Fuori
c’è
Un@ Gu3rr@!
-
XI ATTO-
Ecco
il nome della ragazza di Harry. Il cugino aveva avuto fortuna
nel trovare una ragazza; seria, diligente, bella, studiosa…
anche se dalla
lettera sembrava tutto fuorché una ragazza dedita allo
studio… visto che
lasciava intendere ben altro, anche se lui, sinceramente, non aveva
capito
granché.
Perfetto.
Sì. Bene. A posto. Tutto a posto…
Anche lui avrebbe trovato presto una ragazza, migliore di quella del
cugino:
dopotutto, se l’aveva trovata lui… era solo
questione di tempo.
Sissignore!
Ma
allora perché sentiva come se qualcuno gli
avesse strappato il cuore e ci stesse giocando alla pignatta? E
sì che lui non
aveva le caramelle, nel cuore. O no?
E
che dire di quel fastidiosissimo senso di
vuoto, pieno di farfalle che volavano allegre e contente ovunque, che
sentiva
allo stomaco? Era molto simile a quando aveva visto il cugino prima
piangere e
poi ridere di cuore. Era dunque lui la causa di tutto ciò?
Beh, l’importante
era che si appuntasse di fare un piccolo discorso alla madre. Oh, ma
che gli
dava da mangiare quella donna, animali vivi e vegeti?
Una
cosa era certa: forse, da morte, quelle
farfalle avrebbero fatto meno male.
-Quindi
la lettera era sua. – sussurrò per
convincersi da solo, tanto che Harry neanche lo sentì.
Oppure voleva solo farla
sembrare la cosa più ovvia del mondo. Ma ciò,
evidentemente, non la rendeva
meno dolorosa.
Ok.
Un po’ rideva, va bene? E che cavolo:
persino il cugino strambo aveva una ragazza, magari era anche quella
della
foto. Ma era davvero così? Oppure non poteva sopportare il
fatto che Harry
fosse fidanzato per il semplice motivo che… no, dai; siamo
seri, al massimo
poteva dire che reclamava il diritto, come parente, unico, sarebbe
anche da
aggiungere, della sua età ancora in vita, lui pretendeva di
essere informato e
di partecipare attivamente alla vita del moro. Anche quella
sentimentale!
Guardando
in faccia alla realtà, si sarebbe
benissimo potuto dire che a Duddley non andava affatto giù
l’idea che qualcuno
avesse preso un posto speciale nel cuore di Harry. Così.
Nulla di particolare a
dire il vero, ma si sa: lui era geloso delle sue cose, come tutti i
bravi bimbi
che si rispettino, come tutti i viziati che si rispettino, se
permettete, e
basta! Solo il padrone può giocare col suo gioco e, il
suddetto, si dovrebbe
serbare solo ed esclusivamente per lui. Ecco come dovrebbe essere e, in
verità,
come era sempre stato. Ma, evidentemente, Harry non sapeva di questa
regola o
forse si. E Dud, dopo tanti anni di praticantato, se l’era
dimenticata?
Ti
piace un giocattolo, lo vuoi, ce l’hai, ci
giochi e, quando ti sei stufato, i casi sono due: o lo abbandoni dentro
qualche
cassonetto oppure sotto il letto, ad ammuffire, mentre la tua
attenzione è
rivolta ormai ad altro, oppure gli eviti tutte queste pene e gli
stacchi la
testa. Lo fai soffrire, staccandogliela piano, se è stato un
giocattolo
cattivo, o, se gli vuoi bene, gli eviti di soffrire oltre e gliela
stacchi di
netto. Un colpo secco. E basta.
Ora
hai la coscienza a posto.
Tornando
al caso
cugino-come-mai-lui-è-fidanzato-e-io-no - perché,
fino ad ora di cosa si era
parlato? - e se fosse, appunto, invidia? Già. Ma invidia per
cosa, di preciso?
Si chiedeva Dud, peccato che Harry lo distraeva con la sua sola
presenza,
completamente vestito solo di se stesso, mode Madre Natura, per la
precisione.
Era particolarmente difficile concentrarsi. Per uno come lui,
poi…
Già…
il corpo del cugino. Quel corpo.
Neanche
le ragazze o certe riviste gli
facevano quell’effetto! I canoni andavano rivalutati oppure
era lui che era
rimasto indietro con le ultime notizie. Quali: Harry Potter, alias Dio
in terra?
Se
solo Harry avesse potuto sentire i mille e
più pensieri che saettavano nella mente del cugino avrebbe
protestato, dicendo
che no, lui non era affatto un Dio, ma conosceva molto bene chi lo
incarnava
perfettamente. In ogni sua forma. Del Dio, ovvio.
Poi
Duddley ripensò a tutto quello che gli era
stato raccontato e la cosa non lo convinceva poi tanto. Possibile che
il caro
cugino avesse fatto e detto tutte quelle cose? I casi erano due, come
sempre: o
tutto ciò era realmente accaduto oppure… il
cugino andava in campeggio e, come
di consueto, pensava di essere in una scuola per maghi. Francamente, a
lui
convinceva di più la seconda ipotesi…
Beh,
se così è, vediamo fino a che punto si
spinge la fantasia di Harry.
-Che
materie hai?-
Harry
perse le speranze nel trovare una
motivazione fondata a tutta questa morbosità,
perché sì, si trattava di ciò,
era per quello che il cugino s’interessava a… lui.
E sì che pensava che
la sua sola presenza lo infastidisse. Alcune volte era anche arrivato
alla
conclusione che fosse invidia, però, a guardar bene, dal
comportamento degli
zii verso di lui, poteva essere tutto tranne invidia. Al massimo ci
ricavavano
perché non possedevano la magia per ucciderlo senza
sporcarsi le mani. O, per
dirlo alla zia Petunia: senza macchiare il pavimento lindo e pinto del
sangue
di un pazzo.
-Ce
ne sono molte, come i corsi. Per esempio:
l’anno scorso facevo Divinazione. –
ricordò con amarezza.
-Religione?-
Harry
rise – No, non ha nulla a che vedere con
la religione… è più che
altro… sfere di cristallo, tarocchi… sai, roba
così! –
-Ti
insegnano a predire il futuro e a parlare
col diavolo?- va bene essere strani, ma se era così
c’era da preoccuparsi sul
serio!
-Sì.
E cose simili. Prevedere il futuro è uno
dei tanti. Tramite foglie di tè.- ridacchiò
– Per non parlare del fatto che la
prof non fa altro che predire la mia morte. –
ridacchiò.
Duddley
sussultò – M… morte? – e come
faceva a
stare tranquillo? – Non hai paura? –
Harry
ci pensò su.
Morte.
Già. Chi non ne aveva paura? La fredda
Signora Morte. Con il suo mantello nero, tanto lungo che non si vedono
i piedi,
la falce, affilata e tagliente, scheletrica, a ricordare che nulla era
eterno.
E sì, anche un orologio senza lancette. A indicare che il
tempo era indefinito
per chiunque e orribile per te. La cupa Mietitrice.
Poi
rammentò.
-No.
– rispose deciso e tranquillo.
-Non
hai paura?-
Ok.
Harry Potter era veramente strano. E la
magia non c’entrava nulla. Qui si trattava proprio di
sanità mentale! Proprio
quella che, a suo parere, il cugino stava perdendo.
-Non
hai paura della morte?- forse aveva
capito male. Sì. Doveva essere così!
-No.-
-Perché?-
Harry
fissò un punto indefinito, tornando
indietro con la mente – Perché l’ho
affrontata troppo volte. –
*
Si era pulito bene
le orecchie, quella
mattina, eppure gli era parso di aver udito esattamente ciò
che era uscito
dalle labbra di Harry.
Che
accidenti voleva dire che l’aveva
affrontata troppe volte? Non è che, al posto della scuola e
del campeggio, lo
rinchiudevano in un manicomio? Se era così, lui era
pienamente d’accordo. Quale
persona sana di mente direbbe, con tale sicurezza, una cosa simile a
quella? Un
pazzo. Basta! Eppure… perché quegli smeraldi
sembravano così veri? Sinceri?
Quegli occhi che, anche se arrabbiati, sapevano sempre emanare
sicurezza a chi
gli stava a cuore. Ma dubitava che lui fosse tra questi. Eh
già, prima c’era la
cara Hermione. La fidanzatina. Poi il resto del
mondo.
Ma
se così non fosse, allora come se l’era
procurati tutti quei tagli sul corpo? Lo deturpavano della sua
immacolatezza.
Anche se, in verità, non facevano altro che renderlo ancora
più sensuale di
quello che già non fosse. Le cicatrici seguivano precise e
aderenti la sua
pelle, trapassandola, lasciando segni rossi che gli donavano
maledettamente.
Eh, e che cavolo!
-Devono
far male.- sussurrò piano.
-Mh.-
fece spallucce Harry – Ho sopportato di
peggio! -
Detto
come se nulla fosse. Come se tutti quei
massacri fossero stati poco più di carezze fatte con una
piuma… mentre lui non
lo avrebbe toccato neanche con un petalo di rosa… ok, lo
avrebbe toccato
mooolto più di un petalo di rosa, questo era vero, ma che
colpa gliene si poteva
fare? Tutti lo avrebbero voluto e lui ce l’aveva.
E
alla faccia di tutti!
Lui
aveva avuto questa fortuna, perché non
afferrarla al volo?
*
-Perché…-
riprese Harry - … da me non
ha il nome di diavolo. Ma di Voldemort! –
-Vol…?-
Duddley
non credeva che parlare facesse
scoprire tutte queste cose. Era riuscito a sapere il nome della ragazza
di
Harry e, per tutte le cioccolate del mondo, doveva sapere anche le
altre cose.
A costo di cavare sillaba per sillaba dalla bocca di Harry.
Ci
fece un pensierino. E anche più di uno.
-Sì.
Un mostro. Ed è ancora peggio quando
pensi che prima era un ragazzo come tanti!-
-E
cosa ha fatto di male?- pensò - … ha forse
ucciso qualcuno? –
Harry
si girò di scatto verso il cugino –
Qualcuno? –
Duddley
assentì con la testa e lui assunse
un’espressione sorniona, da far paura - Oh! Ma sì.
Certo. Sì, ha ucciso solo
qualche miliardo di persone –
Il
cugino sbiancò – Mi… miliardo?
– ma che,
gli servivano delle pasticche per il cuore, quando parlava con lui? - E
come ha
fatto? –
Harry
fece scorrere il suo sguardo su di lui.
//
Ma sì, diciamoglielo, tanto: è un
babbano e non li saprà mai fare. //
Mandò
giù la saliva che si era accumulata in
bocca e parlò – Con la magia. –
-E
ci credo che i miei non ne vogliono sapere
nulla! – sbottò Dud – Quella
roba… è pericolosa! – si
passò una mano tra i
capelli. Cazzo, loro erano pericolosi. Tutto quel branco di stramboidi!
E Harry.
Lui…
lui era pericoloso? Magari così, nudo,
non tanto. Sicuro? Ma con quel pezzo di legno in mano,
forse… forse… Ma no, lui
era il mollaccione Harry. Il piccolo Harry che piangeva ai temporali.
L’Harry
che si prendeva la colpa al posto suo. L’Harry che soffriva
perché la mosca non
poteva più volare. L’Harry che rincorreva le
farfalle senza toccarle. Peccato che
queste si divertivano a posarsi sui suoi occhiali. Veniva a rintanarsi
da lui
per la paura.
Ma
Harry era cresciuto. Forse non piangeva più
per i temporali, per il buio, per le farfalle…
Forse.
Duddley
era certo che sarebbe potuto cadere il
mondo, ma Harry, quel ragazzo che era cresciuto con lui, giorno per
giorno, non
avrebbe mai smesso di aiutare chi aveva bisogno di aiuto. Forse era
più forte
di lui!
Sì.
Si decise: Harry era troppo imbranato per
essere pericoloso.
Ma
cosa c’era di bello nel togliere la vita a
qualcuno? Qui si peggiora ogni giorno di più!
-La
magia, di per sé, è neutra. –
spiegò Harry
– Ognuno di noi ha la magia dentro di sé. Anche in
te. Non è né bianca né nera.
Ma arcobaleno. Tutti l’hanno. – e amen, andate in
pace fratelli e sorelle miei.
Ci
furono solo tre parole che Dud non volle
far passare nella sua testa – Tutti voi, vorrai dire!
– sputò.
Harry
scosse piano la testa, con un sorriso
degno del padre – Oh no, caro cugino, quando dico tutti,
intendo proprio tutti.
–
Il
cugino ammutolì e sbatté le palpebre due
volte di seguito. Harry riprese a parlare.
-Però,
purtroppo, fra la magia, ci sono anche
incantesimi… non rose e fiori, diciamo. Che ti rendono
matto… - si perse nel
vuoto della stanza - … anche se… - la voce come
assente – non c’è bisogno di un
incantesimo, per portarti sull’orlo del precipizio.
–
*
Sembrava che la sua
mente stesse
ripercorrendo e soprattutto rivivendo i periodi più tristi
della sua vita.
Ma
questo non era il momento di perdersi in
tal cose. No. Basta!
-Ma…
ora, questo pazzo, dove… è?-
//
Mi voglio divertire un po’, dopotutto…
me lo merito. Almeno un poco. //
Harry
sorrise maligno e serafico al tempo
stesso. Gli occhi brillarono. Il cugino perse un battito alle sue
parole:
-Oh,
forse tu non lo sai, ma, lì fuori… –
indicò la porta – c’è la
guerra! -