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Autore: Hiraedd    03/06/2013    11 recensioni
A Godric’s Hollow tutti conoscono i Potter:
la signora Dorea, donna tutta d’un pezzo, bella, furba, con quello splendido sorriso sulle labbra delicate;
il signor Potter, Charlus, sempre con una buona parola per tutti in bocca e quell’imprecazione così strana, “dannati serpeverde!”, a terminare tre frasi su cinque, specie quelle rivolte alla moglie;
i due ragazzi, poi, chi potrebbe non conoscerli? James e Sirius, hanno dietro una fila di cuori infranti che va dalla porta di Casa Potter fin al centro della piazza del paese, circa al monumento dei caduti.
Tuttavia, è degli ultimi due arrivi che si fa un gran parlare.
La signora Bensy ha detto alla signora Segrfid, la moglie del panettiere, di aver sentito da Jhon il calvo –gran pettegolo, quello!- che la signora Remsy –l’altra buona- ha ospitato per un intero pomeriggio uno dei due figli dei Potter, e la di lui ragazza, a casa sua.
Per giudicare l’altra ragazza, è bastato guardarla appena: bella come la morte e con un sorrisetto malizioso sul volto. Le ragazze del paesello sono concordi: è a dir poco insopportabile… e, no, non c’entra nulla l’aver tolto dalla piazza quel gran bel pezzo di figliolo che è Sirius Black.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fabian Prewett, Gideon Prewett, Marlene McKinnon, Mary MacDonald, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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COSE più o meno UTILI DA SAPERE PRIMA DI LEGGERE IL CAPITOLO.
 
Visto che ho motivo di credere che ormai le mie scuse non valgono più niente, eviterò di farvi perdere tempo per questo motivo. Tanto già lo sapete che mi dispiace avervi fatto aspettare troppo.
Ringrazio moltissimo chi mi ha recensito e mi ha mandato messaggi personali, non ho potuto rispondere perché mi sono rotta un polso e due costole un mese e mezzo fa, motivo per cui ho faticato a scrivere al computer e ho colto ogni occasione buona per scrivere il capitolo.
Ho riscritto questo capitolo seimila volte, alla fine mi sono convinta a riscriverlo da capo cambiando totalmente la scena, e ci sono riuscita. Il risultato mi piace, ma.
 
-Non ho inseritonessun flashback di Hogwarts dal punto di vista dei ragazzi, dal momento che questo capitolo è già pieno e caotico così, sommando il ritardo di mesi che ho avuto nella pubblicazione, sarebbe stato solo una complicazione in più e sarebbero stati inutili. Quindi i flashback riinizieranno nel prossimo capitolo, mi dispiace.
 
-L’albero genealogico dei Black ci dice che:
 
Violetta e Cygnus Black hanno generato quattro figli, di cui uno cancellato.
In ordine di nascita: Pollux, Cassiopeia, Marius (cancellato perché Magonò) e Dorea, che poi sposerà Charlus.
 
Il primo nome di Cassiopeia, in questa Fic è Fidelma. Quando ho iniziato questa ff non avevo mai visto l’albero genealogico dei Black, quindi ho inventato la sorella di Dorea di sana pianta, ma guarda un po’ che culo le ho dato come secondo nome Cassiopeia senza sapere di quanto mi avvicinassi alla verità. So che morivate dalla voglia di saperlo!
 
Come promesso, faccio un riassuntino dei punti salienti dei capitoli precedenti, soprattutto per chi ha dimenticato chi sono io e di cosa parla questa storia. Spero in ogni caso che riusciate a raccapezzarvi dopo tutto questo tempo.
 
Sento che avevo qualcos’altro da dire, ma in questo momento non me lo ricordo.
 
 
 
ECCO A VOI QUELLO CHE VI SIETE (probabilmente) DIMENTICATI DI “L’AMORE AI TEMPI DELL’ODIO”:
 
Al Ministero sta per essere approvato un “Progetto di Protezione e Sicurezza Babbani”, con cui i Mangiamorte non sono d’accordo. Una serie di attentati/rapimenti/omicidi vengono perpetrati ai danni dei pezzi grossi del Ministero che supportano questo progetto, con lo scopo di scoraggiarne l’approvazione con la paura.
 
Fergus McDonald, padre di Mary McDonald, da il suo appoggio al progetto, per cui la figlia viene rapita in una strada buia, a sera inoltrata, mentre sta fuggendo da un pesante litigio avuto con una delle sue migliori amiche, Alice.
Mary fa parte, insieme a tutti i suoi amici, dell’Ordine della Fenice. Tutti si accorgono che è scomparsa e cercano in ogni modo di trovare qualche traccia di lei. In un vicolo viene rinvenuta la sua bacchetta spezzata, il cadavere di un ragazzo ucciso dai Mangiamorte viene ritrovato in un’insenatura della città scozzese di Laide, e questo porterebbe a credere che Mary si trovi nelle Highland del nord.
 
Mary si risveglia prigioniera, conosce il suo carceriere e scopre che è un Magonò, Rius. Un giorno, quando va a prenderla per portarla davanti a Lord Voldemort, Rius le rivela di conoscere sua madre, e le dice che lei le assomiglia molto.
 
Lord Voldemort è venuto a conoscenza di un fantomatico Ordine che si opporrebbe a lui, l’Ordine della Fenice, e sospettando Mary di farne parte ne ordina la tortura per scoprire di più su questo gruppo.
 
Vedendo Mary torturata Rius prova pietà e, arrivato nella stanzetta che usa per dormire in condivisione con Desmond (Magonò zoppo che, come lui, è un servitore delle famiglie devote a Voldemort), decide di fare qualcosa.
 
La mattina dopo, all’alba, Dorea Black in Potter (migliore amica di Gillian Sidonie Mayfair McDonald) riceve un misterioso bigliettino.
 
Buona lettura,
Hir
 
 
P.S. dal momento che questo capitolo si svolge quasi tutto a Villa Selwyn, ho deciso di non scrivere all’inizio di ogni pov il luogo. Ho scritto però all’inizio di ogni pezzo di storia se si svolge all’INTERNO o all’ESTERNO della villa, per facilitare la comprensione del racconto.
 
 

 
 
 
 
 
LILY
JAMES
SIRIUS
MARLENE
MARY
EMMELINE
REMUS
PETER
ALICE
FRANK
REGULUS
RABASTAN
CORRISPONDENZA
 
 
 
 
 

CAPITOLO 13

 
 
 
CASA BULSTRODE/BLACK,
VENTIDUE ANNI PRIMA
 
La ragazza scostò il pesante broccato scuro della tenda per gettare uno sguardo fuori dalla finestra.
 
Oltre il grande roseto, davanti all’ingresso della villa, una squadra di servitori –un misto di elfi domestici e uomini in livrea- si stava occupando di posizionare grandi vasi di fiori al centro dei tavoli rotondi.
 
Camelie bianche e Gypsophila, probabilmente, ma da una così grande distanza e oltre il vetro della finestra non potè esserne sicura.
 
-Dorea, questi girasoli sono arrivati per te. La Signora Black ha chiesto di riferirti che gradirebbe non essere più importunata dalle tue richieste, impegnata com’è a controllare i preparativi per il matrimonio di Fidelma-.
 
La voce profonda del ragazzo sulla soglia richiamò l’attenzione della giovane donna. Ella, ritraendosi dalla finestra, lasciò ricadere al proprio posto il drappo pesante della tenda.
 
-per me? Non li avevo ordinati io-
 
Marius Black  esitò per qualche secondo sulla soglia, nelle mani un vaso di girasoli sgargianti. Gettando uno sguardo sui fiori, il ragazzo non riuscì ad evitare di arricciare le labbra. Se esistevano fiori più fuori posto dei girasoli, in casa Black, a lui proprio non venivano in mente.
 
-ho saputo che hai passato gli esami di fine corso all’Accademia-.
 
Dorea alzò sul fratello uno sguardo sorpreso.
 
Era raro che si permettesse di usare con qualcuno un tono così confidenziale. D’altronde, specialmente in famiglia, veniva trattato alla stregua di un estraneo, di solito. Un estraneo inferiore.
 
Violetta Bulstrode in Black, per volere del marito, era scesa a patti da anni con l’idea di avere un figlio disgraziato, e aveva accettato –seppur con tutto il suo dolore di madre- di non poterlo crescere come si sarebbe meritato un Black integro.
Pollux, loro fratello maggiore ed erede della maggior parte della fortuna di famiglia, si rifiutava di riconoscerlo come appartenente alla Nobile e Antichissima Casata dei Black, esattamente come il padre.
 
Dorea, quel suo fratello strano, proprio non lo capiva. Era la più piccola della famiglia, e aveva nove anni l’ultima volta che le era stato concesso di giocare con Marius. A quell’età, però, si dimentica in fretta: tutte le domande che aveva posto nei mesi successivi erano state messe bruscamente a tacere. Dopo un po’, come tutti i bambini, non aveva più chiesto e aveva preso per buono il fatto di essere zittita.
 
L’unica persona della famiglia ad avere una qualche sorta di rapporto con Marius, anche se logorato da un senso generale di inadeguatezza e inquietudine, era ormai Fidelma.
 
Fidelma che si sposava, Fidelma che se ne andava e lo lasciava solo.
 
Probabilmente è per questo, si disse Dorea, che proprio oggi si ferma a parlare un po’ con me.
 
-a pieni voti, sembrerebbe. All’inizio di Luglio dovrei entrare nella squadra di Aaron Scrimgeour-.
 
Marius annuì con un tiepido sorriso sulle labbra, incerto e un po’ imbarazzato.
 
Imbarazzata lo era anche Dorea, chiedendosi come dovesse andare avanti la conversazione.
 
Nel silenzio più completo il ragazzo parve ricordarsi del motivo per cui lo avevano spedito in camera di Dorea con un vaso tra le mani, quindi si avvicinò allo scrittoio di legno chiaro che risaltava in un angolo della stanza e vi posò sopra i girasoli.
 
-tra i petali c’è un biglietto, probabilmente li manda qualcuno- la avvisò indicandoglielo.
 
Lei annuì, spostando di nuovo lo sguardo sui fiori.
Di nuovo imbarazzo, posato ovunque come una coltre di polvere spessa un dito.
 
-senti, Marius, io…-
 
-a tua madre stanno per esplodere le coronarie, e non credo di averla mai sentito strillare tanto in vita mia- li interruppe una voce allegra proveniente dal corridoio. Un metro e sessanta di allegria e parlantina entrò dalla porta, trascinando con se una ventata d’aria fresca che stemperò la tensione –devono aver sbagliato il colore dei tovagl…-
 
Gillian si arrestò bruscamente quando s’avvide di non essere sola con la propria migliore amica. Con in volto un’espressione buffa inclinò appena il capo, in quel gesto tanto suo che la faceva assomigliare, nonostante i vent’anni passati, ad una bambina pensierosa.
 
-scusate, non volevo disturbare-.
 
Dorea spostò lo sguardo dal fratello all’amica e indicò Marius con un cenno della mano.
 
-Gillian, lui è…-
 
-… solo un servitore di casa Black- concluse Marius rivolgendo alla ragazza un cenno rispettoso con il capo.
 
Per un attimo nella stanza tornò l’assoluta immobilità che qualche istante prima era parsa a Dorea tanto odiosa, una quiete silenziosa intrisa di tensione.
 
Accortosene, Marius sembrò cercare con gli occhi la porta, all’improvviso, quasi fosse rimasto senz’aria.
 
–devo tornare di sotto, vogliate scusarmi. Miss Black, Miss… Mayfair-.
 
Mentre Jill si dirigeva verso lo scrittoio elogiando la bellezza dei girasoli nel vaso, Dorea, sulla soglia, fissò le spalle del fratello fino a quando non fu scomparso al piano di sotto, oltre le scale.
 
Nelle orecchie, sentiva la carezza della voce di Marius su quel cognome, che lei non gli aveva mai annunciato.
 
 
VILLA SELWYN,
5 AGOSTO 1978
 
INTERNO
ORE 07.05
 
Sono le sette del mattino e come impetuoso, unico sottofondo, si sente il rumore del mare.
 
Il Magonò zoppo è passato due volte: la prima per ritirare gli avanzi della cena del giorno precedente, la seconda per portare una misera colazione, che tanto nessuno toccherà.
 
Da qualche parte, poco lontano da lei, qualcuno fa cadere qualcosa a terra, forse una ciotola. Poi di nuovo silenzio, di nuovo il mare che torna a ruggire.
 
Potrebbe anche perforarle la testa, ucciderla, ma lei sa che non lo farà. Sarebbe troppo facile, finirebbe troppo in fretta. Perfino il mare è restio ad agire contro gli ordini del Lord Oscuro, e Lord Voldemort sarebbe capace di dichiarare guerra anche a Nettuno in persona se mai la uccidesse, strappandogli così la più ricca fonte d’informazioni sull’Ordine della Fenice a portata di mano.
 
Come diavolo ha fatto a saperlo? Dell’Ordine non dovrebbe essere a conoscenza nessuno.
 
La cella è fredda e le hanno portato via il mantello logoro di Rius, per cui non le resta che soffrire in silenzio sia il dolore che il freddo nelle ossa.
 
Potrebbe anche raggomitolarsi, e per un attimo ci pensa su. Sarebbe facile, portare le braccia intrecciate sotto alle ginocchia e chinare un po’ il capo. La parte difficile sarebbe poi districarsi, intirizzita dal gelo e dal male, da quella posa lì.
 
-dormi, McDonald?- chiede una voce folle da dietro alla porta.
 
È l’unica voce femminile che potrebbe mai ascoltare lì dentro, ma non serve certo il timbro per poterla riconoscere. Ogni parola gronda pazzia, e solo quello alla fine basta e avanza.
 
-se dico di si, Bella, te ne andrai?- mormora svogliata la ragazza nella cella, cercando di strapparsi dalla gola quelle poche parole.
 
È costretta a soffrire per il male al busto, alla schiena e alle coste; per il freddo, per l’immonda schifezza che tocca e respira. Non potrebbe lasciarla da sola, in quelle che con tutta probabilità saranno le ultime ore della sua vita?
 
Una risata cupa, due colpi alla porta e un altro sbuffo di risa.
 
-non mi va, no- è la folle risposta che riceve –e, dimmi, credi che ti verranno a cercare? I tuoi amichetti, quelli che proteggi tanto?-.
 
Nessuna risposta.
 
Mary, con le lacrime agli occhi per il dolore, il freddo e, si, anche per tutta quella dannata situazione, si copre il volto con la mano destra stando attenta a non far nessun rumore. Niente tirar su di naso, gemiti doloranti o singhiozzi. Niente che concederebbe a Bellatrix la consapevolezza di essere vicina un soffio alla vittoria più completa.
 
-morirai, McDonald, lo sai?- domanda ancora dall’esterno la Mangiamorte –moriranno anche loro. Uno a uno, faranno la fine del topo-.
 
Si morde il labbro, Mary, fino a farlo sanguinare ancora.
 
-prima le tue amichette. Quella Evans, dal sangue lordo, e quella con cui hai fatto amicizia ultimamente. La medimaga, che sembra sapere tutto lei- continua imperterrita la nuova Signora Lestrange.
 
Mary riesce proprio ad immaginarsela, fuori nel sudicio corridoio, appoggiata al muro e vestita di nero, bella e mortifera, mentre parla con quel tono lieve e si guarda le unghie, compiaciuta.
 
-Potter sarà il terzo, lui e quella sua irritante mania di scompigliarsi i capelli. Lui e la sua pessima abitudine di credersi il più grande. Sirius… no, Sirius lo lasceremo per ultimo. Che li guardi morire tutti, quel cane-.
 
Amarezza, questa volta. Nel sentirsi rifiutata, forse? Bella sa che Sirius ha rifiutato tutti loro per disprezzo. Che smacco, vedersi accantonare da una parte in favore di babbanofili e sangue sporco.
 
-la McKinnon, ovviamente. E anche quell’altra, certo. La Vance. Certo è stata proprio una bella scoperta, la Vance, da timido agnellino è riuscita quasi a diventare un lupo. Uno di quelli piccoli, però, spelacchiati. Che uggiola dietro al lupo più grande. E d’altronde, andando con il lupo…-.
 
Risata aspra.
 
-allora, McDonald, ti va di parlarne?- chiede melliflua, la Mangiamorte –quanti di loro sono in questo… fantomatico Ordine? Che sciocchezza, un insieme di bambini che giocano a fare gli eroi-.
 
Attenta a non fare rumore, Mary si alza e si avvicina alla porta, strascicando i piedi sulla pietra lercia. Appoggia un palmo alla porta, le dita bene aperte, la mano che sembra quella di una bambina.
 
Può sentirlo, il suo respiro, quello dell’avvoltoio che incombe su un campo di battaglia. Attende, lei.
 
-ma lo sai, McDonald?- domanda lenta, rigirandosi le parole in bocca e gustandone ogni sillaba –si diventa eroi solo da morti. Da viva, sei una povera pazza agli occhi di chi ti circonda-.
 
-se lo dici te, ci credo- mormora la ragazza con voce spezzata –sei una fonte inesauribile di informazioni, quando si parla di pazzia-.
 
-lo sai come sarà, morire per mano nostra?-.
 
Lo chiede come se stesse domandandole quali pasticcini preferisce per il tè pomeridiano. Al miele o alla vaniglia?
 
-preferirei vivere tutta la procedura una volta sola, grazie- risponde Mary computa, rifiutando l’orrore che ad ogni parola minaccia di sommergerla. Con la mano che ancora tiene lungo il fianco si aggrappa al muro di pietra, e con un occhio semichiuso si sporge per osservare dalla fessura tra i cardini. È troppo buio, e Bella è troppo vicina –sono piuttosto brava ad improvvisare, non serve fare le prove-.
 
-Mary, Mary, Mary- canticchia la Mangiamorte, una traccia di sorriso nella voce –davvero non capisco. Hai la possibilità di essere grande. Noi, te la offriamo. Una purosangue come te diventerebbe una splendida seguace del Signore Oscuro. Il mondo che vuoi conquistare, tu non lo vivrai mai. Spiegami perché rifiutare, in nome di uno sciocco ideale?-.
 
Sarebbe come mimare ad un sordo la melodia di un’arpa.
 
-sarà Dolohov, ovviamente- riprende Bellatrix, nuovamente folle, nuovamente se stessa –hai notato come usa bene quella sua frusta di fuoco, vero? È come un colpetto con il polso, lo avrai notato. Usa la bacchetta con la fluidità con cui uno spadaccino muove la propria arma. È arte, la sua-.
 
-non sono sicura di apprezzare appieno la tua scelta dei termini-.
 
-suvvia, McDonald- la blandisce con tono di scherno –non ti ha certo fatto molto male. Può fare di peggio; farà di peggio. A ben pensarci, però…-
 
Una leggera esitazione, come a ragionarci su.
 
-…potrebbe anche lasciare il posto a Walden. È bravo, come boia. Se parlerai, il Mio Signore ti concederà una fine rapida, e Macnair è famoso per questo. Lo ha ucciso lui, quell’altro. Come si chiamava, caro ragazzo? Emmett, o Emerald. Il figlio della Baker Morgan, faccia da volpe che non è altro- conclude con noncuranza, quasi fossero cose da tutti i giorni.
 
Un attimo di silenzio, il compiacimento dilaga, e poi una nota stizzita nella voce quando riprende, diretta a qualcun altro.
 
–ce ne hai messo di tempo. Muoviti, il Signore Oscuro vuole vederla ancora-.
 
E adesso, solo paura.
 
 

*

 
 
Non ho mai avuto così tanta paura.
 
Due giorni fa sono entrata in questa sala più o meno a testa alta, pensando, credendo, di andare incontro alla morte. Contro ogni aspettativa, la morte ha mancato il nostro appuntamento, e ha mandato il dolore a porgere le scuse al posto suo.
 
È stato davvero l’incontro più terribile che io abbia mai fatto nella mia vita. Ed è proprio questo a farmi paura, adesso: non temo la morte. Ma il dolore…
 
…il dolore è un’altra cosa.
 
Ti fa odiare la vita, il dolore; ti fa bramare l’oscurità perenne. E io… beh, io sono Mary McDonald. Ho sempre pensato che la vita mi piacesse troppo per poter arrivare mai a desiderare la morte.
 
Povera sciocca.
 
Sento le dita del Magonò zoppo stringermi i polsi, legati dietro alla schiena, mentre mi trascina avanti nella sala e poi quasi nel centro esatto del pavimento, ad occupare quella stessa pietra che solo due giorni fa ha visto tutte le mie sofferenze.
 
Come una compagnia di attori che si prepari ad andare in scena, tre uomini vestiti di scuro mi circondano, due dal lato destro e uno da quello sinistro. Uno di loro ha il sorriso beffardo e il viso scarno di Dolohov, mentre non conosco gli altri due. Poco più lontano, seduta su una ricca poltrona, Bellatrix Lestrange osserva.
 
Non vedo lui, ma non dubito che sia più vicino di quanto io non pensi.
 
-la nostra ospite ha deciso di... collaborare?-.
 
Infatti. Una serpe fatta e finita, Lord Voldemort, che immobilizza con un sibilo la propria preda.
 
-non credo, padrone- mormora estasiata Bella, le gambe accavallate sotto la lunga gonna nera. Gli occhi, perle scure di follia, brillano come quelli di una bambina.
 
Senza aggiungere nessuna nota personale alle parole della ragazza, alzo gli occhi verso il resto della sala.
 
 È una bella sala.
 
Siamo senz’altro in una grande tenuta, e da quello che riesco a vedere di stile chiaramente medievale. Le finestre, il camino e il soffitto assomigliano molto a quelli di Hogwarts, in un certo senso.
 
Incredibile quanto poco serva conoscere l’architettura di una magione se ti ci trovi imprigionata dentro e impossibilitata a fuggire. Davvero! Non fanno che raccontarti di come la cultura salvi la vita, e proprio quando la tua vita è in pericolo ecco che non ti serve assolutamente a nulla distinguere una volta a crociera da una volta a botte.
 
-allora, Mary- mi richiama all’ordine Lord Voldemort, sibilando –hai voglia di dirmi chi sono, i tuoi amici?-.
 
Ed è incredibile, guardarlo negli occhi. Ha il volto della morte, una morte che non è sonno eterno, ma incubo perpetuo e sofferente. Se solo mi fosse rimasto un po’ di coraggio, potrei fare una qualche battuta arguta per mascherare la paura. Se.
 
Invece rimango ferma, immobile, gli occhi sbarrati e la gola chiusa.
 
-non parla, non parla- cantilena Bellatrix dal suo posto, quasi sognante –sta muta e non parla-.
 
Chiudo gli occhi, ma non serve a nulla. Bella continua a canticchiare, sembra quasi una bambina felice, e quest’orrore non se ne va.
 
Non parla, non parla, sta muta e non parla.
 
Mi chiedo se è così che si sente il grano in attesa della falce che lo mieterà.
 
Non riesco ad aprire gli occhi: forse allora non sono così coraggiosa. Quella cantilena mi trapana la mente, e la voce strascicata di Bella mi lambisce i pensieri. Ho paura.
 
Non parla, non parla, sta muta e non parla.
 
E all’improvviso arriva il dolore, così acuto e improvviso da spezzarmi il fiato.
 
Hai notato come usa bene quella sua frusta di fuoco, vero?
 
 

*

 
 
ESTERNO,
ORE 08.15
 
 L’alba è ormai un ricordo e il sole mattutino, ancora freddo, stende lunghe ombre sulla brughiera scozzese.
 
Nove persone, tra le più pericolose bacchette di tutta la Gran Bretagna, attendono che i due Auror mandati in esplorazione tornino con notizie certe. 
 
-il percorso è sgombro, da questa parte non ci sono impedimenti. Ho trovato i cunicoli della servitù, stanno esattamente dove erano segnati, nella mappa- mormora Dorea Potter raggiungendo il resto del gruppo  -ho controllato anche altri punti di riferimento, le finestre del piano nobile e le altre entrate, le posizioni coincidono-.
 
-quindi la mappa negli archivi del Ministero è affidabile?-.
 
A chiederlo è una giovane donna dai capelli rossi legati in uno chignon sulla nuca.
 
-così sembrerebbe. Per esserne certi aspettiamo il ritorno di Fabian, vediamo cosa ha da dirci sugli altri due ingressi e sui presenti all’interno e all’esterno dell’edificio. Albert, hai trovato qualcosa di interessante in quella mappa?-.
 
-a giudicare dalla mappa della villa – risponde un uomo sui cinquant’anni alto e prestante, probabilmente uno dei membri di spicco della squadra Auror –potrebbero tenere la ragazza nei sotterranei. Sono praticamente irraggiungibili, scavati nella roccia, hanno piccole finestre affacciate sull’oceano e vi si può accedere solamente da uno stretto corridoio collegato al primo piano tramite una scala-.
 
-i cunicoli della servitù quindi non arrivano fino a lì- annuisce Dorea –arrivano solo alle stanze dei piani nobili-.
 
-quanta Polisucco abbiamo?- chiede un secondo uomo, più piccolo e paffuto del primo.
 
-Alastor è l’unico a tenerne una fiaschetta anche nel suo cunicolo, in ufficio. Approssimativamente direi che ne abbiamo per due ore e una persona, oppure per due persone ma per un’ora soltanto-.
 
-continuo a credere che questa sia una trappola- sussurra la più giovane del gruppo, la ragazza con i capelli rossi che ha parlato giusto una manciata di minuti prima. Tiene due dita sull’impugnatura della propria bacchetta e lo sguardo fisso sulla mappa che il suo collega ha tra le mani –non ci si può fidare di un biglietto piovuto dal cielo dopo secoli di silenzio-.
 
-potrebbe esserlo, Daisy- le risponde la signora Potter con leggerezza –il biglietto di Marius potrebbe essere una trappola; d’altronde, non vedo mio fratello da quasi vent’anni. Nonostante tutto, se teniamo in conto tutto ciò che abbiamo dedotto su questo caso fin dalla sparizione di Mary, anche grazie al ritrovamento del cadavere di Emmett Morgan, notiamo che i dati coincidono-.
 
-Marius Black potrebbe addirittura essere morto- sottolinea con apprensione la giovane Daisy. L’uomo accanto a lei, il cinquantenne di nome Albert, sembra condividere il parere della ragazza, nonostante non mostri apertamente il desiderio di contraddire Dorea Potter –la famiglia Black è quel tipo di famiglia che presta particolare attenzione alla propria reputazione… e se come hai detto lui è un Magonò, allora potrebbero…-
 
La Signora Potter scuote la testa per fare cenno alla ragazza di fermarsi. Sospira stancamente e, nonostante la mattinata sia iniziata da nemmeno due ore e mezza, ha sul volto l’espressione di chi non vede l’ora di concedersi un buon riposo.
 
La famiglia Black, si sa, è una famiglia inflessibile: non risparmia nemmeno i propri membri. Tuffarsi tra i ricordi è sempre stancante.
 
-Un Magonò non è riconosciuto dalla nascita. Marius è stato cresciuto come un Black a tutti gli effetti fino agli undici anni. L’assenza di magia accidentale aveva già fatto temere qualcosa, ma se ne è avuta piena certezza solamente quando la lettera da Hogwarts, tanto attesa, non è arrivata. Lo hanno cancellato dalle linee ereditarie e dall’albero genealogico di famiglia. Ricordo che Marius venne allontanato da noi per essere affidato alla nostra elfa domestica, Della. Capirai bene cos’avranno pensato: se non ci puoi onorare, per lo meno renditi utile. La cosa non suscitò granchè polverone, perché era Pollux l’erede primogenito della famiglia. In più, un elfo domestico è un servitore fedele, è vero, ma concorderai con me nel dire che non è certo il più intelligente essere sulla faccia della terra. Non sarebbe affatto stupido, da parte di Voldemort, assicurarsi servitori più forti e più intelligenti degli elfi domestici-.
 
-non avevo mai sentito di Magonò generati da famiglie purosangue- borbotta di suo Artemisia Tellman, membro della squadra da più di dieci anni.
 
-Desmond Bulstrode, nato tredici anni prima di Marius; Serafina Safiq, dovrebbe avere all’incirca sui trentasei anni; Tanya Burke, sulla trentina; Alistair Rosier, fratello di Chintia e Evan Rosier, ventidue anni- elencò pazientemente la donna a capo della squadra –se vuoi conoscere le parti marce delle famiglie purosangue, Misia, devi andarle a cercare per bene con unEngorgio, credimi. Ma se cerchi attentamente qualcosa trovi-.
 
-anche se fosse vero, se fosse riuscito a sopravvivere per tanto tempo, per quale motivo Marius Black dovrebbe voler aiutare proprio in questo caso?- insistette Daisy raccogliendosi i capelli in una coda, nervosamente –sono morte altre persone prima che Mary McDonald venisse rapita-.
 
Quello è un po’ il punto che non ha capito nessuno, nella squadra. Nessuno al di fuori di Dorea.
 
Cosa mai potrebbe aver spinto Marius Black –o un impostore, non si sa- a fornire il proprio aiuto dopo anni di silenzio ed una vita passata in schiavitù?
 
La Signora Potter, che prima di sposare Charlus è stata una “Signorina Black”, storce le labbra in quello che con un po’ di fantasia potrebbe anche sembrare un sorriso. Meno di tre minuti dopo, con l’arrivo di Fabian Prewett, la questione viene abbandonata; è proprio allora che Dorea, con dita sicure, estrae il biglietto ricevuto via gufo quella mattina stessa e getta uno sguardo su parole scure vergate da una mano frettolosa.
 
I Passaggi della servitù non sono sorvegliati, a Villa Selwyn.
Lei è tutta sua madre. M.
 
 

*

 
 
INTERNO,
ORE 08.23
 
-… Albus … Silente-.
 
Tregua. Ambita, sperata, pregata tregua.
 
Non sono solo rantoli quelli che mi escono dalla bocca.
 
Lettere, parole. Un nome.
Non un nome qualunque.
 
È il peso della colpa quello che mi schiaccia sul pavimento di marmo lucido.
 
-potresti ripetere?-.
 
Inspiro quasi prepotentemente e ogni refolo d’aria che inalo ha il morso pungente dell’aceto sulle ferite. Non c’è sangue, ma non per questo deve essere assente anche il dolore.
 
Non voglio ripetere. Non voglio tradire. Non voglio morire.
 
Ma, soprattutto, non voglio continuare a soffrire.
 
Quasi evocata da uno dei tanti pensieri spezzati che mi invadono la mente, la frusta torna a colpire, prepotente ed atroce. Il dolore arriva ad ondate ed è insopportabile, tende muscoli e nervi e pelle e ossa e mente. Tende il filo che mi tiene legata alla vita, alla sanità mentale, al mondo.
 
Ho paura che si spezzi, ho paura che mi spezzi.
 
-Silente… Albus Silente-.
 
-fa parte dell’Ordine?-.
 
Silenzio. Dolore. Atroce dolore. Poi di nuovo la pausa.
 
Silenzio, poi di nuovo dolore.
 
È come una ballata, una ballata macabra e inesatta, perché da qualche parte qui c’è qualcosa di profondamente, perversamente sbagliato. Le costole stridono tra loro e le mie urla sono degne di quelle di una Banshee, ho il fuoco nei polmoni e nella mente; annaspo alla ricerca d’aria in questo oceano di dolore vivo.
 
-Albus Silente è a capo dell’Ordine della Fenice-.
 
Sento le parole scivolarmi fuori dalla bocca, le posso quasi avvertire sfiorarmi la lingua e infiltrarsi tra i denti, a sgusciare fuori come vessilli di tradimento. Ogni parola che mi strappano è una pugnalata inferta alle spalle delle persone che stimo e rispetto di più al mondo, ogni gemito sofferente è il rinnegamento della donna che avrei voluto essere.
 
Se uscirò viva da qui non avrò il coraggio di guardare di nuovo loro negli occhi. Persone di cui mi fido, persone che si fidano di me. Al mio posto loro non cederebbero.
 
-brava Mary, vedo che stai iniziando a ragionare- si compiace il Signore Oscuro, alto davanti a me, con voce soddisfatta –il dolore è un pungolo addirittura più efficace del denaro. O della fama-.
 
Una scossa lieve, la punta di uno stivale sotto lo sterno che mi volta come fossi uno straccetto.
 
-uccidimi- mormoro al viso scarno e pallido che mi sta guardando. Come si chiama? Non lo ricordo.
 
-non c’è gusto nel frustare un morto- ribatte in tono di scherno.
 
-Albus Silente. Poi? Chi altro?-.
 
Con la calma con cui chiunque altro discuterebbe delle condizioni del tempo, Lord Voldemort riporta la concentrazione alla tortura precedente. 
 
Un’altra scossa al mio silenzio, più forte di prima. Lo stomaco, attorcigliato e vuoto, si ribella. Vomito il niente, ha un sapore acido.
 
-Chi altro?-.
 
Ancora dolore.

 
 

*

 
 
ESTERNO,
ORE 08.40
 
-ci muoviamo in coppie, all’interno voglio soltanto sei di noi. Meno siamo, meno possibilità ci sono di essere notati-
 
Dorea richiamò tutti all’ordine. Fabian, tornato dall’esplorazione, aveva notato due uomini lasciare la villa. Il riconoscimento di uno dei due, Evan Rosier, avrebbe dato il via all’operazione.
 
-Artemisia e Frida, voi due per prime terrete sotto controllo la parete ovest della villa: si trova dietro all’entrata principale, quindi prestate attenzione particolare. Voglio sapere chi entra e chi esce, Fabian ha individuato due uomini di guardia, state attente-.
 
Le due donne nominate annuiscono contemporaneamente e si scambiano uno sguardo, pronte a scattare al primo cenno di Dorea.
 
-Albert e Brigitte, voi starete all’entrata dei cunicoli della Servitù. Sono il punto più facile da cui accedere e, ovviamente, quelli più vicini in caso servissero rinforzi. Robert e Annie perlustreranno i piani superiori e le soffitte. Daisy e Fabian, al primo piano… fate attenzione, sarà il punto più trafficato della villa a quest’ora, non fate sciocchezze e, piuttosto che esporvi, tornate indietro. Gilbert, io e te ai sotterranei-.
 
-Dorea, provare a penetrare i sotterranei potrebbe essere…- tenta il cinquantenne a cui la donna si rivolge.
 
-lo so- sbotta in maniera spiccia la Caposquadra –un suicidio annunciato. Ci sono buone possibilità che Mary sia lì, però, e anche se ci si può accedere soltanto da una via d’entrata, non possiamo sapere se quella via è sorvegliata oppure no. Portiamo con noi la Polisucco. Ci sono domande?-.
 
Solo silenzio.
 
-l’operazione si conclude alle dieci. Se entro quell’ora non avete localizzato Mary, fate ritorno al quartier generale. Albert e Brigitte, se non vedete uscire nessuno entro quell’ora, fate ritorno al quartier generale comunque. Non entrate nella villa a meno che non vi venga espressamente chiesto da chi è già all’interno, e non entrateci dopo le dieci. Tutto chiaro?-.
 
Assentirono tutti.
 
 

*

 
 
INTERNO,
ORE 08. 50
 
-dovresti parlare, stupida ragazzina-.
 
Parole e borbottii, un dolore lento e costante da qualche parte tra il fegato e lo stomaco e la voglia assurda di morireora. La ragazza si sente sballottata da una parte all’altra, costretta ad alzarsi da quel pavimento freddo e ad uscire dalla grande stanza in cui ha appena passato due delle peggiori ore della sua vita.
 
Al di fuori della sala qualche raggio di luce impenitente riesce a trafiggerle lo sguardo mentre si appoggia con un gemito di dolore sulla figura che l’aiuta a camminare. Non è Rius, l’uomo che la sta portando via da lì, probabilmente di nuovo in quella cella che sa di morte; Mary non vede Rius dal giorno prima, o forse dal mese, o dall’anno prima. Da quanto tempo l’hanno presa? Quante ore, giorni o mesi è stata in quella sala, sotto lo frusta di fuoco di Dolohov? Sotto lo sguardo di Bellatrix, ad ascoltare la sua voce pazza canticchiare con la gioia repressa di una bimba folle?
 
Con passo claudicante –è il Magonò zoppo quello che la sta aiutando- passano attraverso tre stanze, tutte arredate con cupo lusso. Le vetrate dell’ultima stanza danno sull’oceano, su un cielo azzurro e su un pallido sole mattutino. L’ingresso è deserto, e per un attimo Mary riesce a convincere il suo carceriere a fermarsi e a riposare.
 
-dovresti dire loro tutto. Non tacere niente. Tanto lo verranno a sapere comunque-.
 
 

*

 

Daisy Empty non è certa che quello sia stato il modo più giusto di agire.
 
Si sono mossi troppo in fretta, seguendo una mappa piuttosto datata trovata da qualche parte degli archivi del Ministero, affidandosi ad un bigliettino piovuto dopo anni di silenzio da parte di qualcuno che potrebbe anche essere morto.
 
Fin da quando quella mattina Dorea Potter ha chiamato all’ordine l’intera squadra, quell’operazione è risultata essere costellata di troppi ma e di troppi se.
 
Non si preparano così le operazioni. In Accademia non ti insegnano nulla del genere.
 
Non si mette in pericolo la vita di dieci Auror solo sulla base di qualche intuizione. Servono prove, fatti. Serve un piano ben strutturato.
 
La verità è che, forse, ai piani alti del Ministero avrebbero dovuto affidare il Caso McDonald ad un’altra squadra. Chiunque, al Ministero, conosce i legami dei Potter con Fergus e Gillian McDonald, e se è vero che la ragazza scomparsa è figlia di due pezzi grossi del governo e quindi è d’obbligo l’uso della squadra migliore, è anche vero che è decisamente troppo legata a Dorea per lasciare alla Signora Potter il comando dell’operazione.
 
I cunicoli della servitù sono freddi e umidi, l’odore di muffa che impregna l’aria rende difficoltoso respirare.
 
Fabian, qualche passo dietro di lei, freme dalla voglia di entrare finalmente in quella maledetta villa. Come non detto, anche lui sembra troppo coinvolto in questo caso.
 
Per fortuna Dorea ha opposto a Gideon un netto rifiuto quando egli ha chiesto di unirsi all’operazione. Quella ragazzina deve stargli proprio a cuore, dalla reazione avuta alla notizia del biglietto di Marius Black.
 
-quella è la porta dalla quale dobbiamo entrare- le mormora Fabian all’orecchio, indicando con la bacchetta dalla punta illuminata una porta di legno nel muro di pietra.
 
-secondo la mappa la sala in cui ci andremo a trovare è un salotto, non è vero?-.
 
Fabian scrolla le spalle.
 
-nella mappa è segnato come camera delle api, abbiamo ipotizzato fosse un salotto-.
 
Ipotizzato. Quanto ti puoi permettere di ipotizzare in una missione segreta?
 
La verità è che se quella ragazza non fosse stata Mary McDonald, nessuno si sarebbe mosso prima di avere dati più che certi su ogni più piccolo angolo di quella villa.
 
Lo sguardo di risposta di Daisy è piuttosto eloquente, la ragazza lo intuisce dall’occhiata che riceve immediatamente da Fabian.
 
-sai, Daisy, non eri obbligata a partecipare all’operazione- mormora il giovane Auror avvicinandosi alla porta.
 
-è il mio lavoro-.
 
Una lunga occhiata.
 
-io non ti piaccio- sussurra l’Auror Empty, scrollando il capo quando vede Prewett aprire la bocca per rispondere –non era una domanda, la mia. Non mi sopporti, lo ho visto anche quelle poche volte che ci siamo parlati in presenza di Gideon. Stai pensando che io sia contraria a salvare la ragazza, e questo ti spinge a sopportarmi ancora meno-.
 
-non è così?-.
 
L’asprezza nel tono del ragazzo è malcelata, e a Daisy scappa appena un sorriso. Poi scuote il capo, riportandosi dietro all’orecchio una ciocca ramata sfuggita alla crocchia che ha sulla nuca.
 
-non è così, no- mormora alla fine rivolgendo uno sguardo alla porta –ma è pericoloso muoversi in questo modo. L’emotività non deve toccarci nel nostro lavoro, Fabian. Quante possibilità ci sono che quel biglietto sia stato scritto da Marius Black? E perché proprio adesso? E se Mary non fosse qui e questa fosse solamente una trappola?-.
 
-e se invece Mary fosse qui e morisse a causa dei nostri indugi?-.
 
Una seconda lunga occhiata da parte di Daisy, che scrolla la testa e afferra la maniglia della porta. Quella si apre, lasciandole intravedere uno spiraglio di un salotto vuoto.
 
-fuori dal tuo lavoro Mary potrà pure essere una tua amica, Fabian. Qui, è una persona come tutte le altre. Metteresti a repentaglio la vita di dieci Auror per un’estranea?-.
 
Senza attendere nessuna risposta, la ragazza scivola all’interno della stanza.
 
 

*

 
 
Il portone dell’ingresso si apre per far scivolare dentro una figura scura. Uno dei loro, sicuramente.
 
-McDonald, quale onore-.
 
È vestito elegantemente ed ha un aspetto pulito e curato. Ha gli occhi gelidi, quello sguardo che mette i brividi.
 
Prima, al tempo dell’attacco a Lily e Emme, faticavo a pensare un essere umano in grado di fare simili cose. Quale uomo degno di questo nome avrebbe compiuto una tale barbarie?
 
Ora so che ce l’ho davanti, e non fatico a crederlo.
 
In questi giorni ho avuto modo di farmi qualche idea su di loro, i seguaci di Lord Voldemort. Qualcuno di loro cerca la fama, l’ambizione, la gloria che seguirebbe se vincessero questa guerra logorante. Qualcuno, come Rabastan, o Bellatrix, è semplicemente pazzo: provano un gusto sadico tutto loro nel togliere quella che considerano sporcizia dal mondo; godono del dolore che provocano senza fare distinzione tra le persone a cui lo provocano. Sarebbero in grado di sbranarsi a vicenda crogiolandosi in un piacere senza senso. Dolohov fa parte invece di una terza categoria. Sono molto esigui, ma ci sono. Crede fermamente nella teoria del Purosangue e del Sanguesporco, e non ha paura di sporcarsi le mani per arrivare al mondo che vuole costruire.
 
Tutti gli altri –la maggior parte- sono solamente cani che hanno colto la prima opportunità per celare le proprie perversioni dietro al vessillo di una causa vincente.
 
-Lestrange, Bellatrix chiede di te-.
 
Dolohov, perfetto come se non avesse speso le ultime due ore della sua vita a torturare me, fa capolino dalla porta vicino a noi. Il suo sguardo scuro passa su me e sul Magonò quasi fossimo parte dell’arredamento, nemmeno degni di essere notati, e si ferma su Rabastan, che annuisce pigramente.
 
Il Mangiamorte più anziano ci oltrepassa per dirigersi alla porta d’ingresso, in uno svolazzo di mantello, pronto ad uscire. Alla fine, quando è quasi sulla soglia, si volta.
 
-tu, Bulstrode- sputa con disgusto rivolto al Magonò –non dovevi portarla di sotto?-.
 
Il Magonò, in risposta, mi da uno strattone violento che mi fa battere i denti, e mi costringe a riprendere a camminare in direzione della scaletta che riporta aisotterranei. Lestrange, piazzandosi davanti a noi, ci blocca di nuovo il passaggio.
 
Ha lo sguardo di un gatto randagio davanti a un topolino tremante.
 
 

*

 
 
Hanno oltrepassato due porte e fino ad ora non hanno trovato nessuno.
 
-…soltanto con la punta di una bacchetta-.
 
Una voce, più vicina di quanto non si aspettassero entrambi, attira la loro attenzione. Appoggiano le spalle al muro mentre Daisy tiene la mano sulla maniglia dell’ultima porta, gettando un’occhiata significativa a Fabian, che fa un cenno negativo con la testa e le indica di tacere.
 
-è un vero peccato, è una con il sangue pulito, questa-.
 
Di nuovo Fabian scrolla il capo, negativo. Non conosce quella voce, è quella di un ragazzo ma non gli pare per nulla famigliare.
 
-non altrettanto il suo corpo, da quanto dicono. Da come tiene il lutto uno dei Prewett, al Ministero in questi giorni, pare proprio che questa volta la sgualdrinella abbia preso un pesce grosso. Auror e Grifondoro, che pessimi gusti-.
 
Questa volta Fabian annuisce, con un’espressione tetra dipinta in volto.
 
-questo è sicuramente Dolohov- mormora avvicinando il viso a Daisy, per farsi sentire –a scuola non ci sopportavamo a vicenda-.
 
-non si può dire che adesso siate amiconi. Sono in due, sembra. Stanno parlando di lei?-.
 
-possibile. Probabile. Riesci a vedere qualcosa dalla serratura?-.
 
La ragazza scuote il capo, afferrando la bacchetta e sussurrando verso Fabian.
 
-provo ad aprire un minimo la porta tacitando conSilencio il suono dei cardini, tu prova a guardare dallo spiraglio-.
 
Al cenno affermativo del compagno l’Auror si affretta ad eseguire. Un tocco di bacchetta, lieve e silenzioso, e poi la porta si apre lievemente.
 
Sente Fabian irrigidirsi e soffoca un gemito di dolore quando le artiglia con due dita una spalla, per farle cenno di guardare.
 
Antonin Dolohov è rivolto verso un ragazzo più giovane di lui, di aspetto piuttosto affascinante ma incredibilmente freddo. Il ragazzo è vicino a due figure, il suo viso a una spanna dal volto di una giovane donna.
 
Ha visto alcune sue fotografie e ne ha sentito parlare, da tutti. Una volta l’ha perfino incrociata, a Chamberlain Square.
 
Mary è simpatica, estroversa, quando Mary ride porta l’estate. Mary è fresca, è leggera, è fantastica. A Mary basta uno sguardo per farti sorridere, Mary gioca splendidamente a Quidditch ed è assurdamente piena di difetti adorabili. Mary.
 
Mary Abigail McDonald.
 
Ha gli occhi chiusi, è sporca e quasi irriconoscibile. Sul volto ha segni di lacrime recenti in mezzo a luridume nero che le segna fronte e guance. I vestiti, probabilmente quelli che indossava al momento del rapimento, sono strappati in più punti. La maglia, un tempo chiara, porta evidenti tracce di sangue e vomito. È senza scarpe e senza calze, ha diversi lividi sulle braccia e uno che spicca violaceo sotto al mento.
 
Sembra ad un passo dall’incoscienza, una ragazzina mediocre e spezzata che, probabilmente, desidera ormai solo la morte.
 
Sentendo Fabian tremare affianco a sé, Daisy richiude la porta occultando con un colpetto di bacchetta il rumore della serratura. Serra le palpebre e fa un respiro profondo prima di tornare a guardare Fabian.
 
-Fabian…-
 
Il ragazzo sguaina la bacchetta velocemente, ma Daisy riesce ad afferrargli il polso prima che faccia qualche stupidaggine. Fuori dalla stanza, nell’ingresso della villa, i due Mangiamorte si scambiano ancora qualche frase ma nessuno dei due Auror sta ad ascoltare altro. La ragazza torna con lo sguardo a cercare la porta, poi parla velocemente.
 
-loro sono in due, se escludiamo il Magonò, quindi possiamo batterli. La porta è stretta e possiamo passare soltanto uno per volta, questo vuol dire che non possiamo colpirli entrambi nello stesso momento. Dobbiamo neutralizzarne prima uno, il più pericoloso, poi schiantare il secondo e il Magonò insieme. Possiamo farcela?-.
 
Fabian si morde un labbro, cercando di riflettere più velocemente possibile.
 
-se sbagliamo qualcosa nell’ingresso saremo troppo esposti per riuscire a far fuggire anche gli altri- mormora portandosi due dita alla radice del naso –dobbiamo prima avvisare il resto della squadra che abbiamo localizzato Mary, con un Patronus. Dorea e Gilbert sono poco lontani da qui, i sotterranei non sono distanti-.
                                                                                                                                                      
-tu pensa ad avvisare Dorea e Annie, io penso ai membri della squadra che sono all’esterno della villa. Una volta presa la ragazza dobbiamo uscire il più in fretta possibile da qui-.
 
 

*

 
 
ORE 08.55
 
Lestrange mi guarda per l’ultima volta, sprezzante, poi dopo aver fatto un cenno a Dolohov si dirige verso le sale interne della villa.
 
Antonin, che parlando con Rabastan si era nuovamente avvicinato, torna sulla soglia d’ingresso e la spalanca, pronto per riprendere in mano la maschera del buon cittadino. Lavora al Ministero, sono arrivati fino nel cuore della Londra magica senza che noi facessimo nulla.
 
Accade tutto in uno stralcio di tempo veloce che passa però molto lentamente. Io quasi non me ne accorgo, ma vedo il Mangiamorte passare accanto a me con uno sguardo incuriosito, e mi accorgo che una delle porte interne che conduce sicuramente ad uno dei numerosi salottini della villa si è aperta con un cigolio rumoroso.
 
Una corrente d’aria improvvisa?
 
Il rumore che segue è forte, ma non essendo in pieno possesso delle mie facoltà fisiche e mentali non riesco a capire cos’è. Sento alcune voci, il rumore dei passi di qualcuno –probabilmente è Rabastan Lestrange che torna a vedere cosa può essere capitato-, urla agitate e la testa che mi scoppia.
 
È un incantesimo, quello che colpisce Bulstrode? Sono troppo stanca e dolorante per reggermi in piedi da sola.
 
-Mary!-.
 
Dorea?
 
Cado, mi faccio male, ma riesco ad aprire gli occhi e a guardare l’inferno che mi circonda. Arrivano altre persone, sento l’urlo stridulo di Bellatrix, qualcuno si inginocchia accanto a me.
 
-Fabian, prendila e portala fuori. Vi copriamo la fuga-.
 
Non conosco la voce dell’uomo che sta urlando, ma riconosco Fabian, chinato accanto a me, che senza troppe cerimonie mi risolleva e mi porta oltre quell’inferno.
 
 
 

 
 

 
 

sono disponibilissima a prendermi in faccia critiche e pomodori, non fatevi problemi nell'insultarmi!
 
 
   
 
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