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Autore: Euachkatzl    04/06/2013    0 recensioni
“Black window of la porte? Ma non è quella…”
“Sì, Tico, è quella che tu non riesci a suonare neppure su Guitar Hero” gli rispose Richie, un po’ pentito di avermi preso in giro, ora che stavo suonando perfettamente una delle canzoni più difficili che avesse mai sentito.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Who stand for the restless?
And the lonely? For the desperate? And the hungry?
Down for the count I’m hearing you now
For the faithful, the believer
For the faceless and the teacher
Stand up and be proud…
What about now?

Mi alzai con un mal di testa assurdo, uno di quelli che ti martellano le tempie e non se ne vogliono andare. Era una giornata importante, e ovviamente avevo mal di testa, ovviamente avevo il ciclo e ovviamente non avevo niente da mettermi. Svuotai il contenuto dell’armadio sopra al mio letto, passando in rassegna tutti i vestiti che avevo e scartandoli uno dopo l’altro. Troppo corto, troppo attillato, sembro una barbona, è osceno. Dopo aver lanciato sul pavimento i tre quarti del guardaroba, mi passai le mani sul viso e decisi di tranquillizzarmi e non pensare a quello che sarebbe successo quel pomeriggio al numero 2268 di Palm Spring road. Andai in cucina, presi la caffettiera e mi feci un caffè forte. Il caffè mi rilassò, permettendomi di concentrarmi. Tornai in camera e misi in ordine i vestiti dentro l’armadio, lasciando sopra il letto un paio di leggins neri e una canottiera dei Ramones. Forse presentarsi con un altro gruppo stampato sulla maglietta non era la cosa più intelligente del mondo, ma amavo quella canottiera.
 
“Salve, devo salire su questo per andare a Palm Spring road?” chiesi all’autista, che mi guardò storto.
“Stellina, hai idea di dove sia Palm Spring road? Nessun autobus arriva fin lì!”
Ci rimasi un po’ male: che diavolo di indirizzo mi aveva dato Richie? Sperando di non essere stata vittima di uno scherzo di pessimo gusto, salii su un taxi e dissi al conducente “2268, Palm Spring road”.
“Sai che ti costerà parecchio, vero?” mi chiese l’uomo, dopo avermi lanciato un’occhiata dallo specchietto retrovisore. Nel vedere la mia faccia interrogativa, si voltò e mi disse “Sei sicura di avere l’indirizzo giusto? In quel quartiere ci sono solo studi di registrazione”.
Mi si illuminarono gli occhi e risposi “Sì, sono sicura” con un sorriso a trentadue denti che fece ridere il guidatore. “Che bello essere giovani, eh?” commentò, poi ingranò la marcia e svoltò a sinistra, annunciandomi di mettermi comoda.
 
Non mi aspettavo un viaggio così lungo, quando arrivai a destinazione l’appuntamento era già passato da mezz’ora. Sperai con tutta me stessa che Richie non se ne fosse andato, pensando che gli avessi dato buca, e suonai al campanello. “Sì?” mi rispose una voce roca e profonda.
“Sono Juju, Richard mi aveva chiesto di venire qui… So che è tardi, ma va bene lo stesso… no?”
“Richie, è arrivato il tuo grande amore” urlò quella voce, seguita da un coro che intonava una marcia nuziale. Ok, forse quell’audizione sarebbe stata più divertente del previsto.
 
Lo studio di registrazione era piuttosto triste: sembrava una stanza costruita per caso, decretata poi ottima per inciderci canzoni. Il pavimento era un parquet chiaro, che scoprii essere incredibilmente freddo quando lo toccai per raccogliere il plettro che mi era caduto. I muri erano bianchi, senza alcun quadro né disegno. Le uniche cose che la facevano somigliare ad uno studio musicale vero e proprio erano gli strumenti: una batteria, un paio di aste con relativi microfoni, cinque o sei chitarre appoggiate al muro. Una parete era coperta per metà da uno specchio, probabilmente unidirezionale, oltre il quale doveva esserci la console.
“Juju! Pensavo non saresti più venuta!” mi accolse Richie, con un sorrisone. Mi abbracciò e mi accompagnò di fronte agli altri tre uomini nella stanza. “Questi sono David, Tico e Jon, i miei fratelli acquisiti. Ragazzi, voi sapete benissimo chi è lei”
“Ciao” mi salutarono in coro.  
“Sono così famosa?” chiesi, scherzando.
“Abituati all’idea, noi ti faremo diventare celebre!” mi disse il chitarrista, con un’espressione entusiasta degna di un bambino.
“Piano, dobbiamo ancora sentirla suonare. Poi magari si monta la testa prima del tempo” disse Jon, spegnendo tutto l’entusiasmo di Richie e facendo calare il gelo nella stanza.
“Bè, sapremo se se lo merita solo dopo che l’avremo sentita suonare. Da dove vogliamo cominciare?” propose Tico, rompendo quell’imbarazzante silenzio. “A giudicare dai vestiti di Juju proporrei Take it as it comes”
“D’accordo, la conosco” dissi io, tirando fuori la chitarra dalla custodia “Forse però devo accordarla” annunciai, dando un’occhiata alle chiavi.
“Lascia, faccio io” si offrì Richie, prendendo il mio gioiellino, una Gibson Les Paul che mi era costata la bellezza di due estati in uno squallido bar. Suonò un paio di note, girò una chiave e mi ridette la chitarra “Ecco, ora è a posto”.
 
Dopo un’ora e un quarto passate a suonare, David propose una pausa “Ragazzi, basta, mi si stanno staccando i polsi!”
“D’accordo, abbiamo suonato abbastanza, e credo che la nostra opinione su Juju sia unanime. Andiamo a bere qualcosa. Ti va di venire?” mi chiese Richie, anche lui stanco morto dopo quel concerto improvvisato.
“Certo, metto a posto la chitarra e arrivo” gli risposi, sorridendo.
“Ok, io intanto dovrei andare in bagno… sapete ho qualche commissione da svolgere” ci informò, molto gentilmente, David.
“Sì, anch’io mi sono ricordato di un impegno urgente” disse Richie, accodandosi.
“Meglio che vada pure io” sentenziò Tico, alzandosi dalla sua amata postazione alla batteria e seguendo chitarrista e tastierista.
“Aspettate, quando è stato decretato che Juju è nella band? A me non avete chiesto niente” disse Jon, alzandosi di scatto.
“Oh, avanti, non farci scherzi del genere adesso” lo rimproverò Richie, convinto che quella dell’amico fosse una burla. Invece il tono di Jon suonava serio e deciso. “Non sto scherzando, Richard. È una questione delicata e voglio parlarne seriamente” affermò, sedendosi nuovamente.
“Va bene, cambio di programma. Juju, ci dispiace che non potremo andare a bere qualcosa, ma il nostro amico non è in giornata” disse Richie, lanciando un’occhiataccia al cantante. “Ma io devo andare comunque in bagno” annunciò, sparendo dietro la porta antincendio, seguito dagli altri due componenti del gruppo.
 
“Ti stai chiedendo perché ho detto questo?” mi chiese Jon, mentre io mettevo in ordine gli spartiti che Richie mi aveva prestato.
“Sinceramente, non mi interessa. Siete tre contro uno” gli risposi, secca. Non potevo credere che Jon Bon Jovi, il mio idolo da quando ero quindicenne, fosse così… così stronzo.
“Il fatto è che Richard si è innamorato di te, dopo la tua esibizione di ieri sera” proseguì il biondo, ignorando la mia risposta. “Credevo fosse uno scherzo, fino a quando non vidi quanto fosse ansioso all’idea del tuo ritardo. Continuava a girare per la stanza con le mani dietro la schiena e la testa bassa, lanciando continuamente occhiate alla finestra”
“Non vedo come possa essersi innamorato di me, dato che mi ha vista solo suonare per cinque minuti”
“La musica può suscitare emozioni inspiegabili” mi rivelò Jon, sorprendendomi: non avrei immaginato una frase così profonda da un uomo così pessimo.
“Non credo nel colpo di fulmine. E comunque, anche se si fosse innamorato, dov’è il problema? L’amore è una cosa bellissima”
A quel punto il biondo si alzò e si avvicinò a me. Mi ritrovai faccia a faccia con quegli occhi blu, bellissimi, ipnotici. “Richie ha già sofferto abbastanza, a causa del divorzio e tutto quello che gli è venuto dietro. L’amore con lui non è stato clemente nemmeno una volta, e non credo che stavolta andrà meglio. Faresti meglio a sparire prima che la cosa tra voi diventi seria.”
“E secondo te se io sparissi Richie non soffrirebbe? Forse è meglio che io resti, magari sarei un’amica migliore di te.” Questa mia risposta lo lasciò un po’ basito.
Fortunatamente, in quel momento rientrò il resto della band. “EEEEEEECCOCIIIII!” tuonò la voce cavernosa di Tico, facendo ridere tutti. Tranne Jon, ovviamente.
“Bè, ragazzi, io devo andare, vi lascio alla vostra riunione” dissi, lanciando una frecciatina al biondo, seduto in un angolo della stanza.
“Aspetta Juju, ti lascio il mio numero. Magari ci possiamo rivedere, che ne dici? Suonare qualcos’altro…” mi fermò Richie.
“Dopodomani suono di nuovo in quel locale in centro, se mi volete sono lì” li informai, porgendo il cellulare a Richard, in modo che potesse segnare il suo numero.
“Grazie Juju, alla prossima” mi salutò David. Tico mosse esageratamente la mano a destra e sinistra, come se me ne stessi andando via per sempre.
“Ciao ragazzi, ci vediamo” dissi, andandomene soddisfatta. Jon 0 – Juju 1.
 
Nota dell’autrice:
aaaaaaaallora, come sta andando? Jon si è dimostrato piuttosto stronzo, ma anche dolce, dato che vuole proteggere l’amico. Per ora siamo 1 a 0 per Juju. Vedremo come si risolverà. Recensite, ho bisogno di consigli per migliorare.
Lot of love, Euachkatzl. :)
  
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