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Autore: ste87    01/06/2013    9 recensioni
"Sposto ancora lo sguardo e per poco non mi affogo con quello che sto bevendo quando mi accorgo chi è seduto due tavoli più in la. Non posso evitare di agitarmi ogni volta che lo vedo, se poi lo scopro in compagnia di altre donne è anche peggio. Con lui faccio sempre finta che non mi importi con chi si frequenta e che può fare quello che vuole della propria vita, ma non posso negare di sentire una fitta dilaniante alla base del cuore quando ci comportiamo come due estranei. Ma ormai è questo che siamo diventati, due estranei che si fanno costantemente la guerra per non rischiare di far riaffiorare dei sentimenti che ci farebbero solo soffrire. Lo so io, lo sa lui e lo sanno le persone che ci stanno intorno, almeno quelle a cui teniamo di più." Bella e Edward sono divorziati e genitori di una bambina di nome Sophie. Cosa li ha portati alla separazione? E soprattutto riusciranno a ricucire un rapporto lesionato da tempo? Non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAP 10                                
Bene, eccoci qui.

Vi chiedo scusa immensamente per il ritardo, ma ho avuto dei problemi con la stesura di questo capitolo. Infatti non è che mi soddisfi più di tanto…
Dove eravamo rimasti?
Bella si trova in ospedale in attesa che Edward si svegli. Quando il nostro Edduccio apre gli occhi però, non la riconosce.
Come mai?
Quale sarà la reazione di Bella?

BUONA LETTURA!  

Capitolo 10
Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio.
Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte
di qualsiasi felicità.

(A. Baricco)


Martedì 1 Novembre 2011

Guardo la neve cadere soffice dalla finestra della cucina.
Nella sua discesa ricopre lenta ogni prato, macchina, albero o tetto già imbiancato; ha cominciato a nevicare il giorno in cui Edward si è svegliato, esattamente tre giorni fa.
Il fischio del bollitore mi distrae, ma mi concedo un attimo ancora per continuare a guardare fuori: adesso il manto nevoso arriva a sfiorare i trenta centimetri. Rabbrividisco involontariamente e mi stringo di più nel maglione pesante che indosso mentre mi perdo ancora una volta nei miei pensieri che, per quanto provi a sforzarmi, tornano inesorabili a quel giorno, al giorno in cui Edward si è svegliato e ho sentito le gambe cedermi per il terrore. L’ urlo di dolore che dal cuore si è irradiato in tutto il resto del corpo, squarciandomi il petto con la stessa forza di un cazzotto in pieno viso quando ho capito che aveva perso la memoria, non si è ancora sopito. Lo sento urlare nelle cavità del cuore, rimbombare nella cassa toracica e sopraffare la poca forza che mi è rimasta.
Se il dottor Abernathy non fosse venuto a sostenermi sarei caduta quasi certamente a terra. È stato uno choc, sia per me che per lui. Non si aspettava minimamente una tale possibilità e men che meno ce lo aspettavamo noi famigliari. Quando sono uscita dalla stanza sommersa letteralmente dalle lacrime, ho trovato gli altri ad attendermi: Jen aveva avvisato tutti dopo che l’infermiera dai capelli corvini era venuta a chiamarmi. La loro reazione mi ha fatto sprofondare ancora di più nel dolore, con Esme in preda ad una crisi di pianto isterico ed Alice ad imitarla.
Abbiamo aspettato pazientemente e con il cuore in gola che il Dottore venisse fuori per comunicarci l’esito della visita a cui aveva sottoposto Edward subito dopo avermi soccorsa e quando finalmente è uscito, per una frazione di secondo ho pensato seriamente che si trattasse di una punizione. La mia punizione

“-Il signor Cullen è affetto da Amnesia Retrograda. La forte botta in testa che ha preso e l’emorragia hanno danneggiato l’area ippocampale colpendo la sua memoria episodica. Questa in parte è una buona notizia, perché con la guarigione la memoria tende a migliorare, quando il trauma si riassorbe-
-Quindi ci sta dicendo che potrebbe riacquistare la memoria? Che non è una perdita temporanea?-
-È molto probabile che prima o poi ricordi tutto, sì. Ma per il momento il signor Cullen ha cancellato dai suoi ricordi gli ultimi sei anni della sua vita. Mi dispiace-”

Perché? Perché? Ho continuato a ripetermi, seduta in un angolino. Perché proprio adesso? Adesso che la nostra vita insieme stava per ricominciare?
Edward ricorda il suo nome, la sua vita, la sua famiglia. Ricorda addirittura i suoi studi, ma non ricorda me e cosa ben più grave non ricorda sua figlia.
Rosalie è scoppiata in un pianto silenzioso appena ha appreso la notizia; anche lei come me ha conosciuto Edward negli ultimi anni della sua vita.

-Bella… tesoro mi senti?- le mani di mio padre si poggiano salde sulle mie spalle, e una leggera pressione mi fa girare nella sua direzione –il tè è pronto- con una mano mi indica due belle tazze fumanti che ci aspettano sul tavolo della cucina.
-Scusa, non mi sono accorta che l’acqua bollisse-
-Lo so, l’ho capito quando ti ho chiamata due volte dal salotto ma non mi hai risposto. Me ne sono occupato io, tranquilla- con una mano mi accarezza la lunga treccia che ho poggiata sul lato sinistro del collo - vieni a sederti dai-
Mi trascina fino al tavolo e mi piazza davanti la mia tazza di tè.
-Tua madre diceva sempre che non c’è rimedio migliore del tè caldo-
-Già, lei e le sue origini inglesi- replico atona, ma con un velo di malinconia per aver pensato a mia madre anche solo per un secondo.
-Tua madre non era più inglese di quanto lo sono io, e sai che sono nato a Forks, nello stato di Washinton- aggiunge con una risatina- ma aveva ragione. Una bella tazza di tè e la compagnia giusta ti fanno vedere i problemi sotto un’altra prospettiva-
-Oh papà…qui l’unica prospettiva che vedo è una sola. Ed è la prospettiva più disastrosa che potessi mai immaginare- scaccio via dal viso una lacrima e mi impongo con tutte le forze di non cominciare a piangere… di nuovo.
-Bambina, non abbatterti ti prego. Non l’hai mai fatto e non voglio che tu lo faccia adesso. C’è sempre un modo per uscirne fuori, sempre-
-Come hai fatto tu papà?- ancora non riesco a credere che la persona che ho davanti a me sia realmente mio padre. Da tre giorni non fa altro che stupirmi ogni minuto di più. Non mi ha ancora detto quello che gli è successo ma non sono mai stata più felice per lui come adesso, nonostante quello che sto vivendo.
-Sì, bambina. Come ho fatto io -
-Ma… come? Come ci sei riuscito?- gli chiedo con il cuore in gola trovando quel coraggio che per 72 ore mi è mancato.
Rimane fisso a guardare nel vuoto per qualche secondo. Quando finalmente si decide a rispondere penso che non avrei potuto prepararmi in nessun modo ad affrontare le sue parole – ho capito che non provavo più nulla. Nessuna emozione, nessuna sensazione. Ero diventato un relitto, il relitto di me stesso. Come una barca che affronta la più dura delle tempeste ma continua a rimanere a galla, nonostante le ammaccature e le infiltrazioni. Mi vedevo navigare in questo mare tutto solo, completamente abbandonato alla corrente. Una carcassa vuota, destinata ad affondare- si interrompe per prendere fiato mentre sento la schiena madida di sudore freddo –poi, all’improvviso è successo qualcosa…-
-Cosa? Papà… cosa?- ho la gola secca tanta è la tensione con cui lo sto ascoltando, vorrei bere un sorso di tè, ma non ho nemmeno la forza di alzare la tazza e portarla alle labbra. Sento le risate allegre di Sophie in salotto martellarmi nelle orecchie, neanche fossero il sonar di un sottomarino ed io la balena in fuga. Vorrei dirle di smettere.
Lui sbatte gli occhi e dopo un tempo infinito, posa il suo sguardo su di me- è venuta Sue ad avvisarmi. Era così agitata che a stento sono riuscito a capire due parole. Quando si è calmata, mi ha detto finalmente quello che era successo. Ho acceso subito la tv e ho visto… non lo so, forse saranno state le immagini della sua casa in fiamme, ma in quel momento ho capito che dovevo fare qualcosa, perché eri tu a soffrire, eri tu ad aver bisogno di me. Sei stata tu Bella, è stato merito tuo se sono tornato alla realtà. È stato come se… beh forse non ci crederai ma mi sono reso conto di aver spento le mie emozioni, come se avessi impostato il pulsante dei sentimenti su Off e in quel momento, come per magia, il mio cuore si fosse riacceso- si interrompe per rivolgermi un sorriso bellissimo e in quest’istante è il mio cuore a riaccendersi.
- Ho sentito la presenza di tua madre come non era mai successo prima- dice quasi in un sussurro procurandomi un brivido lungo tutta la schiena- ho sentito le sue mani carezzarmi il viso ed è stato… incredibile – i suoi occhi diventano di colpo lucidi, come sempre quando si tratta di mamma- e ho capito di aver fatto la scelta più giusta-
Un rumore forte dal salotto, come di un giocattolo che si schianta al pavimento, mi fa sobbalzare impedendomi anche di rispondergli; in questi giorni sono tesa come una corda di violino, scatto per un nonnulla e a farne le spese è sempre la mia povera bambina. Rilascio subito un respiro profondo prima di decidermi ad alzarmi e andare a controllare, ma la mano di mio padre mi blocca.
-Lascia, ci penso io- il suo volto, triste e preoccupato, cambia radicalmente espressione quando varca la soglia dell’altra stanza. So che non è successo nulla di grave, le urla e i pianti di Sophie me lo confermerebbero, perciò mi prendo un po’ di tempo per stare da sola.

Tempo prezioso, vista la frequenza assidua con la quale tutti, e sottolineo tutti, in questi giorni non fanno altro che approfittare di ogni momento per chiedermi come sto.
Sto uno schifo! Ecco come sto. Sto come una che si è vista mancare la terra da sotto i piedi all’improvviso. Edward è sempre stato la mia ancora di salvezza nonostante gli ultimi tre anni di separazione. Saperlo da qualche parte, come una presenza fissa di questo mondo, inspiegabilmente, mi ha sempre trasmesso tanta forza. Ma ora è diverso. Tre giorni fa ho sentito come se la forza che mi tratteneva a lui, si fosse allentata di colpo e mi avesse mandato a fare un giro nel cosmo in balìa dell’assenza di gravità.
Non sopporto più nulla; sono diventata apatica. Anche le lancette dell’orologio con il loro incessante e spiacevolissimo tic tac, mi danno fastidio. Vorrei alzarmi e strappare l’orologio dalla parete, tirare via le batterie e gettarle nella spazzatura. Ho sempre avuto un pessimo rapporto con il tempo io, sin da quando una notte di dieci anni fa rientrai tardi da una festa e il mattino dopo ero così stanca che non riuscii ad alzarmi per andare a scuola. Di conseguenza quella mattina non vidi mia madre, come invece accadeva ogni santo giorno. Ho dato per scontato che tornasse a casa e che per l’ora di cena saremmo state insieme, ma da quel giorno non la vidi più. La sua vita si è spezzata insieme a quella di altre persone a causa della scelleratezza umana ed io mi maledico ancora oggi per aver gettato la sveglia dall’altra parte della stanza, e non averla stretta tra le braccia un’ultima volta.
Il tempo… ecco, la sua corsa mi ricorda quello che ho perduto. Il tempo che ho impiegato a decidermi per confessare a Edward i miei sentimenti e il tempo, passato, che non ho più, quello dei ricordi e della nostra vita insieme.
Cosa dovrei fare? Dovrei concedergli del tempo per dargli modo di costruirsene di nuovi? E se io non ne facessi parte? E quelli passati? Non si possono semplicemente buttare nel dimenticatoio solo perché la sua memoria fa cilecca. Non posso accettarlo.
Sento un urlo di frustrazione e rabbia raschiarmi la gola. Vorrebbe esplodere in tutta la sua potenza ma lo reprimo quando vedo mio padre tornare in cucina. Sul viso ha impressa l’espressione della spensieratezza: Sophie è un vero tacca sana per lui. Affondo le labbra nel tè per cercare di calmarmi un pochino ma alla fine scoppio ugualmente.
-Papà non ce la faccio- affermo una volta che ha occupato di nuovo il posto davanti a me- io… io non riesco a sopportare tutto questo… dolore. Come posso accettare che Edward non ricordi chi siamo? Che non ricordi quanto un tempo ci ha amato? Sophie è la persona più importante della sua vita. Come faccio a dire a mia figlia che il padre non si ricorda più di lei?-
-Non dovrai dirglielo Bella… no, basta che ti inventi una scusa- cerca di calmarmi afferrandomi saldamente per le mani, tremo come una foglia – dille che è partito per un viaggio di lavoro che lo tratterrà fuori per molto tempo e vedrai che nemmeno se ne accorgerà-
-Ma vorrà sentirlo! Vorrà parlare lo stesso con lui. Non è mai successo che Edward non si facesse sentire per più di un giorno, e poi… i problemi che abbiamo rivelato all’asilo, non voglio che peggiorino a causa di questo- non ho dimenticato i problemi che affliggono Sophie, ma sembra che affronti i miei con maggiore preoccupazione rispetto ai suoi. Mi faccio schifo per questo ma era importante che risolvessi con Edward anche e soprattutto per riuscire a comprendere meglio mia figlia e cercare di aiutarla. Adesso si ritrova praticamente senza un padre ed io non so cosa fare.
-Io penso che stare qui le farà bene. È di una figura maschile che lei ha bisogno dopotutto, no? Lo so, non sono il padre, ma le voglio bene quanto lui. Sophie starà bene ed io ti prometto che l’aiuterò. Concedimi di fare per lei quello che non ho fatto per te-
La sua voce è intrisa d’amarezza, ed io so perché: si sente in colpa per avermi “abbandonata” in questi anni, non sa che in soli due giorni ha già fatto per me più di quanto potessi desiderare.
Mi sono trasferita di nuovo a casa sua per necessità nei confronti di Sophie, ma non nego che mi sto godendo anche io la sua compagnia e le sue attenzioni.
Averlo accanto giorno e notte mi da la sensazione di essere protetta, di avere qualcuno vicino in grado di sostenermi sempre e prendersi cura di me. Inconsciamente so che è questo il motivo che mi ha spinto a creare una famiglia tutta mia nonostante la mia giovane età. Per riparare alla mancanza d’affetto e alla sicurezza che mio padre non è più stato in grado di darmi dopo la dipartita di mia madre e che sentivo di desiderare con tutto il cuore. Con Edward è stato tutto molto semplice: affidarmi a lui è stata la scelta migliore che potessi prendere. Ma se penso a mio padre, se penso a quello che ha vissuto, io non me la sento di giudicarlo. Non l’ho mai fatto ne mai lo farò.
-Non devi sentirti in colpa papà. Io capisco, so, che non è stato facile sopportare il dolore che ti portavi e che ti porti ancora dentro- mi alzo dalla sedia, e vado a sedermi sulle sue ginocchia, un gesto che non compivo da un milione di anni – ci sei sempre stato per me anche se non eri del tutto presente- concludo mentre vedo i suoi occhi farsi lucidi.
-Mi dispiace così tanto bambina mia. Io… mi dispiace non avrei dovuto lasciarmi andare, ma il dolore era troppo. Quando tua madre è morta, io sono morto con lei. Ma ho sbagliato ugualmente perché c’eri tu. Tu avevi bisogno di me ed io non ti sono stato accanto come avrei dovuto, perdonami-
Gli butto le braccia intorno al collo e a questo punto trattenere le lacrime è davvero un’impresa. Ma ce la faccio, perché questo, nonostante le circostanze, è un momento che aspettavo da anni e voglio godermelo appieno.
Rimango appollaiata sulle sue gambe per un tempo lunghissimo, tanto che sprofondo in uno stato di dormiveglia, con mio padre che continua ad accarezzarmi la schiena. Mi rilasso così tanto che penso lo scambierò per Morfeo e sprofonderò tra le sue braccia in men che non si dica. Quando passi la notte a guardare il soffitto il giorno dopo anche un comodino assume un’aria confortevole. La verità è che qualsiasi superfice piana prende le sembianze di un cuscino e tu non vuoi fare altro che poggiarvi la testa sopra e smettere di pensare, a tutto, soprattutto a quello che ti ha tenuto sveglio per l’intera notte. Nel mio caso non è difficile immaginare quale sia stata la causa. Ho un dilemma interiore da fare invidia ad Amleto. “Essere o non essere”, diceva lui, “andare o non andare” questo è il mio problema. Non metto piede in ospedale da sabato pomeriggio e mi vergogno come una ladra. So quello che voglio, so che dovrei piantare una tenda fuori dalla camera di Edward e stare in sua compagnia il più possibile per aiutarlo a ricordare. Ma ho la vaga sensazione che mettere in partica questi propositi mi squarcerà il cuore da parte a parte, ed ho tanta paura. Edward non sa chi sono. Edward non mi conosce. Per lui sono solo un’estranea. Molto probabilmente si stancherà della mia presenza e mi dirà di andare via dopo soli due giorni. Se malauguratamente questo dovesse succedere… non so come reagirei. Il dottore dice di non accelerare i tempi, di andare cauta e rispettare i suoi spazi, ma so che non riuscirei a pensare razionalmente se mi trovassi in una stanza insieme a lui. Ho paura di sbagliare, di dire la cosa sbagliata. Come potrebbe reagire davanti all’ipotesi di avere una figlia? Con la mente è rimasto ai tempi in cui usciva a divertirsi con gli amici e ogni notte portava a casa una donna diversa. Andrà sicuramente fuori di testa quando gli dirò che siamo stati sposati e che è padre di una bambina di quasi quattro anni.
Non so proprio cosa fare.
Il suono del campanello mi ridesta dai miei pensieri e Charlie mi batte due colpi d’incoraggiamento sulla schiena invitandomi ad alzarmi. Si lamenta per qualche secondo, rimproverandosi di non avere più l’età per fare certe cose e mi ricorda che adesso non peso più quanto una bambina. Riesce a strapparmi anche un sorriso e di questo gli sono grata.
Torno a sedermi sulla mia sedia e porto alle labbra la tazza di tè, ormai freddo. Contemplo per un attimo l’idea di scaldarlo in microonde ma prima che possa alzarmi vengo investita letteralmente da un tornado di nome Janet Lindsay. In meno di dieci secondi scavalca mio padre all’ingresso, saluta Sophie con un cenno della mano e un sorriso sdolcinato, e poi si fionda in cucina con il viso distrutto di chi non dorme bene da giorni ed una furia negli occhi che, se mi trovassi davanti ad uno sconosciuto, mi farebbe urlare di paura.
-Tu. Di sopra. Adesso!-
Evidentemente rifiutare le sue chiamate non è stata una mossa azzeccata.


*********


-Sono la donna più intelligente che conosco, ma ammetto che fatico a comprenderti in questo momento- Jen mi guarda esasperata. Le sopracciglia le arrivano fino all’attaccatura dei capelli e gli occhi blu, di solito a mandorla, adesso hanno assunto vagamente la forma di una palla. Mi ha portata nella mia vecchia stanza. Stanza che ho ripreso ad usare regolarmente da due giorni a questa parte. E’ seduta sulla poltroncina girevole e aspetta che mi decida a darle una risposta.
Le ho detto tutto. Le ho confessato i miei timori e le mie paure. Le ho detto che solo il pensiero di andare in ospedale mi mette l’ansia e che non ho intenzione di muovermi da questa casa nemmeno per andare a lavorare (ho chiesto ai Cullen un po’ di tempo per riprendermi dallo choc. Hanno capito).
Tornado-Lindsay mi ha guardato male per tutto il tempo; stranamente non mi ha interrotto nemmeno una volta. Anche se ho finito la mia arringa da cinque minuti buoni e lei da cinque minuti buoni mi guarda come se volesse prendermi a sprangate in testa. In effetti ho il timore di vederla afferrare uno dei tanti trofei scolastici poggiati sulla mensola al suo fianco e tirarmelo addosso.
-Jenny, questo è quanto. Ti ho già detto tutto-
-Quindi fammi capire. Non hai intenzione di smuovere il culo da questa casa? Non hai intenzione di fare niente?-
-No, te l’ho detto-
-Aaggrr, in nome del cielo, ragiona! Quello che mi hai detto non ha nessun senso-
-Oh, certo che ce l’ha! Ce l’ha eccome!- mi infervoro.
In men che non si dica si alza dalla poltrona e mi si piazza davanti. Inizia a gesticolare, come suo solito, anche se sa che mi infastidisce da morire -no, non ce l’ha Bella. Tu non puoi sapere come andranno le cose. Smettila di infilare la testa sotto la sabbia come un dannato struzzo! Tu… tu lo ami. Ami quell’uomo più della tua stessa vita, non puoi dire sul serio. È la disperazione a parlare, questa non sei tu. Dov’è finita la donna che nemmeno due giorni fa ha confessato davanti a tutti il desiderio di riprendersi suo marito? Che ha stretto i denti e si è fatta forza in nome di questo amore? Non puoi lasciare che Edward guarisca senza averti accanto. Deve vederti, deve stare con te se vuoi che ricordi ogni cosa-
Rimango distesa sul letto a guardare il soffitto senza degnarmi di darle una risposta. Capisco perfettamente quello che sta dicendo e le do anche ragione, ma ho la sensazione di essere seduta su degli spilli con la mera forza di un palloncino a sostenermi. Un minimo passo falso ed io finisco con il culo ridotto a brandelli.
-Rispondi maledizione!- mi butta in faccia un cuscino e per un attimo mi si ferma il cuore al pensiero che potesse essere qualcosa di più pesante.
-Jen- rispondo da sotto lo strato di piuma d’oca – ho tanta paura-
La sento sospirare ed emettere un verso di frustrazione, ma dopo qualche secondo mi raggiuge sul letto e mi toglie il cuscino dalla faccia.
-Lo so- dice semplicemente stringendoselo al petto – ma… razionalmente, metti da parte la paura per un secondo, sai che vorresti essere da lui in questo momento-
-Lo desidero con tutta me stessa-
-E allora perché sei ancora qui?-
-Io ho…-
-No, non voglio più sentire uscire quella parola dalla tua bocca. “Paura” non deve più far parte del tuo vocabolario, cancellala-
-Jen la fai troppo facile. Non sei tu quella che deve affrontare una conversazione con un uomo che ti reputa una perfetta sconosciuta, quando a legarvi c’è un sentimento così profondo come l’amore. E se…- mi blocco troppo imbarazza per quello che sto per dirle, ma la ragazzina di quindici anni che è in me freme per uscire.
-E se?-
- … e se non dovessi piacergli?-
Sono tre i secondi che passano prima che sul suo viso compaia un odioso sorriso accompagnato da un altrettanto odiosa risata sguaiata.
-Smettila immediatamente- la rimprovero e aspetto pazientemente che finisca di prendersi gioco di me.
-Dio Bella, scusa ma… non ho resistito-
-Lo so. Sei seria adesso?-
-Sì-
-Bene, perché vorrei sentire quello che hai da dirmi. E non cominciare col dire che la mia è una paura infondata. Lo so, sembro un’insulsa ragazzina in preda a stupidi timori adolescenziali. Ma è un’eventualità che dobbiamo considerare-
-Bella- dice prendendomi saldamente le mani nelle sue – stiamo parlando di Edward. Quell’uomo è cascato ai tuoi piedi quando andavi in giro con le sopracciglia più grosse della Collins e sembravi urlare “non mi importa un fico secco di quello che pensate, tanto sono meglio di voi” da ogni puntino nero che avevi sulla faccia-
-Non avevo le sopracciglia così grosse- mi difendo inutilmente visto che non mi fa nemmeno finire di parlare.
-Ti ha amata dal primo momento che ti ha vista, con quella ridicola divisa da cameriera, stanca e scarmigliata dopo un’intera serata passata a servire cocktail, stuzzichini e Champagne. Ti ha amata quando si è presentato fuori da casa tua e tu sei scesa ad aprirgli con il pigiamone di pile e le pantofole a forma di mucca-
-Ed è stato così dolce e gentile che ha aspettato che mi cambiassi e mi ha portata a bere una cioccolata calda sulla pista di pattinaggio del Rockerfeller Center…- concludo trasognata pensando a quella sera, gli occhi di colpo lucidi. Se li chiudo per un istante riesco a vedere di nuovo il suo bellissimo viso illuminato dalle luci natalizie e la sua indomabile chioma ricoperta da soffici fiocchi di neve; quella sera è e resterà sempre una delle più romantiche della mia vita. Con una stretta al cuore mi domando se prima o poi questi ricordi saranno di nuovo suoi o rimarranno solo miei. Se questi momenti così importanti della nostra vita torneranno ad emozionarlo come una volta o se sarò solo io a custodirli. Voglio con tutto il cuore che Edward ricordi, voglio poter parlare con lui e litigare se uno dei due non ricorda una data precisa o i particolari di un avvenimento passato insieme. Voglio che rammenti gli attimi che ci hanno portato dove siamo ora, nonostante gli alti e i bassi, ma che ci hanno reso quello che siamo oggi: due matti che sia amano alla follia. Chissà se lo sente ancora… l’amore nei miei confronti intendo. Quello non puoi cancellarlo, vero? Il batticuore e la stretta al petto non si cancella solo perché d’improvviso non sai più chi ti trovi davanti. Perché se è così, allora l’amore è razionale. È la mente che ti dice di amare una persona, non il cuore.
No, non voglio credere che sia così. Non può essere così.
L’amore è irrazionale, l’amore ti fa fare delle cose che altrimenti la mente non farebbe. L’amore ti spinge a gesti estremi che razionalmente non compiresti mai. Il cuore regola ogni cosa, non la mente. Quando inizia a battere forte forte per una persona sei spacciato, e il cuore di Edward non può aver dimenticato cosa si prova, mi rifiuto di crederlo.
E allora capisco.
Capisco che devo fare di tutto per riportarlo da me. Glielo devo. Lui non vorrebbe che mi arrendessi, non me lo perdonerebbe mai e nemmeno io. Perché non avrebbe mai voluto dimenticare Sophie e non posso fare questo a mia figlia. Adesso non ha la minima idea di chi io sia, ma dentro, nel profondo, so che vuole tornare da me, da noi. Perché ciò che è in fondo al cuore non muore mai, ed io devo fare un piccolo tentativo. Non posso lasciare che finisca tutto così.
-Forza Bella. Forza! Devi andare da lui. Devi riprenderti la tua vita. Non puoi lasciare che finisca tutto così-
-La puoi smettere?-
-Di fare cosa?- mi guarda stranita.
-Di leggermi nel pensiero-
-Quindi ti sei convinta finalmente?-
Non le rispondo, mi limito a farle un sorriso che va da orecchio a orecchio, a mo’ di Stregatto, e annuisco.
-Dai allora, su. Cosa aspetti?- anche sul suo viso compare un sorriso raggiante.
-Jen, cosa farò se non dovesse più ricordarsi di noi?- non so perché l’ho detto, ma di colpo quest’eventualità mi fa tornare con i piedi per terra.
-Non può dimenticarti. Si ricorderà di tutti noi, infondo siamo una famiglia- sento le lacrime spingere per uscire ma le ricaccio dentro.
-Sì. Sì, hai ragione-  
-Cambiati, mettiti qualcosa di carino…- balza giù dal letto come un grillo e si dirige verso le valigie ancora da disfare sul pavimento - anzi no! – si blocca e torna indietro - stai benissimo così. Sei bellissima qualsiasi cosa indossi. Dopotutto è sempre lo stesso uomo che ha perso la testa per una cameriera, o sbaglio?-
Vorrei poterle rispondere di sì, ma francamente non so chi mi troverò di fronte.


**********


Raggiungo il reparto di Neurologia con il cuore in gola. Una mano a reggere la borsa, l’altra a torturarmi il labbro inferiore.
“Sei ancora in tempo per tirati indietro” penso da cacasotto patentata quale sono, ma le mie gambe vanno avanti per volontà propria. Vado spedita come un fulmine anche se me la sto facendo sotto dalla paura.
Quando la stanza di Edward entra nel mio campo visivo, il batticuore aumenta la sua corsa ma adesso sono convinta più che mai di dover andare avanti; al momento non riuscirei a fermarmi nemmeno se sopraggiungesse un terremoto.
Abbasso la maniglia della porta e sbircio all’interno sperando di non trovarvi nessuno. Sarebbe troppo imbarazzante farmi avanti se qualcuno dei Cullen fosse presente. Per fortuna le mie preghiere vengono esaudite, vedo solo la figura di un corpo martoriato, pieno di lividi e graffi, avvolto nella penombra della stanza. Sono appena le quattro e mezzo del pomeriggio ma le tapparelle sono quasi completamente abbassate.
Edward dorme placido con il viso rivolto verso l’unica finestra della stanza. Ha la testa fasciata, dei graffi leggeri sullo zigomo sinistro e qualche punto sul sopracciglio destro. Il viso completamente rilassato, il leggero russare che lo contraddistingue da sempre e la piccola smorfia che fa con le labbra mi fanno tremare le ginocchia.
È l’uomo che amo  penso. Questo è l’uomo che amo, dunque com’è possibile che nonostante io sappia tutto di lui, che nonostante conosca ogni piccolo particolare del suo volto, del suo corpo, della sua anima, sia diventata una completa estranea?  
Accosto la sedia accanto al suo letto e prendo a fissarlo, cercando di contenere l’impulso di toccarlo, impulso che diventa sempre più impellente ogni secondo di più.
Da quando Jen è andata via da casa di mio padre ho una teoria che mi vortica in testa, non ricordo dove l’ho letta, ma senza dubbio mi infonde un po’ di positività.
Tutti noi abbiamo dei momenti speciali che custodiamo nel cuore, nel mio caso il primo incontro con Edward, il primo appuntamento, il nostro matrimonio e la nascita di nostra figlia. Bene, se potessi tornare indietro e riviere le emozioni che hanno reso speciali questi momenti, lo farei immediatamente. Perché quelle emozioni non potrò riprovarle mai più, come quando ho letto il mio libro preferito per la prima volta. Potrò rileggerlo altre cento volte, ma quello che ho vissuto in quel particolare momento, quando tutto era ancora sconosciuto, quando i protagonisti si facevano strada nella mia mente occupando un posto speciale nel mio cuore… quel momento non tornerà mai più. Così come non tornerà mai più il momento in cui l’ho incontrato per la prima volta. Da un certo punto di vista è orribile, ma noi oggi avremo una seconda possibilità. Quello che sto cercando di dire è che sto pensando a quanto sarà bello riprovare le stesse cose, perché oggi noi saremo due persone che si incontrano di nuovo per la prima volta. Un po’ contorto come ragionamento, lo so.

Un moto improvviso della sua mano mi fa sussultare e capisco che ci siamo.

“Maledizione, i miei pensieri fanno troppo rumore” penso ironica.
“ Calma. Devo stare calma”.

Non voglio che si spaventi, perciò mi tiro un po’ indietro e lascio che si svegli pian pianino.
Rispetto i suoi tempi, non dico una parola, neppure respiro! Ma non posso impedire al mio cuore di battere più veloce di una Lamborghini lanciata a tutta velocità su un’autostrada deserta.
Apre gli occhi e li strizza leggermente quando colpiscono la flebile luce che entra nella stanza. Volta di scatto la testa dall’altra parte, ma il movimento brusco gli procura dolore alla testa. Non riesce a controllare il piccolo e sofferente “ahi” che gli increspa la fronte mentre sorprendentemente sul mio viso affiora un sorrisino.
La sua voce… quanto mi è mancata.
Sbuffa, impossibilitato a muoversi e finalmente poggia i suoi occhi su di me.
E sono di nuovo battiti accelerati, mani sudate e farfalle nello stomaco.
Non credevo che sarebbe stato di nuovo possibile emozionarmi così tanto.
Aggrotta le sopracciglia, rilascia un sospiro e mi guarda intensamente prima di decidersi a parlare.
“Meno male, questa volta non sono l’unica a fissare l’altro come un’imbambolata” penso arrossendo fino alla radice dei capelli.
-Acqua, ho bisogno d’acqua- la sua voce è così roca che sembra provenire da una caverna - saresti così gentile d’aiutarmi?- con una mano indica il bicchiere sul comodino accanto al letto ed io ci metto qualche secondo in più prima di decidermi ad alzarmi. Quando finalmente mi avvicino al bicchiere con la coda dell’occhio lo vedo fissarmi; percorre il mio corpo dalla testa ai piedi. Un gesto che mi mette sorprendentemente in imbarazzo.
Avanti Bella, ti ha vista nuda un milione di volte, non essere ridicola, perché dovrebbe imbarazzarti?  In effetti è vero, solo che questo lui non lo sa.
Provo a spegnere l’incendio interiore che si è avviluppato nella zona del bassoventre  solo al pensiero di associare le parole Edward e sesso nella stessa frase e facendomi coraggio mi avvicino di nuovo al letto.
Beve assetato, neanche fosse appena rientrato da una passeggiata nel deserto, mentre i suoi occhi continuano a fissarmi.
-Qualunque cosa ti abbia fatto, ti chiedo scusa- pronuncia mettendo giù il bicchiere.
-Come?- nella mia classifica personale, questa era senza dubbio una delle ultime frasi che avrei pensato di sentirgli dire.
-Non ho la più pallida idea di chi tua sia- bam! Colpita e affondata. Un pugno in pieno petto mi avrebbe fatto meno male.
-Lo so- gli dico amareggiata ma stranamente tranquilla.
-Allora? Chi sei? – ammutolisce qualche secondo davanti alla mia faccia scioccata per poi riprendere a parlare -scusa, non volevo essere così brusco ma il mio Dottore dice che ho cancellato dai miei ricordi gli ultimi 6 anni della mia vita. E sono sicuro di non averti mai incontrata prima, altrimenti me ne ricorderei-
Davanti al suo viso mortificato non posso fare altro che provare tanta tenerezza. Si sente addirittura in colpa perché non sa chi sono! Come posso non amarlo?
Ma ora è arrivato il momento della verità. Non so come reagirà, ne quello che dirà, spero solo che non mi prenda per pazza.
-Emmhh… i tuoi genitori non ti hanno detto niente? Riguardo gli ultimi sei anni della tua vita, intendo-
Sbuffa - no, hanno detto che non vogliono affaticarmi-
-Hanno ragione-
-Non la penseresti così se al mio posto ci fossi tu, fidati-
-Questa volta hai ragione tu-
-Bene, allora? Sto aspettando…-
-Sei sicuro che adesso sia il momento giusto?-
-Sono tre giorni, due se consideri che l’unica cosa che ho fatto quando mi sono svegliato è stato ripiombare di nuovo nel sonno, che non aspetto altro. Voglio sapere, ne ho tutto il diritto-
-Stai cercando di incastrarmi- tipico di Edward - perché dovrei essere io a raccontarti ogni cosa, non vorrai che se la prendano con me?-
Un sorrisino gli increspa le labbra –senza offesa ma, preferisco che se la prendano con te piuttosto che continuare a vivere all’oscuro di tutto. Scusa la brutalità-
Questa volta sorrido anche io –non scusarti. A dirla tutta, sono io a non essere stata del tutto sincera con te-
-Che vuoi dire?- a fatica si porta una mano a massaggiarsi la tempia destra, starà soffrendo terribilmente, povero amore mio.
-Devi riposare, possiamo parlarne un’altra volta- mi costa tanta fatica ammetterlo ma non voglio che si senta ancora più male per colpa mia.
-No, ti prego. Io non… non so nemmeno come ti chiami- dice con un sorriso – ma ti prego, qualunque cosa, qualsiasi cosa, sarà meglio che vivere con questo senso di vuoto-
Sento qualcosa incrinarsi nel petto, qualcosa che fa male, tanto male. Vorrei avvicinarmi e abbracciarlo, stringerlo forte e dirgli che presto si sistemerà tutto. Perché gli sono vicina, perché non vado da nessuna parte, perché è la mia vita e non posso vivere senza di lui. Ma ovviamente non lo faccio, non voglio traumatizzarlo del tutto.  
-Sono stata io ad insistere perché non ti dicessero nulla. Volevo parlartene personalmente-
-Ohh… okay. Bene, sono tutto orecchi-  
-Io, beh… non posso raccontarti nulla se non ti dico prima chi sono-
-E quello che sto cercando di capire da quando mi sono svegliato. Chi sei?-
-Io… io sono…- mi trema così tanto la voce che sono costretta a fermarmi. Mi guardo terrorizza le mani, le sto letteralmente stritolando dalla tensione.
-Tu sei?- mi incalza lui dimostrandomi che nonostante l’amnesia in quanto ad impazienza non è cambiato di una virgola.
-Io sono… io sono tua moglie- deglutisco a fatica mentre nel petto sento sprigionarsi un’improvvisa zompata di calore.
Il rumore del bicchiere che si schianta sul pavimento mi sembra molto eloquente come risposta.  


*Angolo dell’autrice*

Le riflessioni di Bella riguardo le emozioni che si provano quando incontri una persona per la prima volta, tutta la storia del libro preferito ecc, è preso dal film “La memoria del cuore”. Questa teoria è presente anche nel libro “Le parole del nostro destino” di Beatriz Williams.

Resto in attesa di leggere i vostri pareri. GRAZIE mille, per le recensioni che avete lasciato allo scorso capitolo. GRAZIE mille, perché siete ancora qui a leggere la mia storia.
 Baciiii


 
   
 
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