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Autore: ProngseSnaps    29/05/2013    1 recensioni
A suo malgrado, Remus, rise. In realtà risero tutti, e in quel Mercoledì pomeriggio quattro ragazzini di quattordici anni dalle storie estremamente diverse, trovarono qualcosa che li avrebbe tenuti uniti per sempre.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Oh morning come bursting, the clouds amen
Lift off this blindfold, let me see again
Bring back the water, let your ships roll in
In my heart she left a hole



«Io sono James. James Potter.»
 
«E io sono imbarazzata.»
 
Era iniziata così la mattinata del Malandrino, o meglio, era così che voleva ricordare l'inizio. In realtà era cominciata ben prima, e con qualcos'altro, e quel qualcos'altro erano i piedi di Peter che gli solleticavano il viso. 
Il perché Peter Minus dormiva nel suo stesso letto? Bisognava ritornare indietro di solo quattro giorni, quando aveva dato fuoco al suo materasso.
 
«James, non dovresti fumare sul letto di Peter. Sai che non sopporta l'odore del tabacco. Sopratutto non dovresti fumare sdraiato. Se per caso la sigaretta cade e-... »
 
Non aveva terminato la frase che della cenere incandescente di era posato sul cuscino in piume d'oca di Minus, dando così il via ad una serie di spiacevoli inconvenienti, che iniziavano con la solita ramanzina, e finivano con dei piedi poco puliti dentro il suo stesso letto.
 
Lily Evans, che dal canto suo non aveva mai, nemmeno lontanamente, combinato nulla di simile, si ritrovava con una Dorcas profondamente addormentata che attentava alla sua vita. Difatti, anche se concentrata nel proprio sogno, aveva quasi fatto cadere dal proprio letto a baldacchino la rossa. Il perché la Grifondoro si trovava nel letto di Lily era semplice: aveva nuovamente discusso con il suo non-ragazzo, Edgar Bones.
Dorcas Meadowes aveva questo strano vizio di nascondere i propri sentimenti al Mondo. Un esempio? Prima di ammettere che voleva veramente bene a Lily, ci aveva impiegato i suoi primi tre anni ad Hogwarts più un supplemento di dodici ore in cui aveva evitato l'amica, e l'argomento. 
 
«Oh, non ce la faccio più!»
 
Con un balzo, Lily, era saltata fuori dal letto. La camicia da notte stropicciata, i capelli spettinati e il viso pallido, che sembrò prendere colore nello stesso istante in cui un raggio di sole penetrò nell'ancora buia stanza.
La risposta che ottenne fu un mugugno distorto che proveniva, in ordine, dai tre letti disposti in cerchio: Dorcas, Marlene e Mary.
Non c'era speranza.
 
Dopo aver tentato, invano, di svegliare le amiche, si arrese. Non era di certo una cosa così negativa, dato che avrebbe usato per prima il bagno. Una doccia di prima mattina era quello che ci voleva.
 
Lily non era mai stata il tipo di ragazza da attirare le attenzioni dei ragazzi su di sé, e non era paragonabile alle altre ragazze. Lily era di una categoria a parte; lei era una ragazza-fiore. Le ragazze-fiore sono quelle delicate, ma sono anche quelle che sopravvivono ai temporali più disastrosi, quelle che con un sorriso ti sanno mozzare il fiato; ma come non tutti amano il profumo dei fiori, o semplicemente ne sono allergici, o non ne colgono la spontaneità e bellezza, così succedeva con lei. 
Per amare Lily Evans, dovevi essere un'artista, un poeta il cui scopo è leggere le anime.
Ma tutto ciò a cui riusciva a pensare, mentre si metteva un leggero strato di ombretto color albicocca, era il Natale. Era vicino, e ciò voleva dire solo una cosa: avrebbe dovuto affrontare Petunia.
 
-
 
James Potter non sapeva di essere un poeta, ma, mentre si specchiava negli occhi castani di lei, sapeva di piacerle. Ne era certo.
 
«Non devi essere imbarazzata. In fondo sono cose che capitano, no?»
 
La mattinata aveva preso decisamente una piega migliore. Era nell'ora di colazione che aveva avuto il piacere di conoscere  Breanne Olivander, piacere che si era trasformato tale dopo che la ragazza, Corvonero, bionda, figlia del fabbricante di bacchette, e decisamente carina, gli aveva rovesciato addosso del succo di zucca.
 
«Oh, James, non saprei. Le mie amiche...»
 
Si era voltata, il pollice puntato sul tavolo dei Corvonero ad indicare due ragazze. Una mora, viso schiacciato e occhi a palla, Emmeline Vance, l'altra dai capelli corvini ed indomabili, il sorriso perenne sulle labbra e lo sguardo assente, Septima Vector.
Quando incontrò il loro sguardo, uno malizioso, l'altro vagamente interessato, Breanne si sentì arrossire. James Potter che le aveva chiesto di uscire. Seriamente sarebbe mai ricapitato?
 
«Va bene. Accetto il tuo invito molto volentieri.»
 
«Fantastico. Davanti all'atrio, Sabato alle 10.00.»
 
Quelle parole gli fecero da eco, mentre la sua asciutta figura scomparì fra gli studenti affamati della Sala Grande.
-
« James Potter che parla con quella pettegola dell'Olivander. Ci scommetto il calderone che entro Lunedì lui la scarica perché parla anche mentre fanno sesso.»
 
Glenda Chittock, che stava scaricando sul proprio piatto una dose eccessiva di pane tostato, aveva lanciato quella frecciatina che sembrava aver colpito in pieno petto Marlene McKinnon.
 
«James è uno dei miei migliori amici, Glenda. Vai a fare la pettegola insieme alla Olivander. »
 
La mora stava per ribattere, ma uno sguardo poco amichevole di Mary glielo impedì. 
Mary McDonald era la loro salvezza, nel gruppo; era un leader nato e sapeva come prendere il toro per le corna, letteralmente, dato che il toro era Glenda.
 
«Comunque, lasciando perdere il discorso "Potter", Dorcas non vuole uscire dal Dormitorio. E anche se dice che sta bene, non le credo.»
 
Lily, che per tutto il discorso era stata in silenzio, aveva appena preso parola, più seria che mai. E Lily Evans seria era un grosso problema.
Di solito, l'addetta alle questioni di cuore, era Marlene, ma Marlene era troppo presa da Dearborne per prestare anche solo un minimo di interessa a ciò che non era... Dearborne. Non riuscì nemmeno a cogliere il sottile strato di ira dietro la voce della rossa. Come una ragazzina presa dalla sua prima cotta, sospirò, ignorandola per la quinta volta nell'arco di tre giorni.
 
Lily Marie Evans era famosa per la sua proverbiale saggezza: aveva un consiglio per tutti, sempre, - tutti meno che se stessa - ma oltre a quello, era famosa per la sua proverbiale pazienza. Ma era umana, e qualsiasi essere umano dopo essere stato ignorato cinque volte diventavo paonazzo, lasciava cadere pesantemente la forchetta sul piatto e... no, quella era solo Lily Evans.
 
«Marlene, sono felice che tu abbia chiarito con Dearborne, e che Sabato hai il tuo primo vero appuntamento, ma Dorcas sta male. Ha bisogno di noi, anche se non lo dice. Potresti mettere da parte te stessa per un momento, e mi dai ascolto?»
 
Stupore. Ecco cosa ottenne dalle amiche. Ma lo stupore non era ciò che cercava. Il silenzio durò per infiniti istanti, fino a quando la rossa Grifondoro non si issò in piedi, prendendo al volo la propria tracolla.
 
«Bene, state qui a fare le egoiste. Io vado dalla mia migliore amica.»
 
E fu così che anche Lily Evans scomparve dietro alla folla meno affamata, ma più preoccupata per le lezioni, lasciando così di stucco le tre ragazze.
 
-
 
«Severus.»
 
La stessa Lily che aveva lasciato di stucco le due più care amiche, ora stava andando a portare a Dorcas, cautamente avvolta in un pannetto bianco, la colazione.
Era quasi arrivata davanti alla propria Sala Comune, quando fu sorpresa di trovarci davanti il proprio migliore amico.
Era quasi passato un anno da quando lui l'aveva chiamata... in quel modo, e pur avendogli ripetuto che l'aveva perdonato, dentro di sé speva che non era vero. Ogni volta che lo incontrava, o semplicemente ci parlava, non riusciva a dimenticare il viso contratto in un'espressione furiosa, gli occhi paurosamente spalancati e quelle labbra da cui uscirono quelle lame taglienti che l'avevano trafitta in pieno petto.
 
«Lily, ho bisogno di parlarti.»
 
La rossa annuì. Il tono greve dell'amico l'aveva lasciata senza parole. Da quando avevano riallacciato i rapporti non facevano altro che litigare, e si chiedeva se ne valesse o meno la pena.
 
"Lily, cosa Godric pensi? Certo che ne vale la pena!"
 
«Ma non ora. Ho lezione fra poco; che ne dici di questa sera in Sala Grande?»
 
Annuì di nuovo, forse meno convincentemente di prima, gli occhi verdi puntati sulla figura sciupata e quasi inestistente davanti a lei. Dov'era finito il suo vero migliore amico?
 
«A questa sera, allora.»
 
Il ragazzo, dopo aver lanciato un'occhiata dietro le spalle della rossa, si dileguò. Nello stesso istante in cui i capelli unticci di Piton sparirono fra le altre teste, un James Potter comparve dallo stesso punto in cui lo sguardo vuoto del Serpeverde un attimo prima si era perso, picchiettandole un dito sul braccio.
 
«Se vuoi posso appenderlo per le mutande.»
 
«Potter, sia dia il caso che sia il mio migliore amico, non un giocattolo.»
 
James ignorò quell'affermazione, e superandola le si posizionò davanti.
Da quando Lily si era allontanata da Piton, contro tutte le sue aspettative, si era avvicinata - se così si poteva dire - a James.
Da quel giorno soleggiato di Maggio in cui Severus l'aveva chiamata "Sporca Mezzosangue", James si era rivelato una sorpresa: l'aveva vista piangere, l'aveva seguita e persino consolata. Aveva fatto la più sensazionale delle cose: l'aveva fatta sorridere.
James Charlus Potter, dietro a quell'ammasso calcificato di ego, aveva dei sentimenti, ed era capace di essere gentile, persino educato.
 
«A me piacerebbe essere il tuo giocattolo.»
 
Come non detto.
 
«Mi piacerebbe stare qui ad ascoltare le tue battute da pervertito, ma ho da fare. Buona giornata, Kinky*.»
 
E non ebbe nemmeno il tempo di ribattere che il buco nel ritratto la inglobò, lasciandolo a contemplare il vuoto, con un sorrisetto idiota in volto.
James Potter non era sicuramente un poeta, ma gli parve di scorgere un lieve rossore sulle guance di Lily.
 
-
 
Breanne Abigail Olivander gestiva il giornale della scuola, e con "gestiva" si intende che faceva tutto da sola: scriveva, si occupava delle foto e della pubblicazione. Ma ciò che in quel giorno iniziato male, ma poi migliorato con l'invito ad uscire di James Potter, la preoccupava, era il Ballo che doveva organizzare per la notte prima del ritorno a casa degli studenti, nonché l'Antivigilia. 
Era sicura che ce l'avrebbe fatta con l'aiuto dei Prefetti di ogni Casata, e del comitato per il Ballo, ma non voleva quello. Non voleva solo "farcela". Voleva la perfezione, voleva...
 
« Mulciber.»
 
«Breanne.»
 
Gli occhi di lui sembravano penetrarla. Quel ragazzo la faceva rabbrividire. Nicolai Mulciber era uno di quei Serpeverde che di buono non aveva niente, se non la fama nell'essere spietato. Se non fosse che era troppo persino per lui, avrebbe sicuramente creduto che di notte usciva di nascosto per affogare cuccioli di gatto nel Lago Nero.
Quello che molte volte si era chiesta, però, era come un Serpeverde spietato come lui trattasse relativamente bene una Corvonero come lei.
La risposta era arrivata qualche mese prima, verso Settembre, quando, in qualità di Prefetto, stava facendo la ronda notturna e l'aveva sorpreso fuori dal proprio Dormitorio. 
Da buon Prefetto che si rispetti avrebbe dovuto punirlo, eppure non l'aveva fatto. Avevano parlato tutta la notte, lui con il suo accento del Nord, e lei con le difese altamente schierate. Non poteva fidarsi, ma... qualcosa in lei diceva che non tutto era cattivo, e lui faceva parte di questo tutto.
 
«Ho saputo del tuo appuntamento con Potter.»
 
La bionda non rispose, semplicemente fece un lieve cenno del capo, come per confermare le parole del ragazzo.
 
«Chissà se sarà ancora tutto intero, per quel giorno.»
 
Bingo. Aveva attirato l'attenzione di Breanne. Difatti quest'ultima ridusse gli occhi azzurri a due fessure, e incrociò le braccia appena sotto il seno.
 
«Cos'hai intenzione di fare? Vuoi affogarlo? Oppure tu e i tuoi amichetti Serpeverde giocarci a palla?»
 
Era questo che attirava Nicolai a Breanne. Lei sapeva come tenergli testa, non aveva paura di lui. Avrebbe potuto avere tutte le ragazze più belle, dai cognomi più nobili e dal sangue più puro, invece stava perdendo tempo a stuzzicare lei, un'anonima Corvonero che-... no, non riusciva ad insultarla, nemmeno nella propria testa. Era iniziato tutto per gioco, si era ritrovato a giocarci, con il fuoco, ed era rimasto scottato.
 
«Più o meno. Magari non te lo ricorderai, ma Venerdì c'è l'ultima partita prima che arrivi la neve. E indovina? Serpeverde-Grifondoro è il risultato del sorteggio. Certo, è un'amichevole, ma non vorrai mica che il tuo nuovo amico si faccia male, vero?»
 
Non poteva crederci. Lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, come prive di vita, per poi alzarle al cielo, mentre un'espressione perplessa le conquistò il viso.
 
«Cosa Merlino vuoi da me, Mulciber?!»
 
«Non uscire con lui Sabato.»
 
«Perché non dovre usci-....»
 
«Stavate parlando di me?»
 
Lui e il suo vizio di apparire all'improvviso. Come Priscilla faceva a sapere tutto di tutti? Un eroe, agli occhi di Breanne, il più figo dei ragazzi - avrebbe usato quelle parole per descriverlo poi alle sue amiche- ma per Nicolai fu solo un altro motivo per alimentare la sua rabbia.
 
«Potter, - Sibilò a denti stretti. Era la sua Nemesi per eccellenza, la ragione per cui voleva prenderlo a pugni, lì, nel bel mezzo del corridoio. Ma si trattenne. - dove hai lasciato i tuoi compagni di giochi?»
Ma James non raccolse la provocazione, per quanto fosse impulsivo. In sei anni aveva imparato che Mulciber era come una partita di Cioccorane andata a male; bisognava tenersi le figurine, e il cioccolato andava gettato. E così fece. Gettò via il cioccolato, ma si tenne la figurina: prese per mano Breanne e superò il Serpeverde con una teatrale spallata. La guerra era ufficialmente aperta.
 
-
 
«Ti senti meglio?»
 
Dorcas annuì, dando un grande morso alla fetta di torta al limone che Lily le aveva portato. Aveva i capelli arruffati e due grandi occhi rossi. Aveva pianto. Dorcas non piangeva mai.
 
«Ti va di spiegarmi cos'è successo? Ho un'ora buca.»
 
La rossa si sistemò sul materasso, poggiando una mano sulla spalla dell'amica. Non ce la faceva a verderla in quello stato. Come potevano le altre non capire? La stessa rabbia che prima l'aveva invasa stava ritornando, ma con un'enorme sforzo si concentrò su Doe.
 
 «Edgar mi ha detto che mi ama.»
 
«E tu?»
 
«L'ho ringraziato.»
 
Il silenzio cadde nella stanza, e a Lily parve persino di sentire il tonfo. Un momento... ma aveva sentito realmente il tonfo. Balzò giù dal letto, e con grandi passi raggiunse la porta d'entrata. Appena ebbe abbassato la maniglia, venne travolta da una valanga umana. Valanga che portava il nome di Glenda, Marlene e Mary.
 
«Non stavamo origliando.» 
 
«No, infatti..» 
 
Il silenzio cadde di nuovo, ma questa volta era insieme all'imbarazzo. Ma si sa: le amicizie così sono fatte per durare. Sono quelle amicizie quiete, quelle che si risanano con un sorriso. E Dorcas sorrise.  Subito dopo, le cinque amiche, erano strette in un abbraccio, e tutte le cattiverie dette o fatte, i problemi, le questioni di cuore, sembravano, per un attimo, essersi perse insieme al temporale.
 
Kinky*= persona che pensa solo al sesso, pervertita. Viene usata da Lily non solo per questo, ma anche perché Kinky può essere tradotto come eccentrico, crespo, e in questo caso fa riferimento ai suoi capelli. Possiamo quindi tradurlo come "capellone pervertito".


Spazio autore: Beh, che dire, salve di nuovo! Siamo al secondo capitolo, che spero vi sia piaciuto! Spero anche di avere un vostro parere, così da, poi, pubblicare il terzo capitolo ricco di movimento!
  
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