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Autore: Mary P_Stark    30/05/2013    3 recensioni
I vizi e le virtù di Nickolas Van Berger, magnate di prim'ordine di Los Angeles, sono noti a tutti, specialmente tra le signore più altolocate della California. Suo malgrado, però, verrà a scontrarsi con l'unica donna che non subisce il suo fascino, scelta appositamente perché non lo porti in tentazione anche sul luogo di lavoro. Questa scomoda novità porterà Nickolas a porsi più di una domanda e a scoprire quanto, in realtà, le ritrosie di Hannah Fielding, sua scrupolosa segretaria, siano affascinanti. 1^ PARTE DELLA SERIE DI "HONEY'S WORLD".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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¤Capitolo 5¤

 

 

 

 

 

Sbocconcellando una foglia d'insalata standosene appollaiata su uno degli sgabelli del cucinotto, mentre il ticchettio dell'orologio a muro scandiva ritmico il passare dei secondi, Hannah si volse a mezzo non appena il cellulare squillò.

Accettata la chiamata, inserì in un orecchio il bluetooth e disse: “Cosa c'è, Phill, sei preoccupato per me?”

“Ovvio che lo sia. Ti sei svegliata molto prima di me e, quando ho aperto gli occhi, eri già scappata” brontolò Phillip, all'altro capo del telefono. In sottofondo, la donna poté udire con chiarezza il suono cacofonico di martelli battenti, ruspe e uomini al lavoro.

“Non è colpa mia se tu puoi fare orari da reginetta di bellezza” ridacchiò lei, inforchettando un pezzo di formaggio, che addentò con piacere.

“Il cantiere non apriva prima delle dieci, stamattina, che ci potevo fare?” grugnì per contro l'amico. “Inoltre, che vuoi che faccia, un ingegnere, senza i suoi uomini? Mica potevo presentarmi qui alle otto e guardare le travi che si stagliano contro il cielo!”

“Molto poetico, Phill, davvero molto” sogghignò Hannah.

Allungata una mano, accese la macchinetta per il caffè e, nel terminare il suo pranzo leggero, ricordò all'amico: “Guarda che non sono nata ieri, inoltre il mio capo ha fatto in modo che una guardia stazioni tutto il tempo fuori dall’anticamera, così che possa intervenire subito qualora sorgano problemi. Il resto dipende da me. E, grazie al tuo aiuto, ne uscirò come sempre.”

“Sicura che basti?”

Il sorriso sul viso di Hannah si accentuò quando disse: “Il tuo aiuto mi basterà sempre, Phill. Ed è carino che tu abbia voluto dormire con me, stanotte. Non ho fatto che bei sogni.”

“Ehi, honey, non è da tutti dormire con una bella donna! E' piaciuto anche a me!” rise Phillip, coinvolgendo nella risata anche l'amica.

Le era piaciuto sentirlo accanto a sé, protettivo e caldo, e svegliarsi al mattino con il peso gradevole del suo braccio attorno alla vita.

Non c'era stato nulla di sensuale nel suo accostarsi a lei e, quando Hannah si era voltata a mezzo per dargli il bacio del buongiorno sulla fronte, Phill si era limitato a sorridere nel sonno.

Tra loro non ci sarebbe mai stato che questo ma, quando si sentiva sperduta e sola, la sua presenza era vitale, per lei.

Forse aveva ragione Berry; la mancanza di un uomo nella sua vita acuiva quei momenti di sconforto, ma non aveva nessuna intenzione di mettersi con qualcuno solo per riempire un buco affettivo.

E, finché Phill fosse stato d'accordo ad aiutarla anche in quel modo, a lei sarebbe andata bene.

“Sempre sicuro che a te stia bene così?”

“Sei mia amica, Hannah. Farei anche mille altre cose, per te. Ricordatelo” le giurò con sentimento Phillip, portandola a sorridere mestamente.

“E tu ricorda che io contraccambierei volentieri, se tu lo volessi.”

“Lo so” si limitò a dire Phill, serio non meno di lei. “Ora devo tornare al lavoro, la mia pausa è finita. Stasera passo a prendere il pesce da Danny's, okay?”

“Andata. Aragosta e champagne?” ridacchiò Hannah, volgendosi a mezzo quando udì la porta dell’anticamera aprirsi. Ne comparve Nickolas.

“Approvato. A stasera, honey.”

“Dio solo sa perché continui a chiamarmi honey” rise Hannah, prima di chiudere.

Nickolas, nel frattempo, si era avvicinato a lei e, nello scorgere i resti del pranzo di Hannah, storse il naso e le domandò: “Non è che sverrai per la fame, a mangiare così poco?”

“Nell'insalata c'era del formaggio. E se mangio di più, rischio di addormentarmi davanti al computer” replicò serafica lei, gettando nell'immondizia il contenitore di plastica in cui aveva mangiato il suo pranzo.

Honey?” buttò lì allora Nickolas, sollevando ironico un angolo della bocca.

“C'è chi mi trova dolce” celiò Hannah, spallucciando. “Vuoi un caffè?”

“Ovvio che sì. Hai fatto di me un caffeinomane, ma solo del tuo. Un vero strazio, quando sei al bar con dei clienti” si lagnò bonariamente l'uomo, appoggiando un fianco contro il bancone della cucina.

Hannah ghignò nell'estrarre un paio di tazzine e, pragmatica, replicò: “Tutti soldi che risparmi. In vent'anni potresti diventare milionario.”

“Lo sono già” le fece notare lui, ammiccando. “Ma potrei devolvere i soldi risparmiati al bar in qualche causa benefica... che so... un fondo per i malati cronici della tazzina da caffè. Oppure un ente benefico per il recupero dei baristi falliti per mancanza di clienti.”

Hannah, vagamente sorpresa dalla vena comica espressa da Nickolas, gli domandò: “Il contratto è andato a buon fine?”

“Più che sì. E abbiamo ottenuto più commesse di quante non ci aspettavamo all'inizio, perciò sono molto soddisfatto” assentì lui, accettando dalla sua segretaria la tazzina di caffè bollente. “Oooh, sì. Ottimo, davvero ottimo, honey.”

Accigliandosi subito, Hannah ci tenne a precisare: “C'è solo una persona che può chiamarmi così, e non sei tu. Chiariamo un fatto; non era tuo diritto ascoltare la mia telefonata privata durante la mia pausa pranzo, quindi, dimentica subito quel nomignolo.”

“Altrimenti?” ironizzò Nickolas.

“Dirò a tua madre che mi hai fatto delle avances” asserì con altrettanta ironia lei, vedendolo impallidire leggermente per diretta conseguenza.

Sorpresa da quella reazione, Hannah decise di indagare più a fondo e gli domandò: “Cosa non devi fare, esattamente, perché tua madre non intervenga contro di te?”

“Non sono affari tuoi” bofonchiò Nickolas, terminando il caffè con aria piuttosto nervosa.

Spalancando gli occhi per lo shock, lei esalò un attimo dopo: “Oddio. Ti ha bloccato il fondo fiduciario!”

Infilandosi le mani in tasca, il magnate la fissò astioso e ringhiò infastidito: “Se combinerò ancora casini con una mia dipendente me lo eliminerà, è ben diverso. E visto che finora il mio salario è sempre finito lì...”

“... rimarresti al verde” chiosò senza più allegria Hannah, trovando quell'alternativa parecchio lapidaria, forse troppo.

“Cristo, Hannah, non so che farci se a volte mi escono queste battute... mi viene spontaneo! Tu sei così... così...” iniziò a bofonchiare Nickolas, picchiettando nervosamente le dita di una mano sul ripiano della cucina. Appariva al tempo stesso contrito, infastidito e parecchio nervoso. Un connubio che lasciò Hannah assai perplessa.

“... sulle mie?” lo aiutò lei, vedendolo annuire con convinzione.

“E' più forte di me. Sono abituato a donne che cadono ai miei piedi ogni giorno della settimana e poi arrivi tu e... beh, neanche mi fili... e la cosa mi spiazza ogni volta” grugnì lui prima di notare l'aria apertamente scioccata di Hannah, oltre all'alone di una risata balenare attorno alla sua bocca.

Sbattendo più volte le palpebre, lei biascicò: “Vuoi farmi credere che... che se io... mi comportassi... come... come le tue...amichette, tu... tu...”

Levando una mano per bloccare quella rachitica dimostrazione di confusione totale, Nickolas prese un gran respiro e ammise: “Non so come prenderti, okay? E’ difficile capire come comportarsi con te, visto che non sono abituato a un simile atteggiamento nei miei confronti.”

“Se mi vedessi come un uomo, sarebbe meglio?” ipotizzò lei, cercando di capire dove fosse il problema.

“Forse” borbottò il magnate. “Ma ammettiamolo, è complicato visto che si vede benissimo che sei una donna.”

Hannah si guardò il grigio tailleur dal taglio perfetto e la camicetta in vaporosa seta bianca e, storcendo appena la bocca, gli domandò: “Vuoi che venga con pantaloni e giacca? Sarebbe preferibile?”

“Dio, che razza di discussione!” esclamò l’uomo, sentendosi enormemente stupido. Ma perché, con lei, non riusciva a mettere insieme una frase di senso compiuto, se non parlavano di lavoro?

La giovane allora si grattò una guancia, sinceramente dubbiosa sul buon esito di quel discorso e, pensierosa, asserì: “Fammi capire bene. Il mio essere donna ti porta a comportarti da... latin lover, passami il termine, come faresti con tutte le altre donne che conosci ma, visto che io non ti do corda, tu ti trovi spiazzato e te ne esci con delle battutacce di spirito, oppure non sai cosa dirmi e ti incasini, giusto?”

“Più o meno è così” ammise lui, pur sentendosi male di fronte allo spaccato che aveva dipinto Hannah. Era abbastanza umiliante, ma era la pura verità.

Lei allora si esibì in un sorriso soddisfatto e dichiarò: “Direi che siamo a posto, allora. Io mi metterò i miei completi con i pantaloni e le ballerine ai  piedi, e tu ti sentirai meno a disagio. Può andare?”

“Mi fai sembrare un idiota, sai?” brontolò l’uomo, fissandola bieco.

Hannah lo guardò con sufficienza e replicò serafica: “Sei tu che hai un problema con il mio lato del cielo, non io con il tuo.”

“Modo molto carino di vedere la cosa” assentì Nickolas, ghignando.

“Ebbene? Ti può andare?”

“D'accordo. Mi mancherà vedere le tue gambe, ma...”

“Nickolas...” lo richiamò all'ordine Hannah, vedendolo scoppiare a ridere.

“Oddio, non ce la faccio! E' più forte di me! Perché cavolo sono finito in questo casino!?” ridacchiò lui, passandosi una mano tra i folti capelli castano chiari.

“Perché non hai saputo tenere a freno le tue smanie, e ora te la stanno facendo pagare cara” sentenziò la donna, scrollando le spalle con noncuranza.

“Gelida...” esalò lui, sgranando leggermente gli occhi. “Non sottolineare la mia condizione di condannato a morte, ti prego. E' crudele.”

“Sei esagerato. Puoi avere tutte le donne che vuoi fuori di qui,… perché devi saltare la cavallina anche sul lavoro?” ribatté con tono pacato Hannah, intrecciando le braccia sotto il seno.

“No comment. Ci addentreremmo in argomenti che non voglio tenere con una donna, e con la mia segretaria. Facciamo come hai detto tu e vediamo. Alla peggio, ti dirò di venire con la tuta da ginnastica” scosse le mani lui, ben deciso a non andare oltre.

“Io ti proporrei un po' di bromuro” asserì la giovane prima di sospingerlo fuori dal cucinotto e aggiungere: “Ora vai nel tuo ufficio. Tra dodici minuti c'è il cliente di New York, e tu non hai ancora controllato le credenziali che ti ho messo sulla scrivania.”

“Credenziali?” ripeté sorpreso Nickolas, fissandola da sopra una spalla con aria stranita.

“Ho fatto controllare il suo passato da un agente investigativo che conosco, tanto per assicurarci che non abbia manie pugilistiche come Mr Perkins” gli spiegò lei con un sorrisetto.

“E quanto mi costerà questa consulenza?” le chiese lui, appoggiando una mano sul pomello della porta del suo studio.

“Niente. Un favore amichevole, tutto qui” scrollò le spalle lei.

Nickolas si limitò a emettere un 'uhm' colmo di mille dubbi, ma lasciò correre e Hannah, dopo averlo visto entrare nel suo ufficio, tornò alla scrivania con uno strano sorriso sulle labbra.

Quella, in assoluto, era stata la discussione più strana di tutta la sua vita.

§§§

“Pantaloni? Come mai?” si informò Phillip, indossando una maglietta grigio fumo su un paio di jeans schiariti.

“Il mio capo preferisce così. Dice che, altrimenti, il mio essere donna lo... distrae.” Nel dirlo, ridacchiò.

Servendosi un caffè americano, Hannah aggiunse: “Ti dirò... lo preferisco anch'io. I pantaloni sono più pratici.”

“Il fatto che tu rimbecillisca il tuo capo può essere un vantaggio. E' carino?” ironizzò l’amico, ammiccando al suo indirizzo.

“Il punto non è quello, Phill. A lui basta che respirino ma, visto che sua madre gli ha letteralmente legato le palle con uno spago, se lui ci prova con me, gli blocca il fondo fiduciario” rise allegramente Hannah.

“Oh... troppe feste sul luogo di lavoro?” sghignazzò Phill, servendosi una tazza di caffè.

“Già. Io sono stata assunta perché sono immune al suo fascino, e so fare bene il mio mestiere” dichiarò con fierezza lei, afferrando la sua borsetta nera. “Ci vediamo stasera.”

“Buon lavoro. E stendilo, il tuo capo!” rise Phillip, prendendo le chiavi della sua BMW per uscire a sua volta di casa.

Hannah rise gaia nel salire sulla Ford Taurus e, dopo aver messo in moto, uscì per dirigersi sul posto di lavoro con ancora il sorriso sulle labbra.

Impiegò quasi un'ora per raggiungere il palazzo di acciaio e vetro della V.B. 3000 a Santa Monica. Non appena ebbe parcheggiato nel suo posteggio privato, entrò quasi di corsa salutando la receptionist e le guardie di sorveglianza prima di raggiungere uno degli ascensori.

Nel notare Brandon Van Berger farle un cenno, in lontananza, Hannah si affrettò a mettere una mano dinanzi alla fotocellula per bloccare le porte. Quando anche il giovane trentenne fu salito a sua volta, la donna lasciò partire l'ascensore.

“Buongiorno” mormorò lei, con un cortese sorriso.

“A te, Hannah” rispose lui, lanciandole un'occhiata curiosa. “Mio fratello ha dato di matto?”

“In che senso?” volle sapere lei.

Indicando i pantaloni e le ballerine color corallo ai suoi piedi, Brandon si fece ironico e commentò: “Allora è vero che mamma gli vuole bloccare il fondo fiduciario! Pensavo scherzasse!”

Hannah si premurò di non dire nulla ma il giovane, di tutt'altro avviso, continuò imperterrito. “Non pensavo, però, che avrebbe rivolto le sue attenzioni anche su di te. E' proprio vero che, quando vede una donna, non capisce più niente. Anche quelle che di solito non guarderebbe. O forse è solo l'idea di farsele in ufficio, chissà.”

Ancora, Hannah non aprì bocca e l'uomo, tornando a fissarla come per chiedersi se l'avesse ascoltato, si ritrovò a fissare due perle di gelido splendore che non esprimevano che una cosa: compassione.

Accigliandosi, Brandon si irrigidì visibilmente e, scostandosi nervosamente una ciocca dei lisci capelli biondicci dalla fronte, dichiarò: “Beh, peggio per lui se si impegola con te. Io non gli presterò un dollaro.”

“Non ti ho chiesto a che piano volevi andare, scusa” disse soltanto Hannah.

“Devo parlare con Nicky, quindi scenderò con te” bofonchiò lui, infilando le mani in tasca.

“Bene” si limitò a dire Hannah.

“Ma sei fatta di ghiaccio?” sbottò ad un certo punto l’uomo, tornando a guardarla con astio ben dipinto in viso.

Lei si volse a mezzo per scrutarlo negli occhi e, ben conscia che quei pochi centimetri di differenza tra loro, che le consentivano di guardarlo dall'alto al basso, gli pesavano più di quanto avrebbe mai ammesso, replicò soltanto: “No.”

A quel punto le porte si aprirono e Hannah uscì subito a passo lesto, dirigendosi con la mano protesa verso la porta dell’anticamera. Lì, a sorpresa, vi trovò già Nickolas, che stava poggiando un plico di carte sulla sua scrivania.

Volgendosi nell'udire qualcuno alla porta, lui le sorrise con apprezzamento e fece per salutarla ma, quando notò il suo scuro cipiglio e, subito dietro di lei, la figura cupa del fratello, si insospettì subito.

“Buongiorno, Hannah” disse semplicemente Nickolas, vedendola giungere alla scrivania praticamente a passo di carica.

“Buongiorno a te, Nickolas. Nuovi contratti?” gli domandò subito, trovando la forza di raffazzonare un sorriso solo per lui.

Pur grato per quello sforzo, Nickolas si domandò cosa l'avesse angustiata al punto di ridurre i suoi occhi chiari ad autentici pezzi di ghiaccio. Preferendo però non parlarne di fronte al fratello, che ancora non aveva aperto bocca, si limitò a discorrere di lavoro.

“Solo una bozza. Vorrei che li controllassi e annotassi a lato i punti che, secondo te, non sono vantaggiosi per l'azienda. Dovrò discorrerne con il Consiglio di Amministrazione sabato mattina. Pensi di farcela?”

“Nessun problema, a costo di portarmelo a casa” scrollò le spalle Hannah. “Altro?”

“Direi di no. Ci sono novità, riguardo all'affare Dreyfus?” le domandò allora lui.

Con un mezzo sorriso, lei annuì e gli spiegò di come fosse riuscita a trovare, tramite varie fonti, la segretaria personale di Nicodemus Dreyfus, magnate delle acciaierie più importanti di San Francisco e, tra le altre cose, mecenate dalle idee all'avanguardia.

Da mesi, ormai, Nickolas cercava di contattarlo ma, ogni volta, l'uomo si faceva sfuggente come le nuvole nel cielo, e parlare con lui era diventato più difficile che ottenere un appuntamento con il Presidente Obama.

Allungandogli un post-it rosa, Hannah gli disse soddisfatta: “Hai un appuntamento con lui il prossimo venerdì, alle nove di sera, nella sala da the del Waldorf Astoria di Los Angeles.”

Il magnate si aprì in un sorriso estasiato e, afferrato che ebbe il post-it, diede una pacca sulla spalla a Hannah ed esclamò: “Bel colpo, Hannah! Ma quando ci sei riuscita? Ieri sera non avevi ancora ottenuto l'appuntamento, giusto?”

Scuotendo il capo, la donna gli spiegò succintamente ciò che era successo. “Ho scoperto che la segretaria di Dreyfus è un'ufologa, perciò cercarla di notte è stato il sistema migliore. Era di ottimo umore per aver intercettato non so quale disco volante, così è stato facile farla capitolare. Stamattina alle cinque mi ha telefonato per darmi gli estremi per l'appuntamento.”

Nickolas strabuzzò letteralmente gli occhi prima di scoppiare a ridere di gusto. “Non ho davvero parole, comunque grazie. Ci tengo a parlare con Dreyfus, perché vorrei intraprendere un progetto con lui.”

“Mi sembra una persona molto eccentrica, ma valida” assentì Hannah. “Il solito caffè?”

“Sì, grazie.” Poi, rivolgendosi finalmente al fratello, gli domandò: “Ne vuoi uno anche tu?”

“Già preso” si limitò a dire Brandon. “Devo parlare con te, Nicky. Hai tempo?”

Prima ancora di guardare l'orologio Rolex in oro che portava al polso, Hannah mormorò: “Il primo appuntamento è tra trentasette minuti.”

“Bene. Vieni pure, Bran. Abbiamo tempo per discorrere un po’” gli fece un cenno Nickolas, mentre Hannah si recava nel cucinotto per il caffè.

Non appena fu solo con il fratello, il magnate poggiò la ventiquattrore di pelle nera sull'ampia scrivania in vetro satinato e, irritato, mormorò: “Che diavolo le hai detto, si può sapere?”

Sobbalzando leggermente, Brandon si limitò a infilarsi le mani in tasca e, scalciando infastidito il piede di una delle poltrone ultramoderne che si trovavano nell'ufficio, mugugnò: “Niente. Perché avrei dovuto infastidire la tua segretaria spilungona?”

Nickolas lo frizzò con un'occhiata irritata e, senza mezzi termini, replicò: “Se Hannah si va a lamentare con mamma, sono io che finisco nei casini. Quindi, molla la presa su di lei e lasciala in pace.”

“Sei tu che non sai tenere il tuo...”

Bloccandolo con uno sguardo inferocito, lui ringhiò: “Lavora bene, è competente e prende a cuore le cose che riguardano la ditta. Non posso che decantarne i pregi, fratello, e ben venga che lei non sia minimamente interessata a me come uomo, così almeno possiamo lavorare in santa pace. Guarda, … è addirittura una liberazione!”

“E' per quello che viene con addosso dei pantaloni? Perché è una liberazione?” ironizzò Brandon. “Ammettilo, Nicky. Per te, basta che respirino, e ti fa girare le palle che mamma ti abbia vietato di mettere una tacca anche su di lei.”

Nickolas non attese un attimo di più. Si avvicinò a grandi passi al fratello e, afferratolo per una spalla, strinse così forte da fargli aggrottare la fronte. Quando fu sicuro di non urlargli addosso, sibilò: “Lascia. Stare. Hannah. Non te lo ripeterò due volte. E' una segretaria maledettamente in gamba, e a me servono collaboratori come lei. E ora, se non hai che questo da dirmi, sparisci prima che lei arrivi col caffè.”

“Volevo solo avvisarti che i campioni dei nuovi reagenti sono pronti e che, se vuoi venire a vedere il collaudo, ci sarà domani alle diciotto. E ora, mollami” gli ringhiò contro il fratello, gli occhi che scintillavano di furia.

Nickolas lasciò la presa proprio mentre Hannah bussava.

Preso un gran respiro, lui diede l'assenso ad entrare e Brandon, cogliendo al volo l'occasione, uscì di gran carriera senza degnare di uno sguardo la donna. Lei, imperturbabile, entrò con passo tranquillo e poggiò il vassoio sulla scrivania del suo capo prima di fissarlo dubbiosa.

Il magnate la raggiunse con un mezzo sorriso stampato in faccia ma, quando fece per prendere la tazzina, si bloccò metà non appena le sentì dire: “Non si può stare simpatici a tutti, Nickolas, ma non voglio diventare motivo di dissidio tra voi due.”

“Cazzo... ci hai sentiti?” esalò lui, sbuffando. Sperava di aver parlato più a bassa voce di quanto, a ben vedere, aveva fatto.

Scrollando le spalle, Hannah si limitò ad asserire: “La porta era socchiusa. Me ne sono accorta troppo tardi.” Poi, con un sorrisino, aggiunse: “Posso affrontare gli sberleffi di Brandon, davvero. Non conosco i motivi della sua idiosincrasia nei miei confronti, ma la posso fronteggiare. Non devi difendermi da lui e rovinare il buon rapporto che vi lega.”

Nickolas allora rise amaramente e, dopo aver ingollato il piacevole caffè aromatizzato e bollente, ammise: “Ormai non lo riconosco neanche più, mio fratello, quindi andrei piano a parlare di 'buon rapporto'.”

Lei preferì non chiedere nulla – dopotutto, non erano affari suoi – e, quando udì la voce di Andrea, si rischiarò immediatamente in volto e si affacciò sulla porta per farsi vedere.

“Ah, eccoti qui, ragazza. Il mio figliolo ti sta già tartassando?” esclamò gioviale l’uomo, entrando nell'ufficio. “Nickolas.”

“Papà. E' tutta tua, ma per dieci minuti e basta. Dopo, la rivoglio alla sua scrivania” ironizzò il figlio, scrollando una spalla con noncuranza. “Ah, complimentati con lei. Abbiamo un appuntamento con Dreyfus.”

Andrea sgranò gli occhi così tanto che la sclera minacciò di uscire dal bulbo e, un attimo dopo, l’uomo attirò a sé Hannah in un abbraccio così improvviso e così stritolante che la donna  ne rimase scioccata.

Arrossendo copiosamente, la giovane ridacchiò imbarazzata mentre lui le batteva con forza le mani sulla schiena. Di tutte le cose che pensava sarebbero potute succedere, quella proprio non l'aveva messa in conto.

Ma le piaceva, suo malgrado, l'attenzione che Andrea le tributava, perché era sincera, priva di malizia e calorosa.

Nickolas, dal canto suo, osservò incuriosito l'intera scena e si stupì non poco nel notare, sul viso solitamente compassato di Hannah, un profuso rossore e un beato sorriso.

Curiosa, come reazione.

Scostandosi finalmente dalla ragazza, pur tenendola per le spalle, Andrea le sorrise al settimo cielo ed esclamò: “Lo sapevo che Isabel aveva avuto fiuto! Quella donna! Scovare un simile concentrato di virtù!”

Hannah allora scoppiò in una risatina imbarazzata e, scuotendo il capo, replicò: “Ora non esageriamo. Ho solo centrato un buon risultato, tutto qui.”

“Ecco, appunto, smettila papà. Stai esagerando” commentò Nickolas, avvicinandosi alla coppia per dividerli.

Andrea lo fissò malissimo e, frapponendosi tra Hannah ed il figlio, ci tenne a dire: “Non mi sembra che complimentarmi con la tua segretaria sia un'esagerazione, specie considerando da quanti mesi stai tallonando Dreyfus. Lei ci ha provato per un paio di settimane e ti ha già organizzato un incontro. Merita i complimenti che le ho fatto.”

“Papà, la stavi stritolando, è ben diverso e, se ti avesse visto la mamma, avrebbe dato in escandescenze” precisò Nick, sollevando con ironia un sopracciglio prima di strizzare l'occhio a Hannah, che sgranò gli occhi per la sorpresa.

Poggiate le mani sui fianchi, Andrea ribatté con un piccato 'ah' e mugugnò: “Non stavo facendo nulla di sconveniente.”

Sempre più malizioso, il figlio indietreggiò fino a poggiarsi contro la scrivania e, intrecciate gambe e braccia, sentenziò: “Le stavi avvinghiato addosso come un polipo.”

“Ma no!” esclamarono all'unisono i due prima di guardarsi vicendevolmente in volto per poi scoppiare a ridere di gusto.

Quella scena sconcertò Nickolas.

Era la prima volta in assoluto che sentiva ridere a quel modo Hannah e soprattutto, la prima volta - dacché lo conosceva - che suo padre si lasciava andare a quel modo con un dipendente.

Aveva sempre tenuto un contegno educato, pur se informale, con i suoi sottoposti ma, fin dal primo giorno in cui aveva conosciuto Hannah, con lei si era sciolto come un gelato sotto il sole.

La trattava alla stregua di una parente stretta e, spesso e volentieri, si intratteneva con lei a pranzo per lunghe chiacchierate.

E questo, dopo poco più di un mese di permanenza in ditta. Cos'aveva, Hannah, per stregare a quel modo suo padre?

Quando lo scoppio di risa scemò, Andrea si rivolse al figlio dicendogli: “Non farti strane idee, ragazzo. Non sto tampinando la tua segretaria. Anche se, avessi vent'anni di meno...”

Hannah fece tanto d'occhi e, poggiando le mani sui fianchi, fissò seriosa l'uomo e sbottò: “Mr Van Berger! Insomma!”

Una nuova risatina scaturì dalle labbra generose di Andrea che, presala sotto braccio, la accompagnò fuori dall'ufficio del figlio dicendole all'orecchio: “Non farci caso, ragazza. Ogni tanto mi piace scherzare.”

“Ho notato” mugugnò lei, pur sorridendo.

Quando la porta fu chiusa alle loro spalle, Nickolas non seppe se sentirsi escluso da quel quadretto o scoppiare a ridere di gusto come, in precedenza, avevano fatto loro.

“Che razza di giornata” sentenziò lui, tornando al suo posto.

Nel giro di dieci minuti al massimo sarebbe giunto il suo primo cliente e non aveva ancora controllato i documenti che Hannah gli aveva fornito. Meglio mettersi al lavoro.

  
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