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Autore: Trick    14/12/2007    13 recensioni
Natale 1993 - L'unica cosa che sembra accomunare Severus Piton e Remus Lupin è il loro cupo e deprimente spirito natalizio. Una sala insegnanti deserta, un libro di poesie e la nostalgia di un passato perduto.
Perché, purtroppo, non sempre il Natale è sinonimo di gioia e allegria.
LIEVE SPOILER DI DH NEL FINALE - NO SLASH
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più contesti
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favola

LIEVI SPOILER NEL FINALE

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Merry Christmas – Malinconica e perduta apologia del Natale

by Trick




«Paciock, la tua ottusità sarebbe capace di far rabbrividire perfino un branco di Manticore» sentenziò il professor Piton, mentre i suoi occhi scuri studiavano con una luce disgustata il contenuto maleodorante del calderone di rame del ragazzo. «Quante volte sarò costretto a ripeterti che le squame del ramarro non vanno mai, mai, gettate nella pozione quando questa non ha ancora raggiunto un grado di ebollizione sufficientemente elevato per scioglierle? Cos'altro devo fare per permettere a quel tuo inutile cervello di immagazzinare ciò che cerco, senza evidenti risultati, fra l'altro, di insegnarti da tre anni a questa parte?»

Nonostante il sotterraneo fosse avvolto da una fitta nebbiolina verdognola e nauseante, il rossore con il quale si erano appena accese le guance paffute di Neville era visibilissimo; umiliato da Piton per quella che sarebbe potuta essere la milionesima volta, continuava a fissare sconsolato lo scoppiettio delle bolle della sua Pozione Sonnolungo[1] – o perlomeno, quella che avrebbe dovuto passare per una Pozione Sonnolungo.

«Voglio che tu svolga una ricerca sul corretto svolgimento di questa elementare pozione, Paciock» continuò Piton, per nulla – naturalmente – impietosito dall'espressione dispiaciuta di Neville. «Dodici rotoli di pergamena» specificò annoiato. Un mormorio incredulo e scioccato attraversò la parte sinistra dell'aula, quella occupata dagli studenti di Grifondoro, mentre divertiti risolini si alzavano contemporaneamente dagli opposti Serpeverde.

Neville strabuzzò gli occhi. «D-dodici?»

«Sai quant'è dodici, Paciock?»

«S-sì, professore».

«Allora non ti dovresti imbattere in particolare problema» terminò, «hai tutte le vacanze di Natale a tua disposizione».



«E con questo si può dire definitivamente concluso l'argomento sui Berretti Rossi» concluse il professor Lupin, «al vostro ritorno, inizieremo ad occuparci dei Marciotti e del modo con cui solitamente riescono a farsi beffa di coloro che hanno la sventura di incapparvici».

Mano a mano che le vacanze di Natale si avvicinavano, il professore sembrava diventare sempre più stanco e indebolito: le occhiaie che circondavano i suoi occhi nocciola avevano raggiunto una pesante sfumatura scura, e la carnagione – che già di per sé risultava piuttosto chiara – si era fatta più pallida e smorta. Tuttavia, pareva che niente di tutto ciò fosse in grado di impedirgli di mantenere il consueto tono gentile e comprensivo con cui si rivolgeva ai propri studenti, la maggior parte dei quali, stimolati dal comportamento amabile e disponibile dell'uomo, avevano iniziato a fronteggiare coscienziosamente quell'arduo rivale che era in realtà lo studio.

La mano di Hermione scattò inaspettatamente in aria, attirando sulla ragazza lo sguardo seccato dei compagni più vicini.

«Professore?»

«Dimmi pure, Hermione» rispose garbatamente il professor Lupin, chiudendo con un scatto deciso la propria vecchia valigetta.

«Dovremmo consegnarle un tema sui Berretti Rossi per le vacanze? O qualcosa che anticipi il capitolo dei Marciotti?» s'informò tutto d'un fiato, mentre il piede continuava a battere incessantemente sotto il banco.

Ron si schiaffò una mano sulla faccia con tanta violenza che alcuni credettero si fosse addirittura rotto il naso.

«Non ci credo...» biascicò scioccato, «...io non la conosco, giuro».

La classe iniziò a mormorare incredula ed agitata, fatta ovvia eccezione per Hermione, che incurante di tutto e tutti, continuava frenetica ad attendere le istruzioni del professore riguardo il compito che avrebbero svolto durante i giorni successivi.

Il professor Lupin le rivolse un ampio sorriso, non completamente capace di celare il proprio divertimento. «Nulla, Hermione. Non ha senso concedere dei giorni di riposo, se poi si viene sommersi da valanghe di lavoro». Dovette scorgere il dispiacere sul viso della ragazza, perché aggiunse quasi immediatamente: «Ciononostante, sarei più che lieto di sapere che qualcuno ha avuto lo spirito di informarsi sui Marciotti per puro e semplice piacere personale. Se qualcuno riesce a trovare il tempo – e la voglia – di anticipare qualcosa delle prossime lezioni, ne terrò certamente conto».

Hermione si mordicchiò soddisfatta il labbro inferiore, assaporando il momento in cui avrebbe potuto affondare la testa in qualche libro della Biblioteca.

«Niente compiti, quindi?» domandò raggiante Seamus.

«Niente compiti» confermò con un sorriso il professor Lupin.

«Sì!» urlò di rimando Dean, voltandosi per battere il cinque al compagno, «lei è il massimo, professore!»



«Per burla mi chiamavano il ''Professor Luna''» stava leggendo Lupin fra un sorso di cioccolata e l'altro, seduto composto al tavolo di legno della Sala Insegnanti, «quand'ero ragazzo a Spoon River, nato con la sete di conoscere le stelle».[2]

La pesante porta dell'aula si aprì con un lieve cigolio, interrompendo bruscamente la concentrazione di Lupin e portandolo a sollevare gli occhi dal libro che stringeva fra le mani. Severus Piton entrò nella stanza senza concedergli il benché minimo interesse: si diresse a passi rapidi e cadenzati verso gli scaffali a lui assegnati, il mantello scuro che sfiorava appena il pavimento e la bocca sottile digrignata in un ghigno di bassa sopportazione. Lupin lo fissò divertito.

«Buongiorno anche a te, Severus» tentò con un sorriso.

«Buongiorno, Lupin» lo freddò all'istante, esaminando le etichette dei propri registri con fare indispettito e nervoso.

«Domani sarà la Vigilia di Natale» continuò imperterrito, «perché non spegni un po' la bacchetta e non ti rilassi?»

«A proposito di Natale» sbottò l'altro, «le ultime dosi mensili della tua Pozione Antilupo saranno pronte entro stasera».

«Ti ringrazio infinitamente, Severus».

«Me l'ha ordinato Silente, non credere che l'abbia fatto per te».

«Non importa. Grazie lo stesso».

Piton guardò Lupin come se la sua semplice presenza nella stanza fosse più che sufficiente a nausearlo fin nelle viscere. «Ho sentito dire che hai esonerato tutte le tue classi dai compiti per le vacanze, Lupin» sibilò sgradevole, «a cosa mai è dovuta tanta benevolenza?»

Lupin sorseggiò con disinvoltura dalla tazza, inebriandosi per un attimo dell'effetto praticamente narcotizzante che la cioccolata sembrava aver sempre avuto su di lui. «Se posso essere completamente sincero con te, Severus» rispose infine, «ho ritenuto più che sufficiente il gravoso numero di incombenze con le quali li hai sommersi. Ben dodici rotoli di pergamena sulle Pozioni SonnoLungo? È forse tuo desiderio che Neville soffochi?» commentò con un velo di ironia appena percettibile nel tono affabile.

«Sarebbe sicuramente una perdita più che trascurabile» ribatté laconico Piton, continuando ad evitare con decisione qualunque posizione comportasse una visione anche solo parziale di Lupin. «L'acume di quel ragazzo potrebbe essere tranquillamente paragonato a quello di un Troll, tralasciando, inoltre, i pessimi andamenti che ha in tutte le altre materie».

«Ricorda molto Alice, non trovi anche tu?» commentò Lupin, scrutando il vuoto davanti a sé come se i suoi occhi riuscissero a vedere qualcosa aldilà del muro. Piton alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo poderoso. Che Salazar me ne scampi, pensò con un moto di stizza, mentre rivolgeva al collega l'occhiata più apatica e altezzosa che riuscisse a forgiare.

«Sembrerà sciocco, Severus, è forse lo è» riprese Lupin, distogliendo finalmente lo sguardo dal niente per rivolgere all'altro uomo un sorriso malinconico e nostalgico, «ma ogni cosa qui dentro sembra capace di riportarmi indietro nel tempo. E come se fosse sufficiente intercettare un gesto vagamente famigliare, una parola pronunciata quasi per caso a farmi ricordare una vita intera».




24 dicembre 1980


«Hai lo spirito natalizio più rattristante con cui mi sia mai ritrovato ad aver che fare, Lunastorta» borbottò Sirius, espirando con eleganza una leggera nuvoletta di fumo dalla bocca.

Remus distolse la propria attenzione dalla finestra appannata, attraverso la quale aveva cercato inutilmente di scorgere il paesaggio innevato della brughiera scozzese per rivolgerla al vecchio compagno di scuola.

«E questo non è forse il Natale più deprimente a cui abbiamo mai preso parte, Felpato?» domandò, mentre un mesto sorriso gli increspava le labbra sottili.

«Un Natale è deprimente solo se le persone si lasciano deprimere» puntualizzò solennemente, «scommetto che con un po' di ghirlande di qua e un po' di candeline là, sarebbe tutto un altro paio di maniche».

Remus abbassò lo sguardo sul liquido cinabro contenuto nel calice che stringeva fra le mani, osservandone meditabondo il lieto oscillare. «Credi davvero che qualche modesta decorazione sarebbe capace di risollevare i nostri animi? A mio modo di vedere, non sarebbe nient'altro che una spensieratezza ostentata».

«Per tutte le fatture di strega Morgana» s'intromise James con un sorriso, alzando stupefatto gli occhi al cielo, «sei la persona più scoraggiante che conosca, amico, credimi».

Remus ridacchiò sommessamente. «Nel giro di dieci minuti mi avete definito “rattristante”, “deprimente” e “scoraggiante”. Un vocabolario così raffinato non è da voi, ragazzi, dove sono finite le imprecazioni scurrili che tanto ammiro?»

Sirius e James si scambiarono una fugace occhiata eloquente. Fu James a parlare.

«Remus» scandì in un tono così serio e profondo che persino Sirius ne rimase colpito, «questa guerra finirà per ucciderci uno dopo l'altro se non facciamo qualcosa per rallentarne la cavalcata. Non possiamo permettere che soffochi la nostra voglia di vivere, perché se dovessimo perdere anche quella, ecco che non avremmo più motivi per continuare a combattere».

Remus lo fissò con solenne perplessità. «Perché mi dici questo, James?»

Sirius emise un verso incredulo. «Perché ti stai lasciando soffocare pure tu, genio» sbottò, «dov'è finito il nostro Lupetto-Prefetto-Imperfetto[3]?» ironizzò, avvicinando a sé la vecchia ceneriera sul tavolino con un movimento annoiato della bacchetta.

Suo malgrado, Remus sorrise. «So che per voi è inconcepibile» disse, «ma nessuno riesce più a ridere di questi tempi, spirito natalizio compreso. Non veramente, perlomeno».

«È questo il tuo problema, Remus» continuò imperterrito James, «non riesci a vedere quanti motivi ci siano realmente per farlo».

«Dorcas è morta da meno di una settimana, James, e i McKinnon sono-»

«Siamo ancora insieme, Lunastorta» lo interruppe Sirius, «nonostante tutto e tutti, siamo ancora qui, come una volta».

«Non è più il tempo di una volta» constatò amaramente Remus.

«Sarà sempre il tempo di una volta, amico mio» precisò James, «non voglio che te ne dimentichi».

«Non lo posso dimenticare» affermò animatamente Remus, stringendo con più insistenza le mani attorno al calice, «ma non possiamo nemmeno fingere che il tempo si sia bloccato ai tempi della scuola, James. Non sono più gli anni in cui tormentavi Lily per uscire con lei, né degli scherzi rivolti a Piton. Gli anni in cui potevamo permetterci di marinare una lezione per divertirci ai danni di Gazza, o di scappare a Mielandia attraverso la statua della Strega Orba, non sono più nulla di tutto questo. Sono gli anni in cui ogni nostro giorno potrebbe essere l'ultimo che passiamo insieme, in cui non è consentito sbagliare e – sinceramente – in cui tutto ciò che mi circonda mi fa semplicemente desiderare di risvegliarmi in un'altra vita».

Sirius e James lo fissavano intensamente in silenzio, il primo con il viso chinato a nascondere lo strazio inciso sui suoi nobili lineamenti, e il secondo immobile sulla poltrona, gli occhi lucidi ma decisi attraverso le lenti degli occhiali rotondi.

«Forse hai ragione, Remus» convenne James, «ed è proprio perché hai ragione che non possiamo smettere di vivere. Potrebbe essere l'ultima volta qualsiasi volta, l'hai detto tu. E allora...» alzò le spalle con un sorriso storto, com'era solito fare quando gli veniva chiesto per quale motivo aveva combinato questa o quella marachella, «facciamo in modo che questo Natale sia un possibile ultimo Natale con le Pluffe e le contropluffe, che ne dite?».

Sirius annuì con decisione, alzando la coppa al soffitto.

«Ci stai, Lunastorta?» chiese, «parteciperai al Natale alla malandrina con noi?»

«Mi permettereste di rifiutare?» sbuffò divertito, alzando a sua volta il calice.

«Prefetto Lupin» sentenziò James, imitando con il braccio i compagni, «è forse la domanda più stupida che sia mai uscita dalla sua bocca, mi auguro se ne renda conto».

«Errato, Ramoso» lo corresse con un sorriso Sirius, «c'è anche quel “davvero non v'importa che io sia un licantropo?”, senza contare tutti i suoi irritanti “fareste davvero questo per me?”, e ultimo, ma non meno importante, il classico “non voglio crearvi dei problemi».

«L'ultima era un'affermazione, Felpato, non una domanda» sottolineò con finta aria da saccente Remus.

«Lo hai sentito, Ramoso?» sbottò, fingendosi a sua volta indignato, «si permette anche di correggere la mia grammatica, il nostro Lupetto-Prefetto-Imperfetto».

Scoppiarono a ridere e per un attimo effimero quanto una brezza primaverile, furono investiti da un calore che non aveva nulla a che fare con la brace ardente del camino; per un solo, passeggero attimo si sentirono improvvisamente meno distanti, meno diversi da come si ricordavano l'uno con l'altro ai tempi d'oro dei Malandrini, quando nessuna guerra oscurava le loro giornate e la notizia più brutta che poteva capitare di leggere sulla Gazzetta si limitava al fatto che i fratelli Broadmoor[4] fossero stati – nuovamente – espulsi dal Campionato di Quidditch.

«A questo possibile ultimo Natale, dunque» decretò con solennità Sirius.

Il tintinnio del vetro di tre bicchieri risuonò labile e malinconico nella stanza.



Remus Lupin non poté festeggiare il Natale successivo, così come i successivi dodici, che con l'ombra di sé stesso.





«Una vita intera, Lupin?» ripetò disgustato Piton. «Maledetto Godric, sei così patetico».

«Non lo diventiamo forse un po' tutti, a Natale?» rispose mestamente Lupin.

«Io, no».

«Be', forse dovresti iniziare» continuò l'altro, mentre un sorriso afflitto gli si arricciava sulle labbra, «a volte, l'ultimo modo di vivere che il destino concede ad un uomo è quello meschino e beffardo di lasciarlo marcire nei propri ricordi».

Piton lo fissò altezzoso.

«Sei patetico, Remus» sibilò.

Si diresse verso la porta deciso sopra ogni altra cosa a non degnarlo di altri sguardi, ma oltrepassandolo, i suoi occhi non riuscirono a non cadere sulle pagine ingiallite e logore del vecchio libro che Lupin stava leggendo.


Tutti, tutti, dormono sulla collina[5]


«Buon Natale, Lupin» mormorò lapidario, mentre la mano destra era già intenta a ruotare la maniglia della porta.

Lupin gli regalò un ultimo, triste sorriso.

«Buon Natale anche a te, Severus».


L'unico modo di vivere che il destino concede ad un uomo è quello meschino e beffardo di lasciarlo marcire nei propri ricordi.


Nella sua mente risplendevano malinconici i suoi occhi.

Malinconici e perduti occhi.






§§§§



[1] Non esiste nessuna pozione Sonnolungo: o meglio, esiste ma si chiama semplicemente "pozione Soporifera"... che fantasiosa traduzione.

[2] Da "Antologia Spoon River" di Edgar Lee Masters.

[3] La versione originale era "Prefetto-Crimine-Perfetto", ma si è trasformata per volere magico dell'autrice in qualcosa di più musicale. Che io sappia, comunque sia, nessuno a parte la sottoscritta si è mai azzardato a chiamare Remus "Lupetto-Prefetto-Imperfetto"...

[4] Ennesima licenza poetica, che mai sarà: i fratelli Broadmoor sono davvero stati due giocatori di Quiddicth battitori per i Falconi, se non erro. Erano famosi per la loro aggressività, ma hanno smesso di giocare qualche anno prima che i Malandrini iniziarono la scuola... vogliate perdonarmela, suvvia...

[5] Anche questo, naturalmente, è tratta dall'Antologia di Masters.



E se vi state chiedendo: «Dov'è Peter?», la risposta è «essendo quasi Natale, la mia sopportazione è andata in ferie; non avrei retto la sua presenza».


Un bacione e tanti, tanti, tanti auguri di Natale a tutti.

(per una volta arrivo in anticipo...^^)


Trick


§§§§











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