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Autore: pandina90    03/06/2013    4 recensioni
"-Come ti chiami?- mi chiese il bel ragazzo davanti a me mentre si accendeva una sigaretta dopo essersi passato una mano in fronte per togliere il sudore dovuto al caldo.
-Isabella, ma gli amici possono chiamarmi Bella- risposi.
-E io come posso chiamarti?- chiese avvicinandosi ancora di più a me.
-Come preferisci-
Da allora mi chiamai Bells, solo per lui."
Due amici inseparabili. L'amore diviso dalla guerra. Un segreto nascosto e un ritorno inaspettato.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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he's back 2 He’s back -part2-



Ero indeciso sul da farsi, camminavo avanti e indietro per il vialetto in attesa di trovare il coraggio per bussare alla porta di casa sua. La visita della settimana precedente mi aveva lasciato fin troppi dubbi che vorticavano per la testa. Perché mi interessava così tanto sapere cosa avesse fatto in questi sette anni? Perché volevo sapere assolutamente chi fosse il padre di quello splendido bambino che ogni giorno veniva a casa nostra finchè Isabella era al lavoro. Perché chiamava i miei genitori nonni? Io non potevo essere il padre di Tommy, non avevo mai fatto nulla con lei, se non assaggiare le sue labbra il giorno prima della mia partenza. Perché mi ero lasciato scappare un’occasione del genere?
-Edward?- mi sentii chiamare e alzai la testa.
Isabella mi stava fissando curiosa da sotto il portico di casa, io ero sul vialetto che facevo avanti e indietro da ormai mezz’ore e lei doveva essersene accorta.
-Ciao- dissi avvicinandomi e sorridendole leggermente.
-Ciao. Che stai facendo qui fuori da solo, al buio?- chiese avvicinandosi anche lei. Indossava dei pantaloncini corti e una canottiera, sembrava la ragazzina di un tempo.
-Io… io volevo parlare- dissi titubante.
Resto alcuni attimi in silenzio fissandomi seria, poi si voltò verso la porta di casa e si incamminò.
-Tornatene a casa Edward. Non c’è nulla di cui parlare-
-Si invece. Io voglio chiederti delle cose e so che anche tu vuoi sapere qualcosa di me- cercai di convincerla insistendo. Lei sospirò e tornò a voltarsi verso di me.
-Mi sono chiesta solo una cosa in tutto questo tempo. Perché te ne fossi andato…-
-Bella…- cercai di fermarla.
-Ma ora…- continuò lei –ora vorrei solamente sapere perché hai deciso di tornare nelle nostre vite dopo così tanti anni di silenzio-
Cosa potevo dire in questo momento per scusarmi di non essere stato la persona che i miei genitori avrebbero voluto come figlio e lei come amico? Ma al tempo avevo un ideale e la mia vita, dopo la mia scelta, aveva finalmente preso senso. L’idea di non farmi sentire mi era venuta una notte durante l’addestramento, mentre sentivo un mio compagno di camerata pregare perché la sua fidanzata e sua madre non soffrissero per la sua perdita. Capii che tagliare i ponti per non far soffrire nessuno era il modo migliore per proteggerli dal dolore e mente pensavo a tutto ciò, la foto di me e Bella il giorno del suo diciottesimo, nascosta sotto il cuscino, bruciava più di qualunque ferita potessi subire.
-Non puoi capire…- dissi solamente abbassando il volto.
-No non posso vero? Non sono mai stata in grado di capirti, nemmeno quando sembrava che i tuoi gesti parlassero più delle tue parole. Vattene per favore. Per quanto mi riguarda sei sparito dalla mia vita quel giorno di sette anni fa-

Non dormivo più tranquillamente da quella notte, erano passati esattamente due mesi e nemmeno con i calmanti riuscivo a tenere sotto controllo dolore ed incubi che mi assillavano. Come se non bastasse ogni giorno vedevo Tommy correre in giro per casa mia, iniziai ad osservarlo bene e in lui trovai veramente molti particolari della madre, come il colore degli occhi o il taglio della bocca, ma la parte di lui che doveva provenire dal padre non mi era ancora chiara. Chi era stato così fortunato da stare con lei per poi sparire e lasciarla sola con il piccolo?
-Dov’è il padre di Tommy?- chiesi una mattina a mia madre quando il bambino doveva ancora arrivare.
-Non tocca a me parlarti di questo- rispose solamente lei.
-Bella non vuole parlarmi-
-Dalle tempo. Non ha mai smesso di aspettarti, ed ora per lei…-
-Non deve avermi aspettato molto vista la presenza del bambino- dissi io leggermente alterato da quelle parole palesemente false. Mia madre sospirò e si voltò cercando il mio sguardo, il suo era triste e sconsolato.
-Non è come sembra-
Il giorno seguente i miei genitori dovettero uscire per delle commissioni così restai io solo con Tommy in casa. Non era poi così male badare a lui, la maggior parte del tempo faceva dei disegni colorati che poi mia madre appendeva al frigorifero ma ogni tanto si dilettava a scalare gli alberi del giardino. Fu proprio su un albero che si ferì una mano mentre io lo tenevo d’occhio dal basso, non mi fidavo molto ed i miei sensi di Marine mi suggerirono di controllarlo.
Spaventato a morte dalla ferita mi chiese di portarlo dalla madre, io non esitai un attimo e, senza pensare bene a cosa avrebbe significato rivederla, lo accompagnai.
Come arrivammo davanti allo studio di Bella, mi concessi un leggero sospiro di sollievo che durò ben poco. Il bambino attirò l’attenzione di sua madre e lei, come ci vide insieme si preoccupò molto.
-Che ti è successo, perché sei qui?- chiese inginocchiandosi davanti a lui.
-Stava giocando sopra un albero e, scendendo, si è ferito la mano. Mi ha pregato di portarlo da te- risposi io cercando di calmare il suo stato d’animo.
-Sopra un albero? Quante volte ti ho detto che non ci devi salire sugli alberi, Thomas?- chiese seria.
Thomas, ecco il vero nome del bambino.
-Esme lo sa che non deve farlo, perché non l’ha fermato?- chiese rivolta a me ora.
-I miei genitori sono dovuti uscire per delle sommissioni urgenti, lo stavo guardando io… io non sapevo…- cercai di scusarmi per il grande errore che avevo fatto lasciandolo giocare sull’albero.
-Tu… non potevi saperlo- disse solamente per poi portare Tommy dentro l’ambulatorio. Io la seguii in silenzio cercando di non disturbarla mentre lo medicava.
Quando ebbe finito il bambino le chiese se poteva andare a giocare in pediatria con gli altri bambini, lei glielo concesse e chiamò un’infermiera perché lo accompagnasse. Restammo così solo io e lei dentro la sua stanza.
-Avrei bisogno di parlarti-
-Non credi ci sia nulla da…-
-Si tratta della spalla- tagliai corto.
Lei mi guardò intensamente e annuì invitandomi a sedermi sul lettino come successo durante la prima visita.
-Stavo per telefonare a prendere appuntamento nei giorni prossimi ma, visto che sono qui...-
-Certo. Togli la maglia- disse gentile avvicinandosi. Io mi spogliai della maglia e aspettai che lei tornasse a toccarmi.
-In che posizione dormi?-
-Non dormo- dissi io.
-Nemmeno con i sonniferi che ti ho prescritto? Certo non sono i più potenti ma avrebbero dovuto aiutarti- io negai solamente con il capo.
Posò le mani sulla mia spalla e su quello che restava del braccio. Il suo tocco mi piaceva e mi dava i brividi allo stesso tempo. Mi metteva a disagio sapere che lei stava toccando quella parte di me che ora mi mortificava di più. Sulla mia faccia si dipinse una smorfia strana che lei dovette sicuramente notare.
-Ti faccio male qui?- chiese spingendo con le dita su di un determinato punto.
-No- sussurrai io.
-Qui?- spostò ancora la mano su di un altro posto. Negai ancora. Lasciò scorrere nuovamente le mani sul mio petto per poi arrivare al mio addome. Io sussultai e chiusi gli occhi gustandomi quella sensazione così intensa, la mani di Bella su di me.
Improvvisamente sentii qualcosa di leggero e profumato posarsi su di me, aprii gli occhi e trovai le sue labbra posate sulle mie. Una scarica attraversò il mio corpo fino ad arrivare a quella parte remota di me che da tempo con consideravo più, i miei sentimenti nei suoi confronti.
Tornò a guardarmi mentre le sue mani mi accarezzavano il petto. Un lampo di luce le attraversò gli occhi quando, un attimo dopo, le nostre labbra tornarono a cercarsi e a guastarsi. Schiusi la bocca incerto sentendo però la sua lingua farsi strada prepotente in cerca della mia. La voracità con cui cercava in contatto con me la fece sistemare tra le mie gambe divaricate, io le accarezzai i capelli e poi la schiena con l’unica mano che avevo. Stavo per accarezzarle un fianco sotto la camicia che portava quando, dei passi concitati fuori dalla porta ci fecero dividere giusto in tempo per vedere Tommy entrare.
-Mamma voglio andare a casa- disse il piccolo.
-Tesoro sto ancora lavorando-
-Ma voglio tornare, devo finire un disegno per nonna Esme-
-Lo riporto io- dissi.
-Va bene. Aspetta Edward in sala d’aspetto-
-Ok, ma fai in fretta- rispose Tommy per poi uscire.
Lei sospirò e cercò di darsi una leggera sistemata, si portò una mano alla bocca e sorrise leggermente.
-È testardo e ostinato-
-Come suo padre- rispose senza dare tanto peso alle parole che pronunciava.
-Chi è il padre?- chiesi a mia volta senza perdere occasione visto che l’aveva tirato fuori lei l’argomento.
-Non è il posto adatto per parlarne. Se vuoi, vieni da me stasera- disse allontanandosi.
Tornò alla sua scrivania e scrisse altro sul suo libretto delle ricette.
-Questo è più forte, prendilo con attenzione, in oltre prova a mettere un cuscino sotto alla spalla, per il dolore- disse consegnandomi una nuova ricetta.
Me ne andai con suo figlio cercando di capire cosa ci era successo dentro il suo studio. Perché ora voleva parlarne?


BPOV


L’avevo aspettato per tutta la sera. Alle nove e mezza di sera non si era ancora fatto vivo finchè non sentii bussare alla porta. Lo trovai davanti a me, mi sorrise leggermente e lo lascia entrare.
Era strano averlo nuovamente dentro questa casa, era passato veramente tanto tempo ed erano successe tantissime cose nel frattempo.
-Ho aspettato il dopo cena ma, quando mi sono ritrovato davanti casa tua ho avuto… paura- disse mentre lo face accomodare in salotto. Non era cambiato poi molto in questi anni, si era fatto uomo, aveva un fisico perfetto se si tralasciavano tutte le cicatrici e la mancanza di una braccio.
Quando, un paio di mesi fa, lo rividi non credevo che la sua vista mi facesse riprovare tali sensazioni. Ritrovarmelo come paziente poi. Avevo cercato di restare il più professionale possibile ma oggi, non avevo resistito e, malgrado le cose brutte che ci eravamo detti, decisi che avremmo parlato. Non l’avevamo fatto sette anni fa, l’avremmo fatto ora.
-Tranquillo- lo rassicurai.
-Tommy?- chiese mentre si sedeva sul divano.
-A letto-
-Mi dispiace per oggi, se avessi saputo che gli era vietato salire sugli alberi non l’avrei lasciato fare-
-Non è stata colpa tua, anzi. Sicuramente ne avrà approfittato sicuro del fatto che tu ignorassi tale regola. È fatto così- risposi.
-Quanti anni ha?-
-Non ti hanno detto nulla i tuoi genitori?- chiesi.
-No. Mi hanno consigliato di parlare con te per avere le risposte alle mie domande-
Era da loro fare una cosa del genere. Avrebbero mantenuto la promessa fattami quattro anni prima come se ne dovesse la loro stessa vita. Erano persone fidate e li consideravo la mia famiglia, l’unica che mi era rimasta, insieme a Tommy.
-Thomas ha cinque anni-
-Capisco. E… se posso sapere, chi è il padre e perché non è con te-
-Posso sapere io perché te ne sei andato? E non rifilarmi la stessa scusa di sette anni fa- risposi invece. Prima avevo bisogno di risposte. Lui sospirò e aspettò infiniti minuti prima di arrivare finalmente a rispondermi.
-Il motivo iniziale è lo stesso di sette anni fa. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle ho deciso di entrare nel corpo dei Marine, per aiutare, salvare vite, andare da chi aveva bisogno di me. Poi, scoprii con il tempo che non era solo per quello. Desideravo allontanarmi da te, dai sentimenti che cominciavo a provare per te. Non meritavi un ragazzo come me, ero la persona più strana che potessi conoscere. I miei silenzi davano fastidio anche a me, perché tu avresti voluto una persona così? Così decisi di partire e di non farmi sentire per non farvi soffrire, se mi fosse successo qualcosa, vi sarebbe rimasto un bel ricordo-
-Perché sei tornato dunque?-
-Per te. Ho conservato la nostra foto sotto il cuscino per anni, poi l’ho portata al petto, vicino al cuore. Sono tornato per vederti e… sapere se almeno la tua vita fosse felice- disse infine.
Mi alzai dalla poltrona e andai davanti al caminetto dove sopra erano posizionate le foto della famiglia. Ne presi una e tornai a sedermi.
-Io avevo bisogno di te quando te ne sei andato, ma non sembravo una persona da salvare vero? Io non riesco a capire perché si possa fare una cosa di questo genere, andare a salvare sconosciuti e vivere con sconosciuti così tanto tempo-
-Erano la mia famiglia Bella- disse alzandosi –ho perso questo braccio per salvare la vita ad un mio amico, è vivo per miracolo. Ma tu non puoi capire- disse abbassando lo sguardo. Io non potevo capire? Io?
-Sei uno stupido se credi che solo le persone in determinati posti del mondo soffrano. Ti sei chiesto in questi due mesi dove siano i miei genitori? Mia sorella?- chiesi sarcastica. Lui non rispose.
-No non te lo sei chiesto, non l’hai fatto perché pensi solo a te, al tuo dolore, alle tue perdite. Tu non hai perso niente di quello che hai abbandonato qua, sono io quella che ha perso tutto- scoppiai a piangere rendendomi conto che stavo rischiando di gridare e svegliare Tommy.
-Mi hai lasciata sola, io volevo te e tu mi hai lasciata per andare a salvare qualcun altro-
Mi sentii stringere addosso ad un corpo caldo, il suo braccio mi teneva stretta a se mentre io sfogavo la mia rabbia sulla sua maglietta. Perché tutto il dolore del mondo doveva arrivare a me? Perché io? Non avevo fatto nulla.
-Che ti è successo?- chiese accarezzandomi una guancia mentre cercava il mio sguardo.
-Il padre è Jasper- dissi io singhiozzando ancora un po’. Lui si irrigidì e mi scostò da se guardandomi torvo.
-Jasper?- chiese incredulo.
Jasper era il marito di mia sorella Alice, aveva un anno in più di Edward ed era il suo migliore amico da quando era arrivato qui.
-Tu e Jasper… oddio- disse allentandosi ancora di più da me.
-Non è come sembra-
-A no? Perché l’ha detto anche mia madre?- chiese.
-Sarebbe semplice se io fossi andata solo a letto con Jasper. Ma non è così-
-Com’è andata allora? Lo vedo Tommy, è così simile a te che non potrebbero esserci altre spiegazioni-
-Volevano dei figli. Alice desiderava una bambina più di qualunque altra cosa al mondo- iniziai a raccontare. Gli mostrai la foto che tenevo in mano da qualche minuto e lui la osservò attento.
-Dopo svariati mesi di tentativi andarono da uno specialista. Fu detto loro che Alice soffriva di utero ostile, tutti i figli che avrebbero potuto avere dentro di lei non sarebbero sopravvissuti. Passò sei mesi stesa a letto senza rendersi pienamente conto che il suo matrimonio stava andando a rotoli. Io avevo appena finito il secondo anno di università, tornata a casa la trovai devastata, Jasper non la lasciava solo per il grande amore che provava per lei ma si vedeva che non era felice, colpito anche lui dalla disgrazia di non poter avere figli-
-Cos’hai fatto Bella?-
La foto che teneva in mano rappresentava me, seduta in veranda sul dondolo con Alice e Jasper al mio fianco, i loro visi felici e le mani di mia sorella sulla mia pancia.
-Ho fatto loro da utero in affitto. Impiantarono dentro di me un ovulo di Alice fecondato da Jasper. Dopo i primi tre mesi, durante i quali loro non avevano granchè fiducia, la vita cominciò a sorridere per tutti. Il bambino aveva superato le dodici settimane, eravamo tutti felici e loro tornarono le persone di prima. Arrivata al sesto mese di gravidanza si verificò però una tragedia. Mia madre, mio padre, Alice e Jasper stavano venendo a trovarmi all’università quando un tir… centrò in pieno la loro auto mandandoli fuori strada. I miei genitori morirono sul colpo, Alice poche ore dopo in sala operatoria, mentre Jasper… lui riuscì solamente a dirmi che se fosse stato un bambino avrebbero voluto chiamarlo Thomas, prima di morire e lasciarmi con il loro bambino da crescere completamente sola-
Non so perché gli raccontai ogni cosa, di come, da un momento all’altro mi ritrovai sola con il bambino di mia sorella da crescere. Il fatto è che quel bambino lo ritenevo mio, io l’avevo portato dentro di me, l’avevo fatto nascere ed ora lo crescevo come avrei fatto con qualsiasi altro bambino avrei avuto in vita mia.
Stesa sul divano, mi trovavo stretta nell’abbraccio impacciato di Edward che mi consolava e si scusava per non aver capito subito che entrambi avremmo avuto bisogno dell’altro. Chiusi gli occhi e cercai di riordinare le idee.
Mi risvegliai che fuori era ancora buio, guardai l’ora sulla sveglia e scoprii fossero le quattro di mattina. Mi rigirai e mi resi conto di essere nella mia stanza al piano superiore e di avere Edward steso e addormentato al mio fianco.
Lo fissai meravigliata di quando il suo viso, malgrado le orribili esperienze della guerra fosse ancora così sereno. Gli accarezzai una guancia, lui aprì di scatto gli occhi e restò a fissarmi intensamente prima di prendere la mia mano e portarsela alla bocca per baciarla. Un attimo dopo mi trovavo sotto di lui, il suo corpo premuto sul mio, caldo e invitante mentre mi accarezzava un fianco per poi arrivare ai miei pantaloncini e aprirli. La sua mano vagò all’interno delle mutandine, con i denti sollevò la maglietta e mi baciò entrambi i seni prima di torturarmi.
Io lo aiutai a togliere la maglietta che indossava, poi i pantaloni e l’intimo ritrovandomelo possente davanti a me, martoriato dalle cicatrici e tremante per il desiderio. Lo lasciai calare su di me e mi aprii per lui, per dargli modo di trovare dopo tanto tempo il calore di casa e di qualcuno che non aveva mai smesso di volergli bene.
-Mi dispiace- sussurrò ad un certo punto fermando le sue spinte e nascondendo il viso nell’incavo del mio collo.
-Meriteresti di essere toccata ovunque… ed io… non riesco a farlo- singhiozzò.
-Avrei dovuto farlo anni fa, quando ancora potevo renderti felice, quando ancora mi amavi-
Una lacrima solitaria vagò anche sul mio viso, commossa dalle parole di grande dolore che mi stava rivolgendo. Ma io non volevo che soffrisse, volevo che per entrambi fosse qualcosa di meraviglioso.
Con non poche difficoltà, dato il suo peso, mi portai sopra di lui, lo accolsi nuovamente e chiusi gli occhi invocando una preghiera.
-Lasciati amare ora-

-Mamma, dove sei?-
Mi voltai verso la porta e trovai mio figlio a sorridermi mentre si gustava la scena davanti ai suoi occhi.
-Papà! La nonna mi stava raccontando di quando si è innamorata- disse la piccola Alice al mio fianco andando incontro al padre che la prese in braccio l’attimo dopo.
-Davvero? È la stessa storia di ieri?- chiese lui.
-Certo. Ma credo che la nonna sia ancora innamorata sai?- disse lei.
-Si lo so. Corri a prendere le tue cose che torniamo a casa- la lasciò scendere e lei corse via.
Thomas si voltò verso di me e si venne a sedere dove prima stava sua figlia.
-Ha fatto la brava?-
-Come sempre- sorrisi io.
-Papà?-
-In giardino con Nica e Kevin- entrambi ci voltammo verso la vetrata al nostro fianco e trovammo mio marito e i nostri altri due figli intenti ad allenarsi.
Dopo quella notte di venticinque anni prima io ed Edward non riuscimmo più ad allontanarci di un passo. Venne a vivere con me e Thomas che, nel giro di poco tempo, cominciò a chiamarlo papà. Edward mi chiese di sposarlo un paio di mesi dopo, durante i quali scoprimmo di aspettare un bambino, anzi una bambina. Veronica nacque in anticipo di quasi quattro settimane, il giorno prima delle nozze e riempì la vita di tutti di nuova felicità. Dopo dieci anni, durante i quali tentammo più di una volta di avere un altro figlio, arrivò il miracolo di Kevin. Ora i miei figli avevano ventiquattro e quattordici anni.
Con il passare del tempo decidemmo insieme di raccontare a Thomas la storia dei suoi veri genitori, di come l’avessero desiderato così tanto da arrivare a chiedere a me di aiutarli. Mio figlio da allora non smise un attimo di volerci bene ed amarci come se fossimo i suoi genitori biologici ma, in ricordo di quelle fantastiche persone che l’avevano cercato con tanto amore, decise di chiamare sua figlia Alice, come mia sorella, e Jasper il piccolo che gli avrebbe dato sua moglie Jane da li a tre mesi.
-Evvai!- un grido arrivò dal giardino e attirò la nostra attenzione.
Raggiungemmo mio marito e i miei figli insieme ad Alice in giardino e trovammo Nica saltellare da un piede all’altro felice mentre il fratello la guardava imbronciato.
-Mamma guarda… dieci lattine di seguito senza nemmeno un proiettile sprecato- disse contenta.
Contrariamente a quanto mi aspettassi anche mia figlia decise di intraprendere la vita militare, appoggiata da Edward che, al contrario, la sosteneva.
-Bravissima principessa- disse lui andandola ad abbracciare.
-Non sono fatta di cristallo papy- disse lei.
-Ma i miei abbracci li accetti sempre- Lei si guardò intorno e arrossì sentendosi osservata.
-Tra quanto si cena mamy?- chiese mio figlio venendomi vicino.
-Tra poco. Thomas ti fermi da noi?-
-Devo tornare a casa da Jane, sembra aver particolarmente bisogno di me ultimamente…- disse lasciando intendere determinate cose.
-Ah ti capisco… tua madre era insaziabile. A volte si faceva tr…-
-Minorenni nei paraggi!- dissi io tappando le orecchie a mio figlio e alla piccola Alice fulminando mio marito con lo sguardo.
Scoppiammo tutti a ridere e rientrammo in casa per dedicarci ai nostri impegni.
Dopo cena, quando entrambi i miei ragazzi furono chiusi nelle proprie stanze a fare le proprie cose mi ritrovai a pensare inquieta. Edward scostò le coperte e venne a stendersi al mio fianco, mi guardò attento.
-Cosa c’è che non va?-
-Io… Edward devo dirti una cosa- arrossii pensando bene a cosa gli avrei detto di li a poco.
-Ricordi quando ti dissi che probabilmente era la menopausa a farmi avere quei piccoli problemi di salute? Non è menopausa, sono incinta-
Lui sorrise e si avvicinò di più a me, mi strinse a se e cominciò ad accarezzarmi il ventre.
-Ti amo-



Questa storia si conclude qui, con tutto il mio orgoglio visto il grande impegno che ci ho messo nel scriverla, una storia vera è sempre difficile da raccontare. Mi dispiace veramente non aver aggiornato subito come avevo promesso, ma sono dovuta andare in ospedale per un po'. Nulla di grave. Come premio aggiorno anche FWB. Un bacio!
  
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