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Autore: lestat84    13/09/2004    7 recensioni
Harry è distrutto. Il rimorso e i sensi di colpa non gli danno tregua. La vigilia del suo sedicesimo compleanno è giunta e la sola cosa che si prospetta è un'altra notte di calvario. Cosa succederà in seguito?
Se volete scoprirlo leggete questa mia prima ff nata dal desiderio di mettere una pezza al pessimo carattere tenuto da Harry nell'ultimo lavoro della Rowling.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Negli occhi e nella voce - Quegli occhi

Capitolo 2/10

Quella mattina Harry si sentiva uno straccio. Non ricordava di avere dormito, ma neanche di essere rimasto sveglio per tutta la notte. L'unica cosa che voleva era infilare la testa sotto il lavandino e lasciar scorrere l'acqua fresca, sperando che questa portasse via con sé i postumi di un'altra brutta nottata. Cinque minuti dopo, a piedi nudi e con ancora addosso maglietta e pantaloncini corti, il ragazzo scese le scale e fece il suo ingresso in sala da pranzo. Rispose alle occhiate melliflue dei parenti con un poco convincente Buongiorno e si sedette a tavola di fronte al padrone di casa, il quale, dopo averlo squadrato da capo a piedi grugnì:
«Ti sembra questo il modo di presentarti?»
Harry era talmente giù in quel momento che non se la sentiva proprio di attaccar briga. Si limitò ad alzare lo sguardo e con un'espressione innocente ma carica di perplessità passò in rassegna la mastodontica figura dello zio, vestito solo di un paio di mutandoni e una canottiera che lasciava scoperto l'ultimo rotolo di ciccia. Al fianco dell'omone stava il cugino Dudley, il quale non offriva certo uno spettacolo migliore. Accortosi del modo teatrale in cui gli occhi del nipote lo stavano ispezionando, Vernon assunse una curiosa sfumatura violacea e lasciò perdere la questione nascondendo il viso dietro le pagine del quotidiano. Il ragazzo, un po' sollevato dalla scampata discussione prese ad imburrare una fetta di pane.

Harry stava terminando di fare colazione quando una macchina parcheggiò davanti casa. Le tende erano tirate perciò non poté scorgere con chiarezza le due esili figure che scesero dalla vettura. Al rumore degli sportelli seguì quello di due voci femminili alquanto simili.
«Tesoro sei sicura che sia questo il posto?»
Il sonoro della televisione non permise ad Harry di carpire altro. Nel frattempo, Zio Vernon era salito al piano di sopra, si era cambiato e di ritorno dal gabinetto stava affrontando la dura discesa della rampa delle scale. Giunto all'ultimo gradino, davanti a lui squillò il campanello.
«Ma come si fa a suonare alla mia porta alle dieci del sabato mattina?!» sbottò come se la cosa fosse a dir poco scandalosa.
Zia Petunia, sistematasi i capelli con fare altezzoso, corse ad installarsi a cavallo tra il soggiorno e il corridoio; la mano destra poggiata allo stipite. Dopo che lo zio aprì la porta di ingresso, Harry notò come le dita di Petunia presero a muoversi convulsamente: sintomo che per qualche motivo invidiava la persona che le stava davanti. Bastava una qualsiasi sciocchezza per far diventare viola d'invidia la cara zietta perciò Harry non ci fece caso più di tanto; si apprestò a finire il suo bacon.

«Buongiorno, signor Dursley! Mi chiamo Johanna Granger e questa è mia figlia...»
Harry non riusciva a sentire quello che stavano dicendo dall'altra parte della parete. Tracannò l'ultimo sorso di pompelmo. Prese bicchiere, piatto e posate, li posò nel lavatoio e si avvio verso il corridoio, diretto su per le scale, nella sua stanza.
«La mia famiglia sarebbe lieta di ospitare suo nipote per le prossime...»
La signora Granger si interruppe alla vista del ragazzo. Dal canto suo, Harry capì la reazione di poco fa della zia. Oltre la soglia della porta stava una bella donna sotto la quarantina. I capelli castani, mossi, scendevano fino alle spalle incorniciando il viso grazioso. Il fisico non molto alto era tuttavia snello e proporzionato.
Dov'è che ho gia visto questa donna...
«Buongiorno Harry.» disse la bella signora con un sorriso radioso che mise in mostra la dentatura perfetta.
Harry avrebbe voluto ricambiare il saluto ma non fece in tempo. A quelle parole la persona che fino ad allora era rimasta in disparte, celata all'esterno dell'abitazione, entrò educatamente e gli venne incontro, con grazia. Il ragazzo, preso alla sprovvista, reagì in un modo strano. In un modo che pochi minuti dopo si sarebbe rimproverato: rimase immobile. Con un lieve sospiro chiuse gli occhi lentamente e lentamente li riaprì, mentre l'abbozzo di un sorriso si dipingeva sul suo volto.
«Ciao Hermione.»
Gli zii, che non l'avevano degnato di uno sguardo dal suo ingresso nel corridoio, si voltarono di scatto.
A chi apparteneva quella voce? Quella voce profonda, calma, decisa. Quella non era la voce di un sedicenne!
Hermione, che fino a quel momento aveva camminato verso di lui con l'idea di gettarglisi al collo, si bloccò ad un passo dalla meta. Il suo viso sorridente impiegò meno di un secondo a trasformarsi in una maschera di pura angoscia. Non fu ne la voce del ragazzo, ne i suoi vestiti stropicciati, ne il suo volto scavato a colpirla. A colpirla furono quegli occhi. Quegli occhi verdi talmente carichi di tristezza e rimorso che nel momento in cui il suo sguardo vi indugiò la pietrificarono, stringendole il cuore in una gelida morsa.
Mio Dio Harry... Che ti è successo?

Persi, uno nello sguardo dell'altra, rimasero a fissarsi per diversi secondi che parvero non finire mai. Nessuno dei due accennava a muoversi o a dire qualcosa. Fu la signora Granger a sbloccare la situazione.
«Harry è un piacere per me conoscerti!»
Harry trasalì, distolse a fatica lo sguardo da Hermione e passandole a fianco la superò, andando a stringere calorosamente con tutte due le mani quella della signora Granger. La ragazza rimase immobile.
«Il piacere è tutto mio signora Granger!»
La donna studiò per qualche secondo il vestiario e l'aspetto smunto del ragazzo, sforzandosi di mantenere il sorriso.
«Harry stavo parlando con i tuoi zii per chiedere loro se sono disposti a farti trascorrere qualche settimana in nostra compagnia.»
A metà della frase la donna aveva distolto lo sguardo da Harry per rivolgerlo a Petunia e infine a Vernon. Quest'ultimo, come incredulo di fronte a una prospettiva tanto allettante la lasciò a mala pena terminare prima di rispondere:
«Oh, ma certamente! Sicuro! Non vediamo l'ora di liberar...»
Impedita alla bocca di completare ciò che stava pensando, l'omone indugiò imbarazzato sul viso falsamente gioviale dell'ospite prima di rivolgere lo sguardo al nipote e grugnire con un orribile sorriso a quarantaquattro denti stampato sul faccione:
«Ragazzo, perché non vai a fare i bagagli? Su da bravo. Muoviti!»
Scombussolato da tutto quello che era successo negli ultimi sessanta secondi, Harry riuscì solo a biascicare:
«Signora Granger non so davvero che cosa dire. Non mi aspettavo di...»
Ma lo zio, fulminandolo con lo sguardo replicò:
«Ragazzo non hai sentito che cosa ho detto? Raduna tutte le tue cianfrusaglie. Tra meno di un'ora ti voglio fuori di qui!»
Johanna, incredula di fronte a tanta malignità, si vide mollare un calcio negli stinchi a quella sottospecie di tricheco. Riuscì a stento a mantenere la calma e rivolgendosi di nuovo ad Harry lo incitò:
«Harry fa come ti ha detto tuo zio, su!»

Mentre il ragazzo si dirigeva nella sua camera, i Dursley congedarono in modo sorprendentemente gentile Johanna ed Hermione. Addirittura offrirono loro qualcosa da bere prima di lasciarli andare. Ciò non fece altro che innervosire ancora di più la bella signora Granger, che riuscì abilmente a driblare l'offerta e ritornare alla macchina con la scusa di dover predisporre il tutto per il viaggio. Entrata nella vettura la donna afferrò il volante, lo strinse con tutta la forza che le sue piccole mani le consentivano e con lo sguardo a dir poco furente fisso sul cristallo esordì:
«Sono disgustata... Ma come ha fatto quel ragazzo a resistere per tutti questi anni in compagnia di quegli... quegli...»
Si negò la soddisfazione di terminare la frase con un simpatico epiteto e fece un lungo respiro nel tentativo di sbollire la rabbia accumulata.
«Non immaginavo che fosse proprio come...»
Bloccata! Johanna si era appena girata a sinistra e finalmente aveva notato le condizioni in cui si trovava sua figlia.
«Che hai tesoro?» domandò con apprensione.
«Sei stravolta.»
Non ricordava di averla mai vista in quello stato. Hermione era pallidissima. Aveva la bocca dischiusa e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Sotto la maglietta l'addome era contratto a causa del magone e i suoi occhi carichi di lacrime trattenute, fissavano il vuoto in attesa del momento propizio. Non aveva più detto una parola da quando avevano suonato quel maledetto campanello. La donna le portò la mano destra al viso e con una carezza la fece voltare. Madre e figlia si guardarono negli occhi.
«È cambiato mamma!»
La sua voce piangeva ancora prima dei suoi occhi.
«È cambiato e sta soffrendo!»
La madre trasse la figlia a se e le cinse la testa scossa dai singulti tra le braccia amorevoli, facendola sfogare in un pianto liberatorio. In quei momenti, Johanna realizzò quanto fosse profondo il rapporto che legava Hermione e quel povero ragazzo. Un moto di pena la face rabbrividire. Lui non avrebbe mai potuto fare quello che stava facendo in quel momento sua figlia: non avrebbe mai potuto piangere tra le braccia di un genitore. Una lacrima scese sulla sua guancia e si unì a quelle versate dalla ragazza.
«Lo so tesoro. Lo so che sta soffrendo. Glielo si legge negli occhi!»

Harry era salito in camera ancora incredulo di tutto quello che si era appena verificato, ma soprattutto di quello che si prospettava. Se ne stava andando da Privet Drive, così, di punto in bianco! Straordinario! Avrebbe passato delle giornate fantastiche in compagnia di Hermione e della sua famiglia. Probabilmente anche Ron si sarebbe unito a loro rendendo il tutto semplicemente perfetto. Ma allora perché non si sentiva al settimo cielo? Perché non saltellava da un capo all'altro della stanza come aveva fatto due anni prima, quando ricevette l'invito alla Tana? Semplice! Il motivo erano proprio loro: Herm e Ron. Non avrebbe goduto di nessuna delle belle cose che lo aspettavano se non prima di aver pagato il debito che aveva nei loro confronti. Un debito talmente pesante che neanche una valanga di galeoni l'avrebbe potuto sanare. Mesi e mesi di affetto non ricambiato, di consigli non ascoltati, di sfuriate, ma soprattutto l'aver messo in pericolo la loro vita inutilmente: in tutto questo ed altro ancora consisteva il suo debito. Sarebbe mai stato in grado di ripagarlo? L'avrebbero mai perdonato? Il loro rapporto sarebbe mai tornato quello di una volta? Questi erano i pensieri che turbavano l'animo del ragazzo in quel momento. Gli stessi pensieri che fino ad allora avevano reso le sue vacanze un inferno. Dopo essersi cambiato, Harry cominciò a radunare tutta la sua roba nel baule. Tuttavia, mentre si prodigava nell'ottimizzare l'esiguo posto a sua disposizione, prese a riflettere su un'altra cosa: sul modo in cui aveva accolto Hermione pochi minuti prima. Certo non se l'aspettava di trovarsela di fronte in quel modo! Fatto sta che ora si sentiva terribilmente in colpa di averla accolta in quel modo tanto freddo.
Guarda come ci è rimasta! Sei stato un coglione Harry.
La seconda frase venne pronunciata, anche se non uscì che un leggero fruscio della bocca del ragazzo.
Quando andrai giù la prima cosa che farai sarà...

Harry impiegò molto meno di un'ora per portare a termine l'opera. Scese le scale senza impegnarsi troppo nel cercare di non fare confusione e aperta la porta, trovò ad attenderlo sulla soglia la Signora Granger. I due si scambiarono uno sguardo significativo e un po' complice per alcuni secondi; dopodiché, lei afferrò il baule e gentilmente gli disse:
«Harry, puoi portare qui il resto dei bagagli mentre io carico questo in macchina!»
Se non ci fosse stata Johanna Granger di fronte a lui Harry si sarebbe sentito in imbarazzo; con lei invece non ebbe nessun problema a dire:
«Non c'è altro!»
Un velo di ironia e amarezza avvolgeva quelle parole, come il lieve sorriso dipinto sul viso del ragazzo. La reazione della donna fu istantanea: le gote le si tinsero di un delizioso color rosso acceso e non sapendo cosa dire per scusarsi della tremenda gaffe appena compiuta, deglutì vistosamente. Stava per aprire bocca quando Harry intuito il suo disagio la zittì gentilmente.
«Va tutto bene, signora Granger. Non si preoccupi. Ci sono abituato!»
Johanna lanciò uno sguardo inceneritore alla porta del soggiorno ancora visibile attraverso l'entrata, prima di ritornare a fissare il ragazzo.
«Salutali che ce ne andiamo!»
Harry si rese conto in quel frangente che stava per varcare la tanto odiata soglia di casa Dursley per quella che probabilmente si sarebbe rivelata l'ultima volta. Il primo pensiero che gli passò per la mente fu quello di sommergere di insulti gli zii, cercando di rinfacciare loro in pochi secondi tutte le angherie che era stato costretto a sopportare in quei quindici lunghi anni di convivenza forzata. Quello che invece uscì dalle sue labbra in tono sincero e pacato non solo stupì Johanna ma anche lui stesso.
«Grazie di tutto.»
Seguì una pausa.
«Addio.»
Senza aspettare una risposta che naturalmente non sarebbe mai arrivata, il ragazzo richiuse la porta dietro di se, con delicatezza. Chiuse gli occhi, fece un lungo respiro, e li riaprì. La signora Granger lo fissava ancora, allibita dal suo comportamento. Harry, senza dire nient'altro, afferrò con la mano destra il baule, con la sinistra la scopa e la gabbia, e puntando all'uscio del giardino fece appena in tempo a superare la donna, prima di fermarsi di nuovo: sul marciapiedi, una ragazza lo stava aspettando. Non ci pensò neanche per un secondo: mollò tutto a terra senza troppi complimenti e con decisione la raggiunse, portandosi ad un passo da lei. Se in quel momento lo sguardo di Hermione non tradiva nessuna emozione era semplicemente perché lei stessa non sapeva che cosa provare. Harry non si fece intimidire da questo e disse la cosa più ovvia e al contempo sincera che in quel momento sentiva di dover esternare:
«Non hai idea di quanto mi sei mancata!»
Glielo disse guardandola con un'intensità di cui non credeva essere in grado e tuttavia completamente genuina. Lei, finalmente riconobbe in quegli occhi così diversi da come li ricordava il suo Harry.

All'unisono, lasciarono che un dolce sorriso si disegnasse sui loro visi e lacrime di gioia inondassero lo smeraldo e il cioccolato dei loro occhi, prima di scambiarsi un abbraccio di cui entrambi erano consapevoli: non avrebbero smarrito il ricordo per il resto della vita.

* * *

Che dire? Non mi aspettavo di ricevere tutti questi apprezzamenti nelle vostre recensioni!

Vale3: Questa è la mia prima ff e il tuo è stato il primo commento che ho ricevuto. Non posso non ringraziarti di cuore.

Viviana: Innanzi tutto grazie dei complimenti e in secondo luogo sappi che non c'è nulla da perdonare nel fatto che a te il carattere di Harry sia piaciuto nell'OdF. I gusti sono gusti. Anzi! Non ci sono dubbi sul fatto che il suo carattere risulti più sfaccettato e verosimile rispetto ai primi romanzi.

silverwings: Qui la questione si fa un po' delicata in quanto tu sei la mia autrice di ff preferita. Sai già che reputo il tuo stile, la tua padronanza del linguaggio e il tuo senso del ritmo inimitabili. Capirai quindi cosa significa per me ricevere i tuoi apprezzamenti. E che apprezzamenti! Ti prego solo di mantenere basse le aspettative nei confronti di questa mia prima ff che altro non è che un passatempo. Un passatempo che non nego mi abbia fatto impazzire diverse volte ma che comunque si discosta anni luce dalla complessità e l'originalità della tua "You are my angel". Come ho già scritto alla fine del Prologo: "Negli occhi e nella voce" è già terminata. Tuttavia, osservazioni e piccoli consigli sull'aspetto stilistico e perché no, anche grammaticale del mio scrivere, saranno molto bene accetti. I prossimi capitoli sono lì: in attesa di essere migliorati. Per quanto riguarda la tua domanda sull'aspetto romantico: ti basti sapere che è stata una scelta ragionata quella di associare questa categoria alla mia ff. Lo so che non è un granché come spiegazione ma dire altro creerebbe aspettative e non voglio che questo accada. Un bacione!

  
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