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Autore: GingeRed    05/06/2013    11 recensioni
Avevo letto quella fanfiction come si legge il tuo libro preferito, l’avevo totalmente divorata, dalla prima parola sino all’ultima, ero rimasto colpito, meravigliato, scioccato da quello che stavo leggendo.
Lei, quella ragazza, ha visto in me il buono e il normale, ha visto la parte semplice di Niall James Horan, e l’ha amata come se fosse l’unica cosa che potesse fare in vita sua, e l’ha fatto nel modo più bello e più dolce che una persona possa fare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Three.



“e’ solo che in ogni persona che incontro,
in ogni sguardo che incrocio,
io cerco te.”

 
 
 
 

Codarda, no, forse stupida, o forse idiota, o magari imbecille, spreco di spazio e di aria, asociale. No, ragazza affetta da seri problemi mentali mi sembra la migliore, decisamente.
Perché io quello ero, una stupida ragazza con seri problemi mentali, cosa diavolo mi era passato di mente? Perché l’avevo fatto? Anzi, la domanda era tutt’altra, perché NON l’avevo fatto?
 

 



  
Niall.
 
“Quella mattina mi ero svegliata ed avevo guardato stupida fuori dalla finestra il sole risplendere su tutta Londra, risplendeva raggiante fino all’orizzonte, fino a dove la mia vista poteva arrivare ed un sorrisino involontario era spuntato sul mio volto pallido; si, ero bianchiccia come la maggior parte degli inglesi, ma quella mattina c’era il sole, ed io mi sentivo bene, mi sentivo felice, per una volta, anche se non avevo quello che sognavo ormai ogni notte da un anno a quella parte, anche se non avevo Lui a cui aggrapparmi, Lui che mi stringeva, il Lui reale e non quello dei miei sogni, potevo giurare di stare bene.
 
Mi ero vestita in fretta, volevo uscire il prima possibile e godermi qualche ora di sole, prima di andare a lavorare, così mi ero preparata e con l’ultimo libro che stavo leggendo alla mano, The Darkness and the Light, mi ero diretta al parco vicino casa.
 
Leggere era una di quelle pochissime cose che mi teneva con la mente occupata, mi faceva smettere di pensare.. si, di pensare a Lui. Leggendo, riuscivo con la mente ad andare in posti dove lui non c’era, c’ero soltanto io e le mie avventure, per una volta. Leggere era l’unico modo che avevo per tenerlo fuori dalla mia vita almeno per un po’, era l’unico modo che conoscevo per non farlo essere sempre, troppo, e così costantemente presente nelle mie giornate, nelle mie abitudini, in tutto ciò che facevo. Perché era così: era ovunque. E per ovunque, intendo ovunque davvero, la sua faccia da popstar planetaria era su ogni singolo e dannatissimo cartellone pubblicitario della città, i suoi cd ed i suoi gadget erano acquistabili persino nel supermercato dove facevo solitamente la spesa. Come dicevo, era ovunque io andassi, come se mi volesse perseguitare, era come se ogni volta mi stesse gridando “ehi guardami, sono troppo bello e famoso per accorgermi dell’esistenza di una stupida e normalissima ragazzina come te”, ed io ogni volta morivo, perché sapevo che infondo era vero. Sapevo che lui non si sarebbe mai accorto della mia esistenza, ed io avrei continuato ad amarlo in segreto, magari un giorno avrei conosciuto un qualche bravo ragazzo e lo avrei illuso, gli avrei detto di amarlo, lo avrei baciato continuando a sognare un altro paio di labbra, lo avrei toccato sognando di toccare qualcun altro, mi sarei stretta a lui sognando di stringermi a qualcun altro, avrei intrecciato la mia mano con la mano sbagliata, ed il mio cuore sarebbe stato sempre legato a Lui, sempre troppo lontano per poter amare davvero qualcuno, ed io mi sentivo uno schifo per questo, perché sapevo che un giorno, prima o poi, avrei ferito qualcuno, ed il mio cuore si sarebbe soltanto lacerato di più, la crepa si sarebbe soltanto allargata ogni giorno di più.
 
Al parco, mi ero seduta sotto al solito albero ed avevo letto per non so quanto tempo, e mi ero sentita così libera, così spensierata, come non lo ero quasi mai. In realtà anche se ero totalmente indipendente, mi sentivo spesso soffocare dai mille doveri da persona adulta cui ormai ero; certe volte mi sentivo come sopraffatta dalla mia stessa vita: il lavoro, la spesa, l’affitto, le bollette, e tutte le cose che comporta il vivere da soli. Eppure mi piaceva, vivere così, amavo il fatto che avevo potuto occupare tutti i muri del mio appartamento con foto, poster, quadri e disegni, senza che nessuno stesse a dirmi che non gli piacevano, e quando rientravo la notte, sapevo di essere a casa guardandomi intorno, guardando ciò che avevo creato in appena un anno.
 
Dopo essermi resa conto di aver passato al parco all’incirca tre ore, e quindi di essere stata in un immenso ritardo, ero andata di corsa al lavoro, e, non appena arrivata avevo trovato Amy ad accogliermi con un sorrisino che non lasciava intendere niente di buono stampato in faccia. Sembrava come se fosse successo qualcosa di così eclatante che se l’avessi saputo sarei morta, sembrava come se Lui fosse stato lì, proprio il giorno prima e lei avesse saputo tutto; ma questo era impossibile, nessuno sapeva quello che il mio cuore nascondeva da un anno e ventotto giorni, nessuno sapeva il motivo per cui il mio cuore continuava a battere, neppure lei, forse l’unica vera amica che avevo. Mi aveva salutata con un abbraccio, come se volesse infondermi sicurezza, come se sapesse che stava accadendo qualcosa, uno di quegli abbracci che stanno a dire “andrà tutto bene”, e poi era scappata via, chissà dove, ed io mi ero diretta al bancone, l’unico posto dove riuscivo a mascherare tutta la mia insicurezza, per far felici i clienti.
“se sorridi tu, anche i clienti sorrideranno”, erano le parole che ci diceva sempre il nostro manager, Paul, quindi, secondo lui, anche se stavi passando una giornata di merda, anche se ti era appena morto il pesce, tu dovevi sorridere come un imbecille, per far contenti quelli che venivano al pub proprio per cercare un po’ di conforto.
 
«Una pepsi, per favore» mi era stato chiesto dalla persona dall’altro lato del bancone, ed io con movimenti automatici avevo alzato la testa per “sorridere” al cliente, e, quando avevo alzato lo sguardo, non dico che mi fosse venuto un infarto, ma poco ci era mancato. Liam Payne, avevo davanti a me Liam James Payne, compagno di band, nonché migliore amico del ragazzo che non faceva altro che perseguitarmi. Liam James Payne era davanti a me, aveva appena ordinato una Pepsi, ed io sembravo l’unica ad essere sconvolta dal fatto che lui si trovasse lì. Perchè mi guardava come se fossi una povera caramella pronta ad essere mangiata? Avevo una faccia così traumatizzata? «Niall, tu cosa vuoi?» e all’improvviso era lì. La ragione per cui avevo rifiutato di uscire con altri ragazzi, la ragione per cui dormivo poco, la ragione per cui conoscevo tutti i film romantici esistenti al mondo, il motivo per cui il mio cuore era sempre pieno era lì. Lui era lì, proprio davanti a me, a meno di due metri di distanza. Era lì ed io avevo smesso di respirare, il mio cuore aveva smesso di battere, e la mia mente aveva completamente smesso di funzionare. Ero rimasta per qualche istante a fissarlo con lo sguardo perso in quegli occhi blu che avevo sognato per così tanto tempo, e poi l’unica cosa che ero riuscita a fare era stata scappare via. L’avevo guardato negli occhi ed avevo creduto di aver visto il paradiso per un secondo, ed avevo deciso di scappare per raggiungere l’inferno. Avevo abbandonato il posto di lavoro rischiando il licenziamento immediato per rifugiarmi all’ultimo piano del palazzo, il posto dove andavo a pensare quando qualcosa non andava.
Ero rimasta lì all’aria aperta, seduta con le gambe al petto per un eternità, e la mia mente era diventata di colpo vuota, non c’era più niente dentro, se non il suo sguardo. Lui che per una frazione di secondo aveva guardato me, magari non mi aveva vista davvero, ma mi aveva guardata, avevo sentito il suo profumo, ed era esattamente come lo avevo sempre sognato, sapeva di pulito, sapeva di normalità, sapeva di Lui. Era esattamente come me l’ero sempre immaginato: i capelli arruffati, lo sguardo talmente bello che avrebbe potuto folgorarti e delle labbra perfette. Era lì, avevo avuto tutto ciò che avevo sempre desiderato ad un palmo dal naso ed ero scappata come una codarda, mi ero comportata da coniglio impaurito, quando lui in realtà non mi aveva neanche minimamente calcolata, per lui non ero nulla. Ero scappata come se avessi paura di qualcosa, ma di cosa poi? Ecco, io avevo avuto paura che se mi avesse parlato, se lui si fosse rivolto anche solo per un istante a me, alla ragazza alla quale ogni giorno i suoi poster giganti gridano in faccia la triste realtà dei fatti, mi sarei fatta ancora più male, magari vedendo qualcosa che in realtà non c’era mai stato, avrei potuto interpretare un sorriso di cortesia ad una semplice barista come un sorriso di chi vuole entrare nella tua vita, quando una persona come lui non vuole decisamente entrare nella tua vita, neppure si ricorderà di quella strana ragazza che è scappata quando è andato a prendersi tranquillamente da bere al pub, al massimo avrà riso con i suoi amici di me per qualche istante, per poi dimenticarsi per sempre di quella stramba ragazza. Ma questo è okay, voglio dire, è normale, una persona famosa come lui non può di certo ricordarsi di tutte le persone che incontra lungo la sua strada, non può ricordarsi di ogni singola persona che gli chiede una foto, un autografo o un abbraccio, è così che va, e va bene. Però, ero arrabbiata con me stessa, perché ero una completa imbecille, perché lui era lì, ed io avevo perso la mia occasione, la probabile unica e sola occasione che avevo per fargli capire quanto lo amavo, la mia unica occasione di fargli capire che, per quanto assurdo possa sembrare, lui era la ragione dei sorrisi che regalavo alla gente, la ragione per cui il mio ipod era pieno di canzoni romantiche e che, in ogni frase io ci leggevo un po’ di lui ed un po’ di me; non avrei mai più rincontrato quello sguardo, non avrei mai più avuto un’altra occasione, e l’unica cosa che riusciva a non farmi piangere era che pensavo, troverà qualcuno che lo merita, una ragazza che lo amerà davvero, certo, non quanto lo amavo io, ma qualcuno che lo avrebbe amato sarebbe arrivato anche per lui, ed io sarei stata felice, se lui sarebbe stato felice, anche se il mio cuore sarebbe rimasto inconsciamente legato al suo per sempre.
 
Al contrario di quanto pensavo, non tutte le giornate di sole portano cose belle, alcune volte devi soltanto arrenderti al fatto che la vita si fa gioco di te, sbattendoti in faccia il fatto che i sogni, possono solo restare tali.
 
 
Xx Freckles”

 
 
Appena ero tornato a casa, dopo essere stato al pub, quel giorno, avevo acceso il mio laptop, ed avevo aggiornato il suo profilo fino a quando non era apparso questo testo.
Era esattamente quello che era successo appena 8 ore prima descritto dal suo punto di vista. Leggendo quelle parole mi ero sentito quasi un mostro. Io, anche inconsciamente, la tormentavo, come diceva lei, ero ovunque, e quando mi aveva visto lì, proprio davanti a lei era davvero davvero terrorizzata. Era scappata via così in fretta che non avevo neppure avuto il tempo di realizzare che era lei, avevo incrociato lo sguardo della mia Freckles per un secondo, e l’avevo sentita, la scossa, l’avevo sentita.
E non era vero che non l’avevo vista, in un secondo avevo impresso nella mia mente l’immagine del suo volto nei minimi dettagli, e non mi sbagliavo, il nome Emma le stava a pennello: portava i capelli lunghi castano scuro raccolti in un treccia che le ricadeva su una spalla, aveva una ciocca azzurra che le si intravedeva a malapena, un ciuffo ribelle che le ricadeva sulla fronte, aveva delle labbra perfette, sottili e sicuramente morbide, la pelle bianca e delle lentiggini che non era riuscita a coprire con il trucco le risaltavano sulle guance, mani piccole e curate, portava uno smalto verde scuro ed un anellino d’oro bianco all’anulare destro, ed un tatuaggio col disegno di una libellula stilografata sul polso sinistro. Ma, più di tutto, ero rimasto folgorato dai suoi occhi, erano grandi e profondi, erano color nocciola, con qualche sfumatura di verde, ed io dentro c’avevo visto un mare di parole, anche se l’avevo vista anche solo per un secondo.
 
«Niall, è tutto okay?»
«Liam.. da quanto sei sullo stipite della porta ad osservarmi?»
«Da quanto basta per capire che quello che è successo oggi non ti fa stare bene, sbaglio?»
«No, è solo che.. dice che la perseguito, che sono ovunque, ha detto che sono un mostro.»
«Ed hai pensato al fatto che forse, ma dico forse, è solo innamorata, e una donna innamorata è peggio di una donna con le sue cose
«Magari è come dici tu, o magari sono solo io che sono sempre troppo impulsivo, magari dovevo lasciar perdere tutto, vederla come una delle solite storie su di noi e basta.»
«Niall, ascolta, forse è stato un po’ troppo esagerato pensare che andare al pub e presentarsi sarebbe stata una cosa da niente per lei, non credi? Insomma, hai visto anche tu le parole che usa nel descriverti, non credo sia una semplice cotta..»
 
“non credo sia una semplice cotta”, e se invece lei mi odiasse ora? E se pensasse davvero che sono un mostro? E se adesso che mi aveva visto era rimasta delusa? Perché io ero l’uomo cattivo, che la perseguita, ero ovunque.
 
«Non lo so Liam.. è soltanto che avrei voluto così tanto parlare con lei.»
«Secondo me dovresti darle un po’ di tempo per metabolizzare la cosa, insomma, lasciala stare per un po’, riprovaci tra qualche settimana, adesso sai dove potrebbe scappare se ti vede, quindi puoi sempre raggiungerla, no?»
 
E se facendo così, non avessi fatto altro che peggiorare le cose? E se, inseguendola, non avessi fatto altro che infastidirla? E se lei non si fosse sentita a suo agio avendomi davanti? E se si fosse sentita come se qualcuno stesse invadendo i suoi spazi? Allora avrei preferito non non vederla mai più e lasciarla alla sua vita, avrei preferito che avesse trovato un bravo ragazzo che l’avrebbe amata per quel che è, che l’avrebbe fatta sentire speciale, amata e desiderata. Non avrei  mai voluto che mi odiasse, anche se, probabilmente, già lo stava facendo; lei mi odiava già, perché io ero un mostro, ero ovunque.
 
«Non so se sia una buona idea riprovarci Liam, lei lo vorrebbe? Vorrebbe rivedermi?»
«E tu, tu vorresti rivederla? Vorresti provare a vedere cosa accade? Vorresti sentire com’è la sua voce? Sono queste le domande che devi farti, pensa anche al tuo di bene, per una volta, pensaci, vorresti vederla sorridere? Vorresti che sorridesse a te?»
 
Ma certo, certo che avrei voluto rivederla, certo che avrei voluto sentire com’è la sua voce, certo che avrei voluto vederla sorridere a me, certo. Ero solo tanto spaventato, perché non ero mai stato in grado di pensare prima a me stesso e poi agli altri, era questo quello che mi aveva sempre fregato, “sei troppo buono con le persone Niall”, “devi pensare anche a te ogni tanto”, erano le frasi che i ragazzi mi ripetevano più spesso. Come quella volta che avevo deciso di mettere l’apparecchio ai denti per far contente le fan, come quella volta che avevo detto “no”, alla proposta di essere il volto di una famosa marca di profumi, perché pensavo “o tutti e cinque, o nessuno”, come quando avevo lasciato Holly perché “sapevo che la mia lontananza da Mullingar la faceva soffrire”, quando lei si era già consolata da tempo; era questo quello che mi aveva sempre fregato, ero troppo buono con le persone intorno a me, ed era per questo che nella mia vita non avevo fatto altro che subire, era per questo che i manager mi tenevano incatenato come una marionetta, perché non avevo mai detto no a niente, e forse Liam aveva ragione, magari avrei dovuto solo aspettare un po’ e poi avrei potuto riprovare, avrei dovuto rischiare, anche se sapevo che forse avrei solo peggiorato le cose, avrei dovuto riprovare; perché io quel giorno, davanti ai suoi occhi avevo tremato per un attimo, l’avevo sentita, la scossa, l’avevo sentita.
 
«Si, vorrei.»
 
Ma Liam se ne era già andato, ed io non me ne ero accorto, mi aveva lasciato solo a riflettere su ciò che dovevo fare e su ciò che volevo, perché lui era probabilmente il migliore amico che avessi mai avuto e mi conosceva come nessuno al mondo, e sapeva, lui sapeva quale sarebbe stata la mia risposta, sapeva che ero una di quelle persone che pensa troppo, sapeva che ero una di quelle persone che aveva bisogno di un po’ di tempo per trovare le risposte, sapeva che ero una di quelle persone che si fa interi monologhi nella sua testa; lui lo sapeva già.
Liam James Payne sapeva sempre tutto, prima ancora che quel tutto dovesse accadere.



 

***

Alex's Corner.

Ed eccomi qui, si, di nuovo.

Andrò diretta al punto: Questo capitolo, come il prossimo, l'ho scritto un pò di tempo fa in una magnifica giornata di sole ad HydePark. 
Ci tengo semplicemente a precisare che tutti i sentimenti e gli stati d'animo che vengono fuori daquesta storia, sono tutto ciò che provo io:
l'amore, la paura, la solitudine, il coraggio di provare a cambiare la propria vita; tutto ciò che i due protagonisti provano sono le mie emozioni.

Volevo spiegare che Emma non è una disagiata/drogata/pazza, è solamente innamorata, e spaventata. Ha paura perchè quello che prova nei confronti di Niall, pur non conoscendolo realmente, è così grande che non riesce a controllarlo.


Bene, dopo questa breve parentesi, volevo rivolgermi un attimo a tre ragazze:

F.   Dopo un attesa di 1000 anni, "il momento" è arrivato, e sappi che voglio sapere ogni minima cosa, anche perchè prima o poi dovrò conoscerlo. (u know what I mean).

V.  Tu, pensa ad andare bene all'università, perchè io sto sempre qua ad aspettarti, fallo per il bilocale che poi condivideremo con tu sai chi.

M.  Tu sei un piccolo angelo, e volevo solo dirti che anche se non te lo dimostro come vorrei, sai che puoi contare su di me sempre, basta che mi scrivi, (fallo, sai che non mi scocci).


That's it.


 

Alex <3.



OnTwittah: @madstrongirl

  
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