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Autore: Chemical Lady    06/06/2013    4 recensioni
Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera mancante di questo gioco pericoloso.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di un orco ma che, dietro ad una maschera di marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un nuovo tassello alla famiglia De Medici.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: No Good Deed Goes Unpunished. *
Capitolo secondo.
Rating: Arancione.
Genere:Sentimentale, Drammatico, Avventura.
Personaggi principali: Famiglia De Medici, Nuovo Personaggio, Girolamo Riario.
Coppie trattate: Het
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo.
Sommario: Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera del domino mancante.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di  un orco ma che, dietro ad una maschera marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un tassello alla famiglia De Medici.
 
Buona lettura.
 
 
 
 

 
 
 
 
Parte II: Il Messaggio.
 
 
 
 
 
Le strade di Firenze erano sempre invase delle personalità più disparate: bambini poveri che cercavano di arraffare qualche moneta o un tozzo di pane, nobili con i fazzoletti portati al naso per non sentire il fetore della miseria, borghesi che trovavano in ogni minima cosa un’opportunità per arricchirsi.
Beatrice amava molto trascorrere del tempo per quelle vie, tra le persone comuni, sembra ben attenta a non dare eccessivamente nell’occhio. Una donna che indossava dei calzoni, tanto per iniziare, attirava moltissimo l’attenzione.
Svoltò un angolo, diretta verso una destinazione ben precisa, ma che non conosceva poi così bene.
Aveva in parte mentito a Giuliano, quando aveva detto di non avere nessuno in mente quando si parlava di potenziali interessi. In realtà aveva conosciuto un giovinetto, di qualche anno più grande di lei, per puro caso un paio di giorni prima.
Non sapeva poi molto di lui, solo che era un’artista e che studiava presso la bottega del Verrocchio. Si chiama Sandro, figlio di un certo Botticelli, ed era un ragazzo di bel aspetto seppur un poco caparbio.
Ad affascinare Beatrice però non era stato ne l’aspetto ne il carattere di Botticelli, bensì la sua arte: sapeva dipingere in modo a dir poco spettacolare. Aveva due doni al posto delle mani e alla giovane di buona famiglia prima o poi sarebbe servito un ritrattista, tanto valeva corteggiare un pittore affinché la ritraesse al meglio. Lui non si era di certo risparmiato, dedicando a Madonna de Medici delicate quanto audaci lusinghe. Si erano rivisti, sempre in modo assolutamente innocente, una volta soltanto presso i giardini della Fortezza. La curiosità l’aveva spinta ad informarsi su dove potesse trovarsi tale bottega, ma era riuscita solamente a strappare un vago indirizzo a una delle donne di compagnia.
Svoltò l’angolo, con la mente lontana, accorgendosi all’improvviso del cambiamento d’aria. Era già successo, più di una volta, sapeva cosa significava. Si portò una mano al capo, chiudendo gli occhi un istante prima di riaprirli e trovarsi di fronte un uomo dalla pelle olivastra e grandi, espressivi occhi verdi, contornati da sottili linee nere.
“Beatrice.”
La ragazza si concesse un sorriso velato, prima di rispondere al Turco “Cosa vi porta da me? Era da tempo che non venivate a porgermi i vostri omaggi. Per caso i tempi sono maturi?”
L’uomo scosse il capo, sorridendo alla giovane “Non ancora, vi prego, camminate con me.”
La mora gli si affiancò, abbassando il cappuccio del mantello color notte che indossava “Avete un messaggio…. Di mio nonno?” chiese speranzosa, mordendosi il labbro inferiore con fare incerto. Ogni qualvolta il Turco l’aveva contattata, tre volte in tutta la sua vita dalla morte di Cosimo, aveva sempre detto qualcosa su suo nonno. Non aveva ancora capito come egli potesse rimanere in contatto con i morti, ma aveva sempre riferito verità o segreti di cui solo lei e il nonno erano a conoscenza. Aveva preso per vera ogni singola parola, dalla prima volta che l’aveva incontrato. Dopotutto non conosceva a pieno i poteri dei Figli di Mitra, non si giudicava ancora una di loro poiché le conoscenze che aveva derivavano più che altro dai miti che il nonno le aveva tramandato. Non conosceva quali confini essi potessero varcare, ne come facesse il Turco ad entrare sempre in città senza destare sospetti.
Contrariamente ad ogni su aspettativa, il Turco scosse il capo “Mi dispiace, Beatrice, ma sono qui per qualcosa di più solenne. Seppure i tempi non sono ancora maturi, devi prestare molta attenzione al Diario. Ci sarà qualcuno che tenterà di portartelo via insieme alla chiave.”
Istintivamente, la giovane alzò una mano e cercò i contorni di ferro del piccolo oggetto, assicurato ad una cordicella nera, sotto alla camicia bianca. Si tranquillizzò nel avvertirne  il ferro “Non accadrà, l’ho promesso al nonno. Sarò la custode di questa chiave e del segreto che la lega a questo mondo fino alla fine.”
“Siete un’abile Guardiana, ma attorno a voi potrebbe crearsi una fitta nebbia. Prestate molta attenzione a coloro a cui vi legherete.” Si bloccò, davanti ad una spessa porta di legno, alla quale bussò. “Il prescelto apparirà tra qualche tempo e sarà lui a venire da voi.”
Beatrice abbassò gli occhi “Ma come lo riconoscerò se nemmeno lui saprà il suo Fato? Come potrò?” il tempo di un battito di ciglia ed era di nuovo sola. Del Turco non vi era più traccia.
“Posso fare qualcosa per voi?”
Al suono di una voce sconosciuta, Beatrice voltò il capo verso la porta, in quel momento aperta. Sulla soglia vi era una bel uomo, che doveva avere si e no venticinque anni; alto, capelli e occhi scuri. Davvero un bel uomo.
“Vi chiedo perdono” disse la giovane, ancora stordita dalla sparizione improvvisa del Turco. Non si sarebbe mai abituata a quel suo modo di entrare e uscire in punta di piedi dalla sua vita “Posso sapere dove mi trovo e con chi ho il piacere di parlare?”
“Siete innanzi alla soglia della bottega del Verrocchio e state parlando con un umile artista. Io sono Leonardo da Vinci, per servirvi.”
“Da Vinci?” domandò stupita la giovane. Aveva sentito parlare del figlio  ripudiato di Piero da Vinci, e sapeva che era un artista, ma non si aspettava di trovarselo innanzi. Che messaggio voleva mostrarle il Turco? Non l’aveva di certo condotta lì solo per aiutarla a trovare la meta.
“Si, mia signora.” Lui sorrise, senza nascondere una punta di malizia all’interno degli occhi brillanti. Lei arrossì “Vi ho riconosciuta, Madonna de Medici. Cosa possono fare dei poveri artisti per una nobildonna del vostro calibro?”
“In vero, cercavo Mastro Botticelli. Desideravo scambiare con lui qualche parola.”
“Ah…” La delusione  si materializzò sul viso di Da Vinci, che parve quasi seccato dalla cosa “Peccato, ma se è il vostro desiderio vi prego di seguirvi.”
“Beatrice!”
La ragazza si voltò, quasi paventata. Becchi stava correndo verso di lei insieme ad un paio di guardie di Palazzo, stringendo un paio di rotoli di pergamena in una mano e il cappello nell’altra “Vi ho cercata per mari e per monti! Farete tardi per stasera!”
La mora sbuffò sonoramente, decidendo però di non dare spettacolo “Porgete i miei saluti a Botticelli, mastro Da Vinci. Buona giornata.”
“Buona giornata a voi Madonna, magari la prossima volta verrete per scambiare due parole con me.”
A quelle parole così sfrontate, Beatrice arrossì lievemente, ma non ebbe il tempo di controbattere. Becchi la stava già portando via, ciarlando inutilmente riguardo al matrimonio e a preparativi che non erano stati portati a compimento.
Gli occhi celesti della giovane saettarono un’ultima volta verso Leonardo, ancora in piedi sull’uscio della bottega, prima di girare un angolo e porre un muro tra loro due.
 
 

***

 
 
La cerimonia si era svolta come da programma, all’interno della cappella di famiglia nel palazzo dei Medici, con la sola presenza dei famigliari, per poi sfociare nella solita grande festa di corte, presso il salone principale.
Eccetto un paio di episodi divertenti – Francesco de’Pazzi era quasi caduto a terra, pestando uno degli stendardi della sua stessa famiglia, portati da un paio di suoi fedeli, poi lei aveva danzato insieme a Giuliano, ridendo tutto il tempo – la giornata risultava peggiore di quanto l’avesse immaginata in precedenza.
Era stanca si sorridere a sconosciuti, in particolare ai molti uomini che sembravano mangiarla con gli occhi mentre si informavano con Lorenzo riguardo la sua dote e a quando avesse intenzione di darla in moglie. Molti erano molto più grandi del fratello maggiore. Beatrice era certa che un paio fossero vecchi quanto lo sarebbe stato suo padre se fosse stato ancora vivo.
Poi vi erano le nobildonne, che si vantavano della succosità delle fragole presso la loro villa in campagna o della bellezza delle vesti che facevano arrivare direttamente dall’oriente.
Tutti, nel bene o nel male, preferivano ostentare il loro agio piuttosto che rendere omaggio alla coppia sposata.
Tutti, eccetto una persona.
Era un uomo, non troppo alto e con grandi occhi di un imprecisato colore che a Beatrice rievocava quello del miele. Non faceva nulla per attirare su di sé l’attenzione con futili vanti, semplicemente se ne stava in disparte. Non aveva parlato molto  con gli altri invitati, sembrava preferire la compagnia del silenzio e del calice di vino che di tanto in tanto portava alle labbra sottili. Beatrice si era accorta di lui solo per puro caso, aveva attirato la sua attenzione per due motivi: primo fra tutti, era vestito completamente di nero, colore poco raccomandato per un matrimonio e sul petto, ricamata sulla giubba, aveva un crocifisso. Poi l’aveva sorpreso più volte a guardarla, senza rivelare particolare interesse. Semplicemente i suoi occhi colmi di mistero avevano catturato quelli grandi e chiari di lei e non avevano mai spezzato per primi quel contatto.
Si era concentrata su Bianca, giusto per non pensare a quanto quella singolare figura la stesse affascinando. Sua sorella sembrava più morta che viva. Aveva gli occhi sperduti e il sorriso falso che aveva sul viso era l’immagine di una maschera di pura tristezza. Beatrice le aveva stretto la mano, standole accanto insieme alle loro due sorelle, Maria e Nannina.
Ecco a cosa portavano i matrimoni combinati….
 
L’ora si era fatta tarda, quando Beatrice sentì il bisogno di uscire nel cortile di pietra per prendere una boccata di aria. Si sedette sull’erba soffice del piccolo giardino, sotto ad un arancio, lanciando uno sguardo alle stelle della volta celeste, che non sembravano nemmeno minimamente disturbate dall’insistente luce delle fiaccole con le  quali Lorenzo aveva ordinato di fare illuminare il giardino ricolmo di festoni.
Istintivamente, prese la chiave dallo scollo della veste e iniziò a giocarci, chiedendosi se dal Paradiso, suo nonno stesse vegliando su di lei così come aveva promesso prima di spirare.
“Sono figlia della terra e del cielo stellato….” Sussurrò a voce bassa, inclinando di lato il capo per osservare meglio lo spettacolo sopra di lei. Dei passi sull’erba alle sue spalle la riscossero dai molti pensieri e subito sistemò di nuovo la chiave affinché non fosse più visibile agli occhi di nessuno.
“Anche voi trovate tediosa una simile falsa?” una voce suadente e musicale le arrivò alle orecchie, così si alzò, voltandosi al tempo stesso verso il suo interlocutore. Era lui, l’uomo vestito di nero “Perdonatemi, non volevo arrecarvi disturbo.”
“Nessun disturbo” rispose lei educatamente, abbassando rispettosa gli occhi “Non credo di conoscervi, mio signore.”
Riportò lo sguardo su di lui ,tenendolo d’occhio mentre si avvicinava di qualche passo. La luce tremolante di una fiaccola gli illuminò il viso sottile e appuntito “Io sono il Conte Girolamo Riario, signore di Imola e generale dell’esercito della Santa Sede.” Fece una piccola riverenza, prima di allungare una mano verso Beatrice “Per me è fonte di grande piacere fare la vostra conoscenza, Madonna de Medici.”
La ragazza allungò una mano e subito Riario si chinò di nuovo, per baciarle delicatamente il dorso. Aveva le labbra fredde.
“Spero che stiate trovando piacevole la vostra permanenza a Firenze.”
“Molto piacevole, Madonna.” Le lasciò la mano con delicatezza. Ogni suo gesto sembrava studiato e armonico.           “Speravo di ritardare la mia partenza di un giorno per poter godere a pieno di questa città magnifica, ma per volere di Papa Sisto IV domani mattina dovrò lasciare Firenze all’alba.”
A quelle parole, Beatrice si sentì quasi dispiaciuta “Confido in una vostra visita futura, allora. Potrei mostrarvi a meglio le meraviglie di questa città.”
Non si rese quasi conto delle parole dette, ma Riario sì. La guardò stupito, socchiudendo le labbra “Se è ciò che desiderate, farò il possibile per tornare da voi il prima possibile. Non richiederei guida migliore.”
Beatrice avrebbe voluto domandare del perché di quello stupore, ma l’arrivo di Giuliano li interruppe. Non si era nemmeno resa conto di quanto il Conte le fosse vicino. Di istinto, fece un passo indietro, mentre Giuliano osservava la scena con evidente disappunto. La guardò negli occhi serio come poche altre volte l’aveva visto, prima di puntare gli occhi dardeggianti su Riario. In essi traspariva odio.
“Va dentro, Beatrice.”
La mora guardò stranita il fratello, poi di nuovo il Conte che sembrava a sua agio, quasi divertito da quella situazione “Ma, Giuliano, cosa sta succedendo?”
“Ti ho detto di rientrare!”
La giovane trasalì, poi si voltò verso l’ospite “Perdonatemi…”
Velocemente, entrò dentro, affacciandosi per osservare il fratello che aveva fatto un paio di passi verso il Conte e aveva sussurrato qualcosa, per poi tornare a sua volta verso la festa. Qualcosa non tornava.
 

***

 
 
Lorenzo sedeva al solito posto, sulla poltrona del suo studio. Ad illuminare la stanza vi era solo la calda luce del camino.
Quando Riario entrò nella stanza non si stupì affatto, lo stava aspettando. Sapeva che avrebbe fatto la sua mossa quella sera, ormai aveva imparato a conoscere bene il suo avversario. Sperava di evitare una guerra con la signoria di Imola, ma ormai pareva inevitabile.
“Festa incantevole. Sebbene si avvicinasse di più ad un funerale, vista l’espressione sul volto della sposa e la costipazione dovuta al troppo cibo, ho molto apprezzato questo invito alla corte dei Medici.”
“Pazzi vi ha invitato, Conte Riario” ribattè immediatamente Lorenzo, come a sottolineare che non aveva potuto evitare quell’incontro.
Riario sorrise divertito “Non importa chi ha aperto le porte ai lupi, non trovate? L’importante è saperli trattare una volta trovati in casa.”
“Come posso trattarvi, Conte?”
Riario si sedette sulla poltrona di fronte al Magnifico, congiungendo le mani sotto al mento “Dovete permettere che la Repubblica di Siena venga ammessa dallo Stato Pontificio. L’esercito degli Sforza non deve intervenire in caso di assedio.”
Lorenzo sbuffò una risata sarcastica “Annessione? Qui si parla di invasione, Riario. Non permetterò che Siena, a noi gemellata, venga invasa dalle truppe del Papa, e Francesco Sforza è concorde con me in questo.”
“Sapete che questa decisione potrebbe avere delle conseguenze poco piacevoli per voi, vero?”
Lorenzo lo guardò scettico “Ovvero?”
“Mentre Roma attacca da un fronte, Imola potrebbe decidere di annettere al suo Ducato anche Lucca.” Riario fece una pausa, godendosi l’espressione sul volto del rivale “Non vorrei trovarmi in una situazione del genere, dover giostrare due attacchi su due differenti fronti…” si alzò in piedi, chinandosi verso Lorenzo per sussurrargli all’orecchio “Vi ritrovereste due nemici alle porte, senza più nessuno a porsi tra voi e due degli eserciti più potenti d’Italia: quello del re di Napoli e il mio.”
Si alzò nuovamente in piedi, sorridendo soddisfatto per l’aver lasciato il Magnifico senza parole. O almeno così credeva.
“Non vi è un modo in cui potremmo negoziare una resa pacifica?” domandò in fine, alzandosi a sua volta.
Riario parve pensarci, poi sorrise maggiormente “Avete una sorella minore molto graziosa, Lorenzo. Sembra già in età da marito, o sbaglio per caso?” Detto ciò si avviò alla porta, appoggiando una mano allo stipite per poter dire un’ultima cosa “La prossima volta che ci vedremo, pretenderò delle risposte, Lorenzo de Medici. Buonanotte e a presto.”
La porta si chiuse sui pensieri del Magnifico, che aveva ben intuito quali fossero le condizioni della resa pacifica.
 

 
***

 
 
 

28 aprile, 1476.
 
Il matrimonio di Bianca mi ha fatto ricordare quanto il nonno e nostro padre mi manchino. Quando si è bambini non si comprende a pieno il valore delle persone che ci circondano, ma quando cresci ed esse ti lasciano, in te non rimane che un grande e freddo vuoto. Siamo ancora una famiglia molto unita, siamo consiglieri e tesorieri di emozioni, l’uno per l’altro, ma oggi ho mancato di questo ruolo.  Vorrei poter dire che sono felice per Bianca, perché ha sposato un uomo da bene, ma in cuor mio so che non sarà mai felice. Io lo sarò mai? Mi innamorerò e andrò a vivere in un castello bellissimo con un nobiluomo o magari un principe come mi diceva sempre il nonno?
Ogni giorno ne dubito sempre di più.
Ogni pretendente che si è proposto stasera alla mia attenzione non ha nulla che potrebbe spingermi a perdere la testa per lui. Il solo uomo che mi  ha impressionata in qualche modo è quel Conte di Riario, poiché mi chiedo cosa lo abbia spinto a venire a parlarmi. Solo il Cielo lo sa, ma Giuliano mi ha detto di stare lontana da lui e da qualsiasi ‘paladino’ di Roma.
Ne ho preso atto.
Così come ho preso atto della visita del Turco; era da tempo che non si palesava a me, ma ciò che mi ha detto oggi mi ha fatto intendere che devo stare molto attenta. Solo, non so a cosa.  
 
B.M.
 
 

 

Continua.

 
 


 
*Il titolo è ispirato ad una canzone del musical Wicked. Mi sembrava molto accurata e andando avanti con la storia ne capirete il motivo.
 
 
 
Nda.
Eccomi tornata con il secondo capitolo^

Spero che abbiate apprezzato il primo! Ci tengo a ringraziare in particolare Yoan Seiyryu per recensione, mi ha fatto molto piacere sapere il tuo parere e spero di non averti delusa^^ grazie anche a  Soraya Ghilen che, insieme a Yoan, mi ha aggiunta tra le seguite :D
Ogni commento, parere o puntualizzazione sarà sempre gradito^^

Una piccola nota, per concludere: il pezzo finale in corsivo è un brano dal diario della nostra protagonista, Beatrice. Proseguendo con la storia capirete il perchè dell'importanza di questa parte. 
 
Al prossimo capitolo, che verrà postato sabato pomeriggio^^
 
Jessy
 
 

  
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