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Autore: ElfoMikey    20/12/2007    3 recensioni
Deliah è una ragazza madre alle prese con i problemi di tutti i giorni segnati dalla morte del padre... Mikey è un ragazzo solo alle prese con un fratello invadente.... e se questi due ragazzi si incontrano?
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mikey Way, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La rosa cade leggera sul marmo bianco dove riposa il tuo corpo stanco. Il vento penetra la mia pelle come se cercasse di capire le mie emozioni, ma io non provo niente. Sono come un manichino lasciato sotto la pioggia e il freddo? sono come una farfalla senza un’ala per poter volare libera? sono come un carcerato con una pena infinita da scontare? sono come un bimbo che piange quando si perde al centro commerciale? sono come una via lunga e desolata che aspetta solo di essere percorsa da qualcuno? sono come un uomo con il cuore spezzato? No, mi sento stanca, sola e allora sono come un morto. Fermo, immobile, per sempre, sono come te papà, chiuso in quella bara di legno. Mamma fa cadere l’ultima lacrima e sparisce, camminando lenta e triste. Mio fratello la segue, con la testa bassa, ma senza piangere, è grande lui e io bambina, mi sdraio vicino a te, vicino alla tua foto, vicino alla tua bara solo per questa notte.


************


Mi alzo dal letto con un grosso mal di testa da post sbornia. Sento mia madre urlare dalla cucina ed è come se fosse a due millimetri dal mio orecchio. Si, cazzo scendo! Mi metto la mia vestaglia di lana, con una stampa d’orso e scendo lenta le scale, cercando di non cadere. Mio fratello Dylan mi sorpassa dandomi una “leggera” botta in testa in segno di saluto. Sto stronzo… faccio capolino dalla cucina e vedo mia madre vestita elegantemente che sculetta canticchiando, mentre mette sul tavolo due piatti contenti delle uova. Alzo gli occhi al cielo. Santo Dio ma cambierà mai mia madre?
“giorno..” Mi lamento spostando la sedia di peso. Ricevo un grosso bacio con lo schiocco da parte di mamma.
“buon giorno tesoro, ti devo accompagnare all’università? La seduta in tribunale è stata spostata a metà mattinata.” Mi dice mielosa. Io annuisco mettendomi le mani in testa. Cazzo che dolore, vedo mio fratello ridere sotto i baffi.
“non hai più l’età per ubriacarti.” Mi dice scuotendo la testa con un sorriso sarcastico stampato in faccia, quanto l’odio quando fa così, quel vecchiaccio dei miei stivali.
“parla l’emancipato! A trentacinque anni vivi ancora con la mamma e di una fidanzata non c'è neanche l’ombra.” Rispondo facendogli la linguaccia. Dylan mi guarda in cagnesco, ma non ribatte, ho toccato un tasto dolente. Perfetto uno a zero per me!!
“Deliah, smettila. Dylan anche tu basta, sembrate due bambini!” ribatte la mia mamma mettendomi davanti una tazza di caffè fumante. Sia lodato chi ha inventato la caffeina! Guardo l’ora ed è meglio che mi sbrighi, ho una lezione fra meno di mezz’ora. Mentre mi dirigo verso camera mia, sento mia madre dirmi:
“Jack quando riporta a casa la piccola Sofia?” mi fermo ed è come se mi si fosse congelato il sangue nelle vene. Sofia, la mia dolce Sofia.
“domani.” Dico a voce bassa.
È venuto Jack, pochi giorni fa, l’ha presa e l’ha portata via con se, dicendomi che me l’avrebbe riportata entro una settimana, ma sentivo dannatamente la mancanza di quella piccola creatura e il solo pensarci mi fa salire le lacrime agli occhi.

Mia madre sfrena bruscamente e io scendo di corsa, senza neanche salutarla, sono in un ritardo pazzesco!
“Deliah! Alla buon’ora! Sbrigati dai!!” mi rimprovera Lisa, la mia migliore amica.
“si, si eccomi. Che traffico infernale!!” esclamo buttandomi sulla sedia di legno esausta.
“ siamo a New York, che ti aspettavi?” mi dice prendendo posto accanto a me.
“ti giuro che questa è l’ultima volta che esco con quegli alcolizzati dei tuoi amici! “ ride.
“si certo, l’hai anche detto prima di ubriacarti con trenta bicchierini di rum e tutto per una scommessa.” Cazzo merda trenta bicchierini??? O ero già ubriaca o mia nonna aveva messo dell’erba nel tacchino.
“non ti ricordi eh? Beh è comprensibile.” Mi dice, cercando di consolarmi, ma così peggiora solo la situazione. Sto per ribattere, ma il professore entra in aula, facendo calare un religioso silenzio.
Un’altra mattinata infernale si è conclusa. Esco dall’università sospirando, chiudendo a modo il mio cappotto. Lisa è andata a casa e io mi dirigo verso lo starbucks in fondo alla via, per sgranocchiare qualcosa. Adoro gli starbucks, sono così caldi, accoglienti e poi fanno del caffè che è la fine del mondo! Mi siedo ad un tavolo e ordino un panino e del caffè bollente per cercare di riscaldarmi.
Davanti a me alcuni ragazzi discutono e io, curiosa allungo le orecchie per raccogliere frammenti di conversazione, ma ricevo solo uno strano sguardo da un ragazzo, che con l’indice che picchietta sulle labbra ascolta i suoi amici attento. Arrossisco, sono tremendamente curiosa me lo dicono tutti e distolgo lo sguardo dal suo, bevendo un lungo sorso di caffè, ma la sua occhiata è come calamita e allora lo osservo mentre mi sorride, cerco di sorridere anche io, ma ho paura di sbagliare. Ci guardiamo ancora per un po’, lui si è dimenticato dei suoi amici, io del mio panino al prosciutto e del mio caffè. È serio e mi scruta senza essere pesante o aggressivo, guarda i miei capelli neri con qualche ciocca blu sparsa qua e la, guarda i miei occhi azzurri, il mio naso, la mia bocca, la mia felpa dei Queen, mi guarda e mi sorride dolce e io lo guardo, si vede che è alto, i suoi occhi nocciola hanno un che di struggente, osservo i suoi capelli castani tirati all’indietro col gel, è magro, ma non gracile, ha delle belle mani, lunghe e affusolate. Mi piacerebbe sapere il suo nome… passano minuti di giochi di sguardi, ma poi se ne va insieme ai suoi amici, passa di fianco a me e mi sorride per poi sparire fuori dal locale in una fredda giornata di dicembre.
  
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