che si rompeva sotto alle nocche della sua mano. Il pugno di Sirius lo raggiunse allo zigomo e un’esplosione di dolore gli appannò la vista. Un altro pugno si abbatté sulla parte superiore del suo torace, mozzandogli il respiro in gola. Remus si morse la lingua e il gusto vischioso del sangue gli riempì la bocca. Il battito del suo cuore gli rimbombava nelle orecchie e nelle tempie.

Remus lo sentiva…sentiva il lupo dentro di lui contorcersi in preda alla rabbia. Lo sentiva scorrere nelle sue vene, pulsare nel suo ventre, respirare nel suo fiato…

E lo lasciò libero. Per la prima volta qualcosa di selvaggio e primitivo prese il sopravvento anche se la luna stava calando nel cielo. Travolse Sirius ed entrambi si ritrovarono per terra, a lottare come due animali. I suoi pugni si abbatterono sul suo stomaco, sulla sua faccia, su ogni parte del suo corpo che riusciva a raggiungere, con il solo scopo di fargli più male possibile, finché le forze non gli vennero meno e non si accasciò sfinito sul petto dell’amico. Rotolò di lato, respirando affannosamente con lo sguardo puntato sul soffitto.

Non sapeva quanti pugni avesse ricevuto e quanti ne avesse dati, ma non c’era un singolo punto del suo corpo che non gli facesse male.

Remus

“hm?”

“Mi dispiace”

Remus girò di poco il capo per poter vedere il viso di Sirius. Molte lacrime tracciavano scie perlacee nel rosso intenso del sangue che gli ricopriva la faccia. Non aveva mai visto Sirius piangere. Era roba da femminucce, diceva, sgridando Peter quando piagnucolava che voleva tornare a casa durante il loro primo anno ad Hogwarts.

Remus fece per rispondere, ma Sirius continuò.

“Non lo so perché lo faccio… perché mi comporto da idiota, ma ti giuro…” Sirius s’interruppe per poterlo fissare negli occhi. “Ti giuro che non ti farei mai del male volontariamente. a te, né a James né a Peter”

Sirius si mise a sedere , abbandonando il capo tra le ginocchia, cercando di nascondere le lacrime dietro ai lunghi capelli scuri.

“Sai quanto marcio c’è nella mia famiglia…e forse per quanto mi sforzi, rimango sempre uno di loro. Hai ragione…tutto quello che hai detto è vero. Sono solo un ragazzino viziato che gioca con i sentimenti degli altri. Forse dovrei rimanere da solo. Uno come me può soltanto rimanere da solo. Non è capace di stare con gli altri senza farli soffrire”

Remus sospirò, sedendosi accanto a lui.

“oh ma piantala! Vai da un estremo all’altro!” sbottò. Sirius gli lanciò un’occhiata attraverso i capelli.

Remus si tamponò il labbro inferiore con la manica e poi fissò assorto la macchia di sangue sulla sua tunica.

“mi dispiace di aver detto quelle cose sulla tua famiglia. Non le penso veramente”

E a me dispiace per tutto quanto. Non avrei voluto…Dio, tu e James potevate farvi male sul serio”.

Le sue parole furono interrotte da un nuovo eccesso di lacrime. Remus sorrise debolmente circondandogli le spalle con un braccio, e Sirius appoggiò la guancia sulla sua spalla, aggrappandosi a lui e continuando a piangere.

Ma perché finiva sempre così? Perché Sirius riusciva sempre a cavarsela in un modo o nell’altro? Perché doveva sempre essere lui a consolarlo?

“Paddy, non fare così, avanti. In fondo non è successo niente” mormorò Remus, accarezzandogli i capelli, come se fosse un bambino piccolo.

Ma poteva succedere. Dio, Moony, mi dispiace così tanto. Io sono un incosciente…un idiota! Non merito degli amici come voi”

Remus sbuffò di nuovo chiedendosi quando quell’attacco di autocommiserazione sarebbe finito. Le lacrime e il sangue di Sirius gli colavano sulla tunica, sporcandogliela tutta. Come se i suoi abiti non fossero già abbastanza miserabili.

“Questo è vero” rispose con tono leggero.

“promettimi una cosa” continuò Sirius risollevando il viso con un gesto secco e prendendolo per le spalle. Remus allontanò di poco la faccia schifato. Sirius aveva un aspetto orrendo, con il naso tutto storto che continuava a sanguinare, un occhio pesto, i capelli appiccicati alla faccia e i denti tutti ricoperti di sangue.

“Promettimi che se mi comporterò di nuovo da coglione tu sarai lì a darmi una botta in testa. Io…mi fido di te più di quanto non faccia di me stesso. Potrei prometterti di migliorare….di imparare a tener sottocontrollo la rabbia e di ragionare con questa mia testaccia dura prima di fare le cose,ma…ma io mi fido più del tuo aiuto che nel mio autocontrollo. Quindi promettimi che ci sarai , Moony. Sarai lì a lanciarmi uno Stupeficium quando me lo merito.”

Remus sorrise, liberandosi della stretta nevrotica dell’amico. Sirius era uno strano miscuglio di irrazionalità, pazzia e impulsività, ma non era cattivo. Era solo che non pensava prima di fare le cose. E gli voleva bene. Non lo dimostrava sempre…anzi, era piuttosto raro veder dimostrazioni di affetto provenire da Sirius, ma lui si sarebbe buttato nel fuoco per le persone che amava.

E anche lui gli voleva bene. Malgrado tutti i suoi difetti, malgrado la sua completa mancanza di giudizio, Remus non poteva impedirsi di volergli bene con tutto sé stesso.

Ma Sirius” gli disse con voce seria “se io ti lanciassi uno schiantesimo ogni volta che lo meriteresti, passeresti più tempo in infermeria che a lezione”

“Hai ragione” mormorò il ragazzo, stropicciandosi il mento con due dita “allora insegnami a essere come te! io…posso imparare da te!” disse con enfasi, scrollando Remus per le spalle.

Remus rise, mentre Sirius balzava in piedi.

“diventerò una persona nuova. Una persona seria…”

“ecco è proprio questo quello che intendevo! Ora sei tutto infervorato dal voler diventare una persona seria…ma questo proponimento svanirà nel giro di due settimane!” disse Remus, scuotendo la testa. Fece per alzarsi quando una vertigine gli appannò la vista. Sirius lo sostenne per un braccio, aiutandolo a rimettersi in piedi. “non devi diventare come me…devi solo contare fino a dieci prima di fare le cose”

“lo so…mi dispiace”

“Sirius ho capito. So che ti dispiace…prima ero in preda alla rabbia. Ho detto cose che pensavo sul serio”

Moony…sei troppo buono. Dopo il casino che ho combinato sei qui a consolarmi, quando dovresti essere tu a…”mormorò Sirius passandosi i palmi delle mani sulla faccia e chinando lo sguardo imbarazzato. Tirò su con le narici, mentre il sangue che gli colava dal naso andava diminuendo.

“credo che l’amicizia sia anche questo. O uno impara a perdonare e a dimenticare…o l’amicizia è finita. Tieni” . Remus gli porse un fazzoletto, con cui Sirius si pulì il naso, emettendo un lamento di dolore.

“Credo che tu abbia il naso rotto. Vieni, ti accompagno in infermeria” disse Remus, circondandogli le spalle con un braccio. Sirius si tamponò le narici, gettando la testa all’indietro.

“io non ho il naso rotto! Sei tu che mi hai rotto il naso! Sai a cosa pensavo, Moony?”

cosa?”

“niente Schiantesimo! Quando sto per fare qualche cazzata basterà che mi tiri un destro per farmi passare la voglia”

Remus rise, pilotando l’amico per non fargli sbattere contro la porta.

Stavano per uscire dalla Sala Comune quando incrociarono Peter e James sul pianerottolo.

che cosa…” bofonchiò James, spostando lo sguardo dalla faccia pesta di Sirius al livido sullo zigomo destro di Remus.

“un pacifico scambio di opinioni che terminerà con un bel viaggio in infermeria” rispose Remus.

“Volete un consiglio?” bofonchiò Sirius, spostando il fazzoletto per poter parlare più facilmente “non lo fate arrabbiare! Morde!” esclamò, mentre Remus lo spingeva verso le scale.

“ma se mi mordessi mentre sei umano, diventerei un lupo mannaro anch’io?” stava dicendo Sirius, quando scomparvero dalla vista di due attoniti James e Peter.

“Mai far arrabbiare Remus J. Lupin” balbettò Peter a bassa voce, rabbrividendo.

“sono d’accordo con te, amico” rispose James, continuando a fissare inebetito il punto fino a cui poco prima c’erano i due loro amici.

   
 
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