Per farmi perdonare, visto che sono riuscita a finirlo, aggiornamento doppio! E rendiamoci conto della tristezza: starsene a scrivere a computer il sabato sera!
Capiyolo 27
Con
la promessa di ritornare il mattino dopo, avevo lasciato il mio
ex-maestro al meritato riposo, e mi ero messa spulciare senza fare
alcun rumore, i vari e polverosi volumi della biblioteca del tempio,
ben decisa a far saltare fuori il famigerato album fotografico.
Quella serata mi aveva messo in corpo una strana nostalgia dei vecchi
tempi, e più che mai, si era acuita la voglia di dare
contorni
definiti a quell'unico volto che si ostinava a restare nebulosamente
avvolto nelle trame della mia mente. Mi innervosiva constatare che
nonostante avessi recuperato quasi totalmente la memoria, compresi
alcuni particolari decisamente poco felici, il Suo volto, era l'unico
che non riuscivo a ricordare, come se la mia mente avesse cercato
automaticamente di rimuoverlo, allo stesso modo dei ricordi dolorosi.
Con queste cogitazioni che mi si agitavano nell'animo, decisi
comunque di prendermela comoda, visto che trovare un'occupazione per
riempire gli spazi vuoti della notte, non è cosa da poco. Le
persone non si rendono conto di quanto il tempo rallenti sotto la
giurisdizione della luna: tutto tace. La città dorme,
avvolta
nel suo sonnolento sudario. Ma quando neppure cullandoti nel dolce
suono del silenzio puoi assopirti, soprattutto nelle ore più
immote, i tuoi demoni personali ti raggiungono, vanificando gli
sforzi fatti durante il giorno per tenerli lontani. Per questo, una
volta trovata un'occupazione di qualche tipo, si cerca di farla
durare il più a lungo possibile.
Era
buffo, come nonostante tutto il tempo trascorso, riuscissi ancora ad
andare a colpo più o meno sicuro, mentre passando in
rassegna
i vari scaffali anticipavo la disposizione dei tomi; lasciandomi
guidare dall'istinto, andai nella direzione di una mensola dall'aria
piuttosto malandata e relativamente vuota. Soffiando via parte della
polvere, riconobbi quelli che erano assimilabili come i miei quaderni
di scuola e sfogliandone uno, mi ritrovai a sorridere quasi
teneramente, vedendo la mia caotica grafia, e le correzioni in rosso
che il tratto elegante e preciso di zio Kyo, aveva apportato su
qualche esercizio svolto in maniera non propriamente ortodossa.
Mentre rimettevo apposto il quaderno, toccai qualcosa che dalla
consistenza, aveva l'aria di esser stoffa e incuriosita spostai libi
e libricini che l'avevano praticamente affogato, tirando fuori un
grosso volume in una nuvola di polvere.
La
mia ricerca era giunta al termine,e col peso rassicurante del vecchio
libro tra le braccia, abbandonai quel paradiso degli acari per
tornare nella mia vecchia stanza. Alla luce giallognola della
lampada, svolsi l'album dal suo involucro protettivo e cominciai a
sfogliarlo a partire dalla prima pagina. Scorsi rapidamente la prima
parte, lasciando sfilare le foto dei miei genitori e quelle della mia
infanzia, soffermandomi su una foto un po' stropicciata ritraente un
bimbo imbronciato a distanza decisamente ravvicinata, che aveva tutta
l'aria di voler fulminare l'obiettivo, e in didascalia, una manina
incerta, aveva lasciato scritto “Al mio amico Itachi non
piacciono
le foto, ma gli ho fatto un salto”. Immaginai che con grande
sforzo, dovevo essere riuscita a cogliere il signorino di sorpresa(e
probabilmente anche lo zio: quale adulto lascerebbe mai una preziosa
macchina fotografica fra le distruttive manine di un marmocchio di
cinque anni?); l'unico aggettivo con cui posso definirlo, è
spupazzabile. Insomma sembra così un peluche in quella foto!
Motivo per cui, sono l'unica ad avere il privilegio di vederla,
è
il mio piccolo segreto.
Potevo
sentire il respiro regolare e pacifico di Sasuke, mentre contemplavo
assorta le varie foto con Itachi che facevano bella mostra di
sé
sulle pagine ingiallite dal tempo. Esaminando con cura i tratti
eleganti e gentili del volto, così simile a quello del
fratello, la linea morbida e curva delle labbra e quella aggrottata
delle sopracciglia, i capelli perfettamente e impeccabilmente legati
in una coda progressivamente sempre più lunga, e la
profondità
risucchiante degli occhi d'ossidiana, mi ritrovai a sopprimere il
pensiero che se era così carino da piccolo, non osavo
immaginare lo schianto che poteva essere a diciassette anni, per non
parlare di come rischiava di essere ai venti. E persino le occhiaie,
invece che un difetto, mi sembravano valorizzarne la bellezza
puerile, rendendola un po' più terrena. All'auto impormi di
pensare al fatto che si trattava di un assassino traditore, mukenin
etc. etc., una vocina fastidiosa continuava a rispondermi che in
fondo in fondo lo ero anch'io. E in quel fondo fondo, le davo
ragione.
Ero
consapevole del fatto che avevo odiato il clan con tutta l'anima,
perfettamente ricambiata nei miei sentimenti, perciò, mi
sarei
stupita di meno se al posto suo, mi ci fossi ritrovata io, anzi,
sarebbe stato molto più logico sotto tutti i punti di vista.
La gente di Konoha, sapevo per esperienza, non si sarebbe aspettata
altro dalla mezza bestia, e sono sicura che al tempo, nonostante
Kakashi non me l'abbia mai detto, dev'essere anche circolata la voce
che lo sterminio delle due squadre e la pazzia di Uchiha Itachi,
fossero state orchestrate e causate da me medesima.
Siccome
sapevo di per certo di non aver istigato il mio compagno a nulla,
c'era qualcosa che non mi spiegavo nella faccenda: la gente, non si
sveglia una mattina pensando “Tò, dato che ci
sono, oggi
stermino il clan per mettermi alla prova!”, e per quanto ne
sapevo,
Itachi non faceva eccezione.
Avrei
addestrato Sasuke secondo quanto avevo promesso, ma non mi sorrideva
la possibilità che il mio pupillo potesse diventare come me,
desideravo per lui una carriera più felice di quella di
assassino prezzolato; in più già sapevo che
quegli
occhi neri come l'ossidiana, e la sensazione di un sorriso che solo
io avevo visto, mi avrebbero tormentata per il resto dei miei giorni.
Nelle
restanti ore notturne, per sopprimere i pensieri scomodi, mi
esercitai nel ricordare il contesto in cui ogni singolo scatto era
stati impresso su pellicola, aiutata dalle mie stesse note a
piè
di pagina, man mano ritrovando piccoli particolari dei miei
trascorsi.
Quella
mattina, la faccia di Genma è stata impagabile, menomale che
avevo con me la macchina fotografica, ma soprattutto due prove
tangibili del fatto che non si trovava di fronte ad un'allucinazione,
o si sarebbe trattato di un fenomeno di massa: alias, Gai e Kakashi.
Sulla
strada, poi, avevamo incrociato come da programma Jiraya, e
così,
il nostro allegro quintetto di squinternati, si è lanciato
nella più cruenta delle battaglie verbali e burocratiche che
Konoha potrà mai ricordare. Credetemi, quando vi dico che se
ha qualcuno in antipatia, l'arzilla vecchietta, sa essere un osso
duro, e non è che io mi sia fatta un nome per il mio
carattere
affabile e paziente...
Vi
risparmierò quindi i tediosi battibecchi, le interminabili
assemblee e gli eterni sermoni, per non parlare degli interventi e
delle arringhe. Se proprio siete così volenterosi,
è
tutto conservato nell'archivio dell'hokage, e sono sicura che il
vostro zietto non vi negherà il permesso di accedervi, anche
se ve lo sconsiglio caldamente: sono veramente da flebo.
Con
un leggero ritardo, in circa cinque mesi, non ricordo con precisione,
ero tornata finalmente, a pieno titolo, una cittadina di Konoha, e il
mio nome venne rimosso con una piccola cerimonia privata dalla lapide
commemorativa.
Tuttavia,
non era conveniente riprendere la vita ufficiale da dove Kaji Kaname
l'aveva interrotta, soprattutto per motivi di copertura,
così
mi ritrovai con un nuovo nome e una storia inventata a tavolino: Kumo
Kaguya, vedova del fratello dello zio del cugino del nonno del prozio
del padre di Hatake Kakashi, finora residente a Kumo e in fuga dal
villaggio dopo l'improvvisa morte del marito, era giunta a cercare
asilo a Konoha, presso l'ultimo parente in vita del marito.
Le
comari avrebbero avuto materiale di discussione per lungo tempo, e
per una volta, le fandonie non avevano dovuto inventarsele loro.
Con
la cittadinanza, erano tornate anche le missioni, ma missioni
significava abbandonare le mura di Konoha, e non era saggio girare a
volto scoperto, così, un bel giorno, brancai il perditempo
per
il braccio, cogliendolo nel bel mezzo di uno dei suoi viaggi mentali,
e mi feci condurre fino al suo negozio di articoli ninja, dove
riuscii a trovare un compromesso, acquistando una maschera in acciaio
brunito, che arrivava fino al naso, allungandosi a coprire le guance.
La cosa migliore di quell'affare, però, era che sulle
aperture
adibite alla vista si potevano applicare delle lenti trasparenti
colorate, perfette per camuffare il colore degli occhi..
Per
testarne la funzionalità, esattamente una settimana dopo la
mia vittoria giuridica, sferrai il mio allenamento a sorpresa,
prendendo in prestito sotto di quella, la faccia di un collega
mukenin del villaggio del tuono, al fine di rendere più
realistico il tutto e vedere le reazioni dei miei pargoli in un vero
pericolo.
Pur
essendo decisamente carente dal punto di vista fisico pratico, la
ciliegina, dei tre, si è dimostrata di gran lunga la
più
sveglia, cercando di compensare il deludente corpo a corpo con
depistaggi strategici, attacchi a sorpresa e trappole, pur se mal
nascoste e poco efficaci.
Peccato
che sia crollata psicologicamente per la troppa tensione dopo sei
minuti di gioco: non sono nemmeno riuscita a far la prova
dell'illusione!
Sasuke...
non c'è che dire, il sangue Uchiha quando c'è si
riconosce. Il suo problema più grosso, era però
il suo
esagerato affidamento allo Sharingan, che rischiava di diventare una
vera seccatura in futuro, se non provvedevo a correggerlo in fretta;
era stato abbastanza svelto nel tempo di reazione, e si era
dimostrato capace di combinare la forza bruta alla strategia, dandomi
del filo da torcere, il che era notevole, nonostante li stessi
affrontando ad un livello subito superiore a quello più
basso(
se li avessi strapazzati troppo, Kakashi non me l'avrebbe mai
perdonata). E nonostante ci sia andata piano con l'illusione, la sua
capacità di resistenza mi ha stupita: solo dopo sono venuta
a
sapere dell'incontro poco felice col fratello e del successivo
intervento di Tsunade.Per
quanto riguarda Naruto, allora come ora, era sempre Naruto e se
qualcuno pensa che il mio volpino senza la kyubi non valga niente,
bè, gli converrà ricredersi. Con lui mi sono
permessa
di calcare un po' di più la mano, e comunque, è
stato
quello più resistente: petulante e sbruffone, è
risultato imprevedibile pure per me, tuttavia, aveva preso un po'
troppo alla lettera il mio consiglio di seguire l'istinto e
utilizzando la sua forza bruta senza, o con poca, logica, tendeva
ancora troppo a sprecare le sue energie in colpi a casaccio,
riducendo l'efficacia delle sue azioni.
Dei
tre, è stato senza dubbio il più originale, e a
modo
suo, divertente.
Considerando
il dibattito che avevo avuto modo di aprire con l'eremita dei rospi,
col quale mi ero consigliata per l'occasione, mi vedevo d'accordo con
lui sul fatto che il caro volpino, era ancora un diamante allo stato
grezzo, mentre Sasuke aveva già subito un primo taglio
grossolano.
Kakashi,
invece, mi aveva lasciata un po' perplessa, ci aveva messo
decisamente troppo ad accorgersi dell'inganno, e il mio sospetto era
che non si fosse ancora del tutto ripreso dal suo ultimo scontro
serio: brutta storia per un avversario lo tsukuyomi, decisamente una
brutta storia.
Nonostante
avessi usato i guanti di seta, tutti quanti (Naruto a parte), se ne
sono andati in giro belli acciaccati per una settimana buona.
Mentre,
dopo aver rattoppato un po' Naruto(lasciando il resto dell'opera alla
Kyubi), medicavo Sasuke, avevo buttato là l'idea di far
venire
a vivere da noi anche Naruto, e ammetto di essere rimasta
discretamente sconvolta quando il mio moretto preferito ha liquidato
la faccenda con un'alzata di spalle(che per altro gli è
costata una dolorosa imprecazione fra i denti), e un sofferto
“Fa
come ti pare”.
Il
giorno dopo ero già a rompere le scatole a Tsunade, che ,
probabilmente stufa di avermi fra i piedi, si è limitata a
farmi contenta.. In meno di due giorni, Naruto era già bello
che sistemato nell'ex casa Uchiha-Kaji, ora Uchiha-Kumo-Uzumaki,
occasione ritenuta degna di una foto al riparo dei rami spruzzati di
neve del nobile ciliegio. Al momento della foto mi sentivo contenta
come una bambina alla vigilia di Natale; in effetti forse era pure
Natale.
Tempo
di arrivare a sera e quel volatile istante di felicità, era
già svanita, cedendo il posto ad un'inquietudine guardinga.
Alla riunione straordinaria indetta da Jyraya, cui avevano
partecipato la Godaime, Kakashi e pochi altri, si era discusso di un
argomento che era riuscito a spazzare vita tutto il mio buon'umore.
Ordine del giorno? Ma l'organizzazione Akatsuki, ovviamente!