¤Capitolo
6¤
“Sicura che te la senti di rimanere da
sola?” le domandò per l'ennesima volta Phillip, fissandola da sopra l'orlo
della tazza.
Annuendo con aria tranquilla e con un
bel sorriso dipinto sul viso allampanato, Hannah asserì con convinzione: “Sono
cinque giorni che dormi qui ed io ho recuperato il mio auto controllo, perciò
ti dispenso dal tuo ruolo di personal trainer/psicologo e ti concedo di tornare
a casa.”
Durante la settimana passata assieme,
Phill aveva rievocato con l'amica i vecchi insegnamenti che le aveva impartito
subito dopo la brutta avventura avuta con il suo ex collega, Horace Kendrick.
Avevano passato ore a praticare Kata e
Tai Chi, osservando l'oceano turbolento e i fiori nel giardino curatissimo di
Hannah.
Meditazione e respirazione erano
divenuti i suoi pilastri in ogni momento in cui non si era trovata in ufficio
e, assieme all'aiuto di Phillip, anche gestire il passato e gli eventi del
presente era risultato un compito più facile.
“E va bene, ma mi raccomando. Continua
con gli esercizi. Non avresti neppure dovuto smettere, sai?” precisò lui,
afferrando la sua ventiquattrore.
“Lo so, sono stata sciocca a lasciarli
perdere. Prometto che continuerò, e Stark mi terrà d'occhio, vero, amico mio?”
Hannah scrutò sorridente il suo cane
che, nel sentirsi interpellato, scodinzolò allegro e abbaiò un paio di volte
come per dare il suo consenso a rendersi utile.
Phillip ridacchiò e, nel carezzare il
cane, gli confidò: “Mi fido di te, Stark. Tienila d'occhio.”
Stark abbaiò e si strusciò contro una
gamba dell’uomo mentre il setter irlandese, Spike, attendeva paziente il
padrone accanto alla porta d'ingresso.
“Ti chiamo stasera per sapere come
stai, va bene?” le promise lui, dandole un bacetto sulla guancia.
“D'accordo” annuì Hannah, salutandolo
con un cenno della mano.
Sulla porta, Phill le fece l'occhiolino
ma, non appena ebbe aperto, si bloccò per la sorpresa prima di sorridere e dire
a mezza voce: “Glenn! Che piacere vederti!”
La giovane sobbalzò sul suo scranno –
che ci faceva lì, sua madre, alle sette del mattino? – prima di catapultarsi ad
aprire il cancelletto d'ingresso per farla entrare.
Vagamente sorpresa, Glenn si incamminò
sul vialetto per poi lasciarsi abbracciare da Phillip che, scusandosi con loro,
si avviò verso l'auto assieme a Spike per dirigersi al cantiere dove stava
lavorando.
Dopo averlo osservato andare via,
Glenn entrò in casa con aria palesemente sorpresa e Hannah, scrollando le
spalle, dichiarò: “Programma di protezione, tutto qui.”
“In che senso, cara?” esalò Glenn,
rizzando le orecchie.
La figlia le spiegò succintamente ciò
che era successo al lavoro e quello che ne era seguito e la madre, impallidendo
visibilmente prima di coprirsi la bocca con le mani, esclamò: “Ma... perché non
mi hai avvertita? Sarei venuta io a tenerti compagnia!”
“Non volevo metterti in ansia, e
dopotutto non era successo nulla. Nickolas lo ha sistemato prima che potesse
veramente toccarmi, e così...” replicò con noncuranza lei, scrollando le
spalle.
“Ma i ricordi sono tornati a galla lo
stesso” precisò Glenn, adombrandosi.
Durante quel periodo, Hannah si era
sorpresa non poco dell'improvviso interesse della madre nei suoi confronti ma,
in fondo al cuore, lo aveva apprezzato molto. Proprio per quello, non aveva
voluto rimetterla dinanzi a una situazione simile.
Si era agitata così tanto, dopo quel
brutto episodio, che molte delle sue ansie erano tornate a galla. Così la
figlia, per evitare ulteriori crisi, aveva deciso di tacere.
“Phill mi aveva aiutato anche la prima
volta a recuperare l'equilibrio, così ho pensato di chiamarlo, e lui è rimasto
con me tutta la settimana per ricreare le mie barriere. Tutto qui. Ora sto
meglio, davvero” si premurò di dirle Hannah, sorridendole nell'offrirle un
cappuccino. Sapeva che Glenn lo preferiva al caffè.
Accettata la bevanda dalla figlia,
Glenn la fissò con una certa ironia e le domandò: “Avete dormito assieme?”
“Sì, mamma. Sarebbe stato stupido
farlo dormire sul divano, alto com'è.” Nel dirlo, ghignò.
“E... ha per caso deciso di cambiare
idea?”
“No, mamma. E' ancora un sano
omosessuale americano” scosse il capo Hannah, sorridendo. Sapeva che la madre
aveva sperato per anni che, tra loro, potesse cambiare qualcosa.
“Oh, che peccato! Sarebbero nati dei
nipotini splendidi!” si lagnò bonariamente Glenn, sorseggiando il cappuccino.
“Oddio, mamma... che vai a pensare?”
esalò Hannah, ridacchiando.
“Hai trentatré anni e nessun uomo
nella tua vita, per quanto posso saperne. Dammi della pazza, ma comincio a
preoccuparmi. Sei come lui, per caso?”
Quell'uscita la spiazzò, facendola
scoppiare a ridere e, nello scuotere il capo, esalò divertita: “No, mamma.
Continuano a piacermi gli uomini ma, nel caso cambiassi idea, potrei comunque
darti un nipotino. Esiste l'inseminazione artificiale, sai?”
Sbuffando contrariata, Glenn replicò:
“Piuttosto, pregherei in ginocchio Phillip di darti un figlio. Almeno saprei
che i geni sono veramente buoni.”
Basita di fronte alla piega che aveva
preso quella discussione, Hannah decise di darvi un freno e le domandò: “C'è un
motivo per cui sei venuta qui stamattina presto?”
“Per la verità...” tentennò un momento
Glenn, prima di aprirsi in un sorriso e allungare la mano sinistra con fare
eccitato.
Hannah sgranò gli occhi e fissò senza
parole il solitario che brillava al suo anulare. Era evidente che il rapporto
tra sua madre e Pavel stava procedendo più che bene, visto che si era arrivati
all'anello di fidanzamento.
“Wow. Beh, mi viene solo da dire...
wow, mamma. Quando te l'ha chiesto?” esalò la figlia, intervallando brevi
occhiate al suo viso eccitato e all'anello.
“Ieri sera. Per questo non ho
resistito e, appena è salito il sole, sono venuta qui per dirtelo” mormorò
Glenn, fremente come un bambino di fronte ai regali di Natale.
Sorridendole benevola, Hannah le
domandò: “E' quello giusto?”
“Sì, credo di sì. So che magari non ci
conosciamo da molto, ma lui è una persona così affabile e buona...”
“... e sa cucinare benissimo”
sottolineò la figlia con un sorrisino.
“Beh, è un sous chef.” Glenn ridacchiò come una ragazzina e Hannah ne fu suo
malgrado felice.
Per quanti difetti potesse avere,
Glenn era rimasta, era lì con lei e, a suo modo, si preoccupava per la sua
salute e il suo benessere.
“Credo che sarete felici, insieme. Per
quando avreste deciso di organizzare il matrimonio?” le domandò Hannah.
“Per agosto, così avremo un po' di
tempo per organizzarci. Nulla di eclatante, vista l'età che abbiamo, ma
insomma... qualcosina...” si sminuì Glenn, tornando a sorridere come
un'adolescente.
“Non sei vecchia, mamma. E meriti un
bel matrimonio con un buon marito” scosse il capo la figlia, dandole un
buffetto su un braccio a mo' di incoraggiamento.
“Grazie, cara. Naturalmente tu mi
farai da damigella d'onore, vero?”
“Mi offenderei se non scegliessi me”
precisò Hannah. “Ma non farmi indossare un vestito color confetto, perché giuro
che verrò in jeans e maglietta, piuttosto!”
“Oh, ma dai! Il rosa confetto non ti
sta bene... pensavo a qualcosa di più scuro, come un verde smeraldo o un
turchese. Per me, pensavo a un abito da cocktail color argento, che dici?”
“Dico che ne potremo parlare una di
queste sere a cena, se ti va. Ora devo proprio scappare al lavoro, mamma” le
propose la figlia, guardando pensierosa l'orologio da polso.
“Oh, già. Lavoro. Ovvio. Anzi, dovrei
andare anch'io, altrimenti chi lo apre il salone?” esalò la madre, come
tornando con i piedi per terra.
Baciata in fretta la figlia sulle
guance, uscì praticamente di corsa e Hannah, con un sorriso davvero sincero, la
osservò raggiungere l’auto per recarsi al lavoro.
Pavel l'avrebbe resa felice e forse le
avrebbe permesso di cancellare per sempre i suoi incubi, consentendole di
tornare la mamma dolce e gentile dei suoi primi anni di vita.
Papà non aveva distrutto la vita solo
a lei, ma anche alla mamma, rendendola insicura e spesso soggetta a crisi di
nervi.
Forse era giunto il momento di dare le
colpe a chi veramente le aveva, e concedere un po’ più di corda a chi,
dopotutto, si era preso cura di lei nonostante tutto.
§§§
La giornata era andata meglio di
quanto avesse creduto e, quella sera, il suo capo avrebbe portato sicuramente a
buon fine il suo progetto di mettersi in affari con Dreyfus. Tutto andava alla
grande.
Pronta per tornarsene a casa e godersi
una birra in riva all'oceano e dei crostacei freschi, Hannah levò lo sguardo
quando, sorpresa, udì un lieve tossicchiare dinanzi alla sua scrivania.
Nickolas.
Il dubbio stampato in viso, la stava
scrutando come se non sapesse cosa fare.
Poggiata la borsetta sulla scrivania, la
giovane inclinò su un lato il capo biondo, e alcune ciocche lisce le
carezzarono leggere la guancia. Ora il dubbio si era impadronito anche di lei.
Sbattendo un paio di volte le
palpebre, Hannah gli domandò: “Hai bisogno che rimanga un altro po'?”
“Per la verità...” mormorò lui,
poggiando le mani sui fianchi per poi scrutarla con maggiore intensità.
“Ebbene?” lo incitò lei, scrollando
una mano.
“Usciresti con me?”
Hannah spalancò occhi e bocca, mentre
un debole rossore le saliva alle gote e il cervello le andava in tilt. Aveva
sentito bene? E tutta la storia del non farsi coinvolgere dalle donne che
lavoravano per lui? E il suo fondo fiduciario?
Nickolas si avvide immediatamente
della sua confusione e, scoppiando in una risatina contrita, esalò: “Oh, cielo,
scusa! Messa così era ambigua!”
“Direi di sì” biascicò lei, dicendosi
mentalmente e a gran voce di darsi una calmata. Non la stava invitando a
uscire.
“Ecco, avrei bisogno di te, stasera,
per via di Dreyfus. Lui esige la tua presenza” precisò Nickolas,
sorridendole speranzoso.
“In che senso?” sbottò a quel punto
Hannah, la confusione ormai a livelli mostruosi.
“Beh, ha detto – testuali parole – che
gli sei piaciuta molto e che intende conoscerti per scambiare qualche idea con
te. Dice che sei... un'ispirazione, anche se non ho ben capito in che senso.
Morale, devi esserci, o lui non accetterà mai di entrare in affari con la V.B.
3000.” La spiegazione fu seguita da un Nickolas che, a mani giunte, la stava
pregando di accettare.
“Non capisco perché abbia detto una
cosa simile visto che, in tutto, avremo parlato sì e no venti minuti, ma... se
te l'ha imposto lui...” mugugnò la giovane, ancora dubbiosa.
“Ti vengo a prendere io alle otto,
così non sarai costretta a gironzolare per Los Angeles di notte, tutta sola” le
propose subito il magnate, come per indorarle la pillola. “E ti riaccompagnerò
a casa sana e salva non appena l'incontro sarà terminato. Non succederà nulla.”
Fissandolo con aria di sufficienza,
Hannah ci tenne a precisare: “Guarda che, di solito, io giro per Los Angeles
quasi sempre senza scorta.”
“Ma si tratta di lavoro, non ti ho
dato preavviso e la cosa esulerebbe dai tuoi compiti. Mi sento in dovere di
farlo” le fece notare Nickolas, infilando le mani in tasca. Sembrava nervoso.
“Nickolas, non ti preoccupare,
accetto. E' per la ditta, quindi non ci sono problemi. Inoltre, Tony mi
perdonerà se, per una sera, non mangio con lui” scrollò le spalle Hannah.
Sollevando un sopracciglio con aria
sorpresa, Nick le domandò: “Hai un uomo che ti aspetta tutte le sere a
casa? Convivi?”
Lei lo fissò laconica e celiò: “Lo
vedrai stasera, così gli spiegherai perché non posso stare con lui.”
“Ah” gracchiò l’uomo, vagamente
scocciato. “Quanto è grosso?”
“Ce la puoi fare” sentenziò Hannah,
afferrando la borsetta per andarsene. “Ah, a proposito, io abito al 1166 di
West Paseo del Mar.”
“Okay” mugugnò Nickolas, ora non più
tanto soddisfatto.
Sogghignando nell'uscire, la donna si
disse che, almeno per un paio d'ore, sarebbe stato giustamente sulle spine.
In fretta, uscì dall'azienda per
catapultarsi a casa e fare una breve doccia. Solo in seguito avrebbe deciso che
abito indossare. Non voleva scervellarsi su cose simili mentre era alla guida.
Per sua fortuna, non impiegò più di
mezz'ora per giungere a casa ma, quando Stark le fece le feste al suo arrivo,
Hannah si sentì in colpa nei suoi confronti, sapendo che non avrebbe potuto
passare la serata col suo adorato cane.
“Mi sa che stasera ci va buca, amico
mio. Devo uscire” gli disse lei, entrando in bagno e togliendosi in fretta il
completo Dolce & Gabbana color sabbia.
Il cane uggiolò fuori dalla porta,
avendo notato subito un cambiamento nelle abitudini della padrona e, quando
Hannah si gettò sotto la doccia, lo sentì raspare una volta contro la porta
prima di farsi silenzioso.
“Scusa, Stark” mormorò piano tra sé,
iniziando a lavarsi.
Nel giro di mezz'ora fu come nuova e,
con i capelli ancora vaporosi per il passaggio del phon, Hannah si infilò nel
guardaroba assieme a Stark che, nel frattempo, era stato foraggiato di
croccantini extra per la serata mancata.
“Quale mi metto?” gli domandò lei,
curiosando dubbiosa nella marea di vestiti che aveva. Oltre al giardinaggio, lo
shopping era la sua croce e delizia.
Stark prese sul serio quella domanda
e, imitando la padrona, si mise a guardare gli abiti appesi alle grucce prima
di puntare il naso verso un lungo abito scuro, in seta blu oltremare.
Hannah conosceva bene quell'abito, e
per nessuna ragione al mondo l'avrebbe indossato per un'uscita di lavoro.
“Ah, no, scordatelo. Quello ha uno
spacco vertiginoso, e non ne ho davvero bisogno, stasera” brontolò
Hannah, scuotendo il capo all’indirizzo del suo golden retriever. “Degenerato.”
Muovendo lesta la mano tra i vari
abiti, ne estrasse due più morigerati, che stese sul letto. Li fissò a lungo,
meditabonda, domandandosi se un tubino scuro e una giacca potessero andare
meglio di un abito a sirena, in viscosa color blu cobalto e dal collo alto.
Alla fine, scelse l'abito in viscosa,
meno formale del tubino, con annesso bolero dal taglio semplice e, ad esso,
abbinò un paio di décolleté dal tacco basso e quadrato. Elegante senza essere
sexy, informale senza essere fuori luogo.
Alle orecchie mise dei leggeri
pendenti in zaffiro e, come borsetta, abbinò una pochette blu scuro e
plissettata.
Stava ancora rimirandosi allo specchio
quando il campanello trillò e Stark, come un matto, corse verso la porta
abbaiando a più non posso. Per lui, era un orario strano per ricevere visite.
Calmandolo con un gesto, Hannah si
affrettò ad aprire e, sul cancelletto d'ingresso, vide Nickolas in attesa e con
aria apparentemente preoccupata.
Hannah lo invitò subito ad entrare e
lui, le mani nelle tasche dei pantaloni color fumo, che si abbinavano bene alla
camicia scura – non portava la giacca – si incamminò sul selciato mentre Stark,
dalla porta, lo fissava curioso.
“Non saltargli addosso, va bene?
Annusalo, ma senza sporcarlo” gli ricordò Hannah, fissando Stark con
intenzione.
“Ehi, buonasera” esclamò lui,
sorridendo subito al cane e allungando cordiale una mano per farsi annusare.
“Ciao, bello. Come ti chiami?”
“Tony Stark” disse con una certa
ironia Hannah. Gli occhi del suo titolare si sgranarono poco per volta,
cogliendo l’ironia della situazione.
“Oh... Tony? E' lui Tony?” esalò l’uomo, rialzandosi per fissarla negli
occhi divertiti.
“Già” annuì lei.
“Ero già pronto a inginocchiarmi
penitente di fronte a un armadio a muro... e mi ritrovo un cane. Beh, meglio
così” sospirò di sollievo Nickolas, piegandosi a sorpresa su un ginocchio per
carezzare il muso di Stark con entrambe le mani. “Ti prometto che te la riporto
indietro appena posso.”
Il cane abbaiò felice, scodinzolando
allegramente e Hannah, sorpresa dal comportamento dell’uomo, si chiese se anche
lui, per caso, avesse un animale da compagnia.
Da come stava giocherellando con
Stark, ne dava l'idea.
Rialzatosi dopo un'altra carezza al
cane, il magnate si risolse finalmente a guardarla e, approvando in pieno la
scelta dell'abito, le offrì il braccio e chiese: “Vogliamo andare?”
Hannah afferrò il bolero abbinato
all'abito e la pochette dopodiché, con un bacio a Stark, chiuse la porta di
casa e si avviò verso la poderosa auto sportiva che li attendeva dinanzi alla
villetta.
Sorpresa dalla scelta dell'automobile
– aveva immaginato una Mercedes, o qualcosa di simile – Hannah salì sulla
Lamborghini Aventador grigio opaco di Nickolas e, curiosa, gli domandò: “Come
mai una scelta così eccentrica?”
“Mi piace la velocità, tutto qui, e la
Lambo è la mia preferita” le spiegò con una scrollata di spalle lui, mettendo
in moto.
L'auto italiana ruggì rabbiosa non
appena l’uomo la mise in moto e la giovane, con un mezzo sorriso, si attaccò
alla maniglia della portiera esalando: “Sai che esistono i limiti di velocità,
vero?”
“Ovvio” ridacchiò lui, svoltando per
tornare verso il centro di Los Angeles.
Non fu un viaggio al cardiopalma ma,
di sicuro, Hannah sperimentò quel che voleva dire ‘guida sportiva’.
L'auto si muoveva come sui binari,
incollata al terreno qualunque manovra Nickolas facesse e lei, pur non volendo,
si ritrovò a godere di quello sfoggio di potenza allo stato puro.
Non aveva mai saputo di apprezzare una
simile dimostrazione di forza, se non quando sentì la Lambo mordere l'asfalto
con i suoi cavalli. Era estasiata.
Non fosse stato per l’appuntamento che
li attendeva di lì a poco, avrebbe chiesto a Nickolas di allungare un po’ il
giro per poter apprezzare ancora qualche minuto quell’inebriante sensazione.
Quando il magnate si fermò dinanzi
all’entrata dell’albergo e le aprirono la portiera con galanteria, Hannah era
ancora avvolta da quella meravigliosa ondata di energia.
“Wow... beh, fila che è un piacere”
commentò lei, ridacchiando.
Nickolas la fissò compiaciuto, suo
malgrado soddisfatto per il rossore che le incipriava le gote e gli occhi
perlacei che brillavano simili a stelle. Non sapeva esattamente per quale
motivo avesse scelto la Lambo, per andarla a prendere, ma era soddisfatto della
sua scelta.
Semplicemente, Hannah risplendeva e,
in barba a ciò che si era ripromesso di non
fare, la ammirò soddisfatto.
Nello scortarla verso l'albergo,
ammise con un risolino: “E' come fare sesso con una bella donna.”
Hannah lo fissò vagamente ironica e
Nick, per contro, le chiese: “Non hai sentito la scarica di adrenalina che ti
percorreva tutto il corpo? E le vibrazioni dell'auto che ti accarezzavano come
una piuma?”
In effetti, erano tutte sensazioni che
l'avevano attraversata con violenza, inebriandola, stordendola anche, ma non
era un argomento che voleva toccare con il suo capo.
“Perché caschiamo sempre lì quando non
parliamo di lavoro, Nickolas?” gli fece notare lei, mentre il portiere
dell'albergo li faceva entrare con un leggero inchino.
Lui scoppiò a ridere e, nell'annuire, gli
occhi ilari e brillanti, asserì: “E' una brutta abitudine, lo so. Ma tu non ti
offendi, vero?”
“Faccio finta di nulla” scrollò le
spalle la donna, noncurante.
“Ecco, brava. Porta pazienza. Mi
abituerò a parlare anche di altro, con te. E giusto per fare un po’ di pratica,…
il tuo cane mi piace un sacco. Avrei sempre voluto averne uno, ma mamma è
allergica al pelo, così...” le disse lui, tutto allegro, come se la corsa in
auto avesse lasciato in circolo un po' troppa adrenalina. E avesse cancellato in
parte la spavalderia che il magnate soleva usare con lei. Appariva… diverso.
Certo, le battutine erano sempre
velate di malizia, ma avevano lo stesso tono scanzonato che lei stessa avrebbe
usato con Phillip.
Negli occhi, e nella voce di Nickolas,
non c’era quasi più traccia del rubacuori famoso in tutta Los Angeles, e quello
sconcertò Hannah.
Era mai possibile che il suo fosse
solo un mascheramento? E poi, perché?
“Un vero peccato, perché ho visto che
sei naturalmente portato per averne uno. Ma... vivi ancora in casa con i tuoi?”
non poté fare a meno di chiedergli Hannah, incuriosita da questo particolare e
desiderosa di scacciare dalla mente quegli strani enigmi.
Lui storse la bocca, come se quello
fosse un brutto argomento e la donna, scuotendo una mano, aggiunse in fretta:
“Non sono affari miei, scusa.”
“No, figurati. In realtà ho una villa
tutta mia, a Malibù, ma non ci vado quasi mai perché mamma... beh...” Si
interruppe a metà della frase, forse per non apparire scortese nei confronti di
Isabel, o forse per non sembrare un bambino agli occhi della segretaria.
“Vi deve amare molto, per volervi
sotto il suo stesso tetto” asserì gentilmente Hannah.
“Non so” mugugnò Nickolas, dubbioso,
prima di tornare a sorridere non appena intravide la figura longilinea e
altissima di Nicodemus Dreyfus, e della sua affascinante segretaria.
Incamminandosi verso di loro con Hannah
al seguito, il magnate allungò entrambe le mani per stringere quella sottile e
rachitica dell'anziano imprenditore e, allegramente, esclamò: “E' davvero un
piacere vederla di persona, Mr Dreyfus. Io sono Nickolas Van Berger.”
“Ben trovato, giovanotto. E questa
stupenda amazzone al suo fianco è Miss Fielding, spero” commentò l'uomo,
sorridendo spontaneamente alla donna, che ricambiò.
“Le avevo promesso che l'avrei
portata, e così ho fatto” assentì il giovane, ammiccando alla sua segretaria
con aria complice.
Allungando una mano, Hannah mormorò
compassata: “E' un onore conoscerla, Mr Dreyfus.”
Battendo una mano su quella della
donna, Nicodemus replicò affabile: “Il piacere è mio, fanciullina. Ma non sia
così formale. Al telefono abbiamo anche scambiato qualche battuta interessante,
noi due.”
Sorridendo al ricordo di quel che si
erano detti, la donna annuì e ammise: “Non mi aspettavo che conoscesse Buffy
l'ammazzavampiri. E’ stata una sorpresa e, soprattutto, lo è stata ancora
di più quando ci siamo messi a parlare di Angel e Spike.”
Nickolas fissò sinceramente sorpreso
la sua segretaria, non sapendo bene cosa dire, mentre Dreyfus ridacchiava
assieme alla sua collaboratrice.
“Quando raggiungi gli ottant'anni
d’età, ragazza, ti serve qualche stimolo per andare avanti, e niente è meglio
di Sarah Michelle Gellar che fa a botte con i vampiri” celiò l'uomo, sorridendo
divertito.
Le due coppie si accomodarono come
previsto nella sala da the attigua alla hall dell'albergo. Di fronte a una
serie di progetti che Nickolas aveva portato con sé per mostrarli al magnate, i
due uomini esposero le loro rispettive idee senza minimamente risparmiarsi.
Hannah fu colpita dalle idee del suo
capo, dal suo desiderio di porre la propria impronta su quel progetto a energia
pulita che aveva intenzione di finanziare con una cifra a sei zeri.
Era lampante quanto lo stesse facendo
per se stesso, più che per l'azienda e, come lo notò la sua segretaria, così lo
notò anche Dreyfus.
Rivoltosi a lei durante una delle
tante esposizioni di Nickolas, le domandò: “Non trova che questo giovanotto sia
pieno di entusiasmo, mia cara?”
Il magnate la fissò dubbioso, forse
ansioso di conoscere la sua opinione, ma Hannah si limitò a guardare Nicodemus
e annuire. “Trovo che il mio titolare sia una persona capace, e che potrebbe
mettere in questo progetto molto di sé, così da renderlo un lavoro più che
degno di nota.”
Il giovane le rivolse un mezzo sorriso
di ringraziamento, condito da una buona dose di stupore. Forse Hannah aveva
parlato così solo per favorire la ditta ma, nei suoi occhi chiari, non lesse
alcuna traccia di menzogna. Solo la pura, semplice verità.
Un’autentica rarità, nel suo mondo.
Fu con una certa fatica che Nickolas
tornò all’argomento principale, distogliendo così l’attenzione dalla sua
segretaria, e si premurò di sottolineare: “Naturalmente, al progetto
prenderebbe parte anche mio fratello Brandon, che si occuperebbe della posa in
opera della nuova centrale e della sua progettazione. Ho molta fiducia in lui,
visto che è stato il primo a sottopormi l'idea.”
Hannah fu sorpresa da quel
particolare. Non pensava che a Brandon interessasse l'ecologia o, quanto meno,
non si era mai immaginata il fratello minore di Nickolas impegnato in qualcosa
che non fosse se stesso.
“Come mai il giovanotto non è qui?” si
informò allora Nicodemus, incuriosito.
Sorridendo contrito, Nickolas ammise:
“Sa che, con le parole, io ci so fare. Lui è più ... sbrigativo, se così si può
dire.”
“Ah,… mi interesserebbe conoscere
anche lui, comunque” sorrise bonario Dreyfus. “E ora veniamo a noi, mia cara.
Lei che ruolo avrà in tutto questo?”
Sconvolta, la giovane fissò basita il
suo capo, che evidentemente non era al corrente di quel particolare e, non
sapendo bene come rispondere, si limitò a dire: “Beh, suppongo che darò una
mano a Mr Van Berger nel redigere i vari contratti e...”
Scuotendo una mano per interromperla,
lui si spiegò meglio. “No, io intendo un ruolo più attivo. Con la sua
intelligenza e perspicacia, ha saputo toccare le corde giuste per convincere
Providence a chiamarmi, quindi voglio che lei faccia parte integrante
del progetto. Decida lei come. Può anche scegliere i colori dei muri della centrale,
se preferisce, ma esigo che ci sia
anche il suo tocco.”
Quell'ultimo appunto scatenò l'ilarità
generale e Nickolas, annuendo più volte, dichiarò: “Vedremo di trovare qualcosa
che possa interessare a Hannah, va bene?”
“Allora andremo d'accordo. Naturalmente,
desidero che lei mi chiami almeno una volta alla settimana per farmi sapere
come procede lo sviluppo del progetto, inoltre desidero incontrare anche suo
fratello Brandon direttamente al cantiere.” Nel dirlo, Dreyfus mormorò a
Providence di prendere nota per un futuro appuntamento con il più giovane dei
fratelli Van Berger.
La donna, con agilità e velocità quasi
sovrumane, si appuntò tutto sul palmare prima di sorridere simpaticamente a
Hannah, che restituì lo sguardo e il sorriso.
“Molto bene... direi che siamo più o
meno a posto, allora” sorrise soddisfatto Nickolas, lanciando uno sguardo lieto
alla sua segretaria, cui lei rispose con uno altrettanto gaio.
“Per le firme, invieremo i documenti
via e-mail... ma ora voglio parlare dell'ultima puntata di Buffy. Io
penso che Spike sia stato un emerito idiota e lei, mia cara?”
Hannah scoppiò a ridere e, annuendo,
dissertò con Dreyfus su Buffy, sugli ultimi film usciti al cinema e su
vecchie glorie come Nosferatu o Bram Stoker's Dracula.
Per tutto il tempo, Nickolas ascoltò la
donna al suo fianco reggere il dialogo con leggerezza e, al tempo stesso,
trovare mille e più allegorie contenute in quei film, cosa che fece più e più
volte annuire soddisfatto Dreyfus.
Providence, che fino a quel momento se
n’era stata silenziosa al suo posto, intervenne a sua volta nella dissertazione
e, con grande sorpresa del giovane Van Berger, si infiammò a tal punto da far
brillare i chiari occhi verde menta.
Nicodemus fu ben felice di veder
dissertare le due giovani donne e, sia Hannah che Providence, si diedero
vicendevolmente del filo da torcere prima di scoppiare in un’allegra risata,
riconoscendo senza problemi l’una le conoscenze dell’altra.
Fu solo verso la fine della serata che
il magnate comprese il sottile gioco di Dreyfus, e a cosa fossero serviti,
all’inizio, quegli argomenti apparentemente futili.
Aveva costretto Hannah a uscire dal
suo guscio di naturale riservatezza, facendo scaturire tutto il suo sapere. Da
semplici argomenti innocui come i film o le serie TV, si era addentrata su
vicende ben più serie e reali, mettendo in mostra una conoscenza variegata
quanto profonda.
Non solo il giovane aveva avuto la
riprova dell’alto grado di cultura generale della sua segretaria, ma di come
fosse in grado di usare in maniera trasversale la sua intelligenza.
Non era unicamente una studentessa
modello di Harvard, ma molto di più.
E Nick, suo malgrado, ne rimase
affascinato.
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