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Autore: Ginger01    05/06/2013    2 recensioni
[Dal Prologo]
Mi chiamo Victorie Weasley.
Sono per un quarto veela e, nonostante il mio aspetto, non ho mai avuto un ragazzo.
Durante la mia vita ho ricevuto milioni di lettere d'amore, dichiarazioni e fiori, ma io pensavo sempre e comunque ad una sola persona dagli strambi capelli blu e occhi color nocciola.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Shalve!
Eh si. Mi starete odiando. Scusate. Ma in questo periodo non ho davvero trovato tempo per scrivere, oltre allo studio sono dovuta andare a SanMarino per delle gare..Chiedo perdono! c.c
Spero che con questo capitolo riesca ad ottenere il vostro perdono <3 
So che non è molto lungo ma a me piace tanto :3 
Un bacione, ci vediamo alla fine!
- Gryfferine
P.S. E' stato davvero difficile trovare queste fan art di Teddy e Victorie c.c Ditemi voi quale vi piace di più, oppure se ne avete qualcuna di carina e mandatemela (per creare l'URL andate su tinypic.com) oppure ditemi se volete che metta una delle prime foto dei capitoli :3 


 



 »Capitolo 15«

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Non so a voi, ma a me le porte non hanno mai fatto paura. Sin da piccola non riuscivo mai a stare ferma e volevo aprire tutto ciò che si poteva aprire. Amavo quelle scatoline dalle chiusure particolari e magari in bronzo, se eravamo in un negozio di antiquariato, state certi che avrei aperto qualunque cosa. Ma quella porta, quella benedettissima porta di Queensway, davanti ad Hide Park, mi faceva maledettamente paura. Una paura folle.
Deglutii e strinsi di nuovo la presa sul mio trolley nero coperto di adesivi da tutte le parti del mondo. Presi un bel respiro, e feci quei pochi gradini che mi avrebbero condotto alla porta rossa.
Respirai “Sei veramente stupida, Victorie” pensai “E' una porta. Uno stupido pezzo di legno, per tutti i nargilli.” presi coraggio e pigiai quel piccolo pulsante dorato che suonava sopra il quale stava scritto, con una grafia elegante “T.R.Lupin”. Non ci volle molto perché io mi immaginassi un altro nome sotto di esso, un nome femminile. E magari sotto un altro ancora, un nome non ancora pensato, di una persona di cui non sapevamo ancora il sesso.
Scossi la testa “Ah, da quando sei diventata cosi romantica, Vicky?!” pensai, dandomi una botta sulla fronte. Nello stesso momento, Teddy aprì la porta, sorridendomi divertito – Ehi, Vicky! Ciao! Se evitassi di picchiarti davanti alla mia porta eviterei di fare una figuraccia con i vicini, sai... – disse, sorridendomi. Indossava una maglietta grigia, attillata e con lo scollo a v e una camicia a scacchi rossa, nera e grigia. Portava dei normali blue jeans e delle Dr.Martins.
Era semplicemente bellissimo in tenuta babbana.
Balbettai qualcosa tipo – Ah, si, c'è, scusami, davvero... – prima che lui mi prendesse la valigia.
Entrammo nel piccolo ingresso dove erano appesi vari quadri e dove stava un piccolo porta ombrelli pieno nel quale – ovviamente – intruppai.
– Scusami... – dissi mortificata, diventando rossa come un peperone e sistemando gli ombrelli colorati. Lui scoppiò a ridere, passandosi una mano tra i capelli.
– Tranquilla, vieni dai! – mi prese per mano, conducendomi su per le scale, portandosi dietro la mia valigia che, in mano sua, pareva leggerissima.
Raggiungemmo l'ultimo piano, io trafelata per aver fatto le scale di corsa, lui ridendo per la mia faccia sconvolta e arrossata. Mi legai i capelli in una treccia morbida e lui ne approfittò per baciarmi la fronte – Sei bellissima. – mi sussurrò, prima di aprire la porta e farmi entrare in casa.
Rimasi imbambolata sulla soglia, gli occhi sgranati e le guance rosse. Cominciai a stropicciarmi l'orlo del maglione sformato verde, calpestandomi più volte le mie Vans nere(regalo di Juliette, amavo quelle scarpe!) a cui avevo aggiunto dei bellissimi lacci colorful.
Teddy ricomparve sulla porta – Bè, che fai, non entri? – mi domandò, sorridendomi.
Alzai lo sguardo e, non appena incrociai i suoi occhi nocciola, un'ondata di coraggio mi avvolse.
“Sei una Weasley, per la miseria.” pensai, annuendo.
Mi avvicinai a lui che, prendendomi per mano, mi portò all'interno della casa.
L'appartamento era composto da un salotto con angolo cottura, un bagno e due camere, una molto grande in cui vi era anche un piccolo bagno, l'altra piuttosto piccola, per gli ospiti. Supposi che quella sarebbe stata la mia.
– Ok, sistemati...Dove vuoi. – disse, abbassando lo sguardo. Sapevo a cosa stava alludendo. Avevo intravisto il letto matrimoniale nella sua stanza, ma forse non me la sentivo davvero. Sbirciai nella camera degli ospiti: un lettino che sembrava una branda, una mensola, un misero comò, e un appendi abiti.
Mi girai verso di lui – Ehm, ma qui l'armadio? – domandai, indicando la camera.
– E' il brutto di quella stanza: non c'è spazio. – mi rispose. Annuii, dirigendomi nella stanza di Teddy che notai essere molto più spaziosa: un letto matrimoniale, due comodini a lato, un armadio a parete, e una scrivania davanti al letto. Per non parlare della splendida finestra che dava sul famoso parco. Tornai in salotto dove Teddy mi aspettava con la mia valigia. Afferrai quest ultima e tornai nella sua camera. – Lo faccio solo per l'armadio! – esclamai, girandomi verso di lui.
Ovviamente sapeva che non era solo per l'armadio.
Quando ebbi finito di sistemare i miei abiti nell'armadio di Teddy, già abbastanza pieno notai, mi guardai bene attorno: le pareti, tinteggiate di un delicato color crema, erano tappezzate di foto di città in bianco e nero: riconobbi al Torre Eiffel, il BigBan, l'Empire State Building...Poi foto che si muovevano: lui con Richard e Mike, e poi una che mi fece arrossire: sul suo comodino, incorinciata, una foto di me e lui di quest'estate, durante quella giornata in cui erano venuti a casa mia e Juliette ci aveva fotografati mentre eravamo seduti sulla spiaggia, io tra le sua gambe, lui che mi abbracciava da dietro. Julie aveva centrato quel momento in cui io avevo alzato la testa verso di lui cosi che i nostri nasi si sfioravano. Nella foto osservai come ridevamo felici, mentre lui mi stringeva a sé più forte e mi scoccava un bacio dolce sulla fronte, io che sorridevo socchiudendo gli occhi. Afferrai la cornice, girandomi verso di lui che, appoggiato allo stipite della porta, mi osservava sorridendo – Questa è la mia preferita. – gli annunciai, riposandola sul comodino e accarezzando la cornice. – Anche la mia. – annuì lui, raggiungendomi e abbracciandomi da dietro come nella foto. Portai le mani sui suoi avambracci, continuando a far viaggiare gli occhi da una parete all'altra della camera: lo stemma di Hogwarts, di Grifondoro, alcune bandierine del Quidditch...
– Questa – disse, indicandone una – è la bandierina che avevo all'ultima partita dell'anno scorso, l'ultima a cui pensavo di assistere, quella in cui avete vinto la Coppa... – mi sussurrò in un orecchio.
– E questa... – continuò, indicandone un'altra – è quella che invece avevo quando ti chiesi di accompagnarmi al ballo... – mi diede un bacio su un orecchio. Arrossi, ripensando a quel giorno e a quanto mi avesse imbarazzato.
Mi avvicinai alla finestra, aperta, che respirai l'aria.
“Eccomi qua” pensai, osservando Hide Park “A casa del mio ragazzo a Londra. Da soli. Dormirò nella sua stessa stanza. Staremo sotto lo stesso tetto.”
– Vuoi fare un giro? – mi domandò, distogliendomi dai miei pensieri.
Annuii – Si, dai. –

Considerando gli originali ma naturali capelli di Teddy, ero convinta che lo avrebbero squadrato dall'alto in basso, deridendolo. Al contrario, la gente lo ignorava, come se fosse normale vedere ragazzi dai capelli colorati. Ed effettivamente, incontrai una ragazza bionda, con le punte viola, un ragazzo con una cresta verde fluo e una ragazza con le ciocche di tutti i colori. Rimasi stupita da quest'ultima.
– Teds, fatti i capelli come lei. – lo informai, quando questa ci passò davanti.
Lui rise – Bé, non è proprio il mio stile però...Magari ci farò un pensierino, ok? –
Annuii distrattamente, mentre, con il naso all'insù, osservavo i palazzi in stile vittoriano.
Avevo già girato con Juliette per Londra, ma non avevo mai fatto davvero caso ai bellissimi palazzi. E poi, ora ero con il mio ragazzo. La situazione era un po' diversa.
– Ti va di fare una cosa un po'...matta, per i babbani? – mi sussurrò.
Alzai un sopracciglio curiosa e divertita – Ok, dai! –
Mi portò di corsa verso un sottopassaggio troneggiato da un grande cartellone circolare con la scritta “UnderGround”.
– Ehm... –
– E' la metro. Non fermarti che desterai sospetti! – mi intimò Teddy, trascinandomi dietro di lui.
Ci fermammo alla biglietteria, comprò dei piccoli bigliettini rosa chiaro con la data stampata sopra, poi mi condusse a delle strane porte.
Lo vidi infilare il biglietto in una fessura, poi le porte si aprirono e lui ci passò velocemente in mezzo.
Alzai un sopracciglio, osservando a lungo la fessura – Signorina? Può sbrigarsi per favore? Non trova il biglietto, forse? – mi domandò un signore con un cappello grigio dietro di me.
– Ehm, no, ecco, ora faccio, scusi... – borbottai, nervosa. Infilai quel cartoncino nella fessura e le porte si aprirono. Affascinata le attraversai, quindi mi ritrovai su una banchina dove Teddy mi aspettava divertito, battendo il piede.
– Sai, ora capisco perché nonno Arthur è affascinato dai babbani. Andiamo, senza magia riescono a fare queste cose! Davvero notevole. – dissi, a un tono di voce normale.
– Ok, ma quando parli di magia è sempre meglio abbassare la voce... – mi sussurrò di nuovo Teddy.
– Uffi, quanto sei noioso. – gli risposi io, con una linguaccia.
Lui mi abbracciò ridendo, e io posai la testa nell'incavo del suo collo, beandomi del suono dolce della sua risata e del suo profumo.
Rimanemmo cosi per un po', finchè il fastidioso fischio di qualcosa che sembrava un treno non ci costrinse a staccarci.
Osservai il treno senza locomotiva fermarsi davanti a noi.
– Vicky? Hai intenzione di salire? – mi domandò inarcando un sopracciglio divertito.
Annuii in silenzio, facendomi portare dentro il vagone da Teddy che cercava di non scoppiare a ridere. Ci fu un fischio e le porte si chiusero da sole.
Alzai un sopracciglio, osservando la stazione allontanarsi lentamente. Teddy mi teneva per le spalle visto che io non mi reggevo a niente, troppo impegnata a sgranare gli occhi ad ogni cambio di paesaggio fuori dai finestrini.
Poi, dopo innumerevoli fermate, le porte si riaprirono e Teddy mi trascinò fuori.
– Ehi, dove siamo? – domandai, ritrovandomi in una piazza affollata, piena di cartelloni pubblicitari.
– Vien. – mi disse lui, sorridendo. Mi condusse in mezzo alla piazza dove troneggiava un cupido dorato. Dall'altra parte della strada, un giovane suonava una chitarra elettrica, accompagnato dalla voce di quella che reputai la sua ragazza. Erano tremendamente bravi e là, in mezzo a quella che doveva essere Piccadilly Circus, con Teddy, in mezzo a quelle luci e con quella musica di sottofondo, non potei fare a meno di alzarmi sulla punta dei piedi, tirarlo per il bavero della camicia e baciarlo.
Fu un bacio lungo e lo sentii sorridere mentre mi stringeva a sé. Il suono degli applausi ci costringe a staccarci e io arrossii fino alle orecchie, ancora avvinghiata alla camicia rossa quanto me di Teddy.
Lui, intanto, se la rideva, ma notai che aveva le guance lievemente arrossate.
Gli diedi un pugno sulla spalla e girai lo sguardo, imbarazzata. Con mia sorpresa lui mi abbracciò da dietro, riattirandomi verso di sé.
Sorrisi debolmente mentre affondava il volto tra i miei capelli scompigliati.
– Come mai tutta questa dolcezza? – mi domandò, sorridendo. Mi rigirai verso di lui, alzando le spalle – Cosi, è l'atmosfera che mi ispira...Bé, comuqnue non siamo venuti qua per dirci quanto sono dolce, ma per vedere la città! Quindi via, mi faccia da guida turistica signor Teddy Remus Lupin! – esclamai, alzando il mento con aria altezzosa e facendolo, come sempre, ridere.

Quando tornammo a Queensway, era ormai buio e avevo le braccia piene di pacchi e sacchetti. Non sono una che ama fare shopping, ma se capitate ad Oxford Street di sicuro non tornerete a casa a mani vuote.
Salimmo le scale, Teddy aprì la porta e, con mia sorpresa, mi prese in braccio e mi portò oltre la soglia, come fanno gli sposi novelli. Mi condusse fino in camera e, tra le mi risate, mi adagiò sul letto. Qui si stese accanto a me, accarezzandomi le guance e studiando il mio viso attentamente.
Sorrisi – Che c'è? – lui portò gli occhi sui miei, sorridendomi di rimando.
Gli passai una mano tra i capelli blu, scompigliandoglieli, gesto che amavo fare – Vorrei solo che questo momento durasse per sempre. – mi rispose infine, sorridendomi ancora di più, gli occhi – quegli occhi che amavo – che luccicavano. Mi aprii in un sorriso più ampio, sperando di trasmettergli la mia felicità – Ti amo. – gli dissi, il cuore a mille.
I suoi occhi luccicarono e mi accarezzò una guancia con il pollice – Ti amo. – mi rispose, prima di baciarmi con estrema dolcezza. Allacciai le mani dietro il suo collo, approfondendo il bacio e sorridendo, felice.

La luce del sole mi svegliò con un buon odore di uova al bacon e il rumore di alcune macchine che passavano sotto la finestra.
Aprii un occhio, stiracchiandomi, poi lo richiusi, infastidita dal raggio di luce che mi aveva colpito. Mi girai dall'altra parte, cercando il calore di Teddy, ma il suo lato del letto era vuoto.
Sospirai, decisa ad alzarmi. Mi misi a sedere sul letto, la schiena poggiata alla testiera, e solo allora notai di essere coperta solo da un leggero lenzuolo bianco. Osservai il pavimento, cosparso dei miei leggins, il mio maglione e, arrossii, il mio reggiseno e le mie mutandine.
Ovviamente Teddy aveva riposto i suoi indumenti nell'armadio, lui che era altamente ordinato.
Mi morsi un labbro, imbarazzata, e mi diressi verso la mia valigia che aprii, alla ricerca di un intimo pulito. Optai per un paio di mutande ispirate al modello maschile azzurre e bianche, indossai il reggiseno e mi infilai velocemente una canottiera celeste: era inverno si, ma in casa di moriva di caldo. Feci per prendere un nuovo paio di leggins neri quando arrivò Teddy.
– Ehi! – mi salutò, dandomi un bacio su una guancia – Sei in piedi! Vieni, la colazione è pronta! – non mi diede il tempo di infilare i pantaloni e mi trascinò nell'angolo cucina, rossa come un peperone. Cominciò a lavorare con la padella, fischiettando, mentre io mi sedevo al tavolo osservandolo attentamente: si era infilato una T-shirt grigio chiaro sopra un paio di jeans scuri che...ehm, andiamo avanti.
Afferrò la padella e , con attenzione, mi riversò nel piatto l'uovo e il bacon – Ecco qua! Spero ti piacerà! – aveva sistemato il cibo in modo tale che venisse fuori un sorriso, i due tuorli rossi gli occhi, il bacon la bocca.
– Mi prendi in giro? – domandai, con un sorrisetto divertito, alzando un sopracciglio.
Lui alzò le spalle – Perché? –
Girai il piatto, in modo tale che potesse vedere la faccina.
Lui scoppiò a ridere – E quindi? Non è carina? – mi domandò, sforzandosi di non ridermi in faccia.
– Ah si, ma sai com'è, non ho più 5 anni... – borbottai, cominciando a mangiare le uova.
Lui si avvicinò, posò i gomiti sul tavolo e mi fissò intensamente, i visi a pochi centimetri l'uno dall'altro – E questo ti impedisce di mangiare? Non mi pare. –
Sbuffai, gli feci una linguaccia, e mi riempii la bocca di uova e bacon, cosi che le mie guance si ritrovarono a somigliare a quelle di un criceto.
Lui non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere mentre io lo fissavo con sguardo di sfida.
Mi posò una mano sui capelli biondi, scompigliandomeli – Ahahaha, sei davvero unica... – disse, tra una risata e l'altra. E, con la bocca piena, sorrisi.

Chiusi la valigia: bene. I quattro giorni da Teddy erano terminati, ed erano stati i più belli e intensi della mia vita. Sorrisi davanti allo specchio, e il riflesso della mia immagine mi sorrise di rimando.
Teddy diceva che in quei giorni ero ancora più bella. Non capivo il perché. Forse le mie labbra erano più rosse, a causa dei suoi innumerevoli baci che prendeva con ogni pretesto, forse erano i miei occhi che luccicavano per l'immensa felicità...E forse la mia pelle era un po' più rosea, visto che mi faceva mangiare più di quanto io non mangiassi già, per paura che fossi troppo magra.
In quei giorni avevamo girato tutta Londra, mi aveva mostrato i luoghi più strani e poco conosciuti che mi erano piaciuti tantissimo. Tornati a casa ci mettevamo comodi sul divano, davanti a quella strana cosa, la TV. Era davvero divertente guardare delle persone impersonare personaggi in quelli che chiamavano “film”.
Presi la valigia e la portai all'ingresso, dove Teddy mi aspettava per accompagnarmi a casa.
– Pronta? – mi domandò, sorridendomi.
Gli sorrisi di rimando, triste che quei giorni bellissimi fossero già finiti.
Scendemmo le scale, lui con la mia valigia in mano, io che saltavo i gradini come una bambina.
Arrivammo al portone che aprii, uscendo, seguita da Teddy.
– Dove hai detto che abita Juliette? – mi domandò, alzando un sopracciglio.
Storsi la bocca, pensosa – Mi pare in...Rose Street? – storsi la bocca, guardandomi intorno.
– Non so bene dove sia...Ma forse conosco un modo per andarci. – mi rispose, sorridendo malandrino.
Alzai un sopracciglio – Ossia? –
Lui si sedette sul marciapiede e mi fece segno di accomodarsi accanto a lui – Basta aspettare. – mi rispose enigmatico.
Dopo quelle che mi sembrarono ore, una scia violetta mi sfrecciò davanti. Mi coprii gli occhi con un braccio e, quando li riaprii, mi ritrovai davanti un autobus alto, forse quattro piani, di un color prugna molto vivace.
Le porte si aprirono e scese un ragazzo brufoloso, capelli biondi appiccicati alla fronte, che indossava una divisa da capo treno usata.
– Benvenuti sul NotteTempo, io sono Jack Becchins, al vostro servizio. – disse con voce annoiata.
Teddy mi sorrise e prese la valigia – Grazie, Jack. Dovremmo andare a Rose Street, qui a Londra. –
Il ragazzo tese la mano che Teddy riempì con due galeoni d'oro. Jack osservò i due pezzi, li morse per vedere se erano veri, quindi annuì e manovrò la macchinetta che portava appesa al collo.
Da una fessura di quel marchingegno uscirono due bigliettini sudici che ci porse – Ecco, non perdeteli. – quindi salì sull'autobus. Teddy mi sorrise incoraggiante, mentre io muovevo pochi passi dietro quello strano omino.
Non appena anche Teddy fu entrato, le porte si chiusero e l'autobus partì di colpo, facendomi quasi cadere. Mi aggrappai alla spalliera di un letto, uno dei tanti che occupava il primo piano.
Dopo un po', Jack ricomparve – Bè, che fate? Seguitemi. – disse, masticando uno stuzzicadenti.
Alzai un sopracciglio e lo seguii fino ad un paio di letti traballanti – Ecco, potete mettervi qui. – disse, buttandosi su un materasso vuoto e tirando fuori l'ultimo numero della Gazzetta del Profeta. Mi sedetti sulle lenzuola porpora del mio letto, studiando l'ambiente che mi circondava. Appeso all'alto muro, un lampadario di cristallo minacciava di cadere da un momento all'altro sulle teste dei passeggeri stravaganti, alcuni dei quali dormivano sonoramente sotto le coperte, altri leggevano, altri ancora giocavano a poker o agli scacchi magici.
– Non dirmi che non sei mai salita sul Nottetempo. – mi disse Teddy, notando il mio sguardo sorpreso.
Scossi la testa – No, mai. Di solito viaggio con la polvere volante, oppure mi faccio accompagnare con la smaterializzazione da qualche maggiorenne. Effettivamente non potevamo smaterializzarci? – domandai, incrociando le gambe sul materasso.
Lui si sedette davanti a me – No, non so bene dove sia la casa di Juliette, e poi cosa credi avrebbero pensato i babbani, vedendo sparire tutt'un tratto due ragazzi? –
– Perché, vedendo un autobus a quattro piani viola? – domandai ironica.
Sorrise – Il Nottetempo è invisibile ai babbani. –
– Come avete detto di chiamarvi? – domandò Jack d'un tratto, senza staccare gli occhi dal giornale.
Mi morsi un labbro – Non l'abbiamo detto. – risposi.
Lui alzò un sopracciglio da dietro la pagina – Che maleducata. Volevo solo fare amicizia. –
Sorrisi, quindi mi girai dall'altra parte, fissando la mia figura nel riflesso del vetro.
Dopo pochi minuti, l'autista gridò – Rose Street! – Jack abbassò il giornale e ci fece un cenno con la testa – E' la vostra fermata. – disse, prima che l'autobus si fermasse di botto, rischiando di mettere sotto una vecchietta che parve non accorgersi di nulla.
Traballante, mi alzai dal letto, afferrando la valigia. Scesi dall'autobus, contenta che quel viaggio fosse finito.
– Bé, ci vediamo. – ci salutò Jack, tornando a masticare il pezzetto di legno. Quando Teddy posò il piede sul marciapiede, le porte si richiusero e il Nottetempo ripartì come un razzo.
Il vento che aveva alzato mi aveva scompigliato i capelli e, se prima ero un minimo presentabile, ora sembravo uscita da una gabbia di scimmie.
Sospirai, pensando che sarei stata in casa di Juliette solo per qualche minuto.
– Bè...Ci vediamo. – mi disse Teddy.
Feci il broncio – Non vieni con me? – domandai, sbattendo le ciglie.
Lui ridacchiò – No, ho promesso alla nonna di passare da lei prima di andare alla Tana. – ammise, abbracciandomi.
Allacciai le braccia dietro il suo collo – Ho capito...Allora ci vediamo dopo, Lupin. – dissi, sorridendo e avvicinandomi al suo viso.
Lui sorrise – A dopo, Weasley... – le ultime lettere gli morirono in bocca prima che premessi le mie labbra sulle sue, salutandolo con un dolce bacio. Quindi si staccò, mi accarezzò la guancia e si smaterializzò in un secondo.
E così rimasi io, in piedi davanti a casa Springs, una valigia in mano, e il sapore di un bacio veloce ancora sulle labbra.

Casa Springs mi era sempre piaciuta. Forse per i fiori che erano cresciuti sui muri della casa, forse per il profumo di rose e torta fatta in casa, quella per me era una sorta di terza casa, preceduta da Villa Conchiglia e Hogwarts.

Mi avvicinai alla porta d'ingresso e premetti il campanello in ottone che provocò il classico “Din Don”. Sentii dei passi frettolosi e poi manovrare con la serratura “La solita aggraziata” pensai, sentendola imprecare perché le chiavi le erano cadute.
Dopo un po' la porta si spalancò e mi ritrovai davanti una Juliette dai capelli rossi più scompigliati che mai, indossante una camicia bianca più grande di lei che le arrivava fino alle ginocchia, sorridente e con le guance rosse, gli occhi smeraldini che luccicavano.
Alzai un sopracciglio, scrutandola dall'alto in basso.
– Vicky! Ehi! Ehm, non mi aspettavo di vederti oggi e a quest'ora si... –
Sorrisi – Ma come, Julie, ti avevo scritto nella mia lettera che sarei venuta proprio oggi... –
Sapeva di non potermi ingannare ulteriormente.
– Posso entrare? – domandai, sbattendo le ciglia. Lei arrossì e si fece da parte, facendomi entrare in casa. Proprio in quel momento passò Mike, i capelli neri scompigliati, un asciugamano blu a coprirgli le parti basse.
– Ehi, Mickey! – salutai, mentre lui beveva un sorso di latte. Si girò verso di me con gli occhi grigi sgranati. Abbassò il cartone del latte e spruzzò sul parquet, poi si portò una mano al lembo dell'asciugamano tirandolo un po' più su. – Ehm, ciao Vicky. Qual buon vento ti porta qui? –
Avevo già visto Mike a petto nudo, al mare, dopo le partite...Essendo stata una delle poche ragazze nella squadra di Quidditch, ero abituata a vedere dei pettorali, ma a quanto pare lui non parve ricordarsene.
– Sai, dovrei usare la metro polvere di Juliette...Non gliel'hai detto, Julie? – mi girai verso la mia migliore amica, rossa dall'imbarazzo, e abbassò lo sguardo.
Mike era sconcertato – Ok, io intanto vado a mettermi qualcosa addosso... – disse, dirigendosi verso le scale.

– Ottima idea! – gli gridai dietro, prima di scoppiare a ridere.
– Julie! Potevi dirmelo che c'era Mike! – dissi, tra una risata e l'altra. Lei sorrise debolmente – E' che non pensavo arrivassi a quest'ora...I miei non ci sono fino a domani, cosi ne ho approfittato e...Mike ha passato qui la notte e... – non la lasciai finire e alzai una mano – Per favore, risparmiati i dettagli. Sono contenta che passiate del...tempo insieme. – dissi, dandole una pacca sulla spalla.
Lanciai un'occhiata all'orologio a pendolo del salone – Ok, ora io devo andare. E' stato un piacere, e salutami il tuo ragazzo. – dissi, facendole l'occhiolino.
Lei mi abbracciò – Ci vediamo, Vicky! –
Le scoccai un bacio su una guancia – Ci vediamo, Julie! –
Mi infilai nel camino, Juliette mi porse un vasetto di porcellana bianca all'interno del quale stava una polverina verde. Ne afferrai una manciata e, mentre la gettavo ai miei piedi, urlai – Tana Weasley! –
Una nuvola verde mi avvolse, e per un attimo mi sentii soffocare dalla cenere, gli occhi mi lacrimarono, ma mi trattenni, sapendo che era normale.
Quando atterrai nel caminetto che sperai essere giusto, quell'orribile sensazione sparì, lasciandomi respirare a pieni polmoni l'odore di tacchino arrosto e torta di mele di nonna Weasley.
E seppi di essere nel posto giusto.  

 



~Angolo Autrice
Ebbene, che ne pensate? Spero vi sia piaciuto! 
La descrizione di Londra è andata un pò a memoria, lo ammetto, quindi se c'è qualcosa di sbagliato...Scrivetemelo in una recensione!
Scrivere la scena finale, quella di Mike e Juliette mi ha divertito tanto :')
Spero continuiate a recensire e a seguirmi, nonostante non aggiorni tanto spesso :P Ora che ci sono le vacanze tenterò di recuperare :3 
Un bacione, al prossimo capitolo!
Gryfferine
  
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