¤Capitolo
5¤
Sbocconcellando una foglia d'insalata
standosene appollaiata su uno degli sgabelli del cucinotto, mentre il
ticchettio dell'orologio a muro scandiva ritmico il passare dei secondi, Hannah
si volse a mezzo non appena il cellulare squillò.
Accettata la chiamata, inserì in un
orecchio il bluetooth e disse: “Cosa c'è, Phill, sei preoccupato per me?”
“Ovvio che lo sia. Ti sei svegliata
molto prima di me e, quando ho aperto gli occhi, eri già scappata” brontolò
Phillip, all'altro capo del telefono. In sottofondo, la donna poté udire con
chiarezza il suono cacofonico di martelli battenti, ruspe e uomini al lavoro.
“Non è colpa mia se tu puoi fare orari
da reginetta di bellezza” ridacchiò lei, inforchettando un pezzo di formaggio,
che addentò con piacere.
“Il cantiere non apriva prima delle
dieci, stamattina, che ci potevo fare?” grugnì per contro l'amico. “Inoltre,
che vuoi che faccia, un ingegnere, senza i suoi uomini? Mica potevo presentarmi
qui alle otto e guardare le travi che si stagliano contro il cielo!”
“Molto poetico, Phill, davvero molto”
sogghignò Hannah.
Allungata una mano, accese la
macchinetta per il caffè e, nel terminare il suo pranzo leggero, ricordò
all'amico: “Guarda che non sono nata ieri, inoltre il mio capo ha fatto in modo
che una guardia stazioni tutto il tempo fuori dall’anticamera, così che possa
intervenire subito qualora sorgano problemi. Il resto dipende da me. E, grazie
al tuo aiuto, ne uscirò come sempre.”
“Sicura che basti?”
Il sorriso sul viso di Hannah si
accentuò quando disse: “Il tuo aiuto mi basterà sempre, Phill. Ed è carino che
tu abbia voluto dormire con me, stanotte. Non ho fatto che bei sogni.”
“Ehi, honey, non è da tutti dormire
con una bella donna! E' piaciuto anche a me!” rise Phillip, coinvolgendo nella
risata anche l'amica.
Le era piaciuto sentirlo accanto a sé,
protettivo e caldo, e svegliarsi al mattino con il peso gradevole del suo
braccio attorno alla vita.
Non c'era stato nulla di sensuale nel
suo accostarsi a lei e, quando Hannah si era voltata a mezzo per dargli il
bacio del buongiorno sulla fronte, Phill si era limitato a sorridere nel sonno.
Tra loro non ci sarebbe mai stato che
questo ma, quando si sentiva sperduta e sola, la sua presenza era vitale, per
lei.
Forse aveva ragione Berry; la mancanza
di un uomo nella sua vita acuiva quei momenti di sconforto, ma non aveva
nessuna intenzione di mettersi con qualcuno solo per riempire un buco
affettivo.
E, finché Phill fosse stato d'accordo ad
aiutarla anche in quel modo, a lei sarebbe andata bene.
“Sempre sicuro che a te stia bene
così?”
“Sei mia amica, Hannah. Farei anche
mille altre cose, per te. Ricordatelo” le giurò con sentimento Phillip,
portandola a sorridere mestamente.
“E tu ricorda che io contraccambierei
volentieri, se tu lo volessi.”
“Lo so” si limitò a dire Phill, serio
non meno di lei. “Ora devo tornare al lavoro, la mia pausa è finita. Stasera
passo a prendere il pesce da Danny's, okay?”
“Andata. Aragosta e champagne?”
ridacchiò Hannah, volgendosi a mezzo quando udì la porta dell’anticamera
aprirsi. Ne comparve Nickolas.
“Approvato. A stasera, honey.”
“Dio solo sa perché continui a
chiamarmi honey” rise Hannah, prima di chiudere.
Nickolas, nel frattempo, si era
avvicinato a lei e, nello scorgere i resti del pranzo di Hannah, storse il naso
e le domandò: “Non è che sverrai per la fame, a mangiare così poco?”
“Nell'insalata c'era del formaggio. E
se mangio di più, rischio di addormentarmi davanti al computer” replicò
serafica lei, gettando nell'immondizia il contenitore di plastica in cui aveva
mangiato il suo pranzo.
“Honey?” buttò lì allora
Nickolas, sollevando ironico un angolo della bocca.
“C'è chi mi trova dolce” celiò Hannah,
spallucciando. “Vuoi un caffè?”
“Ovvio che sì. Hai fatto di me un
caffeinomane, ma solo del tuo. Un vero strazio, quando sei al bar con dei
clienti” si lagnò bonariamente l'uomo, appoggiando un fianco contro il bancone
della cucina.
Hannah ghignò nell'estrarre un paio di
tazzine e, pragmatica, replicò: “Tutti soldi che risparmi. In vent'anni
potresti diventare milionario.”
“Lo sono già” le fece notare lui,
ammiccando. “Ma potrei devolvere i soldi risparmiati al bar in qualche causa
benefica... che so... un fondo per i malati cronici della tazzina da caffè.
Oppure un ente benefico per il recupero dei baristi falliti per mancanza di
clienti.”
Hannah, vagamente sorpresa dalla vena
comica espressa da Nickolas, gli domandò: “Il contratto è andato a buon fine?”
“Più che sì. E abbiamo ottenuto più
commesse di quante non ci aspettavamo all'inizio, perciò sono molto
soddisfatto” assentì lui, accettando dalla sua segretaria la tazzina di caffè
bollente. “Oooh, sì. Ottimo, davvero ottimo, honey.”
Accigliandosi subito, Hannah ci tenne
a precisare: “C'è solo una persona che può chiamarmi così, e non sei tu.
Chiariamo un fatto; non era tuo diritto ascoltare la mia telefonata privata
durante la mia pausa pranzo, quindi, dimentica subito quel nomignolo.”
“Altrimenti?” ironizzò Nickolas.
“Dirò a tua madre che mi hai fatto
delle avances” asserì con altrettanta ironia lei, vedendolo impallidire
leggermente per diretta conseguenza.
Sorpresa da quella reazione, Hannah decise
di indagare più a fondo e gli domandò: “Cosa non devi fare, esattamente,
perché tua madre non intervenga contro di te?”
“Non sono affari tuoi” bofonchiò
Nickolas, terminando il caffè con aria piuttosto nervosa.
Spalancando gli occhi per lo shock, lei
esalò un attimo dopo: “Oddio. Ti ha bloccato il fondo fiduciario!”
Infilandosi le mani in tasca, il
magnate la fissò astioso e ringhiò infastidito: “Se combinerò ancora
casini con una mia dipendente me lo eliminerà, è ben diverso. E visto
che finora il mio salario è sempre finito lì...”
“... rimarresti al verde” chiosò senza
più allegria Hannah, trovando quell'alternativa parecchio lapidaria, forse
troppo.
“Cristo, Hannah, non so che farci se a
volte mi escono queste battute... mi viene spontaneo! Tu sei così... così...”
iniziò a bofonchiare Nickolas, picchiettando nervosamente le dita di una mano
sul ripiano della cucina. Appariva al tempo stesso contrito, infastidito e
parecchio nervoso. Un connubio che lasciò Hannah assai perplessa.
“... sulle mie?” lo aiutò lei,
vedendolo annuire con convinzione.
“E' più forte di me. Sono abituato a
donne che cadono ai miei piedi ogni giorno della settimana e poi arrivi tu e...
beh, neanche mi fili... e la cosa mi spiazza ogni volta” grugnì lui prima di
notare l'aria apertamente scioccata di Hannah, oltre all'alone di una risata
balenare attorno alla sua bocca.
Sbattendo più volte le palpebre, lei
biascicò: “Vuoi farmi credere che... che se io... mi comportassi... come...
come le tue...amichette, tu... tu...”
Levando una mano per bloccare quella
rachitica dimostrazione di confusione totale, Nickolas prese un gran respiro e
ammise: “Non so come prenderti, okay? E’ difficile capire come comportarsi con
te, visto che non sono abituato a un simile atteggiamento nei miei confronti.”
“Se mi vedessi come un uomo, sarebbe
meglio?” ipotizzò lei, cercando di capire dove fosse il problema.
“Forse” borbottò il magnate. “Ma
ammettiamolo, è complicato visto che si vede benissimo che sei una
donna.”
Hannah si guardò il grigio tailleur
dal taglio perfetto e la camicetta in vaporosa seta bianca e, storcendo appena
la bocca, gli domandò: “Vuoi che venga con pantaloni e giacca? Sarebbe
preferibile?”
“Dio, che razza di discussione!”
esclamò l’uomo, sentendosi enormemente stupido. Ma perché, con lei, non
riusciva a mettere insieme una frase di senso compiuto, se non parlavano di lavoro?
La giovane allora si grattò una
guancia, sinceramente dubbiosa sul buon esito di quel discorso e, pensierosa,
asserì: “Fammi capire bene. Il mio essere donna ti porta a comportarti da... latin
lover, passami il termine, come faresti con tutte le altre donne che
conosci ma, visto che io non ti do corda, tu ti trovi spiazzato e te ne esci
con delle battutacce di spirito, oppure non sai cosa dirmi e ti incasini,
giusto?”
“Più o meno è così” ammise lui, pur
sentendosi male di fronte allo spaccato che aveva dipinto Hannah. Era
abbastanza umiliante, ma era la pura verità.
Lei allora si esibì in un sorriso
soddisfatto e dichiarò: “Direi che siamo a posto, allora. Io mi metterò i miei
completi con i pantaloni e le ballerine ai
piedi, e tu ti sentirai meno a disagio. Può andare?”
“Mi fai sembrare un idiota, sai?”
brontolò l’uomo, fissandola bieco.
Hannah lo guardò con sufficienza e
replicò serafica: “Sei tu che hai un problema con il mio lato del cielo, non io
con il tuo.”
“Modo molto carino di vedere la cosa” assentì
Nickolas, ghignando.
“Ebbene? Ti può andare?”
“D'accordo. Mi mancherà vedere le tue
gambe, ma...”
“Nickolas...” lo richiamò all'ordine
Hannah, vedendolo scoppiare a ridere.
“Oddio, non ce la faccio! E' più forte
di me! Perché cavolo sono finito in questo casino!?” ridacchiò lui, passandosi
una mano tra i folti capelli castano chiari.
“Perché non hai saputo tenere a freno
le tue smanie, e ora te la stanno facendo pagare cara” sentenziò la donna,
scrollando le spalle con noncuranza.
“Gelida...” esalò lui, sgranando
leggermente gli occhi. “Non sottolineare la mia condizione di condannato a
morte, ti prego. E' crudele.”
“Sei esagerato. Puoi avere tutte le
donne che vuoi fuori di qui,… perché devi saltare la cavallina anche sul
lavoro?” ribatté con tono pacato Hannah, intrecciando le braccia sotto il seno.
“No comment. Ci addentreremmo in
argomenti che non voglio tenere con una donna, e con la mia segretaria.
Facciamo come hai detto tu e vediamo. Alla peggio, ti dirò di venire con la
tuta da ginnastica” scosse le mani lui, ben deciso a non andare oltre.
“Io ti proporrei un po' di bromuro”
asserì la giovane prima di sospingerlo fuori dal cucinotto e aggiungere: “Ora
vai nel tuo ufficio. Tra dodici minuti c'è il cliente di New York, e tu non hai
ancora controllato le credenziali che ti ho messo sulla scrivania.”
“Credenziali?” ripeté sorpreso
Nickolas, fissandola da sopra una spalla con aria stranita.
“Ho fatto controllare il suo passato
da un agente investigativo che conosco, tanto per assicurarci che non abbia
manie pugilistiche come Mr Perkins” gli spiegò lei con un sorrisetto.
“E quanto mi costerà questa
consulenza?” le chiese lui, appoggiando una mano sul pomello della porta del
suo studio.
“Niente. Un favore amichevole, tutto
qui” scrollò le spalle lei.
Nickolas si limitò a emettere un 'uhm'
colmo di mille dubbi, ma lasciò correre e Hannah, dopo averlo visto entrare nel
suo ufficio, tornò alla scrivania con uno strano sorriso sulle labbra.
Quella, in assoluto, era stata la
discussione più strana di tutta la sua vita.
§§§
“Pantaloni? Come mai?” si informò
Phillip, indossando una maglietta grigio fumo su un paio di jeans schiariti.
“Il mio capo preferisce così. Dice
che, altrimenti, il mio essere donna lo... distrae.” Nel dirlo,
ridacchiò.
Servendosi un caffè americano, Hannah
aggiunse: “Ti dirò... lo preferisco anch'io. I pantaloni sono più pratici.”
“Il fatto che tu rimbecillisca il tuo
capo può essere un vantaggio. E' carino?” ironizzò l’amico, ammiccando al suo
indirizzo.
“Il punto non è quello, Phill. A lui
basta che respirino ma, visto che sua madre gli ha letteralmente legato le
palle con uno spago, se lui ci prova con me, gli blocca il fondo fiduciario”
rise allegramente Hannah.
“Oh... troppe feste sul luogo di
lavoro?” sghignazzò Phill, servendosi una tazza di caffè.
“Già. Io sono stata assunta perché
sono immune al suo fascino, e so fare bene il mio mestiere” dichiarò con
fierezza lei, afferrando la sua borsetta nera. “Ci vediamo stasera.”
“Buon lavoro. E stendilo, il tuo
capo!” rise Phillip, prendendo le chiavi della sua BMW per uscire a sua volta
di casa.
Hannah rise gaia nel salire sulla Ford
Taurus e, dopo aver messo in moto, uscì per dirigersi sul posto di lavoro con
ancora il sorriso sulle labbra.
Impiegò quasi un'ora per raggiungere
il palazzo di acciaio e vetro della V.B. 3000 a Santa Monica. Non appena ebbe
parcheggiato nel suo posteggio privato, entrò quasi di corsa salutando la
receptionist e le guardie di sorveglianza prima di raggiungere uno degli
ascensori.
Nel notare Brandon Van Berger farle un
cenno, in lontananza, Hannah si affrettò a mettere una mano dinanzi alla
fotocellula per bloccare le porte. Quando anche il giovane trentenne fu salito
a sua volta, la donna lasciò partire l'ascensore.
“Buongiorno” mormorò lei, con un
cortese sorriso.
“A te, Hannah” rispose lui, lanciandole
un'occhiata curiosa. “Mio fratello ha dato di matto?”
“In che senso?” volle sapere lei.
Indicando i pantaloni e le ballerine
color corallo ai suoi piedi, Brandon si fece ironico e commentò: “Allora è vero
che mamma gli vuole bloccare il fondo fiduciario! Pensavo scherzasse!”
Hannah si premurò di non dire nulla ma
il giovane, di tutt'altro avviso, continuò imperterrito. “Non pensavo, però,
che avrebbe rivolto le sue attenzioni anche su di te. E' proprio vero che, quando
vede una donna, non capisce più niente. Anche quelle che di solito non
guarderebbe. O forse è solo l'idea di farsele in ufficio, chissà.”
Ancora, Hannah non aprì bocca e
l'uomo, tornando a fissarla come per chiedersi se l'avesse ascoltato, si
ritrovò a fissare due perle di gelido splendore che non esprimevano che una
cosa: compassione.
Accigliandosi, Brandon si irrigidì visibilmente
e, scostandosi nervosamente una ciocca dei lisci capelli biondicci dalla
fronte, dichiarò: “Beh, peggio per lui se si impegola con te. Io non gli
presterò un dollaro.”
“Non ti ho chiesto a che piano volevi
andare, scusa” disse soltanto Hannah.
“Devo parlare con Nicky, quindi scenderò
con te” bofonchiò lui, infilando le mani in tasca.
“Bene” si limitò a dire Hannah.
“Ma sei fatta di ghiaccio?” sbottò ad
un certo punto l’uomo, tornando a guardarla con astio ben dipinto in viso.
Lei si volse a mezzo per scrutarlo
negli occhi e, ben conscia che quei pochi centimetri di differenza tra loro,
che le consentivano di guardarlo dall'alto al basso, gli pesavano più di quanto
avrebbe mai ammesso, replicò soltanto: “No.”
A quel punto le porte si aprirono e
Hannah uscì subito a passo lesto, dirigendosi con la mano protesa verso la
porta dell’anticamera. Lì, a sorpresa, vi trovò già Nickolas, che stava
poggiando un plico di carte sulla sua scrivania.
Volgendosi nell'udire qualcuno alla
porta, lui le sorrise con apprezzamento e fece per salutarla ma, quando notò il
suo scuro cipiglio e, subito dietro di lei, la figura cupa del fratello, si
insospettì subito.
“Buongiorno, Hannah” disse
semplicemente Nickolas, vedendola giungere alla scrivania praticamente a passo
di carica.
“Buongiorno a te, Nickolas. Nuovi
contratti?” gli domandò subito, trovando la forza di raffazzonare un sorriso
solo per lui.
Pur grato per quello sforzo, Nickolas
si domandò cosa l'avesse angustiata al punto di ridurre i suoi occhi chiari ad
autentici pezzi di ghiaccio. Preferendo però non parlarne di fronte al
fratello, che ancora non aveva aperto bocca, si limitò a discorrere di lavoro.
“Solo una bozza. Vorrei che li
controllassi e annotassi a lato i punti che, secondo te, non sono vantaggiosi
per l'azienda. Dovrò discorrerne con il Consiglio di Amministrazione sabato
mattina. Pensi di farcela?”
“Nessun problema, a costo di portarmelo
a casa” scrollò le spalle Hannah. “Altro?”
“Direi di no. Ci sono novità, riguardo
all'affare Dreyfus?” le domandò allora lui.
Con un mezzo sorriso, lei annuì e gli
spiegò di come fosse riuscita a trovare, tramite varie fonti, la segretaria
personale di Nicodemus Dreyfus, magnate delle acciaierie più importanti di San
Francisco e, tra le altre cose, mecenate dalle idee all'avanguardia.
Da mesi, ormai, Nickolas cercava di
contattarlo ma, ogni volta, l'uomo si faceva sfuggente come le nuvole nel cielo,
e parlare con lui era diventato più difficile che ottenere un appuntamento con
il Presidente Obama.
Allungandogli un post-it rosa, Hannah
gli disse soddisfatta: “Hai un appuntamento con lui il prossimo venerdì, alle
nove di sera, nella sala da the del Waldorf Astoria di Los Angeles.”
Il magnate si aprì in un sorriso estasiato
e, afferrato che ebbe il post-it, diede una pacca sulla spalla a Hannah ed esclamò:
“Bel colpo, Hannah! Ma quando ci sei riuscita? Ieri sera non avevi ancora
ottenuto l'appuntamento, giusto?”
Scuotendo il capo, la donna gli spiegò
succintamente ciò che era successo. “Ho scoperto che la segretaria di Dreyfus è
un'ufologa, perciò cercarla di notte è stato il sistema migliore. Era di ottimo
umore per aver intercettato non so quale disco volante, così è stato facile
farla capitolare. Stamattina alle cinque mi ha telefonato per darmi gli estremi
per l'appuntamento.”
Nickolas strabuzzò letteralmente gli
occhi prima di scoppiare a ridere di gusto. “Non ho davvero parole, comunque
grazie. Ci tengo a parlare con Dreyfus, perché vorrei intraprendere un progetto
con lui.”
“Mi sembra una persona molto
eccentrica, ma valida” assentì Hannah. “Il solito caffè?”
“Sì, grazie.” Poi, rivolgendosi
finalmente al fratello, gli domandò: “Ne vuoi uno anche tu?”
“Già preso” si limitò a dire Brandon.
“Devo parlare con te, Nicky. Hai tempo?”
Prima ancora di guardare l'orologio
Rolex in oro che portava al polso, Hannah mormorò: “Il primo appuntamento è tra
trentasette minuti.”
“Bene. Vieni pure, Bran. Abbiamo tempo
per discorrere un po’” gli fece un cenno Nickolas, mentre Hannah si recava nel
cucinotto per il caffè.
Non appena fu solo con il fratello, il
magnate poggiò la ventiquattrore di pelle nera sull'ampia scrivania in vetro
satinato e, irritato, mormorò: “Che diavolo le hai detto, si può sapere?”
Sobbalzando leggermente, Brandon si
limitò a infilarsi le mani in tasca e, scalciando infastidito il piede di una
delle poltrone ultramoderne che si trovavano nell'ufficio, mugugnò: “Niente.
Perché avrei dovuto infastidire la tua segretaria spilungona?”
Nickolas lo frizzò con un'occhiata
irritata e, senza mezzi termini, replicò: “Se Hannah si va a lamentare con
mamma, sono io che finisco nei casini. Quindi, molla la presa su di lei
e lasciala in pace.”
“Sei tu che non sai tenere il tuo...”
Bloccandolo con uno sguardo
inferocito, lui ringhiò: “Lavora bene, è competente e prende a cuore le cose
che riguardano la ditta. Non posso che decantarne i pregi, fratello, e ben
venga che lei non sia minimamente interessata a me come uomo, così almeno
possiamo lavorare in santa pace. Guarda, … è addirittura una liberazione!”
“E' per quello che viene con addosso
dei pantaloni? Perché è una liberazione?” ironizzò Brandon. “Ammettilo, Nicky.
Per te, basta che respirino, e ti fa girare le palle che mamma ti abbia vietato
di mettere una tacca anche su di lei.”
Nickolas non attese un attimo di più.
Si avvicinò a grandi passi al fratello e, afferratolo per una spalla, strinse
così forte da fargli aggrottare la fronte. Quando fu sicuro di non urlargli
addosso, sibilò: “Lascia. Stare. Hannah. Non te lo ripeterò due volte. E' una
segretaria maledettamente in gamba, e a me servono collaboratori come lei. E
ora, se non hai che questo da dirmi, sparisci prima che lei arrivi col caffè.”
“Volevo solo avvisarti che i campioni
dei nuovi reagenti sono pronti e che, se vuoi venire a vedere il collaudo, ci
sarà domani alle diciotto. E ora, mollami” gli ringhiò contro il
fratello, gli occhi che scintillavano di furia.
Nickolas lasciò la presa proprio
mentre Hannah bussava.
Preso un gran respiro, lui diede
l'assenso ad entrare e Brandon, cogliendo al volo l'occasione, uscì di gran
carriera senza degnare di uno sguardo la donna. Lei, imperturbabile, entrò con
passo tranquillo e poggiò il vassoio sulla scrivania del suo capo prima di
fissarlo dubbiosa.
Il magnate la raggiunse con un mezzo
sorriso stampato in faccia ma, quando fece per prendere la tazzina, si bloccò
metà non appena le sentì dire: “Non si può stare simpatici a tutti, Nickolas,
ma non voglio diventare motivo di dissidio tra voi due.”
“Cazzo... ci hai sentiti?” esalò lui,
sbuffando. Sperava di aver parlato più a bassa voce di quanto, a ben vedere,
aveva fatto.
Scrollando le spalle, Hannah si limitò
ad asserire: “La porta era socchiusa. Me ne sono accorta troppo tardi.” Poi,
con un sorrisino, aggiunse: “Posso affrontare gli sberleffi di Brandon,
davvero. Non conosco i motivi della sua idiosincrasia nei miei confronti, ma la
posso fronteggiare. Non devi difendermi da lui e rovinare il buon rapporto che vi
lega.”
Nickolas allora rise amaramente e,
dopo aver ingollato il piacevole caffè aromatizzato e bollente, ammise: “Ormai
non lo riconosco neanche più, mio fratello, quindi andrei piano a parlare di 'buon
rapporto'.”
Lei preferì non chiedere nulla – dopotutto,
non erano affari suoi – e, quando udì la voce di Andrea, si rischiarò
immediatamente in volto e si affacciò sulla porta per farsi vedere.
“Ah, eccoti qui, ragazza. Il mio
figliolo ti sta già tartassando?” esclamò gioviale l’uomo, entrando nell'ufficio.
“Nickolas.”
“Papà. E' tutta tua, ma per dieci
minuti e basta. Dopo, la rivoglio alla sua scrivania” ironizzò il figlio,
scrollando una spalla con noncuranza. “Ah, complimentati con lei. Abbiamo un
appuntamento con Dreyfus.”
Andrea sgranò gli occhi così tanto che
la sclera minacciò di uscire dal bulbo e, un attimo dopo, l’uomo attirò a sé
Hannah in un abbraccio così improvviso e così stritolante che la donna ne rimase scioccata.
Arrossendo copiosamente, la giovane
ridacchiò imbarazzata mentre lui le batteva con forza le mani sulla schiena. Di
tutte le cose che pensava sarebbero potute succedere, quella proprio non
l'aveva messa in conto.
Ma le piaceva, suo malgrado,
l'attenzione che Andrea le tributava, perché era sincera, priva di malizia e
calorosa.
Nickolas, dal canto suo, osservò
incuriosito l'intera scena e si stupì non poco nel notare, sul viso solitamente
compassato di Hannah, un profuso rossore e un beato sorriso.
Curiosa, come reazione.
Scostandosi finalmente dalla ragazza,
pur tenendola per le spalle, Andrea le sorrise al settimo cielo ed esclamò: “Lo
sapevo che Isabel aveva avuto fiuto! Quella donna! Scovare un simile
concentrato di virtù!”
Hannah allora scoppiò in una risatina
imbarazzata e, scuotendo il capo, replicò: “Ora non esageriamo. Ho solo
centrato un buon risultato, tutto qui.”
“Ecco, appunto, smettila papà. Stai
esagerando” commentò Nickolas, avvicinandosi alla coppia per dividerli.
Andrea lo fissò malissimo e,
frapponendosi tra Hannah ed il figlio, ci tenne a dire: “Non mi sembra che complimentarmi
con la tua segretaria sia un'esagerazione, specie considerando da quanti mesi
stai tallonando Dreyfus. Lei ci ha provato per un paio di settimane e ti ha già
organizzato un incontro. Merita i complimenti che le ho fatto.”
“Papà, la stavi stritolando, è ben
diverso e, se ti avesse visto la mamma, avrebbe dato in escandescenze” precisò
Nick, sollevando con ironia un sopracciglio prima di strizzare l'occhio a
Hannah, che sgranò gli occhi per la sorpresa.
Poggiate le mani sui fianchi, Andrea
ribatté con un piccato 'ah' e mugugnò: “Non stavo facendo nulla di
sconveniente.”
Sempre più malizioso, il figlio
indietreggiò fino a poggiarsi contro la scrivania e, intrecciate gambe e
braccia, sentenziò: “Le stavi avvinghiato addosso come un polipo.”
“Ma no!” esclamarono all'unisono i due
prima di guardarsi vicendevolmente in volto per poi scoppiare a ridere di
gusto.
Quella scena sconcertò Nickolas.
Era la prima volta in assoluto che
sentiva ridere a quel modo Hannah e soprattutto, la prima volta - dacché lo
conosceva - che suo padre si lasciava andare a quel modo con un dipendente.
Aveva sempre tenuto un contegno
educato, pur se informale, con i suoi sottoposti ma, fin dal primo giorno in
cui aveva conosciuto Hannah, con lei si era sciolto come un gelato sotto il
sole.
La trattava alla stregua di una
parente stretta e, spesso e volentieri, si intratteneva con lei a pranzo per
lunghe chiacchierate.
E questo, dopo poco più di un mese di
permanenza in ditta. Cos'aveva, Hannah, per stregare a quel modo suo padre?
Quando lo scoppio di risa scemò,
Andrea si rivolse al figlio dicendogli: “Non farti strane idee, ragazzo. Non
sto tampinando la tua segretaria. Anche se, avessi vent'anni di meno...”
Hannah fece tanto d'occhi e, poggiando
le mani sui fianchi, fissò seriosa l'uomo e sbottò: “Mr Van Berger! Insomma!”
Una nuova risatina scaturì dalle
labbra generose di Andrea che, presala sotto braccio, la accompagnò fuori
dall'ufficio del figlio dicendole all'orecchio: “Non farci caso, ragazza. Ogni
tanto mi piace scherzare.”
“Ho notato” mugugnò lei, pur
sorridendo.
Quando la porta fu chiusa alle loro
spalle, Nickolas non seppe se sentirsi escluso da quel quadretto o scoppiare a
ridere di gusto come, in precedenza, avevano fatto loro.
“Che razza di giornata” sentenziò lui,
tornando al suo posto.
Nel giro di dieci minuti al massimo
sarebbe giunto il suo primo cliente e non aveva ancora controllato i documenti
che Hannah gli aveva fornito. Meglio mettersi al lavoro.