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Autore: kami_is_lost_and_delirious    15/12/2007    0 recensioni
"Jade, mi prometti una cosa?" le aveva detto Carmen un giorno. "Se posso..." aveva risposto lei timidamente. Carmen le aveva preso la mano e le aveva detto "Amiche per sempre. Per tutta la vita più un giorno. Promettilo." "Lo prometto." Ed erano scoppiate a ridere.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un anno.

Un anno esatto era passato da quella sera in cui la sua migliore amica si era suicidata.

Un anno esatto che non usciva più di casa.

Un anno esatto che ogni sera pregava perché la sua amica fosse in pace.

Un anno esatto che non versava neanche una lacrima.

Tutto le era passato attraverso, non si interessava più a niente e passava le sue giornate a letto o ad ascoltare musica. Non guardava la televisione e non leggeva, non sorrideva più. Studiava e portava a casa dei voti altissimi, ma non era felice e i suoi genitori l'avevano portata in ospedale. I medici l'avevano chiamata depressione. Già. Succede questo quando la tua migliore amica si taglia le vene e tu resti da sola in un mondo che odi.

Almeno prima le cose le condivideva con lei. Almeno prima si telefonavano tutti i giorni, si parlavano e si confidavano tutto.

Non si interessava più agli amici. Non che ne avesse mai avuti tanti, ma i compagni di classe con cui era sempre andata d'accordo ormai avevano capito che la dovevano lasciare in pace. Non era cattiva, gli voleva bene a modo suo. Ma senza Carmen niente era più attraente. Niente aveva più senso.

Ed ecco che, a un anno dal “giorno”, si vestì, prese l'iPod e uscì di casa lasciando un biglietto a sua madre con la sua destinazione.

Le era sempre piaciuto correre. La eccitava, la fatica e i muscoli che si affaticano la rilassavano. Inutile dire che non aveva più corso da allora.

Imboccò il sentiero a destra del suo palazzo, quello che quando era piccola amava così tanto e in cui andava con Carmen in bici a otto anni, a cercare le lucciole. E a promettersi amicizia eterna.


"Jade, mi prometti una cosa?" le aveva detto Carmen un giorno.

"Se posso..." aveva risposto lei timidamente. Carmen le aveva preso la mano e le aveva detto "Amiche per sempre. Per tutta la vita più un giorno. Promettilo." "Lo prometto."

Ed erano scoppiate a ridere.


Questo era l'episodio che le veniva in mente più spesso. Amava ricordare l'amica scomparsa, la faceva stare bene. Ma poi si ricordava che non l'avrebbe mai più rivista, e ricominciava a diventare apatica.

Si ricordò del “giorno”. Che brutto giorno. Non l'avrebbe augurato neanche a Shelly Dalton, la principale cheerleader della sua scuola, quella che prendeva sempre in giro con Carmen. Quanto odiavano quella ragazza. Aveva fregato i ragazzi a tutte e due milioni di volte e se Dio avesse sentito le loro maledizioni la poverina avrebbe già dovuto essere sottoterra da un pezzo. Povera Shelly, in fondo aveva un papà ricco che la viziava e lei era cresciuta così, non era del tutto colpa sua.

Ma stava divagando. Si ricordava perfettamente il “giorno”, non c'era notte in cui non lo sognava e si svegliava urlando. Suo fratello Joey i primi tempi andava nel letto con lei e la abbracciava, le carezzava i capelli e le baciava la fronte, e lei con gli occhi sbarrati si sentiva in colpa perché non era capace di versare neanche una lacrima per la sua migliore amica morta. Col tempo la situazione era peggiorata, si sentiva sempre più colpevole e non riusciva a dormire la notte. Lei amava suo fratello, la rassicurava sempre. Ma poi si era sposato e non era più stato a casa a coccolarla. E nessun altro lo faceva.

Quel giorno. Era un giovedì. Aveva appena avuto il corso di chitarra, era tornata a casa e aveva trovato la polizia e il preside e la mamma di Carmen in cucina con sua madre. Aveva capito subito che qualcosa non andava. La mamma di Carmen aveva gli occhi gonfi e rossi, e sua madre stava cercando di non piangere. Le si avvicinò e le spiegò tutto. Lei si mise a urlare dicendo che non poteva essere vero perché NON POTEVA ESSERE VERO. La sua Carmen morta. Bianca. Fredda. Non avrebbe più riso con lei, non l'avrebbe più aiutata in matematica e non l'avrebbe più abbracciata. Era svenuta. E non si ricordava più nulla di quella sera, tranne le urla dei suoi genitori che c'erano sempre e le sue urla all'obitorio con la mamma di Carmen per riconoscerla...basta. Non poteva ricordare. Le faceva male.

Non doveva pensare, ecco.

Era arrivata al bivio, quello in cui da una parte si torna in città e da una parte si sale e si va al castello dove c'era il suo posto preferito. Con Carmen ci andava sempre a studiare in primavera.

Si attraversavano i ruderi del castello medievale e si arrivava vicino alla chiesetta adiacente per poi sbucare in uno spiazzo con degli da alberi enormi, querce forse. Da una parte gli alberi terminavano e c'era uno strapiombo con delle sterpaglie sulla montagna e in fondo c'era il fiume, e se si stava in silenzio si sentiva il rumore dell'acqua. Nelle giornate di pioggia sembrava ci fosse un concerto metal là sotto dal rumore che arrivava.

Imboccò la strada del castello e arrivò allo spiazzo. Si sedette in un angolo vicino ad una quercia non facendo caso alle foglie che si attaccavano alla sua tuta e prese il quaderno che aveva con sé.

Iniziò a scrivere. Passarono minuti, ore intere. Si fece buio. Era soddisfatta di ciò che aveva fatto. Era una lettera. A sua madre. Quella madre che non l'aveva mai capita e che con lei si era sempre lamentata. Alla fine diceva:


"Dì a Joey e a sua moglie di non preoccuparsi per me. Io sto bene qui, dovunque sia qui. Ne sono sicura.
Ti voglio bene, anche se non hai mai saputo capirmi. Anche se non mi sei stata vicina dopo la morte di Carmen, anche se ti ho odiata. Non importa mamma, io ti capisco. Ti perdono. Spero di non essere più un enigma per te dopo questa lettera."


Si alzò, mise le sue cose in un posto ben visibile, la lettera sopra tutto. Poi si avvicinò allo strapiombo.

Non aveva dubbi.

Un anno era passato, ma non ne sarebbe passato uno ugualmente terribile.

Era sicura già da tempo della sua decisione. Guardò un po' il vuoto sotto di sé poi prese fiato e saltò.

Niente urla teatrali, era sola e non voleva urlare. Le braccia aperte come ali, stava davvero volando verso una vita migliore?

Mille ricordi le vorticarono in testa. E' proprio vero che quando stai per morire ti torna in mente tutto, pensò. Vide Joey e lei da piccoli, sua madre, suo padre ormai lontano, Carmen. Vide il suo viso grassottello di bambina, le loro mani intrecciati e sentì la sua voce che le diceva .

Stava per arrivare a terra.

Era quasi fatta.

Sentì bruciare gli occhi, e qualcosa di caldo le scivolò sulla guancia.

Toccò terra con un tonfo non troppo aggraziato.

Ebbe la forza di portarsi una mano al viso e toccare quella strana cosa che le era uscita dagli occhi.

Era calda, bagnata, la portò più vicina agli occhi e la esaminò con le poche forze che le restavano. Erano molto poche. Stava per morire. Lo sentiva. Come si chiamava quella cosa? Se ne era dimenticata anche il nome.

Ah si, ecco. Lacrima.

Sì, una lacrima.

E poi il buio.

  
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