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Autore: Vilu48    30/05/2013    1 recensioni
Una ragazza parigina che si trasferisce a Londra e incontra dei ragazzi che vivono in mondo completamente diverso dal suo, ma che in fondo non sono poi così diversi; l'amore, le lacrime e un grande segreto celato dietro a questo viaggio caratterizzano questa FF.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Era notte fonda. Solo il rumore rimbombante di quel vecchio taxi scacciava l’aspetto tenebroso di quella piccola strada parigina, in cui ero nata e cresciuta. Ero sempre stata ragazza ribelle e, anche solo il mio aspetto faceva trasparire questo particolare. Dei capelli ricci e neri mi coprivano l’intera schiena e, un tatuaggio sul ventre e il polso agghindato da una miriade di bracciali completavano l’opera. Non avevo certo un aspetto da brava ragazza, di quelle che pensano solo allo studio e al dovere. Fin da piccola avevo amato l’avventura, la trasgressione e la solitudine. Amavo rinchiudermi in me stessa e sfogarmi con la scrittura, uno dei motivi per cui in quel momento stavo sul sedile posteriore di un taxi. C'era qualcosa che mi aveva spinta a partire, qualcosa di misterioso, qualcosa che dovevo chiarire. Forse dovevo solo ritrovare la vera "me stessa", ma sentivo che c'era un non so che che mi portava a compiere quel viaggio. Immersa nel fiume dei pensieri non mi accorsi della voce dell’autista “siamo arrivati!” disse. Mi precipitai fuori da quella ferraglia arrugginita e ringraziai l’uomo che fino a poco prima stava guidando, che nello stesso tempo mi stava aiutando a prelevare i bagagli dal baule “Grazie…” mormorai. Poi lo pagai e lui mi lasciò sola. Finalmente entrai in aeroporto. Feci tutti i controlli stabiliti e poi sentii una voce al microfono chiedere gentilmente a tutti i presenti di imbarcarsi sul proprio volo.  Era giunta l’ora di partire per l’avventura più grande della mia vita, senza genitori e nessun altro che mi potesse controllare, alla ricerca di quel qualcosa che mi mancava. Poggiai la valigia su un rullo scorrevole che la trasporto via dalla mia vista e, accompagnata da una hostess assieme ad altri passeggeri, riuscii finalmente a imbarcarmi. “Londra sto arrivando!” pensai ad alta voce. Mi sedetti vicino al finestrino e tirai fuori il mio inseparabile mp3. Decisi di ascoltare una canzone del mio gruppo pop preferito e mi rilassai completamente, tanto che mi venne sonno. “Siamo pronti all’atterraggio! Allacciare le cinture di sicurezza!” sentii una voce che mi riporto indietro dal mondo dei sogni e non appena capii cosa stava per succedere iniziai a sprizzare gioia da tutti i pori. Era ormai mattina e finalmente stavo per mettere i piedi sulle strade della città che fino allora avevo solo immaginato. Non vedevo l’ora. Stavo letteralmente scalpitando per la gioia e l’eccitazione. Dopo un brusco e rumoroso atterraggio finalmente arrivai. Uscii dall’aereo e mi stiracchiai tutta stropicciandomi gli occhi. Un piccolo autobus ci trasportò verso l’interno dell’aeroporto, in cui un nastro trasportatore stava già facendo girare i bagagli.  Mi appropriai della valigia e corsi verso l’uscita. Ero impaziente di vivere quell’avventura. Appena uscii, mi trovai davanti bellissimi edifici pieni di luci ovunque, che risaltavano con la fioca luce mattutina. Tutto era così nuovo per me; un’atmosfera tranquilla e silenziosa mi accolse in quella nuova città. Corsi alla fermata del bus e non appena ne arrivò uno mi ci fiondai sopra. Era proprio uno di quei bus rossi, a due piani, che avevo visto solo in foto e su cui da tempo desideravo salire; salii al piano superiore del veicolo e respirai profondamente quell'aria, tutta nuova. Accesi l'mp3 e iniziai a ballare tra i sedili, completamente vuoti. Mi sentivo così libera mentre il venticello mattutino mi scompigliava i capelli. Poi, tutto il mio immaginario finì, quando arrivai alla mia fermata. Scesi e mi riguardai la cartina fra le mani, guardandomi attorno. Poi alzai lo sguardo e lessi il nome della pensione in cui avrei dovuto alloggiare.“Mmmh…dovrebbe essere questa” pensai. Appena suonai il campanello una vecchia signora vestita con colori sgargianti venne ad aprirmi “Io sono Miss Crowne, la proprietaria della casa” esordì “E tu sei?” chiese sorridendo “Io sono Emily, piacere.” mi presentai. Allora Miss Crowne mi strinse la mano e mi disse di accomodarmi. "Seguimi, ecco vedi questa sarà la tua stanza.” disse mostrandomi la camera da letto. A quanto pare non sarei stata sola, anzi, nella mia stessa stanza alloggiavano anche una ragazza spagnola, una turca e un’italiana: Melissa, Deniz e Giulia. Sembravano tutte molto simpatiche. La prima che venne ad abbracciarmi stringendomi la mano fu Deniz che mi accolse con un grande “SELAM EMY!” –mi aveva già dato un soprannome, come se ci conoscessimo da sempre- e sembrava molto euforica. Anche Giulia mi salutò, anche se meno calorosamente di Deniz, che intanto aveva iniziato a frugarmi nella borsa, quasi come per accertarsi che avessi portato tutto il necessario. L’unica che non fu molto gentile fu Melissa, che al contrario delle altre se ne ritornò a letto. In fondo non aveva tutti i torti, le avevo svegliate alle cinque della mattina per salutarle ed io al suo posto non mi sarei nemmeno degnata di alzarmi. Silenziosamente sistemai i bagagli nell’armadio e mi distesi nel letto accanto a quello di Giulia. Infilai le cuffiette nelle orecchie, che da lì a poco mi portarono ad addormentarmi.  “Emily, forza svegliati!” mi sussurrò Giulia all’orecchio. “Ma che ore sono?” Chiesi ansimando. “Emh…le nove mi pare.” “LE NOVE?!” scattai in piedi e osservai la sveglia sul comodino accanto al letto “Oh, merda.” esclamai. Infilai i jeans del giorno precedente e la prima maglietta trovata in valigia, poi raccolsi i riccioli ribelli in una coda scompigliata e afferrai la borsa. Senza aspettare corsi giù per le scale freneticamente e con un saluto sull’uscio di casa informai Miss Crowne della mia uscita. Appena fuori mi fermai una frazione di secondo guardare la città. Era davvero bellissima, ma non avevo tempo di soffermarmi troppo, a visitarla ci avrei pensato il pomeriggio. Tirai fuori dalla borsa una cartina di Londra e dopo averla girata e rigirata fra le mani corsi al primo incrocio e mi infilai nella prima strada a destra, che mi portò davanti ad una grande piazza. Percorsi altri 100 metri circa e poi mi fermai. Davanti a me c’era il vero motivo che mi aveva portato a compiere quel viaggio, ciò che mi avrebbe portato alla realizzazione del mio sogno, ovvero quello di scrivere: la Tudor University stava proprio li, davanti a me. La Tudor –così chiamata dagli allievi veterani- era una scuola di tecnica della scrittura e di argomentazione; ci si studiavano le lingue antiche come il greco e il latino ma anche le tecniche di comicità. Non vedendo l’ora di entrare mi diressi verso l’ingresso e non appena fui dentro mi ritrovai in un ambiente calmo e silenzioso; c’era un’atmosfera davvero concentrante e l’odore di conoscenza arieggiava ovunque. Il rumore delle pagine leggere dei libri proveniente dalla biblioteca mi attirò in quel luogo magico. Seguii le indicazioni appese alle pareti e non appena riuscii a entrare mi brillarono gli occhi. Feci un giro su me stessa osservando le pareti color cremisi, che faceva risaltare il colore del legno dei vecchi scaffali stracolmi di volumi interessanti e di ogni genere. Una ragazza appoggiata a una scrivania mi salutò sorridendo e mi chiese gentilmente di non parlare puntandosi l’indice sulla bocca. Ricambiai il sorriso e presi a girare fra gli scaffali e le scrivanie. Cominciai a toccare ogni singolo libro e a osservarne i particolari, proprio come un bambino in un negozio di dolciumi. C’erano libri visibilmente vissuti e altri quasi nuovi. Mi soffermai su un libro nella sezione “storie d’amore” color bianco sporco; si vedeva che aveva qualche anno ed era già stato sfogliato da parecchia gente: i bordi erano leggermente rovinati e scoloriti e qualche pagina era staccata dal centro. Ne accarezzai dolcemente il dorso e lessi il titolo in copertina: “Amour”. Intuii che si trattasse di un libro francese, proprio come me, e ciò mi indusse ancora di più a infilarmelo nella borsa. D’un tratto guardai l’orologio e mi accorsi del mio ritardo indecente. Corsi fuori dalla biblioteca seguita dai “Shh! Piano!” della bibliotecaria. Appena fuori seguii le frecce per arrivare al mio corso e non appena mi accorsi di essere arrivata mi precipitai in aula. Quando la lezione fu terminata ne uscii davvero soddisfatta. Avevo riempito libri e quaderni di appunti a mio avviso molto interessanti, spiegati inoltre da un insegnante davvero bravo e simpatico. Ero felice di avere scelto quella scuola; mi ci trovavo davvero bene. Fui interrotta dal brontolio del mio povero stomaco affamato che purtroppo non ero riuscita a sfamare a colazione, dato che non ero riuscita a toccare cibo. Una volta uscita dall’università decisi allora di mangiarmi un hamburger in un piccolo pub situato in una stradella non lontana dalla scuola. Una volta entrata venni avvolta dall’odore di patatine fritte e panini e non appena riuscii a ordinare mio piatto –un doppio hamburger con patatine e ketchup- e a riceverlo, lo divorai ferocemente. Una volta finito mi asciugai delicatamente la bocca ancora sporca di salsa e tirai fuori dalla borsa il cellulare tempestato di messaggi da mia madre, ai quali non diedi molta retta. Mi alzai dallo sgabello al bancone sul quale ero seduta e pagai alla cassa i camerieri che mi ringraziarono soddisfatti. Poi uscii dal pub diretta verso il centro della città, che ero intenzionata a esplorare durante il pomeriggio. Mi diressi verso il palazzo reale. Non appena fui arrivata notai una grande eleganza nella forma di quell’edificio così regale che mi fece restare affascinata. Mi accorsi della presenza di un verdissimo ed enorme parco proprio accanto al palazzo e decisi di farci una passeggiata, fedelmente accompagnata dalla musica del mio mp3. Mi venne in mente del libro che avevo precedentemente preso nella biblioteca della scuola e pensai di trovare nel parco un ambiente tranquillo per potere iniziare a leggerlo. Ma non appena mi inoltrai tra il verde luminoso di quell’enorme parco mi ritrovai in mezzo ad una serie di ragazze correre da tutte le parti e una musica assordante di sottofondo. Mi avvicinai incuriosita al punto in cui era concentrata la folla e mi accorsi della presenza di un grosso palco al centro del quale dei ragazzi si muovevano ballando e cantando. Sempre più curiosa mi spinsi oltre la folla e, iniziando a guardarmi incontro capii cosa stava accadendo. Ero già stata a molti concerti, ma mai a uno gratuito e all’aperto; pensai si trattasse di un concerto di beneficenza e così mi confermo una ragazza gentilissima che mi informò della presenza di una famosa band sul palco. Ancora incapace di vedere mi avvicinai spingendo ed essendo spinta da adolescenti impazzite e poi finalmente riuscii a vedere. Cinque ragazzi cantavano dolcemente sul palco ballando e muovendosi in modo molto sensuale. La loro voce mi colpì subito: era sensuale, forte e mascolina con un tocco divertente. Una volta terminata la canzone che stavano eseguendo capii della fine del concerto e seguita da forti applausi e un coro di ragazze decisi di sgattaiolare fuori da quel mare di gente; infondo nemmeno conoscevo quel gruppo sul palco. Mentre percorrevo il parco correndo via da quelle urla frastornanti mi rigirai a guardare indietro. Quelle voci mi avevano davvero colpito. Percorsi abbastanza strada finché non capii di essere arrivata all’uscita. Mi fermai un attimo a pensare. Non mi era mai capitato un evento del genere. Ancora frastornata e confusa continuai la mia visita della città senza dare troppo peso al pensiero di quelle suadenti voci risuonarmi nella mente. “Sono già le sei?” pensai tra me e me dopo avere concluso la mia visita giornaliera della città. Ero stanca e accaldata e così decisi di cercare un posto dove potermi sistemare in tranquillità. Corsi sul lato opposto della strada e avvistai alla mia sinistra un bellissimo e immenso locale di lusso e, senza dare troppo peso a questo particolare, entrai di fretta in cerca di un bagno. Domandai ai camerieri che mi squadrarono dall’alto al basso e poi finalmente scoprii dove si trovava il WC. Quando arrivai spalancai la porta, ma mi fermai all’entrata non appena mi accorsi di alcune voci che stavano parlando all’interno del bagno “Fermo scemo!” disse il primo “non mi toccare o ti bagno tutti i vestiti!” ridacchiò. Il secondo per tutta risposta lo schizzò con l’acqua sulla maglia e poi cambiò argomento “Avete visto quanta gente oggi?” chiese ai compagni.“Già! Ce n’erano davvero tante!” rispose l’altro. Non potendo trattenere la curiosità sbucai da dietro alla parete “Ehi ragazzi!” avvertì uno che aveva notato la mia presenza “Non metterti a urlare, facciamo tutte le foto e gli autografi che vuoi” disse rivolto a me un ragazzo dai capelli ricci e le fossette che gli incorniciavano un sorriso sincero, proprio come quello di un bambino. “Ma cosa stai dicendo? E dovrei urlare per voi? Non ti senti un po’ arrogante ragazzo?! Ma se non ci conosciamo nemmeno” risposi scocciata aggrottando le sopracciglia. “Beh, non ti pare ragazza che avrei tutti motivi per essere arrogante? Insomma, non per vantarmi…ma io sono Harry Styles, piccola” mi rispose lui senza modestia, "non sono la tua piccola!" gli risposi io ancora più stranita. Poi ebbi un flash. Quel nome mi era noto, e anche quei visi sorpresi della mia presenza. Ma certo! Come avevo fatto a scordarmelo! I cinque ragazzi che avevo visto sul palco proprio quel pomeriggio ora stavano lì impalati a fissarmi nelle palline degli occhi. Alla destra di quello con cui avevo parlato c’era un ragazzo, davvero carino, con la pelle olivastra e dei capelli neri raccolti in una cresta che ricordai di avere visto in varie riviste di gossip assieme agli altri: un biondino con due grandi occhi limpidi simili a due oceani e altri due ragazzi mori, uno con gli occhi color nocciola dal'aria molto amichevole e un altro con gli occhi di un’azzurro-verde in cui ci si poteva specchiare. Erano davvero molto carini.“E voi…sareste?” domandai. “Piacere, io sono Niall” si presentò il ragazzo biondo “ e noi siamo...beh” non finì la frase che il ragazzo moro lo interruppe " Noi siamo gli One Direction, strano che tu non ci conosca". Rimasi impietrita. Ora ricordavo; possibile che la band che avevo sentito e visto nelle radio e sui canali tv più importanti fossero davanti a me e mi stessero rivolgendo la parola? Chissà quante fans sarebbero volute stare al mio posto. Non mi ero mai interessata a loro e alla loro musica ma conoscerli dal vivo era davvero emozionante; chissà quando l’avrei raccontato alle mie coinquiline!
  
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