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Autore: Sinnheim    29/05/2013    1 recensioni
Haruka ha ricordato la sua vita precedente, e ora è afflitta dalle domande: perchè ha potuto ricordare se non gli era concesso? Perchè solo lei e non anche Michiru? Troverà le sue risposte, e con quelle anche i guai. Le guerriere Sailor dovranno affrontare una nuova, terribile minaccia, ben più grande di quelle già affrontate. Tutte le speranze sono riposte nel'essenza del Bene. Sequel di "La Fine di una Vita, L'inizio di un Sogno"
Versione 2.0, revisionata ed arricchita.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la fine
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- Questa storia fa parte della serie 'Song of Storm'
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CAPITOLO 6: GIORNO 30

 

“…sento la vita scorrere via dagli esseri umani...” Noa se ne stava seduta con gli occhi chiusi in profondissima concentrazione: riusciva a percepire la linfa vitale luminosa delle persone sulla Terra nonostante fosse distante milioni di chilometri. “E’ INEVITABILE, PICCOLO DRAGO.” Una lacrima rigò il suo viso e una muta preghiera si levò in quell’aria carica di potere che faceva tremare ogni angolo del pianeta.

Passarono trenta giorni. Trenta, infernali giorni. La città era stata abbandonata circa al ventesimo giorno di assedio di quei mostri: in principio non erano molti e attaccavano raramente, poi divennero tanti, troppi, e mietevano ogni giorno sempre più vite. Le guerriere non riuscirono a contrastarli pur combattendo con tutte le loro risorse e le ronde di guardia furono un fallimento, così fecero l’unica cosa che potevano fare: con la morte e la vergogna nel cuore dovettero nascondersi per sopravvivere; se fossero morte avrebbero lasciato Noa a combattere da sola e tutto sarebbe stato inutile.

Ben presto infatti capirono un’atroce verità: i demoni non volevano gli abitanti, volevano loro, volevano eliminare ogni alleato della piccola Noa per poterla annientare più facilmente e questo non potevano permetterlo. Guardarono inermi le persone abbandonare le loro case per salvarsi e i demoni che puntualmente si prendevano le loro vite; i sopravvissuti probabilmente non sarebbero più tornati, ma almeno le ragazze erano sicure che i mostri non li avrebbero inseguiti: se rimanevano in città i demoni avrebbero continuato a cercarle lasciando in pace i poveri cittadini e così, infatti, fecero; decisero di rimanere separate per dare meno nell’occhio e, nonostante le loro case erano malridotte, erano ancora abitabili, quindi per il momento non dovevano cercare una nuova sistemazione. Il problema era procurarsi i beni di prima necessità: vicino a casa Outer c’era un supermercato ormai abbandonato; dovevano resistere altri trenta giorni e le strade erano invase da orde di demoni che volevano la loro testa, e ogni volta che dovevano uscire per prendere da mangiare dovevano studiare a tavolino i percorsi migliori e i migliori nascondigli per non farsi scoprire.

E ogni volta poteva essere l’ultima, potevano morire in ogni momento: quando i demoni le scoprivano iniziava una guerra disperata per sopravvivere; erano troppi e troppo forti, l’unica possibilità era fuggire e pregare di seminarli, ma fuggire voleva dire anche soffrire la fame per un altro giorno. Le strade puzzavano di morte: centinaia erano i cadaveri sparsi per la città di coloro che non erano riusciti a fuggire in tempo; corpi mutilati invasi da vermi e ratti, sangue a pozzanghere bagnavano l’asfalto e un panorama di desolazione riempiva gli occhi e il cuore delle Sailor. Ogni giorno ad attenderle c’era una macabra provocazione, un ultimatum tanto terrificante che spesso non aprivano neanche le finestre per far entrare un raggio di sole pur di non vederlo: i demoni avevano decapitato le teste di molti cittadini e le avevano piantate su delle picche in giro per la città; corpi di uomini, donne e bambini erano impiccati agli edifici e lasciati lì appesi come messaggio di sfida per le guerriere, l’odore poi era insopportabile nelle giornate di sole.

Quella mattina le Outer si svegliarono presto per controllare la scorta di provviste e si accorsero che stavano finendo, così si riunirono intorno al tavolo per pianificare la strategia migliore per uscire di casa: Hotaru dormiva inquieta nel suo lettino, mentre le altre apparivano distrutte fisicamente e mentalmente. Setsuna aveva contusioni un po’ ovunque sul corpo e se ne stava spesso da sola a contemplare le cartine della città: tutto l’orrore che aveva visto in quei giorni che sembravano eterni la stava uccidendo tanto lentamente quanto dolorosamente e doveva tenere la mente occupata per non impazzire; qualche volta si lasciava andare a pianti tanto convulsi che Haruka e Michiru erano costrette a darle dei calmanti molto potenti che fortunatamente avevano in casa. 

Le guerriere di Urano e Nettuno non se la cavavano meglio: avevano ferite superficiali di poco conto, ma ciò che le distruggeva era la mancanza di sonno: infatti erano circa dieci giorni che praticamente non dormivano, quando una riusciva ad addormentarsi era puntualmente perseguitata dagli incubi terribili di ciò che avevano visto in quei giorni e l’altra, che non se la sentiva di lasciare l’amata in balia di quei sogni terrificanti, le stava accanto e cercava di calmarla, di conseguenza non dormivano nessuna delle due. La piccola Hotaru aveva smesso di parlare e pareva come morta, Setsuna credeva che sicuramente era dovuto allo shock.

Col viso smorto e gli occhi assenti, le tre guardarono la cartina e discutevano: il senso di colpa le divorava ogni giorno e si sentivano delle codarde; le Inner non se la cavavano meglio, ma dovevano rimanere separate. Quella volta sarebbe toccato ad Haruka e Michiru uscire, così si recarono in camera loro a cambiarsi di abito; una volta pronte si guardarono profondamente in quei occhi così stanchi e doloranti che non sembravano quelli di persone vive. 

Si baciarono forse per l’ultima volta e si accarezzarono dolcemente. Improvvisamente Hotaru fece irruzione nella stanza e si buttò addosso alle due piangendo disperata: anche se non parlava le due sapevano benissimo cosa voleva dire e la abbracciarono forte; le diedero un bacio sulla fronte e la guardarono sorridendo. “Dobbiamo andare amore... torniamo presto ok?” Disse Michiru trattenendo le lacrime e Haruka si mise in ginocchio davanti alla bambina. “Tu devi rimanere qui con mamma Setsuna, ha bisogno di te.” Hotaru annuì singhiozzando e la portarono in cucina dove la guerriera di Plutone le stava aspettando.

Non parlarono: si abbracciarono tutte e tre con la speranza di rivedersi ancora, poi le ragazze uscirono. Passi felpati e occhi sempre vigili: avevano scelto un percorso tortuoso tra le case dei vecchi vicini; superavano veloci siepi, giardini e piscine, a volte i padroni di casa erano ancora dentro le loro dimore trucidati nei loro letti. Arrivarono all’incrocio dove si trovava la vecchia sala giochi tanto adorata da Usagi e ormai semi distrutta; avvicinandosi caute intravidero due figure: si nascosero pensando che fossero demoni, poi guardando meglio e riconobbero Rei e Makoto. Haruka attirò la loro attenzione con piccoli suoni e, nascoste dietro una casa, si abbracciarono teneramente. 

“Che ci fate qui? Non avete il centro commerciale vicino il tempio?” Chiese a bassa voce Michiru e Rei spiegò la situazione. “Ci hanno beccate tre giorni fa; nel casino il centro commerciale è andato distrutto, così siamo costrette a venire fino a quaggiù.” “Beh allora venite con noi. Se volete possiamo individuare una sistemazione per voi che sia più vicina al supermercato.” Haruka sorrise leggermente e Makoto ricambiò il sorriso.

“Magari ragazze! Ci salvereste la vita. Letteralmente.” Annuirono, poi si mossero insieme per raggiungere la meta. “Come stanno le altre?” Chiese la bionda mentre avanzavano silenziose. “Stanno bene, più o meno. Qualche ferita di poco conto e tanta paura.” Rispose Makoto seguendo il gruppo, poi intravidero l’edificio. “Ci siamo quasi.” Si divisero ed avanzarono su due lati: testa bassa e passi leggeri come piume riuscirono ad arrivare all’entrata quando sentirono un rumore dietro di loro. Si girarono di scatto tutte e quattro ma non videro nulla. I loro cuori battevano all’impazzata nei loro petti, il sudore imperlava la loro fronte. Decisero di trasformarsi anche se era abbastanza pericoloso perché potevano essere viste ed esplorarono la zona: i dintorni sembravano sgombri, così aprirono la porta per entrare con Michiru in cima al gruppo. Un ruggito ruppe il silenzio e un demone schizzò fuori dalla porta con lame al posto delle mani: la violinista non fece in tempo ad urlare che quello le squarciò il viso trafiggendo l’occhio sinistro.

Agonizzante e grondante di sangue cadde a terra in preda al dolore con le mani sul volto e ben presto arrivarono altri demoni urlando come furie cieche. Haruka fece rimettere in piedi Michiru che dovette far conto sull’unico occhio che ancora vedeva e iniziarono a combattere disperatamente: la bionda schivava a fatica i loro fendenti; evitò uno di quelli e tranciò di netto un demone con la sua fidata spada. Mentre sangue e viscere uscivano copiose da quel corpo infame, altri sopraggiungevano come orde infinite; Makoto ne aveva folgorati un bel po’ giocando molto di arti marziali nelle quali era molto portata: parava e colpiva, schivava e contrattaccava con abile maestria, mentre Rei si era posta in una zona sopraelevata per poter fare il cecchino con il suo arco infuocato. Un dardo fiammeggiante colpì dritto in testa un demone squagliandoli la scatola cranica e tutto ciò che c’era dentro; Michiru era in estrema difficoltà visto che aveva un occhio fuori uso e infatti presto fu messa con le spalle al muro: uno dei nemici la stava per trapassare da parte a parte quando Haruka fu miracolosamente più rapida e lo trafisse per prima; la situazione stava degenerando, così Rei ordinò la ritirata.

La bionda usò l’energia rimasta per sfoderare un World Shaking abbastanza forte da stordire i nemici e permettere la fuga, ma mentre cercavano di scappare Rei fu afferrata e fu trafitta al ventre; la ragazza urlò con voce strozzata e il sangue sembrò un fiume in piena. Haruka, che si trovava più vicina delle altre, corse in suo aiuto e decapitò con un colpo il mostro afferrando la guerriera di Marte al volo: Makoto la prese in braccio e la bionda le fece segno di fuggire il più in fretta possibile mentre lei li distraeva con Michiru. Esprimendo eterna gratitudine con lo sguardo la guerriera di Giove fuggì via mentre le due Outer continuavano a combattere. Dopo alcuni minuti un demone afferrò Haruka per il braccio destro e la strinse finché la ragazza non fu costretta a lasciare cadere la lama a terra; il dolore era atroce e urlò forte quando il demone, godendo delle grida della guerriera, fece leva sulle gambe e le spezzò di netto il braccio provocando tanto dolore che la bionda quasi perse i sensi.

Michiru, sentendo quelle urla terrificanti, diede fondo a tutte le energie rimaste e creò uno tsunami che travolse tutti i nemici insieme: non era certo sufficiente ad ucciderli, ma almeno avrebbe avuto un po’ di tempo per recuperare Haruka e fuggire via. “Amore lo so che fa male ma dobbiamo correre, muoviti!” Con le lacrime agli occhi la bionda si alzò urlando la sua agonia e iniziò a correre trascinata dall’amata: il braccio a penzoloni che cadeva sul fianco della ragazza era segno che l’articolazione era completamente andata e il braccio era tenuto insieme solo dai muscoli e dai tendini, difficilmente lo avrebbe salvato. Sciolsero la trasformazione per non far percepire la loro energia ai demoni e corsero, corsero, corsero.

Michiru era consapevole che forse avrebbe perso l’occhio e che sarebbe rimasta sfigurata ma doveva continuare a vivere, doveva farlo per la donna che amava e per la sua famiglia; il sangue grondava copioso e sentiva le forze abbandonarla, ma continuò a correre. Quando arrivarono a casa non ebbero neanche la forza di controllare se qualcuno le avesse seguite ed entrarono nell’edificio cadendo rovinosamente a terra, il terrore di Setsuna e Hotaru negli occhi. La guerriera di Plutone portò Michiru immediatamente in bagno per cercare di curarla: nonostante le sue conoscenze mediche era una situazione critica e gli strumenti che aveva in casa erano inadeguati, iniziò a sudare freddo dalla paura. Haruka si trascinò sul divano aiutata da Hotaru che piangeva a dirotto non sapendo cosa fare.

Il dolore fu troppo intenso per la povera guerriera di Urano e perse i sensi con un solo pensiero in testa: mancavano altri venticinque fottutissimi giorni e Noa sarebbe tornata.

  
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