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Autore: BellatrixLestrange96    04/06/2013    7 recensioni
Annabeth e Percy si sono finalmente messi insieme. Crono è stato sconfitto, Luke si è sacrificato per salvare il mondo. Ma qualcosa sta accadendo al Campo e la vita non solo di Annabeth e Percy, ma anche di altri semidei del campo sta per cambiare per l'eternità.
"Lei è tutto per me. Sentivo di amarla dal primo momento che l'ho vista, ma ero troppo ottuso per capirlo. Ora però lo so e non voglio perderla."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All’inizio Percy non aveva ben compreso la preoccupazione di Chirone. Aveva pensato “come può un satiro che si chiama Marsia essere così terrificante?”. Poi però, nei giorni successivi, aveva notato l’ansia crescente di Chirone e di Grover, che si sentiva non solo inutile ma anche colpevole, essendo anche lui un satiro. Dal canto suo, lui si sentiva impotente. La sua ragazza era scomparsa, Nico era stato colpito da una magia-maledizione-musicale e la semidea figlia di Apollo sembrava essere pericolosissima. Lui aveva conosciuto diversi figli di Apollo. Michael era scomparso durante la battaglia contro il Minotauro. Più che morto, era letteralmente scomparso. Puff. Svanito nel nulla lasciando solo il suo arco. Comunque, i figli del dio del sole non erano mai semidei troppo forti, pericolosi e attira-mostri.  Marsia avrebbe potuto comportarsi così nei confronti di Percy o Nico o Talia, figli dei Tre Pezzi Grossi, non verso la figlia del dio delle poesie. Eppure, dopo che Chirone aveva raccontato la storia di Marsia, Percy aveva potuto ricollegare tutti i pezzi e combaciavano perfettamente. Apollo e Atena gli avevano fatto un torto e lui, non potendo vendicarsi direttamente con loro, si è preso i loro figli. Il ragionamento non faceva una piega. Nonostante ciò, Percy sentiva che fosse troppo banale e scontato. Una pura vendetta sembrava troppo ovvia come movente. Poi quella frase che aveva detto rivolgendosi a Grover “prova a spiegare quello che è successo al figlio di Ade al saggio Chirone, lui saprà trovare una soluzione”. Era una provocazione, questo era ovvio. O forse voleva che il centauro credesse che fosse una mera vendetta, ma in realtà era qualcosa di molto più profondo. Percy non ci capiva, francamente, nulla. Anche Grover sembrava piuttosto confuso, mentre Chirone passava ore a parlare con Mister D. Dioniso, dopotutto, era il “custode” dei satiri, perciò Marsia era un essere di sua conoscenza. Ma, come al solito, si era rivelato completamente inutile. Era particolarmente stufo e non ascoltava nemmeno seriamente le ipotesi di Chirone. Annuiva a tutto e sorseggiava Diet Coke fingendo fosse vino. Quella sera Percy si ritirò nella Casa di Poseidone senza cenare. Si addormentò subito. Era devastato. Aveva trascorso gli ultimi giorni vicino a Nico. Pensava che se Nico avesse avuto un amico vicino, si sarebbe sentito meglio. Purtroppo non c’era stato nessun miglioramento. Almeno adesso però sapevano cosa aveva causato il suo stato di coma. Ma non ne conoscevano comunque la cura. Appena chiuse gli occhi iniziò ad avere un sogno, o meglio, una visione. C’era una ragazza con i capelli biondi e gli occhi grigi che era legata ad una colonna. L’ambiente circostante era rarefatto e nebuloso. La ragazza sollevò il mento e Percy potè guardarla meglio. “Annabeth! Annabeth come stai? Dove sei? Annabeth rispondi!” La figlia di Atena si guardò attorno, come se percepisse la voce di Percy. “Tu stai tremando, figlia della saggezza”. Una voce profonda, tetra e antica pronunciò queste parole. Percy non capì da dove provenisse. Sembrava rimbombare per tutta la grotta. “Io…io non sto tremando..Ch-chi sei?!” disse Annabeth con la voce spezzata. Si sentì una risata agghiacciante. “Mi conoscerai presto, dolce Annabeth. Mi sarai molto utile per i miei piani. Finalmente diventerò un dio. Cosa che sarei diventato molti anni orsono se la mia sciocca madre non si fosse intromessa. Tu mi aiuterai a trovare il figlio di Ade, che quello sciocco Marsia ha lasciato nella reggia e con i grandissimi poteri della figlia di Apollo, finalmente diventerò un olimpio.” Rise freneticamente e il sogno si interruppe, lasciando spazio a un Grover che scuoteva Percy per le spalle.  “Svegliati Percy! Svegliati, presto!” Grover sembrava impazzito o schizofrenico o tutte e due le cose insieme. “Ecco, Grover, un attimo.” Percy era ancora molto scosso dal sogno che aveva fatto. Doveva raccontarlo al più presto a Chirone. Adesso sapeva il progetto di quel pazzo che aveva rapito Annabeth. “Forza Percy, il Sole è arrivato!” Grover zompettò fuori di corsa. Percy arrivò alla sala in cui si solevano riunire per le decisioni importanti. C’era Chirone, Grover, che aveva probabilmente appena finito di mangiare una lattina, Mister D. e un ragazzo alto e bello, in camicia e jeans. Percy riconobbe il sorriso e lo sguardo immortale dell’apparentemente diciottenne. “Divino Apollo, a cosa dobbiamo la sua visita?” disse Chirone. “Sono venuto a salutare il mio fratellastro. Come te la passi Dioniso? Non hai più quel tuo seguito di ragazze completamente folli? Come si chiamavano? Ah sì, Baccanti.” “Mi dispiace, fratello. Sono confinato qui ancora per un po’.” Rispose Dioniso seccato. “Ah, peccato. Comunque sono qui perché, ovviamente, essendo divinamente figo, so cosa è successo e so cosa voi avete scoperto.” Apollo sembrò, per la prima volta in assoluto, parlare in tono serio. “Bene.” Disse Chirone. “So che quell’odioso satiro è vivo nonostante io stesso l’abbia fatto scorticare vivo da uno schiavo. Inoltre so che ha rapito mia figlia e non una figlia qualunque, ma la mia figlia più potente in assoluto.” Il tono di Apollo sembrò incrinato, come se fosse scosso da un qualche rimorso o se fosse triste. “Cosa intende dire la sua figlia più potente in assoluto?” chiese Percy. Solo dopo capì che l’aveva detto come se fosse un’offesa alla sua divinità. “So che non sono Zeus, Ade o Poseidone” spiegò Apollo “ma in questo caso, la mia figlia è più potente di te e di qualsiasi altro semidio.” Tutti i presenti rimasero pietrificati dalle parole del dio. Fu Chirone a rompere il silenzio “Ma come?” “Come può una figlia di Apollo essere così potente? In primo luogo è più che una semidea. Quando sua madre, la dolce Elise, era incinta di lei..” la voce di Apollo si spezzò di nuovo. “Lei..morì durante la gravidanza..per una malattia.. Perciò io presi il bimbo dentro di lei e lo feci accudire da mia sorella. Lo allevò come il cucciolo di una fiera e quando fu nata, la affidai ad un orfanotrofio…” Apollo aveva gli occhi lucidi. “Lei non è solo una semidea. Lei è quasi una dea. E’ un po’ come te, Dioniso. Inoltre, molti secoli fa, ebbi un presagio. Dopo la caduta di Crono, la mia figlia più potente avrebbe determinato il destino del mondo. Io ho divulgato senza troppo peso questo oracolo. Evidentemente anche le forze del male l’hanno ricordato e ora lo stanno sfruttando a loro favore.” Percy si intromise:” Io ho avuto una visione questa notte. Ho visto Annabeth legata ad una colonna e una voce gli diceva che lei era indispensabile per permettergli di diventare immortale. Poi ha detto qualcosa riguardo alla madre sciocca che aveva impedito la trasformazione in divinità. Era terrificante” “La situazione è peggiore del previsto” disse Apollo. “Non solo Marsia è risuscitato dal regno dei morti, ma anche Demofoonte” Nuovamente calò il silenzio. Alla fine, Apollo decise di guarire Nico. Si recò in infermeria e, dopo averlo unto con un unguento, Nico riaprì gli occhi. “Juliet, Mostro, Annabeth, Grover” Percy si accostò all’amico, cercando di calmarlo. “Ehi Nico, ora va tutto bene, sei al Campo.” Il sorriso del figlio del dio del mare era rassicurante e caldo. “Percy..io non ho protetto Annabeth..mi dispiace” Nico si era messo a sedere e stava per scoppiare  a piangere. “Tranquillo. La ritroveremo presto.” Apollo guardò i due ragazzi e nel modo più serio possibile disse:”Ragazzi, vi aiuterò a ritrovare la figlia di Atena e a sconfiggerli, ma dovrete portare in salvo anche mia figlia, Juliet.” Nico arrossì sentendo quel nome. Percy non gli diede troppo peso. Infine Apollo consegnò un arco ben lavorato e congeniato a Nico:”Dallo a Juliet appena la vedrai. Questo è il mio arco.” Nico annuì al dio. Poi tutti distolsero gli occhi dalla luce che si stava sprigionando. Apollo era sparito e non aveva recitato nemmeno un haiku.

FINE TERZO CAPITOLO:

Spero che la storia sia avvincente e stia piacendo a voi quanto piace a me. Aspetto tante recensioni qui o su Twitter (@GiulsBlack)
  
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