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Autore: pheiyu    30/05/2013    1 recensioni
Pitch è tornato, più spietato che mai, e vuole vendetta. Nella notte di Halloween riusciranno i cinque, più qualche strampalato aiuto, qualche vecchio amico e un nuovo combattuto spirito, a salvare sé stessi e i bambini?
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Jamie, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5

NIGHTMARE TREAT


I'm a nightmare, you better run
I'm back to hunt you down

Halloween, in the death of the night, hear me scream
I'm coming, I'm coming
Halloween, is the fear that I fight in my dream
Keep running, keep running

                                           Halloween, Aqua


La convinzione di aver capito male aleggiò sui pensieri di Jack Frost come una dubbiosa nuvola che nasconda il sole più per dispetto che per reale volontà. Qualcosa sicuramente doveva essergli sfuggito perché dubitava che le sue orecchie avessero compreso appieno ciò che era uscito dalle labbra di Halley.
–Tua sorella? – ripeté, guardando incredulo prima la grigia figura, esile e pallida, alle spalle di Pitch e poi lo spirito di Halloween.
Lumin scoppiettò preoccupata e lanciò qualche fiammata d’avvertimento in direzione di Pitch, tanto per fargli capire che non la intimoriva affatto.
–Satia. – chiamò Halley, lo sguardo in tralice e perso in ricordi che solo lui sembrava ricordare, poi gridò più forte. –Satia! –
La ragazza alzò lo sguardo e corrugò la fronte, non un solo segno che anche lei avesse riconosciuto il fratello perduto.
– Satia, sono io! Sono Jack! – chiamò di nuovo Halley, la voce che si ostinava a non lasciar andare per sempre l’ultima scintilla di speranza del suo cuore. –Sono io, ricordi?! –
Un guizzo affilò lo sguardo della ragazza ma non una sola emozione fraterna attraversò i suoi occhi neri che rimasero impassibili, come se quello su cui stavano vagando fosse solo un estraneo come tanti altri.
All’improvviso Pitch scoppiò in una lunga risata che del divertimento non recava la minima traccia.
–Credo che questa sia la cosa più stupida, più divertente ed insieme più pietosa che abbia mai visto in vita mia! – esclamò quando fu riuscito a calmarsi almeno in parte. –Satiaa! Satiaa! – gridò imitando Halley con una vocetta stridula che non gli apparteneva. –Ma ti senti, Signore di Halloween? – gli chiese tornando al suo solito tono di voce caldo e suadente – Sembri un marmocchio che abbia appena perso la strada nell’oscurità e non riesca a tornare indietro. –
Halley lo guardò davvero con uno sguardo perso, da bambino smarrito, e Pitch non riuscì ad evitare di concedergli un bianco e smagliante sorriso.
–Non verrà da te. Lei è mia. Fa quello che le dico io e mi obbedisce ciecamente. –
–Mia sorella non farebbe mai una cosa simile! – s’infervorò Halley, sempre più fuori di sé, non riuscendo nemmeno a controllare la valanga di emozioni che si era schiantata contro la misera diga del suo autocontrollo. –Mia sorella è una persona buona! Lei fa i dolci ai bambini! Lei si preoccupa delle persone anziane! Porta fiori e frutta fresca sulle tombe dei morti, pregando per loro! Lei non potrà mai essere una tua alleata! Diglielo Satia! Digli che non è come dice lui! –
Qualcosa luccicò nello sguardo di Satia ma nessun muscolo della sua faccia si mosse. Lei rimaneva impassibile, quasi che fosse davvero succube del signore degli incubi e della sua paura.
Jack Frost registrò solo una parte delle parole di Halley.
Fiori e frutta fresca sulle tombe dei morti.
Alla sua mente ritornarono lo strano odore che aveva sentito poco prima di cadere avvelenato per colpa delle schegge di Pitch: agrumi… un aroma di arance e limoni.
Schegge di Petra Mors, la pietra che si usa a Sotto Mondo per sigillare per l’eternità gli spiriti infernali. La comprensione arrivò all’improvviso, fulminea come una saetta, ma inesorabilmente tardiva.
Si era sbagliato. Non erano dell’Uomo Nero quelle schegge di morte.
Mia sorella è una persona buona.
Forse una volta sua sorella era diversa, forse una volta lo era stata davvero una brava persona. Ma ora non lo era più, perché era lei che aveva…
–Satia!– pregò Halley un’ultima volta, sperando, credendo fermamente che sua sorella si sarebbe risvegliata da un momento all’altro e sarebbe corsa ad abbracciarlo, come faceva ogni volta, come aveva sempre fatto.
Nessuna reazione e nessuna emozione, però, sembrò animare il corpo o l’anima della ragazza.
Halley sentì la sua sicurezza venire calpestata come una lucciola sul prato, oppressa fino a quando anche l’ultima scintilla di luce non scompariva senza lasciare traccia.
Non poteva essere lei.
Capelli neri e lucidi che s’agitavano nel vento, in mezzo ad un prato fiorito. Voci giocose che lo chiamavano e il volto sorridente di una ragazza che gli porgeva una fetta di crostata di mele ancora calda, appena sfornata. Lui e sua sorella di fronte alla tomba dei loro genitori, lei che ogni anno portava alla loro memoria una fetta di quella crostata e dei freschi fiori d’arancio per addolcire la fredda, cruda terra.
Pitch si ravviò i capelli come se non sapesse che farsene delle mani e stesse gingillandosi con un passatempo che aveva perso ormai da tempo tutta la sua attrattiva.
–Allora Halloween? Hai finalmente capito da quale parte schierarti in questa guerra tra spiriti? Hai capito a chi ti conviene donare la tua fedeltà? –
La pietra nera della lapide su cui erano incisi i nomi di mamma e papà. Una pietra simile a quella che giaceva sotto ai fantasmi pietrificati nella Casa Infestata. L’odore di agrumi nell’aria…
Il caldo sorriso che lo accoglieva ogni volta che tornava dalla miniera, sporco di carbone e con la fronte solcata dai rivoli di sudore. Non importava quanto piccolo eri, nelle miniere c’era sempre posto. La costituzione minuta di un bambino permetteva di arrivare dove un uomo adulto non sarebbe mai arrivato. Anche da ragazzo nulla era cambiato. La miniera aveva sempre posti liberi.
–Non ho tutto il giorno… o tutta la notte se vogliamo essere precisi. Fai la tua scelta, piccolo spiritello, e vedi che sia la scelta giusta. – ingiunse Pitch affilando lo sguardo, mentre attorno a lui le ombre ribollivano di soffusa minaccia – Altrimenti ti riserverò la stessa fine che ho riservato a quegli altri stolti dei tuoi simili. –
Halley improvvisamente capì ciò che l’Uomo Nero gli stava dicendo in modo velato. Capì la sottile ragnatela che gli aveva intessuto intorno senza che lui se ne accorgesse. Ora sapeva che cosa possedeva di cosi importante, di così prezioso; talmente caro al suo cuore da renderlo incapace di rifiutare la sua offerta.
Un sentimento di sconfitta gli incatenò la mente: non era mai stato in suo potere cambiare le sorti della sua gente, non era mai stato lui a poter fare la differenza. Era sempre stato Pitch, lui e soltanto lui, a poter decidere.
Pitch Black lo aveva sempre saputo. Perfidia che non perdona, malizia che non dimentica e paura che non lascia sopravvissuti dove passa il suo manto di distruzione.
Mani calde che lo stringevano consolandolo. Nulla è per sempre, diceva una voce serena e tranquillizzante al suo orecchio. Solo l’amore è per sempre. E io sarò sempre con te, anche quando non ci sarò più.
La malattia che non perdona, che non distingue tra buoni e cattivi, aveva deciso di prendere lei. Perché proprio lei?
Ricorda. È per sempre.
Halley rialzò lo sguardo su Satia, senza riuscire a ricordarsi quando lo avesse abbassato.
–Avevi detto che era per sempre! –
La sua voce era spezzata e qualcosa di caldo gli inumidiva le guance. Si ripulì le lacrime con furia, quasi strappandosele dagli occhi.
–AVEVI DETTO CHE ERA PER SEMPRE!!! –
Pitch serrò la mascella.
–Risposta sbagliata, Halloween. –
A differenza di Halley, Jack Frost notò il movimento delle ombre, scalpitanti come cavalli imbizzarriti, e vide il polso di Pitch Black tendersi per evocare la sua falce d’ombra. Poi, prima che tutto diventasse confusione e caos perpetrato dalla battaglia in atto, vide il manto nero di Satia inspessirsi e un bastone adunco, da traghettatrice, comparire nella sua mano minuta e pallida.
Balzò sulla cima del tetto per proteggere Halley, ancora privo della sua lanterna e dell’arma fiammeggiante di nome Lumin che essa conteneva, e fu allora che sentì la voce distaccata, assente, quasi vuota di una ragazza che gli sibilava all’orecchio.
–Nulla è per sempre.
Tranne la morte. –

***

Candelora stava fissando Bunnymund.
Fin qui niente di strano visto che Candelora fissava sempre Bunnymund quando ne aveva l’occasione.
Il dettaglio che faceva presagire qualcosa di diverso, nonché di potenzialmente pericoloso, era che Bunnymund teneva gli occhi chiusi, e stava approfittando di quel momento di pace per schiacciare un pisolino ristoratore.
Dopo l’avvelenamento di Jack, Bunnymund non aveva chiuso occhio per due notti di fila ed era riuscito a rilassarsi per davvero solo quando aveva ricevuto la notizia che il ragazzo stava bene, oltre ad averlo visto con i proprio occhi mentre li raggiungeva alla Casa Infestata.
Fischiando in mezzo ai dentoni sporgenti, Candelora si chinò ulteriormente sopra il suo muscoloso coniglietto e arrossì fino alla punta delle orecchie, bloccandosi.
–Non posso farcela. Non posso farcela. – bisbigliò mettendosi le mani sul volto e iniziando a borbottare tra sé e sé rapide frasi, tutte sconnesse tra loro, sull’essere un’incapace, una pusillanime e una marmottina senza la benché minima briciola di coraggio.
Poi tolse le mani e ritornò a guardare Bunnymund. Un respiro più profondo degli altri la informò che lui stava ancora dormendo tranquillamente, senza sospettare nulla.
Direttamente dalle labbra dei mostri di Halloween, Nicholas St. North aveva sentito alcune brutte voci che intessevano i racconti della scomparsa di svariati spiriti negli ultimi tempi. I più informati tra le schiere dei demoni avevano la ben nota abitudine di bazzicare le bettole più infamanti e i luoghi più oscuri di Sotto Mondo, così North aveva deciso di andare insieme a Sandman a verificare la veridicità di quelle voci.
In attesa del loro ritorno, Toothy si era data a delle suggestive lezioni sull’uso del filo interdentale e degli effetti benefici del fluoro sui denti, esposte ad un basito pubblico di zombie e di lupi mannari che la seguivano sempre più impressionati dai suoi consigli.
Candelora invece si era data ad attività ben più impegnative e di ben più alte prospettive: riuscire a baciare Bunnymund.
Ritornò col pensiero al Guardiano Addormentato che le stava di fronte e si convinse che quella volta, sarebbe stata La Volta. Assolutamente decisa a non lasciarsi sconfiggere dalle sue paure, si piegò su Bunnymund e poco per volta arcuò le labbra a simulare un bacio a distanza.
“Ecco. Non è difficile. Ora basta scendere mantenendo questa posizione.”
Iniziò a scendere mantenendo i muscoli della bocca rigidi e serrati, poi fiduciosa sfiorò il labbro superiore di Bunnymund.
L’emozione fu troppa e la testa iniziò a girarle, ma sapeva che non poteva demordere. Doveva riuscire a trasformare il suo quasi bacio in una bacio vero e proprio, anche per rendere giustizia a tutti i quasi-baci che l’avevano preceduto.
Raccolse tutte le energie che le erano rimaste e posò finalmente le sue labbra su quelle di Bunnymund, o meglio… posò i suoi denti sul labbro inferiore di Bunnymund.
Candelora chiuse gli occhi e il coniglietto pasquale scelse proprio quel delicato momento per svegliarsi.

***

Vorticando la falce sopra la sua testa, Pitch Black abbatté tutta la sua forza contro Jack Frost che piombò al suolo trascinando con sé nella rovinosa caduta pure Halley.
Osservando quella scena con la stessa emozione con cui una statua ricambia un abbraccio, Satia seguì i movimenti rapidi e cristallini con cui Jack si rialzò e sottrasse Halley all’ennesimo attacco. Il ragazzo dai capelli fuligginosi non sembrava in grado di reagire: ogni sua resistenza era stata spezzata sul nascere con una violenza e una brutalità da cui era difficile, quasi impossibile, riprendersi.
Eppure Satia sopprimeva le emozioni che scalpitavano dentro di lei, più furiose persino degli incubi di Pitch, con una forza che nessuno le avrebbe attribuito. Doveva trattenersi perché non poteva permettersi di mandare tutto all’aria proprio adesso. Proprio non poteva…
Halley doveva unirsi a Pitch, poi tutto gli sarebbe diventato più chiaro: ne era certa.
All’improvviso i suoi occhi grigi notarono il bagliore della lanterna - ancora abbandonata sul davanzale della finestra - che le lanciava sguardi occhieggianti di sfida.
Satia le si avvicinò cavalcando i ribollenti spiriti neri e lasciò che questi ultimi si insinuassero nelle case della via, seminando la paura e l’oscurità in ogni stanza, in ogni letto, in ogni anfratto che riuscirono a trovare.
–Tu sei la lanterna di Halloween? – chiese con voce incolore.
La sua domanda fu accolta con calore; nel senso che Lumin avvampò ulteriormente - lambendo la superficie annerita della lanterna - e agitò due lingue infuocate con fare minaccioso.
–Immagino di si. – si rispose da sola Satia. –Lui deve diventare nostro alleato. Mi dispiace che le cose stiano così, ma lui non può evitarlo. Manca poco ad Halloween e al completamento del nostro piano. Manca così poco…–
Le ultime parole non sembravano riferirsi né alla festività, né al successo dei loro propositi, quanto a qualcosa che Satia stessa stentava a ricordare. Lumin sputò una corposa fiammata come risposta alle sue argomentazioni e lo sguardo della ragazza si adombrò.
–Non dovresti fare così. Tutto ciò che faccio è solo per il bene di …– si morse con forza la lingua prima che essa rischiasse di rivelare troppo.
Non poteva dirlo. Non poteva. Mantenere la promessa, ecco quello che doveva fare. Tutto il resto era secondario. Tutto il resto sarebbe andato a posto da solo. Doveva solo fare la sua parte, poi tutto sarebbe andato per il meglio.
Satia alzò lo sguardo verso la battaglia. Senza Halley a manovrarla, Lumin era una semplice fiamma dentro ad una lanterna; così come il bastone di Jack Frost, senza il suo guardiano era solo un mero bastone.
–Piccola fiammella. – disse Satia con voce dolce, quasi stesse dando la buonanotte ad un bambino piccolo. –È ora di dormire. Il sonno più dolce di tutti prima o poi raggiunge ognuno di noi. –
Lumin si contorse e iniziò a mandare un fumo nero, denso e malsano, da tutte le sue fiamme, ora sottili e aranciate. Nonostante fosse distante da lei, Jack O’Lantern lanciò un alto grido, come se lo avessero colpito in un modo troppo doloroso per essere descritto, un dolore che non colpiva al corpo ma all’anima.
Rapido di riflessi, Jack Frost creò una barriera di ghiaccio intorno al ragazzo, ma prima di poterlo soccorrere Pitch Black si materializzò di fronte a lui come una nera nuvola e lo incalzò con nuovi attacchi. Jack non ebbe altra scelta se non quella di rispondere a quell’offensiva, lasciando Halley momentaneamente al sicuro, ma in totale balia del suo dolore.
Ridotta ad piccolo grumo di braci rossastre ancora palpitanti, Lumin lanciò uno sguardo preoccupato al suo custode e poi uno carico d’odio a Satia . Quello sguardo, anche se non suscitò nessun cambiamento sui tratti del volto a cui apparteneva, ferì la ragazza. La sua mano cedette proprio all’ultimo e Lumin rimase cenere sbuffante tra cui fredde e lucide scaglie di pietra nera scavavano a fondo negli ultimi rimasugli di vita.
Satia la lasciò per librarsi fino al corpo senza sensi di Halley.
Era nascosto dietro una pesante cupola di ghiaccio, le mani strette al cuore e le gambe rannicchiate vicino al corpo. Non si muoveva, ma Satia poteva percepire la vita dentro di lui, agitarsi strenuamente come la fiammella che aveva appena ridotto in fin di vita.
Promesse non mantenute mentre era in vita…
–Halley? – chiamò appoggiando le sue dita sottili sulla gelida superficie della cupola. –Halley, ti prego… –
…che ora si ritorcevano su di lei nella morte…
– So che non puoi sentirmi, ma ti prego di perdonarmi. –
…e quella promessa che avrebbe voluto mantenere …
–Ti devo portare via con me. –
… ma che le era sfuggita di mano, senza che riuscisse a trattenerla.
La sua mano iniziò a perforare il ghiaccio, fondendolo come se i suoi polpastrelli fossero bollenti invece che gelidi. Un alone giallognolo si allargò sul ghiaccio; piccole crepe si allargarono come la chioma di un albero senza foglie intorno alle sue dita, minando la solidità dello scudo.
Tutto quello per un patto fatto con il signore degli incubi. Patto che non era nemmeno sicura che venisse rispettato, una volta che lei avesse adempiuto alla sua parte.
Ma che altra scelta aveva?
Non c’erano scelte con Pitch Black, niente bivii… solo strade diritte. L’unica speranza era trovare in fondo a quella strada ciò che lui ti aveva promesso.

***

Jack Frost vide con la coda dell’occhio la cinerea figura di Satia avvicinarsi alla cupola che proteggeva Halley. Avrebbe dovuto fare qualcosa ma Pitch non glielo avrebbe mai permesso.
–Jack…– rise Pitch, questa volta rivolgendosi chiaramente a lui e non ad Halley. –Davvero stai combattendo per salvare Halloween? –
Un fendente più possente degli altri fece tremare la presa delle dita di Jack attorno al bastone. Subito lui la rinsaldò e sferzò col suo duro ghiaccio la lama di Pitch, congelandola.
–Sei sicuro che ne valga la pena? – sibilò Pitch allontanandosi quel tanto che bastava per sciogliere il ghiaccio sulla sua lama e tornare, poi, all’attacco. – Sei così certo che lui non vi tradirà non appena ne avrà l’occasione? –
A Jack, Halley ricordava troppo il sé stesso del passato per poterlo abbandonare; quando ancora non sapevano se fidarsi o meno di lui, gli altri Guardiani nel momento del bisogno non gli avevano creduto. Aveva sbagliato a non tornare nella tana di Bunnymund subito dopo aver messo a dormire Sophie, ma non si era mai alleato con Pitch al contrario di quello che tutti erano stati subito pronti a credere.
Lui non avrebbe fatto quello sbaglio con Halley.
–Si, mi fido di lui. – rispose, stringendo il bastone e deviando con determinazione la lama d’incubo di Pitch. –Lui non è come te! –
–Quanta devozione per qualcuno che non ti deve nulla, Frost. –
Pitch accumulò nel suo pugno destro una nera condensa collosa e sferrò tramite quella un colpo diretto alla mascella di Jack, senza stupirsi quando quest’ultimo venne evitato con facilità.
Lo aveva previsto. Lo aveva previsto e aveva atteso con pazienza il manifestarsi di un’apertura nella difesa dell’avversario.
Con un montante colpì Jack in mezzo all’addome, utilizzando il retro della sua falce, e concluse con un diretto che spedì il ragazzo direttamente in mezzo all’asfalto della strada sottostante.
–Le emozioni come l’altruismo e la generosità, rendono deboli, Jack. – disse smaterializzandosi e ricomparendo sopra il corpo del suo rivale. –Spero che tu te ne sia reso conto. –
Jack non vide Pitch incombere su di lui, sentì solo il peso di quella nera figura schiacciarlo, premerlo contro la dura strada ed occludergli ogni possibilità di fuga.
–È la paura a rendere deboli. – ribatté Jack, praticamente in faccia a Pitch. I loro volti si sfioravano, pallido e gelido il suo, oscuro e spigoloso quello dell’Uomo Nero.
–E tu hai paura Jack Frost… – sussurrò Pitch, soffiandogli nelle orecchie, insinuando quella realtà dentro la morbida seta dei suoi capelli di neve. –Lo sento. –
–Si, ho paura… – ammise Jack, cercando di far leva sui muscoli della schiena ma venendo prontamente risbattuto a terra da un divertito Pitch Black, la cui esultanza sul volto era fin troppo palese.
– …ma non di te. – concluse.
–E di cosa se non di me? – volle sapere Pitch, lasciando che le sue ombre si unissero a quella naturale di Jack, costretta a giacere prepotentemente sull’asfalto come il suo padrone.
–Ho paura di perdere le persone a me care, ho paura di deludere quelli che credono in me e ho paura di …–
–Onorevole, Jack. Davvero onorevole. – lo sfotté Picth, iniziando a far entrare le sue ombre a contatto con la pelle di Jack, vezzeggiando quella superficie liscia e immacolata.
Il ragazzo rabbrividì a quel contatto così intimo, ma continuò imperterrito: –Solo la paura in sé è pericolosa, ma la paura per qualcosa o per qualcuno… è uno dei sentimenti più alti che ci possano essere. Vuol dire che ci tieni, che ti preoccupi, che non vuoi che quella persona soffra. –
Pitch si lasciò andare ad una risata limpida e cristallina e Jack poté sentire l’alito fresco accarezzargli il volto e il collo.
–Io mi preoccupo solo di me stesso. – rivelò Pitch. –Ma stando alla tua spiegazione, anche il mio è un sentimento buono, un sentimento d’amore, quasi.
Amore per me stesso. –
Le ultime quattro parole vennero scandite ad un soffio dalle labbra di Jack, e le ombre non si limitarono a danzare sulla sua pelle, ma si insinuarono oltre i vestiti, percorrendolo tutto e esplorandolo in modo subdolo.
Jack serrò la mascella e attraverso le fessure dei suoi occhi - ghiaccio infuocato e fiamma gelida dell’inverno, sguardo duro e fragile quanto un diamante - colse un movimento oltre le spalle di Pitch Black.
Era grigio, indistinto, molto grande. Subito pensò a Satia – e ad Halley che forse era riuscita a rapire per condurlo con lei nei mondi dell’Incubo – ma poi dovette ricredersi.
Decisi colpi rossi si univano al grigiore e lampi verde smeraldo baluginavo alle estremità unite a dorate architetture dalle forme più fantasiose.
Pitch scrutò lo sguardo di Jack e ne seguì il filo fin oltre alla sua spalla. –Vedo che la cavalleria Natalifatata sta infine arrivando. – Alzò la testa, pur senza mollare la presa sul suo acerrimo rivale, e urlò a Satia. –Pensaci tu, mia diletta! Io qui me la sto godendo troppo per abbandonare il campo per colpa di qualche stupida intrusione. –
Con una sfuggevole espressione di disappunto che venne subito mascherata da una facciata vacua e distante, Satia abbandonò la mano al suo fianco e fece come le era stato ordinato. In quell’attimo Jack, riuscì a ruotare la testa e vide che la sua cupola aveva quasi del tutto ceduto ma non si era rotta; Halley era ancora dentro, al sicuro.
Il cielo all’improvviso si oscurò, facendo impallidire perfino la notte più buia con le sue tenebre. Jack sentì una paura genuina attanagliargli lo stomaco. Era una paura profonda ed ancestrale, forse l’unica vera paura che coglieva chiunque ad un certo punto della sua vita: la paura di morire.
Perché in fondo ciò che meglio si sposa con l’oscurità non è il freddo, ma la morte. – rifletté Pitch in un lieve sussurro, come se stesse completando una frase che per lungo tempo aveva dominato i suoi pensieri o come se stesse rispondendo ad una muta domanda di Jack.
–Credo di averlo capito solo ora, Jack. Tu sei ciò che precede l’oscurità, non ciò che la conclude e la completa. –
Jack trattenne il respiro e Pitch si sporse in avanti - capelli neri sopra capelli bianchi, malizia sopra candore - e si poté udire lo scricchiolio di alcune ossa.
–Non riuscirai ad averla vinta! – ringhiò Jack, ribellandosi a quella stretta micidiale, nonostante le ombre di Pitch avessero ormai risalito tutto il suo corpo, arrivando a solleticargli la gola con mortale dolcezza.
–Oh, ma Jack! – rise Pitch come se avesse appena udito una deliziosa battuta. –Ma io ho già ottenuto quello per cui ero venuto! –
–Stai mentendo. –
–Io ho già vinto. –
Jack cercò la menzogna negli occhi dell’Uomo Nero, frugò quegli abissi di madreperla screziati dell’oro più puro, rischiando di perdersi nella loro furbizia senza però arrivare a trovare ciò di cui andava in cerca.
Ed era questo quello che Pitch voleva. Una volta ottenuta anche quella piccola soddisfazione personale non ebbe più motivo di rimanere. Uno dei suoi incubi lo avvinse dentro alle sue spire e sfilò dall’interno del suo manto la sfera cristallina di North.
–Ricorda Jack. Fidarti degli altri sarà la tua rovina. –
Con quelle parole Pitch Black si accomiatò, portando con sé anche le ombre evocate da Satia e la morte stessa.

***

Jack lasciò che il sollievo di poter di nuovo respirare liberamente si facesse strada dentro di lui.
Non seppe dire quanto tempo fosse passato nell’attimo in cui sentì delle forti braccia che lo sollevavano da terra con rudezza. North lo guardò preoccupato ma Jack non riuscì nemmeno ad ascoltare quello che usciva dalla labbra di lui, provando solo una profonda confusione.
I Guardiani stavano discutendo di come fosse possibile che quella strana donna fosse sfuggita senza lasciare traccia, proprio di fronte a loro, e soprattutto discutevano del perché Halley non avesse mosso un solo dito per aiutare Jack.
–Ti ha lasciato da solo a combattere Pitch! – esclamò Bunnymund, livido in volto.
–Non è così. – tentò Jack –Lui…–
–Cosa è successo? Tu racconta noi! – esclamò North, altrettanto turbato. –Ora! –
Jack si rese conto che erano stati tutti in pena per lui, si erano preoccupati e vederlo in quelle condizioni, sovrastato dagli incubi ed in completa balia di Pitch, doveva solo aver peggiorato i loro stati d’animo.
Così, mentre Sandman andava a portare soccorso anche ad Halley, Jack raccontò brevemente come si erano svolti i fatti
–Dunque è andata proprio così? – richiese North alla fine, quasi a sincerarsi che Jack non avesse omesso volutamente qualche dettaglio di sottile importanza.
–Si. – ribadì Jack, iniziando a sentirsi stanco. –Parola per parola. –
Toothy, allontanatasi solo per un istante, ritornò riportando tra le mani la lanterna e le grigie ceneri che essa conteneva. L’espressione mesta che portava in volto era più che sufficiente. L’appoggiò con cura vicino ad Halley, disteso sulla nuvola dorata di Sandy, e per una volta non disse niente che riguardasse ricorrenze e festività troppo zuccherose per i suoi gusti.
Nemmeno Bunnymund aprì bocca, eppure la postura rigida delle spalle e la ruga di concentrazione in mezzo alla fronte tatuata erano più che sufficienti per capire su cosa vertessero i suoi pensieri.
North si scambiò uno sguardo pieno si sottintesi con Sandy e sospirò.
Jack si accorse solo allora, e con somma incredulità, che i Guardiani non sapevano come comportarsi o cosa dovevano pensare di preciso … perché nessuno di loro si fidava ancora di Halley. La loro diffidenza sembrava essersi addirittura accentuata da quando aveva sentito che la donna bigia, Satia, era la sorella di Halley.
Vedendo la divisione, la diffidenza, il dolore e la frustrazione dei Guardiani, nella mente di Jack aleggiarono le ultime parole di Pitch.
Io ho già ottenuto quello per cui ero venuto.
Li aveva divisi. Li aveva portati a sospettare di qualcuno che poteva e doveva essere loro alleato.
Li aveva ingannati fin dall’inizio.
Io ho già vinto.
La risata di Pitch, sfaccettata in mille echi, riverberò dentro alla sua testa, assordandolo.
Subito si premette le mani contro le orecchie cercando di farla smettere, cercando di porre fine a quella tortura, ma quella risata non si spense.
Continuò ancora.
E ancora.
Io ho già vinto.



  
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