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Autore: Laylath    05/06/2013    2 recensioni
"Non ci siamo promessi di coprirci le spalle l'uno con l'altro?"
Non sei mai stato in grado di farlo, Jean Havoc… sin da quando eravamo cadetti…
Fanfict sulle vicende di Breda e Havoc, prima del loro ingresso nella squadra del colonnello Mustang
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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“Ah, che meraviglia, questo periodo di vacanza ci voleva proprio!” si stiracchiò Havoc, mentre uscivano dalla stazione ferroviaria.
“Con il capo in missione per conto dell’esercito potevamo fare ben poco in ufficio. A lui bastava la compagnia del sottotenente Hawkeye” ammise Breda scrollando le spalle e avviandosi per le vie della città
“Ma non ho ben capito: in che cosa consiste questa fantomatica missione?”
“Oh, è una questione molto semplice: dopo la guerra di Ishval sono stati parecchi gli alchimisti che hanno rinnegato il loro titolo statale”
“… rimorsi di coscienza, eh?”
“Beh, c’è chi come il colonnello sceglie di andare avanti e cambiare le cose, e chi invece si ritira per piangere sulle proprie colpe. Sono due reazioni differenti: noi che abbiamo visto la guerra sappiamo che possono esserci scelte diverse per lo stesso evento”
“Lo so. Comunque, che dicevi a proposito degli alchimisti di stato?”
“Ah sì. Dicevo… il loro numero è diminuito considerevolmente e così il governo ha incaricato quelli ancora nell’esercito di andare alla ricerca di, come posso definirli… talenti che potrebbero sostenere l’esame statale. Penso che il capo si stia girando tutto il settore est di Amestris”
“Credi che ne troverà qualcuno?”
“Lo spero per lui e anche per noi. Lo sai che quando non ottiene risultati tende ad essere irritato per diverso tempo”
“E se è irritato vuol dire che ha ancora meno voglia di lavorare… e questo significa che anche il sottotenente Hawkeye sarà irritata. E il clima ostile appesterà l’ufficio e noi poveri tre sfigati! - sospirò Havoc – Spero davvero che trovi qualcuno!”
 
“Fa un certo effetto,vero Havoc?” sorrise Breda fermandosi davanti al grande ingresso
“E’ sempre stata così? Io me la ricordavo più imponente” commentò il biondo ricambiando il sorriso.
Davanti a loro l’Accademia Militare. Il grande cancello di ferro battuto con lo stemma dell’esercito era aperto ed il lungo viale di acciottolato portava dritto verso il grande edificio grigio chiaro, dove spiccava la grande bandiera verde con il cane simbolo di Amestris. Il grande cortile era sempre lo stesso, con i filari di alberi ordinati, come tanti soldati messi in riga.
Era metà mattina ed era tutto silenzioso: i cadetti erano impegnati nelle lezioni ed i corridoio erano vuoti.
Camminare in quei luoghi così familiari, con i passi dei loro stivali che rimbombavano in quel silenzio, era così strano. Stare con la divisa blu dell’esercito invece che con quella marrone dei cadetti faceva sentire Breda quasi fuori posto. Però i ricordi di quanto aveva vissuto lì dentro erano meravigliosi e felici: forse gli anni d’Accademia erano stati i più belli della sua vita.
Insieme all’amico si diresse verso il poligono di tiro. Era tutto vuoto: sicuramente in quel mese le lezioni si svolgevano  durante le ore pomeridiane.
“Quanto era il tuo record?” chiese Breda mentre Havoc si accostava ad un banco in cui c’era un fucile pronto da caricare
“Otto secondi netti nella mia prova migliore del secondo anno” sorrise lui intrecciando le dita e mettendosi in posizione.
Breda prese un cronometro che stava lì vicino
“Pronto?”
“Ovviamente”
“Vai!”
Le mani di Havoc si mossero con rapida precisione, prendendo il fucile e caricandolo con mosse abili e sicure.
“Sei secondi e mezza. Complimenti Havoc, del resto una delle teste d’ariete della Squadra Falco non poteva non abbattere il suo personalissimo record” sogghignò Breda compiaciuto, fermando il cronometro
“E non mi sarei aspettato di meno da questo ragazzo” esclamò una voce alle loro spalle, mentre sentivano delle mani applaudire
“Capitano Harris!” esclamò felice Havoc, rimettendo a posto il fucile.
Anche Breda sorrise mentre il loro ex superiore si avvicinava e stringeva con calore le mani ad entrambe.
“Eccole qua le mie due teste d’ariete! Razza di furfanti! – sorrise compiaciuto – Mi chiedevo quando sareste passati a trovarmi. Le ultime notizie che avevo di voi erano vecchie di quasi un anno… e parlavano di un grosso fraintendimento con l’ospedale da campo del fronte contro Aerugo”
“Oh, solo un disguido tecnico – ammise Havoc – volevano lasciar morire Breda per un paio di schegge di granata. Sul serio, signore, da quando la Squadra Falco si è sciolta, lì sono diventati dei veri e propri scansafatiche”
“Meno male che hai pensato bene di portare un po’ di disciplina, sergente…anzi no, maresciallo Havoc. Ho sempre apprezzato il vostro spirito d’iniziativa, giovanotti. Poi nessun problema con le ferite, vero sottotenente Breda?”
“Tutto guarito, capitano – rassicurò Breda – nonostante qualcuno mi desse per spacciato, nell’arco di un paio di settimane ero di nuovo a pieno regime”
“Semplicemente si è salvato perché è grasso e la ciccia l’ha protetto!” scherzò Havoc
“Spiritoso”
Il capitano Harris scoppiò a ridere mettendo una mano sulla spalla di ciascuno
“Ah, i miei ragazzi! Sono felice di vedere che non siete cambiati per niente! Ma adesso voglio che mi aggiornate sulla vostra situazione e anche su quella di quei due furfanti di Denis e Nick: eravate sempre a fare gruppo”
“Sarà un piacere, signore, ma non ha lezione?”
“Non entro le prossime ore. Ed è meglio non pensarci: alcuni cadetti sono così imbranati che mi metterei le mani nei capelli. Sono passati i tempi in cui avevo delle eccellenze come te, Havoc. Forza, andiamo a prenderci qualcosa di caldo”
 
“Roy Mustang eh? – annuì Harris a braccia conserte – Ne ho sentito parlare parecchio. E’ stato uno dei più forti nello sterminio di Ishval”
Non c’era tono di accusa in quell’affermazione.
A dire il vero Breda era stato leggermente timoroso di far sapere al capitano Harris che ora era agli ordini di un Alchimista di Stato. Sapeva che il suo ex superiore non nutriva grande simpatia per questa categoria di soldati, per tutta una serie di motivazioni, non ultima il loro impiego come armi umane ad Ishval.
“So il ruolo che hanno avuto gli alchimisti in quell’eccidio – ammise Breda, lanciando uno sguardo ad Havoc che annuì – e sono il primo a condannare l’esercito per quello che è successo. Ma ammiro Roy Mustang perché sa benissimo quanto sia stata sbagliata quella guerra e perché non è scappato davanti alle sue colpe, ma cerca di porvi rimedio”
“Ah sì?” chiese Harris squadrandoli entrambi con attenzione
“Sì, signore, – disse Havoc – e un giorno lui cambierà le cose”
Era una frase semplice che poteva sembrare una vanteria da sciocchi. Ma c’era una serena convinzione nel tono di Havoc tanto che Breda non potè fare a meno di essere d’accordo con lui. Perché ci credevano entrambi, veramente.
Harris rimase in silenzio per qualche secondo e poi sospirò
“Nei miti si parla della fenice, l’uccello di fuoco, che risorge dalle sue stesse ceneri. Spero che questo alchimista di fuoco sappia far risorgere Ishval dalle sabbie di quel deserto”
“Lo farà, ne sono certo. Non potrà cambiare quanto successo, – ammise Breda – ma sono sicuro che si adopererà per dare giustizia. E noi lo seguiremo, perché nutriamo nei suoi confronti la stessa fiducia che abbiamo avuto in lei, signore”
“Bene bene, se sento queste parole da parte delle mie punte di diamante, allora i miei giudizi sugli alchimisti di stato sono sempre stati troppo superficiali. – sorrise sinceramente  Harris – Spero con tutto il cuore che il vostro Mustang realizzi tutti i sogni che portate nel cuore, ragazzi miei… che poi sono anche quelli di questo cocciuto capitano che non perde mai la speranza di vedere crescere soldati come voi”
“La guerra civile ha segnato un’intera generazione, signore – disse Breda – ma non per questo ci ha fatto perdere gli ideali in cui crediamo… anzi ci ha reso ancora più determinati a realizzarli”
Ed io ho una tomba come monito per non perdere mai questa determinazione: una tomba con un nome, un cognome e due date troppo vicine tra di loro.
“Ah, figlioli. Vi avevo detto che nutrivo grandi aspettative su di voi. E non avete idea di quanto le avete realizzate. Ora posso fare lezione con maggiore serenità: sono così ottimista che forse riuscirò a far sparare decentemente qualcuno di questi nuovi cadetti”
 
La grossa porta di legno di quercia non poteva fare a meno di incutere ancora un certo timore reverenziale. Breda non potè che guardare il suo compagno per ricevere un cenno affermativo, quindi trasse un sospiro e bussò.
Attese i tre secondi stabiliti e poi abbassò la maniglia d’ottone lucido in modo che la porta si aprisse sullo studio del colonnello Grey. Nulla era cambiato in quell’imponente stanza: le pesanti tende di velluto verde, il mobilio in legno di noce, le pareti ricoperte di librerie e trofei. Il senso di grandiosità ovattata di quello studio era immutabile, così come il suo proprietario.
“Ah, siete voi! – salutò il colonnello Grey, che si trovava al lato della stanza, davanti ad un grande schedario di legno – Finisco questa faccenda e sono subito a vostra disposizione, soldati”
“Faccia con comodo, signore” annuì Breda, facendo il saluto, seguito immediatamente da Havoc.
Tuttavia il colonnello Grey fece loro un distratto cenno di riposo, mentre continuava a cercare tra i documenti di quello schedario. Solo quando levò lo sguardo da lui Breda si accorse che non erano soli nella stanza.  Ad attendere in piedi, vicino alla scrivania, c’era un cadetto del primo anno, come indicava la decorazione sulla spallina.
Con uno sguardo distratto vide che Havoc si era diretto verso una parete dove stava appeso un vecchio fucile e lo stava studiano con occhio esperto. Lui invece spostò di nuovo la sua attenzione su quel ragazzo.
Certo gli studenti del primo anno a volte sono ancora fisicamente dei ragazzini, ma questo sembrava averci messo particolare impegno per sembrare poco più che un bambino. Forse dipendeva, oltre che dalla statura e dall’esilità del corpo, anche dall’atteggiamento: stava lì fermo, con le mani intrecciate dietro la schiena ed il viso occhialuto abbassato a fissare il pavimento. I capelli neri, per quanto corti, erano così ribelli che i ciuffi andavano in tutte le direzioni.
Quel piccoletto ispirò uno strano senso di protezione a Breda che non potè fare a meno di andare verso di lui ed arruffargli con gentilezza quella chioma così particolare. Il cadetto gli lanciò una timida occhiata con i suoi occhi scuri e poi torno a fissare il pavimento, mentre le sue guance arrossivano lievemente.
“Oh, ecco qua. Trovato – esclamò intanto il colonnello Grey, tornando verso di loro con alcuni documenti che diede al cadetto – Tieni, ragazzo, porta questi al tuo docente. Dovrebbero essere la cosa migliore per un caso come il tuo”
“Va bene, signore – rispose il giovane con voce timida e ancora infantile. Però Breda notò che era scattato sull’attenti in maniera impeccabile – La ringrazio molto per il suo interessamento”
Riportando lo sguardo a terra il ragazzo si avviò verso la porta, non prima di aver lanciato un’altra timida occhiata a Breda. Come il battente si chiuse anche Havoc si riscosse dal suo esame del fucile esposto e si diresse verso il colonnello.
“Sedetevi pure, figlioli. – lì invitò l’uomo andando verso la sua scrivania – Intanto scusate, ma questo povero vecchio si prepara una tazza di the”
Se lei è un povero vecchio, colonnello Grey, allora Havoc non è un fumatore.
Mentre attendevano il colonnello, Breda si trovò improvvisamente a pensare che era seduto nel medesimo posto dove, cinque anni fa, lui ed Havoc si erano incontrati per la prima volta.
Girandosi verso il suo amico, seduto anche lui nella stessa sedia di anni prima, per un istante non vide il maresciallo scanzonato che aveva appena caricato un fucile a tempo record, ma quel cadetto del primo anno, dai capelli più corti che fissava con rassegnazione il colonnello Grey per sapere quale provvedimento sarebbe stato preso per i suoi brutti voti.
Come sei cresciuto, Jean. Quell’aria da pesce fuor d’acqua che avevi quella volta è così lontana. Anche tu, come me, stai pensando che la nostra avventura è iniziata proprio in questo ufficio?
Chiuse gli occhi e ripercorse rapidamente tutti quegli anni passati: Havoc cadetto, con le sue prime sigarette, le sue evasioni, i suoi primi devastanti amori. Il ragazzo biondo con cui aveva sfiorato la lite quando aveva avuto la sua prima delusione d’amore. Il fratello maggiore che sollevava in braccio Janet alla cerimonia di fine Accademia. Il compagno ritrovato che avanzava sorridente verso di lui, dopo avergli salvato la vita in quel bosco maledetto. L’amico distrutto per non essere riuscito a salvare Henry… il cecchino provetto con i suoi mostruosi sensi di colpa. La testa d’ariete, assieme a lui, in decine di missioni spericolate. Il compagno di una vita e per la vita.
Perché Jean Havoc era tutto questo per Breda, e molto di più.
“Eccomi qua, signori – disse il colonnello Grey sedendosi alla scrivania con una tazza di the – Scusate ma il caso di quel ragazzo richiedeva tutta la mia attenzione”
“E’ davvero piccolino per essere già all’Accademia”
“Sì, ma non farti ingannare, Heymans Breda, sotto quell’aria fanciullesca c’è un ottimo cervello e un futuro ottimo soldato. Nutro grandi speranze per lui, nonostante lo conosca da pochissimo: gli ho dato delle lezioni supplementari, come faccio in rarissimi casi… e tu lo sai bene”
“Capisco, signore” annuì Breda. Se il colonnello dava a dei cadetti dei corsi speciali voleva dire che erano di gran talento.
“Certo è stato un po’ difficile convincere i docenti di elettronica dei corsi specialistici, ma pazienza. Ora veniamo a noi: ma guarda… ho come un senso di dèjà vu a vedervi qui, seduti davanti a me”
Havoc ridacchiò e si passò la mano tra i capelli biondi con imbarazzo.
“Ci stavi davvero mettendo in una situazione difficile con i tuoi voti, Jean Havoc. Ma a posteriori è stata una vera fortuna che avessi così tante difficolta: mi sento orgoglioso di avervi fatto incontrare… ho saputo parecchie cose su di voi dal capitano Harris: un legame come il vostro si vede raramente, persino tra i soldati”
“Diciamo che le vicende della guerra ci hanno portato ad essere una vera e propria squadra” ammise Breda, pur sapendo di sminuire quello che era il suo rapporto con Havoc.
“Oh, certo, come dici tu. Ma già nei due anni che avete trascorso qui eravate già una squadra vincente. Mi sento davvero orgoglioso… e sono estremamente soddisfatto di sapere che siete sotto gli ordini del colonnello Mustang”
“Lo conosce signore?” chiese Havoc sorpreso
“Beh, è passato anche lui per questa Accademia, no? E credo che ci riserverà molte soprese. Se due come voi hanno accettato di stare ai suoi ordini c’è un motivo ben preciso. Vero?”
Breda ed Havoc si lanciarono un’occhiata e non dissero nulla, ma sembrava che il colonnello Grey non si aspettasse risposta.
“Oh beh! Lasciamo stare questi discorsi. Che ne dite di allietare un po’ questo vecchio con i resoconti di qualche missione della Squadra Falco? Il capitano Harris è molto esaustivo, certo, ma credo che voi siate in grado di rendere queste storie più divertenti, eh?”
“Come vuole, signore!” sorrise Havoc
 
“Bene, direi che è proprio ora di andare” sospirò Breda, mentre si avviavano verso l’uscita dell’Accademia.
“E’ stata una giornata davvero divertente – sorrise Havoc – rivedere il capitano Harris, il colonnello Grey e gli altri docenti mi ha fatto davvero piacere. Hai visto come si ricordavano tutti di noi?”
“Beh, siamo stati dei cadetti fuori dal comune - ammise Breda – Perché ti fermi?” chiese vedendo che Havoc si era bloccato all’improvviso. Dopo qualche secondo, il biondo si voltò verso di lui e lo fissò con attenzione
“Era il dieci gennaio del 1907, esattamente tre anni fa. La notte della cerimonia di chiusura del corso… il nostro ultimo giorno d’Accademia”
Breda sorrise, capendo cosa voleva dire l’amico. Tese la mano, come aveva fatto anni prima e l’altro la afferrò con presa salda.
“Jean Havoc, sei il mio miglior amico, il mio fratello di sangue acquisito. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò sempre e so che anche per te sarà così” disse
“Heymans Breda, sei il mio miglior amico, il mio fratello di sangue acquisito. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò sempre e so che anche per te sarà così” ripetè Havoc con un sorriso.
Era un semplice giuramento che facevano i bambini per sigillare la loro amicizia.
Ma quella formula magica li univa indissolubilmente per tutta la vita, e loro lo sapevano.
Ci sarebbero sempre stati l’uno per l’altro, perché erano fratelli.

 
 
  
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