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Autore: Piccolo Fiore del Deserto    30/05/2013    2 recensioni
Fiamme divoravano il corpo di una donna legata a un palo sulla cima di un palchetto. [...]
“Strega, assassina, figlia e moglie del demonio…” tanti epiteti le venivano scagliati, mentre sagome scure puntavano croci verso di lei intonando litanie atte a scacciare il male e a purificare, insieme al fuoco, la sua anima corrotta. Il corpo bruciava, urla strazianti uscivano dalle sue labbra, mentre deperiva come un semplice ciocco di legno. Faceva male, colpiva nel profondo, e non aveva fine. Una morte lenta, tormentosa, inquietante.
Altre figure scure s’intromisero tra i popolani, ma non avevano volti: maschere nascondevano i loro tratti, assumendo il grottesco ghigno di un lupo. Lupi, troppi lupi intorno a sé.
Tra quell’oscurità e il fumo che le saliva sino agli occhi appannandole la vista affaticata dal dolore, scorse un’altra sagoma: era un vero lupo dal manto come neve e profondi occhi cristallini che la fissavano intensamente. La donna lo scrutò per alcuni istanti e il dolore sembrò attenuarsi.
Ma chi era quella donna?
Con mio profondo sgomento repressi a stento un urlo: quella donna ero io.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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XXXIII
 La Tortura


    Invitai le due streghe a trascorrere il resto della notte lì, ma rifiutarono. Non volevano mettere in pericolo la mia vita, né la loro, ma era necessario informarmi. Claire, la mia Claire, era scomparsa e il mio cuore si era fermato per qualche minuto. Non era da lei scappare senza dire una parola, né stare fuori per troppo tempo, quindi, guardandoci a vicenda avevamo già compreso cosa potesse esserle successo. Ma come era potuto accadere?
Quando Elodie e Cécilie se ne erano andate, scomparendo come ombre nella notte, io ero spinta da una voglia inconsolabile e forse folle di andare da Padre Paul, intercedere presso di lui, per liberare Claire. Fargli capire che non era una strega, che non aveva causato alcun male; cercare di entrare nel suo cuore per scaldarlo di una nuova luce ma Mickel me lo impedì.
    « Devo andare da Claire, devo fare qualcosa… »
    « Non puoi fare nulla, ora. Lo sai » ribatté lui, stringendomi le braccia, per bloccare ogni mio movimento.
    « Mickel lasciami! » sbottai, nervosa. « Non puoi impedirmi di salvare mia sorella, non puoi farlo. Io devo andare, Padre Paul mi aiuterà ».
Lui rise, per poi scuotere il capo. « Credi davvero che in quell’uomo non sia insita la stessa stupidità che hai visto negli inquisitori? » domandò, con tono quasi sarcastico.
    « Lui è diverso… » mormorai, ma nel momento stesso in cui avevo proferito queste parole, ne dubitai anch’io.
    « Lui era lì quando una bambina stava per ardere. Lui non ha fatto niente per impedirlo » le sue parole, dense di gelo e verità, m’impedirono di ribattere.
Era vero. Padre Paul non aveva mosso un dito, anzi, sembrava quasi contento della cosa. Una parte di me cercò delle giustificazioni, ma nessuna di queste riusciva a convincermi. Forse anche lui provava davvero il malsano desiderio di colpire le presunte streghe.
Mi bloccai e repressi la mia volontà di ribattere o di muovermi. Il mio corpo cedette e mi ritrovai a cadere, se non fosse per il sostegno di Mickel. Lui mi prese tra le braccia, quasi come una bambina, e mi riportò a letto, dove mi adagiò con cura.
    « Non voglio perderla… » mormorai, mentre lacrime sgorgarono dai miei occhi chiari, di loro propria volontà.
Mickel restò senza parole, ma posò le sue labbra sulla mia fronte. Sembrava quasi che il fuoco mi bruciasse, ma era una fiamma piacevole, dove volevo perdermi.
Reagire non era possibile, al momento. Ma con il nuovo giorno avrei fatto qualcosa. Nessuno poteva impedirmelo. Sarei tornata al Salice e, forse, unendo i nostri poteri avremmo potuto salvare Claire prima che fosse troppo tardi. Avrei seguito l’esempio di Sylvie. Non potevano uccidere ancora. Vincere ancora loro. Il bene doveva trionfare.


*


    La luce del sole s’insinuava sinuosa nella piccola finestra della mia stanza, riverberando sul mio viso. Strizzai leggermente gli occhi, voltando il viso poi, lentamente, li aprii cercando di adattarli alla luminosità del giorno. Sfiorai con una mano l’altra parte del letto che, purtroppo, trovai vuota. Mickel, probabilmente, era dovuto andare a Palazzo e non poteva rimanere. Mi stirai un poco, allungando ogni fibra del mio corpo, e sbadigliai. La notte non era stata semplice dopo le tristi notizie del giorno precedente, ma tra le braccia di Mickel ero riuscita a trovare conforto, fino a sprofondare in un sonno senza sogni.
Un nuovo giorno aveva inizio ed io dovevo essere pronta a reagire, seppure provassi un malessere più mentale che fisico, che mi riduceva senza forze. Troppi pensieri confondevano la mia testa e non sapevo da che parte iniziare.
Portai le mani sul capo, come se premendomi le tempie, potessi dare loro un ordine, ma poi sospirai affranta. Di Louise-Marie mi sarei occupata in seguito; in fin dei conti dovevo lasciare passare i giorni, per permetterle di sbollire quella rabbia che le accecava occhi e cuore.
Dovevo occuparmi di Claire.
Ero presa da tali pensieri, quando udii dei colpi alla porta. Mi sistemai un poco ma poi, sperando che Mickel fosse tornato indietro, mi precipitai ad aprire, ma la sorpresa non fu minimamente piacevole.
Impallidii nello scorgere quattro gendarmi al servizio dell’inquisizione, che mi guardavano con sorrisi lascivi e, in mezzo a loro, l’unico inquisitore rimasto.
    « Madame Marli? »
    « Sì, sono io » risposi, trovando un poco di coraggio, seppur il tono di voce fosse così sottile da temere di non essere stata capita.
    « Dovete seguirci, sono state mosse accuse gravi contro di voi ».
Spalancai gli occhi, e udii come dal nulla, la voce di Louise-Marie.

 Prendi il tuo sudicio regalo, strega! Ora me ne vado, ma la mia vendetta arriverà ben presto!

Strega. Accuse gravi contro di me. Mi sentii venir meno, ma cercai di raccogliere le mie forze per non svenire dinanzi a loro.
    « Quali accuse, se posso permettermi? »
    « Non è qui che ne parleremo. Se non avrete nulla da nascondere, tornerete tranquilla a casa ».
Lo guardai sorridere ambiguamente, ma sapevo che erano solo vane illusioni. Se li avessi seguiti, non sarei mai più tornata indietro ma, allo stesso tempo, non potevo fare altrimenti.
    « Vi chiedo di seguirmi senza fare storie, o la vostra posizione potrebbe aggravarsi ».
    « Datemi solo qualche minuto, vi prego. Ho la mia bambina che non può rimanere da sola ».
L’inquisitore mi guardò con occhi gelidi, e poi le sue labbra sottili formarono un nuovo sorriso, più simile a un ghigno.
    « Oh, ma vostra figlia la porteremo con noi ».
    « No! » gridai, improvvisamente.
    « No? » mi fece eco lui.
    « Verrò con voi, ma non toccate mia figlia. Ve ne prego, Padre. Lasciate che la porti da Madame Le Marchand e poi vi seguirò » lo implorai, temendo per la vita di mia figlia. Quel piccolo pargoletto non c’entrava nulla.
Ma lui non si lasciò prendere da sentimenti di pietà. Si voltò verso i gendarmi, ai suoi lati e impartì un ordine che mi gelò il sangue nelle vene:
    « Ispezionate ogni angolo di questa casa e trovate ogni possibile oggetto di cui non potete comprendere il significato o l’uso » fece una pausa e poi aggiunse « E prendete la bambina, la portiamo con noi ».
Gridai di nuovo. Implorai. Corsi verso mia figlia, ma uno dei gendarmi mi bloccò la strada, precedendomi e prendendo senza troppa grazia la bambina, che iniziò a piangere impaurita.
Implorai il gendarme, ma anche nei suoi occhi non riuscii a scorgere neanche un filo di pietà.
Se quella era la sua vendetta, Louise-Marie aveva saputo ben colpire.
Sarei stata disposta a morire, ma non potevo permettere che mia figlia subisse ogni genere di male.
    « Ho trovato qualcosa » disse l’altro gendarme, e consegnò all’inquisitore un ciondolo su cui spiccava una pietra scura. Il mio regalo protettivo a Flaviano era lì. L’avevano trovato, e poteva rappresentare la certezza assoluta della mia colpa.
Ero una strega e presto avrei pagato anche con la vita.
Louise-Marie stava per riprendersi la sua vittoria.



*


     Mi posero all’interno di una sorta di grande cesta, sorretta da un palo di legno, sollevata da terra, per impedirmi – se fossi stata realmente una strega – di attingere forza dalla terra e liberarmi. Li osservai incredula, ma non potevo far altro che sottostare ai loro ordini. Fossi stata da sola, avrei tentato di fuggire, ma ogni mossa falsa avrebbe messo in pericolo la vita di mia figlia. Attraversammo il sentiero principale di Sivelle, che conduceva verso la piazza cittadina, e poi verso il Palazzo. Il Conte aveva messo a disposizione degli Inquisitori le segrete, in modo tale da processare e valutare con attenzione ogni caso di stregoneria presente nel suo territorio. Avvertivo lo sguardo di ogni cittadino su di me: colsi stupore in alcuni, ma altri bisbigliavano tra loro e annuivano. Forse in molti mi credevano capace di far del male. Strinsi a me la piccina, cercando di tranquillizzarla tra le mie braccia, e guardai avanti. Tentai – con difficoltà – di non mostrarmi debole, di non piangere, di non farmi vedere troppo sofferente. Alzai il capo, fiera, ma quando udii una voce a me cara, mi voltai e sentii il mio cuore fermarsi, straziata da quella visione.
Madame Le Marchand avanzava con affanno verso di noi, seguita dalla piccola Julie che, nell’intercettare il mio sguardo, sbiancò improvvisamente. La giovane apprendista si sentiva ancora terribilmente in colpa per aver accusato Lydie e averla quasi gettata tra le braccia della morte, ma ero ben consapevole del suo immenso affetto nei miei riguardi, e quasi mi commossi nel vederla piangere.
    « Padre, Padre, state facendo un errore! » esclamò Madame, quando ormai fu vicina. Il giovane inquisitore si fermò e così i suoi uomini, ed io spostai lo sguardo su di lei. Sarei voluta andare via, scomparire. Non potevo sopportare il dolore negli occhi di colei che amavo come una madre.
    « Non c’è errore di sorta, Madame » replicò, l’uomo di Chiesa, in tono gelido. « Ma presto interrogheremo Madame Marli e se avremo fatto un errore, faremo ammenda dei nostri peccati ». Posò una mano sul cuore, come se fosse sincero, ma io sapevo che avrebbe fatto di tutto per accusarmi e gettarmi tra le fiamme.
    « Dove la stata portando? Desirée, Madame Marli, è una donna di buon cuore » continuò Madame, alternando lo sguardo tra lui e me. « E la bambina… »
    « Verificheremo presto se la dama presente ha un cuore puro, e la bambina verrà con noi. Non vorrete, certo, allontanare una figlia dalle braccia di sua madre » disse, scrutandola con quei suoi occhi scuri e implacabili.
    « No, ma… »
Cercai di concentrare tutta la mia attenzione su di lei, sperando che lei potesse leggere i miei occhi. Non doveva continuare, non potevo metterla in pericolo. Chiunque avesse ostacolato il braccio della Chiesa nell’adempiere un’impresa di tale portata, voluta da Dio stesso, avrebbe rappresentato una prova certa di colpevolezza. Non potevo permetterle di rischiare, né la piccola Julie.
Madame sembrò combattere tra diversi pensieri, ma poi abbassò lo sguardo per qualche istante, arrendevole. Quando tornò a guardarmi i suoi occhi grigi erano bagnati di lacrime, e per un momento una sensazione gelida mi sfiorò il cuore: era come se presagisse una possibile morte, come se quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo viste.
Avrei voluto abbracciarla. Avrei voluto farle capire quanto bene provavo per lei, ma i miei occhi parlavano e lei sapeva ormai leggere nella mia anima. Madame Angélique Le Marchand sarebbe rimasta per me come una seconda madre, e io l’avrei amata per sempre. Le rivolsi un dolce sorriso, mentre sentivo i miei occhi pungere per lacrime imminenti, tuttavia le ricacciai indietro. Dovevo essere forte. Per lei, per me, per Julie, per Alizée.
    « Lasciateci passare ora » ordinò perentorio l’inquisitore, facendo un gesto ai gendarmi affinché riprendessero il passo. Madame si scostò un poco, ma non smise di guardarmi. Sentii Julie gridare il mio nome e tentare di corrermi dietro, ma Madame la bloccò, stringendola con forza a sé, cercando di attenuare i suoi singhiozzi, quel dolore che lei stessa stava provando.
Guardandole insieme pensai che, per alcuni anni, avrebbe avuto un’altra figlia con sé, anche se mi era parso di vederla invecchiare di colpo.


*


    Giunti alle segrete del Palazzo, una donna anziana e tarchiata, priva di bellezza, mi strappò Alizée dalle braccia. Tentai di impedirglielo, di implorare quegli uomini a tenerla con me, ma tutto fu presto inutile. Mi spinsero con la forza a lasciarla, ed io non potei far altro che accasciarmi a terra e vedere la mia piccola che si allontanava piangendo e allungando le sue braccia verso di me, fino a scomparire.
In quel momento crollai. Non riuscii a trattenere più le lacrime, neanche quando due gendarmi mi sollevarono con poca grazia e mi spinsero verso un corridoio oscuro.
Il sole estivo, che splendeva nel cielo, sembrava ormai lontano, ma il calore del mio corpo mi aveva già abbandonata da prima. Avanzai lentamente, fino a ritrovarmi in una sorta di grande spiazzo in pietra, su cui spiccava una lunga corda appesa al soffitto legata a una carrucola, e un tavolo con due sedie, una delle quali già occupata – con mio sgomento – da Padre Paul.
In un attimo di speranza, mi divincolai dalla presa degli uomini e mi chinai ai piedi del Pastore, sfiorandogli appena la veste.
    « Padre Paul, voi siete clemente e mi conoscete da tempo, vi prego aiutatemi ».
Padre Paul mi osservò con sdegno e disprezzo, e con un semplice gesto del dito ordinò ai gendarmi di spostarmi da lì. Fui sollevata di nuovo, avvertendo le mani grosse e sudice di quegli uomini schifosi, e notai il suo gesto di stizza nel pulirsi la veste, come se fossi una mendicante o una persona malata.
Rammentai in quel momento le parole di Mickel e compresi quanto fossi stata stupida ad abbassarmi ai suoi piedi, cercando aiuto. Padre Paul era come gli altri. Non mi avrebbe aiutata. Il suo cuore era marcio.
Restai in piedi, dove mi lasciarono i due uomini, e notai il giovane inquisitore sedersi accanto al Pastore di Sivelle. Rimase in silenzio, sostenendo però i loro sguardi indagatori. Avevo peccato nell’accasciarmi a terra a implorare, ma ora avrei reagito diversamente.
Non avevo colpe. Non avevo fatto nulla di male e loro lo avrebbero capito.
I due uomini vestiti di scuro rimasero in silenzio per diversi minuti, poi quando presero parola, fu solo per ordinare a persone nascoste dietro a una porta di entrare. Entrarono altri uomini e una donna, che mi si avvicinarono, con sguardi duri.
    « Procedete pure » sentenziò, l’inquisitore.
Non sapevo cosa dovesse succedere. Pensavo che si trattasse solo di un semplice interrogatorio, ma quando avvertii le mani della donna sulle mie vesti, mi ribellai.
    « Stai ferma Strega, è meglio per te » sibilò, prima di andare ad allentare i fili del mio vestito, fino a denudarmi completamente.
Fui lasciata nuda e scoperta di fronte a quegli uomini e tentai di coprire la mia intimità con le mani. Provavo vergogna, mi sentivo sporca, osservata in maniera così lasciva da quegli uomini luridi e rozzi, da quegli uomini di chiesa, e anche dai nuovi arrivati che si azzardarono anche a muovere le mani verso di me.
    « Che cosa state facendo… » dissi, ma subito la voce dell’inquisitore si alzò.
    « Tacete ».
Mi sentii ribollire il sangue nelle vene. Avrei voluto gridare, sputargli, scappare da lì, ricoprire le mie nudità. Mi sentivo male. Non potevo più sostenere quegli sguardi.
La donna si allontanò con le mie vesti e svanì di nuovo nell’oscurità, mentre due uomini alti e magri, mi fecero sedere a terra. Sentii il freddo delle rocce propagarsi in ogni parte del mio corpo, e in quel momento avrei voluto davvero attingere alla forza degli elementi per ribellarmi. Ma un tale incantesimo richiedeva la giusta concentrazione, ed io non potevo allontanare facilmente quella miriade di tristi e vergognosi sentimenti che provavo.
Uno dei due uomini estrasse dalla tasca dei suoi abiti un paio di forbici, e le avvicinò ai miei capelli.
Un colpo solo e i primi boccoli dorati caddero a terra.
Guardai quella parte di me scivolare verso il basso e compresi che quello era solo l’inizio.
Louise-Marie era riuscita a vendicarsi veramente bene.
Altri colpi di forbice e pian piano quella massa di capelli che tanto adoravo e che Flaviano aveva tanto decantato, scomparve dal mio capo, riversandosi a terra.
Flaviano… se lui fosse stato ancora vivo, mi avrebbe protetta?
Mickel. Avrebbe scoperto la mia assenza? Mi avrebbe salvata?

Rimasi a terra, cercando ancora di coprire le mie nudità, ma ormai mi sentivo spenta e vuota. Il capo mi era stato rasato, e il mio corpo nudo era osservato con cura e avidità da quei vermi schifosi, che amavano solo far del male, accusando persone innocenti di farne ad altri.
Quando il secondo uomo estrasse una serie di spilli, spalancai gli occhi e urlai.
    « C-cosa volete farmi? » dissi, in un sussurro appena percepibile.
   « Oh, tranquilla. Dobbiamo solo cercare il marchio del diavolo » spalancò le labbra in un ghigno, mostrando denti gialli e marci che mi diedero la nausea.
Il marchio del diavolo? Che cosa era? Non riuscivo a comprenderlo.
Due gendarmi si avvicinarono, spingendomi a terra, facendomi sbattere la testa sulla pietra, seppur lievemente. Uno mi prese le braccia, scoprendomi così il seno e il punto proibito, l’altro mi tenne bloccate le gambe, ed entrambi mi osservavano con grande desiderio nei loro occhi. Gridai, implorai, ma non ci fu verso di bloccarli.
E… quando il primo ago mi punse il corpo, compresi quale fosse il modo di scoprire quel marchio. I primi spilli mi portarono a gridare, ma man a mano il dolore si faceva più sopportabile, come se il mio corpo si abituasse.
Quando ne infilarono uno sulla coscia destra, così vicina al mio sesso, mi sentii mancare. Ma ormai avevo perso ogni forza. Mi sentivo debole, e abusata. Come se quegli uomini avessero raggiunto ogni parte del mio corpo e della mia anima. Non gridai, e quello parve essere il segno che la ricerca era, ovviamente, andata a buon fine o forse semplicemente – come ben speravo – era giunto il momento di finirla con quella tortura e comprendere che non fossi una strega, perlomeno nel senso che loro intendevano.

    « Bene, potete andare » ordinò l’inquisitore ai due uomini che si erano occupati così di me, e poi si voltò verso i gendarmi che, fingendo nulla, si erano arrogati da soli il diritto di sfiorarmi il seno o le cosce. Borbottarono lievemente, quando furono interrotti, ma prontamente mi sollevarono da terra e sostenerono con sgarbo, riportandomi dinanzi ai due uomini di chiesa.
    « Possiamo procedere con l’interrogatorio ».
Non dissi nulla. Mi avevano già umiliata e non sapevo cosa rispondere, ma dovevo trovare la forza necessaria a ribattere prontamente alle supposizioni errate che certamente Louise-Marie aveva infuso in loro.
    « Madame Chervalie, Marli, siete stata accusata di aver commesso maleficium su due uomini » sentenziò l’inquisitore, scrutandomi con attenzione per qualche istante. « Monsieur Flaviano Marli, vostro marito, e il Capitano delle Guardie del Conte, Monsieur Mickel Svensson ».
Inorridii a quelle parole, anche se immaginavo qualcosa di simile. Per Louise-Marie era facile accusarmi di aver stregato il suo uomo, anziché comprendere che ci univa un amore vero e reale, ma come potevano sostenere che avessi commesso qualcosa contro il mio Flaviano? Guardai Padre Paul, cercando di suscitare una qualche emozione in lui. Era stato lui a sposarci. Lui ci conosceva sin da bambini. Lui sapeva quanto lo amassi, quanto avessi sofferto nel perderlo, come poteva accusarmi di questo? Ma lui non mi guardò neanche un istante, come se io fossi sporca, o semplicemente non poteva sollevare i suoi occhi da religioso su un corpo femminile completamente nudo.
    « Confessate di aver commesso ciò di cui siete accusata? » domandò, implacabile, l’inquisitore.
Io scossi il capo, e risposi:
    « Se l’amore è considerato peccato, che io sia accusata ». Trassi un profondo respiro, cercando di modulare meglio la mia voce, per essere più forte. « Ma non ho mai commesso alcun maleficium contro l’uomo che amavo, mio marito. Ho sofferto per la sua morte. L’ho amato quando era in vita, e ancora ora i miei sentimenti indugiano nel mio cuore, e non smetteranno mai di esistere ».
    « Eppure è stato trovato questo nel vostro appartamento. Testimoni oculari sostengono di averlo visto al collo di vostro marito. Una pietra scura, regalata da voi. Un amuleto realizzato da una strega ».
    « Mi dispiace contraddirvi, Padre, ma è un gioiello. Un ciondolo che ho regalato come pegno del mio amore e ricordo di me quando lui è partito per la guerra. Volevo proteggerlo, non maledirlo ».
    « Menzogne! » strillò, ma io non sobbalzai. Cercai di ancorarmi alla terra, per rimanere salda e dare l’apparenza di essere ferma. « Vostro marito è morto in battaglia, proprio dopo aver ricevuto come regalo quest’amuleto demoniaco! »
Sentii affiorare le lacrime, ma le ricacciai indietro.
    « Mio marito non lo portava con sé quando è morto. Non è stato il ciondolo a causare la sua morte! » mi accorsi di alzare la voce, e uno dei gendarmi mi strattonò il braccio, facendomi gemere. « Lui è morto per salvare il suo più grande amico… il suo capitano ».
    « Il Capitano Svensson » replicò, prima di soppesare le ulteriori parole. « Avete gettato un maleficium anche su di lui. Non vi è bastato far morire vostro marito, mentre nel vostro grembo nasceva vostra figlia. Ne avete approfittato per soggiogare anche il Capitano. Ditemi, con quali artefizi magici lo avete allontanato dalla sua futura sposa, portandolo nella vostra alcova? »
Arrossii di rabbia. Non potevo credere di essere condannata per simili accuse non veritiere. Flaviano volevo proteggerlo, perché lo amavo, ed era sempre l’amore che mi aveva condotta verso Mickel.
Possibile che non lo comprendevano? Possibile che nutrivano una simile invidia da condannare chi provava amore?
    « Non ho fatto nulla, nulla! » urlai, ancora, incurante della nuova stretta al braccio che di certo mi avrebbe lasciato presto un livido. « Mickel… il Capitano Svensson era rimasto solo e tra noi, nel corso del tempo, è sorto un sentimento puro e intenso. C’è solo amore. L’amore è un peccato? »
    « L’amore verso un uomo di un’altra è un peccato molto grave. Non desiderare la donna d’altri, citano i Comandamenti, e ancor di più voi donne non avete diritto di desiderare uomo altrui. Siete sposata. Avete una figlia, e avete commesso un grave peccato, e dovrete fare ammenda ».
    « Non provo vergogna per quello che ho fatto ».
Sentii i loro occhi volgersi verso di me. C’era sfida, gelo, cattiveria pura. Un desiderio malsano di vedermi abbassare la testa e implorarli, come avevo fatto pocanzi. Ma non si sarebbe ripetuto. Sostenni i loro sguardi e poi, l’inquisitore disse:
    « Siete stata vista anche accanto alla strega che ha realizzato quel maleficio che ha causato la morte del Padre Piccard, pace alla sua anima che nell’alto dei Cielo ora trova pace » si fermò, facendo il segno della croce, copiato da Padre Paul. « Ci sono altre come voi? Avanzate altri nomi, e potrete forse essere perdonata. Sempre se vi dimostrerete umile, farete ammenda dei vostri peccati, e chiederete il perdono di Dio ».
Scossi il capo e serrai le labbra. Non proferii nome alcuno. Non avrebbero udito dalle mie labbra accuse verso le mie amate sorelle. Non avrei fatto il loro sporco gioco. Tanto sapevo che la mia fine sarebbe stata la medesima.
    « Non parlate? »
Scossi il capo di nuovo e ugualmente non risposi. Uno dei gendarmi mi schiaffeggiò, facendomi cadere a terra. Portai le mani al viso, sentendolo bruciare. Dolore. Ma non mi sarei piegata.
    « Fermatevi. Non è questo il modo. Se non volete parlare ora, lo farete domani. Abbiamo altri metodi per ottenere le confessioni ».
Il suo sguardo indugiò sulla corda e su altri attrezzi che prima non avevo notato, ma che mi misero i brividi e spinsero a guardare altrove. Avevo paura. Terribilmente paura, ma non potevo cedere. Sylvie non lo avrebbe fatto.
    « Domani vedrete anche la vostra bambina, forse così vi si scioglierà la lingua ».
I gendarmi iniziarono a ridere e fare segni volgari al mio indirizzo, ed io fissai i due ecclesiastici con occhi sbarrati.
    « Mia figlia non c’entra nulla. Non potete, Padre Paul, aiutatemi! »
    « Portatela via. Una notte in cella le permetterà di pensare ».
I gendarmi mi presero rozzamente per le braccia ed io mi accasciai.
Fui sbattuta a terra, in una cella rozza e maleodorante, dove v’erano altre tre o quattro donne. Alcune erano ferite, avevano lividi sul volto e sulle braccia, ma tutte avevano subito il mio trattamento: erano rasate e nude, e le loro caviglie strette a gelide catene, come del resto fissarono a me.




















__________________________________________________________________
Non è stato per nulla facile scrivere questo capitolo. Ho letto molto sulla caccia alle streghe e i metodi di tortura, e ogni volta resto nauseata dalla crudeltà perpetuata su persone innocenti, soprattutto donne, accusate di crimini non commessi. La tortura che ho descritto qui è fievole in confronto ad altri metodi, ma ammetto che non riuscivo ad andare oltre e forse avrei davvero dovuto alzare il rating da arancione a rosso. Ho letto che svolgevano davvero questi "riti", questi atti orrendi. Forse non è sicuro, ma ho cercato di estrapolare dalla storia qualcosa che potesse essere utile alla mia trama. Spero che sia riuscita a trasmettere sentimenti non piacevoli, che potrebbero anche far riflettere. Come già detto, sono sempre stata interessata su un tale argomento ed è proprio per questo che è nata tale storia.
Come al solito, voglio chiarire, che non c'è nessun attacco ad alcuna religione. Io sono aperta a tutto, ma è ovvio che nei secoli passati - ma del resto anche ora non è che le cose siano del tutto migliorate - ci sia stata troppa crudeltà. Davvero, troppa. E, in fin dei conti, questi atti sono da condannare, ma non la vera natura delle religioni (di cui poi ho un personale pensiero).
Mi sono dilungata anche troppo. Spero che il capitolo sia stato interessante e mi auguro che seguirete la mia piccola Rosa fino alla fine. Non vi svelo di più! :)

A presto e grazie a chi legge e lascia un suo pensiero!
   
 
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